5 febbraio 2012 – V domenica dopo l’Epifania

Questa domenica torna a riproporre l’Epifania del Signore come “manifestazione” della volontà di Dio di chiamare in Cristo tutte le genti alla salvezza.
 

Il Lezionario

Prevede le seguenti lezioni bibliche: Lettura: Isaia 60,13-14; Salmo: 86 (87); Epistola: Romani 9,21-26; Vangelo: Matteo 15,21-28. Alla messa vigiliare del sabato viene letto: Giovanni 28,1-8 come Vangelo della Risurrezione. Le orazioni e i canti sono quelli della V domenica del Tempo “per annum” del Messale ambrosiano.
 

Lettura del profeta Isaia (60,13-14)
 
In quei giorni Isaia disse: «13La gloria del Libano verrà a te, con i cipressi, olmi e abeti, per abbellire il luogo del mio santuario, per glorificare il luogo dove poggio i miei piedi. 14Verranno a te in atteggiamento umile i figli dei tuoi oppressori; ti si getteranno proni alle piante dei piedi quanti di disprezzavano. Ti chiameranno “Città del Signore”, “Sion del Santo Israele”».

Il brano si riferisce al momento del ritorno in patria degli esiliati in Babilonia a seguito della distruzione di Gerusalemme a opera dei Persiani (597 a.C.). Il profeta si incarica di consolare e incoraggiare il popolo a mettere mano all’opera di ricostruzione della città e del tempio con l’apporto della “gloria del Libano” ossia del legno pregiato proveniente da quel Paese. La città così ricostruita diventa, nei disegni di Dio, un punto di convergenza e di approdo per tutti i popoli a cominciare dagli oppressori di Israele.
 

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani (9,21-26)
 
Fratelli 21forse il vasaio non è padrone dell’argilla, per fare con la medesima pasta un vaso per uso nobile e uno per uso volgare? 22Se pertanto Dio, volendo manifestare la sua ira e far conoscere la sua potenza, ha sopportato con grande magnanimità gente meritevole di collera, pronta per la perdizione, 23e questo, per far conoscere la ricchezza della sua gloria verso gente meritevole di misericordia, da lui predisposta alla gloria, 24cioè verso di noi, che egli ha chiamato non solo tra i Giudei ma anche tra i pagani. 25Esattamente come dice Osea: «Chiamerò mio popolo quello che non era mio popolo e mia amata quella che non era l’amata. 26E avverrà che, nel luogo stesso dove fu detto loro: “Voi non siete mio popolo”, là saranno chiamati figli del Dio vivente».

Nel cap. 9 l’Apostolo affronta il delicato argomento della situazione di Israele in ordine alla salvezza, la quale dipende unicamente dalla misericordia di Dio che egli riversa liberamente «verso chi vuole» (v. 18). Di qui il paragone del «vasaio padrone dell’argilla», di cui può disporre a suo piacimento (v. 21).

In realtà Dio manifesta la sua misericordia verso tutti, anche verso gente che di per sé era meritevole «di collera, pronta per la perdizione» (v. 22), come per gente «da lui predisposta alla gloria» (v. 23). Si badi: gli uni e gli altri sono presenti sia «tra i Giudei ma anche tra i pagani» (v. 24). A supporto della sua tesi l’Apostolo cita il profeta Osea (2,25 e 2,1) che annuncia la chiamata dei pagani a far parte dell’unico popolo di Dio (vv. 25-26).


Lettura del Vangelo secondo Matteo (15,21-28)
 
In quel tempo. 21Partito di là, Gesù si diresse verso le parti di Tiro e Sidone. 22Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio». 23Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i discepoli gli si accostarono implorando: «Esaudiscila, vedi come ci grida dietro». 24Ma egli rispose: «Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele». 25Ma quella venne e si prostrò dinanzi a lui dicendo: «Signore, aiutami!». 26Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini». 27«È vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». 28Allora Gesù le replicò: «Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.

Il brano evangelico oggi proclamato fa seguito alla discussione sulle tradizioni farisaiche e in particolare sull’insegnamento di Gesù circa ciò che è da considerarsi puro o impuro secondo la Legge (15,10-20). Risulta ambientato fuori Genèsaret, sulla strada verso Tiro e Sidone, due città in territorio fenicio e, dunque, pagano, così com’è pagana la donna cananèa che va incontro a Gesù, sorprendentemente denominato con l’appellativo messianico “figlio di Davide” (v. 22) e al quale chiede pietà per la propria figlia.

La reazione di Gesù è di completa indifferenza, diversamente dai suoi discepoli che lo invitano a intervenire liberandosi così dal suo fastidioso gridare (v. 23). Nella sua risposta Gesù dichiara l’ambito della sua missione messianica: le «pecore perdute della casa di Israele» (v. 24).

I vv. 25-28 riportano il dialogo tra la donna cananèa che manifesta la sua fede con l’avvicinarsi e il prostrarsi davanti a Gesù e questi che ribadisce la destinazione della sua opera di salvezza e di vita, significata dal pane, ai soli membri del popolo d’Israele (cioè i figli) con l’esclusione quindi dei pagani (i cagnolini) (v. 26).

La fede della donna è così forte che dice la sua convinzione che la salvezza, paragonata a un banchetto, è così sovrabbondante che chiunque potrà trarre beneficio, fossero soltanto briciole (v. 27). Gesù non può che prendere atto della fede della donna cananèa ed esaudirla.


Commento liturgico-pastorale

A partire dalla solennità del 6 gennaio e per tre domeniche l’ascolto delle Scritture ci ha condotti a penetrare nel grande evento epifanico rappresentato dalla venuta nel mondo di Gesù, il Figlio Unigenito di Dio. Tale ascolto ci ha permesso di comprendere che quella venuta avviene secondo i prestabiliti disegni divini gradualmente rivelati e attuati negli eventi e nei personaggi dell’Antico Testamento.

L’ascolto ci ha dato modo di contemplare in Gesù il Figlio Unico, amato dal Padre, portatore dello Spirito, lo Sposo che unisce a sé la sua Sposa, la Chiesa, alla quale trasmette la sua stessa vita nel banchetto del suo Corpo e del suo Sangue. In questa domenica viene ulteriormente sviluppato il messaggio racchiuso nell’adorazione del Bambino da parte dei Magi, rappresentanti e primizia di tutte le genti che, per la fede, giungono a credere nel Signore Gesù.

L’Epifania apre i nostri cuori a uno scenario davvero esaltante e che fa salire spontanea la lode, l’adorazione e il ringraziamento a Dio che è autore nel Figlio di un disegno mirabile sintetizzato nel ritornello al Salmo 86 (87) oggi proclamato: «Verranno tutti i popoli alla città del Signore». Un simile disegno e progetto è già annunziato dai profeti che parlano dell’accorrere nel Tempio di Gerusalemme, dove Dio «poggia i suoi piedi» (Lettura: Isaia 60, 13-14), di gente prima ostile e nemica.

In ciò è messa in luce l’inesauribile ricchezza e grandezza della salvezza offerta da Dio a tutti indistintamente, sia ai meritevoli della sua ira e della perdizione sia a quelli meritevoli della sua grazia. E questo senza alcuna distinzione di razza, lingua e appartenenza (Epistola: Romani 9, 21-26). Unica condizione richiesta è credere che la salvezza, dono del tutto gratuito della misericordia di Dio, è offerta nella persona di Gesù, il suo Figlio.

La donna cananèa che, pur pagana, dice parole e fa gesti espliciti di chiara fede in Gesù, rappresenta l’avverarsi del volere di Dio che chiama tutti, in Cristo, alla salvezza come partecipazione della sua Vita. Pur non appartenendo al popolo dei “figli”, vale a dire d’Israele, essa riconosce in Gesù il “figlio di Davide”, il Messia portatore di tutti i doni di salvezza e a lui si rivolge con incrollabile fiducia sapendo che, comunque, potrà almeno usufruire di una “briciola” dalla tavola di salvezza da lui imbandita.

Ora questa tavola di salvezza, imbandita per tutte le genti, è efficacemente annunziata nel nostro raduno liturgico e specialmente nel banchetto eucaristico del Corpo e del Sangue del Signore. In esso egli riversa su quanti vi partecipano l’abbondanza senza misura di quei doni salvifici destinati in verità a tutti gli uomini, ai quali Dio ha liberamente deciso di usare misericordia.

Sedendoci alla mensa del banchetto eucaristico teniamo di conseguenza ben viva la consapevolezza che ad esso sono chiamati tutti, a cominciare da quelli che ai nostri occhi possono essere considerati nemici, oppressori (cfr. Lettura, Isaia) o votati alla perdizione (“cani” come la donna cananèa).

Perciò mentre riceviamo la pienezza della salvezza divina domandiamo con umile convinzione che alla verità dello sguardo di Dio «non abbiamo mai ad apparire indegni e ingrati dei benefici» della sua misericordia (cfr. Orazione A Conclusione della Liturgia della Parola) e operiamo concretamente perché la sparsa moltitudine delle genti si raduni per abbellire con la loro presenza il luogo del santuario di Dio che è la Chiesa, Corpo santo del Signore.

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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