5 maggio 2013 – VI domenica di Pasqua

Precede immediatamente la solennità pasquale dell’Ascensione, considerata come preludio alla missione dello Spirito della verità che rende viva nel cuore dei fedeli la Parola del Signore Gesù.

 

Il Lezionario

 

Fa leggere i seguenti testi biblici: Lettura: Atti  21,40b-22,22; Salmo: 66 (67); Epistola: Ebrei 7,17-26; Vangelo: Giovanni 16,12-22. Il Vangelo della Risurrezione da proclamare nella Messa vigiliare del sabato è preso da Giovanni 21,1-14.  (Le orazioni e i canti della Messa sono quelli propri della VI domenica di Pasqua nel Messale ambrosiano).

 

Lettura degli Atti degli Apostoli (21,40b-22,22)

 

In quei giorni. 40bPaolo, in piedi sui gradini, fece cenno con la mano al popolo, si fece un grande silenzio ed egli si rivolse loro ad alta voce in lingua ebraica, dicendo:

22,1 «Fratelli e padri, ascoltate ora la mia difesa davanti a voi». 2Quando sentirono che parlava loro in lingua ebraica, fecero ancora più silenzio. Ed egli continuò:3«Io sono un Giudeo, nato a Tarso in Cilìcia, ma educato in questa città, formato alla scuola di Gamaliele nell’osservanza scrupolosa della Legge dei padri, pieno di zelo per Dio, come oggi siete tutti voi. 4Io perseguitai a morte questa Via, incatenando e mettendo in carcere uomini e donne, 5come può darmi testimonianza anche il sommo sacerdote e tutto il collegio degli anziani. Da loro avevo anche ricevuto lettere per i fratelli e mi recai a Damasco per condurre prigionieri a Gerusalemme anche quelli che stanno là, perché fossero puniti.

6 Mentre ero in viaggio e mi stavo avvicinando a Damasco, verso mezzogiorno, all’improvviso una grande luce dal cielo sfolgorò attorno a me; 7caddi a terra e sentii una voce che mi diceva: “Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?”. 8Io risposi: “Chi sei, o Signore?”. Mi disse: “Io sono Gesù il Nazareno, che tu perséguiti”. 9Quelli che erano con me videro la luce, ma non udirono la voce di colui che mi parlava. 10Io dissi allora: “Che devo fare, Signore?”. E il Signore mi disse: “Àlzati e prosegui verso Damasco; là ti verrà detto tutto quello che è stabilito che tu faccia”. 11E poiché non ci vedevo più, a causa del fulgore di quella luce, guidato per mano dai miei compagni giunsi a Damasco.

12 Un certo Anania, devoto osservante della Legge e stimato da tutti i Giudei là residenti, 13venne da me, mi si accostò e disse: “Saulo, fratello, torna a vedere!”. E in quell’istante lo vidi. 14Egli soggiunse: “Il Dio dei nostri padri ti ha predestinato a conoscere la sua volontà, a vedere il Giusto e ad ascoltare una parola dalla sua stessa bocca, 15perché gli sarai testimone davanti a tutti gli uomini delle cose che hai visto e udito. 16E ora, perché aspetti? Àlzati, fatti battezzare e purificare dai tuoi peccati, invocando il suo nome”.

17 Dopo il mio ritorno a Gerusalemme, mentre pregavo nel tempio, fui rapito in estasi 18e vidi lui che mi diceva: “Affréttati ed esci presto da Gerusalemme, perché non accetteranno la tua testimonianza su di me”. 19E io dissi: “Signore, essi sanno che facevo imprigionare e percuotere nelle sinagoghe quelli che credevano in te; 20e quando si versava il sangue di Stefano, tuo testimone, anche io ero presente e approvavo, e custodivo i vestiti di quelli che lo uccidevano”. 21Ma egli mi disse: “Va’, perché io ti manderò lontano, alle nazioni”».

22Fino a queste parole erano stati ad ascoltarlo, ma a questo punto alzarono la voce gridando: «Togli di mezzo costui; non deve più vivere!».

 

Il capitolo 22 contiene il discorso di autodifesa tenuto da Paolo a Gerusalemme in occasione del suo drammatico soggiorno conclusosi con il suo arresto e il suo appello a Cesare in qualità di cittadino romano. In particolare nei vv. 1-5 l’Apostolo si presenta come un giudeo osservante della Legge e persecutore della fede cristiana indicata con il termine Via. Nei vv. 6-11 narra ciò che avvenne sulla strada nelle vicinanze di Damasco dove si stava recando per annientare la locale comunità cristiana e del dialogo avuto con la voce che gli parlava da una grande luce, ovvero con Gesù Nazareno. I vv. 12-16 riferiscono dell’incontro a Damasco con Anania che gli rivela il volere di Dio nei suoi riguardi e lo battezza facendogli recuperare la vista persa nell’incontro folgorante con la grande luce. I vv. 17-21, infine, parlano dell’estasi avuta da Paolo nel tempio di Gerusalemme e del mandato ricevuto da Gesù: «Va’ perché io ti manderò lontano, alle nazioni!», ossia ai popoli pagani. Il v. 22 riferisce della reazione ostile della folla a conclusione del discorso di Paolo.

 

Lettera agli Ebrei (7,17-26)

 

Fratelli, 17a Cristo è resa questa testimonianza: «Tu sei sacerdote per sempre / secondo l’ordine di Melchìsedek».

18Si ha così l’abrogazione di un ordinamento precedente a causa della sua debolezza e inutilità – 19la Legge infatti non ha portato nulla alla perfezione – e si ha invece l’introduzione di una speranza migliore, grazie alla quale noi ci avviciniamo a Dio.20Inoltre ciò non avvenne senza giuramento. Quelli infatti diventavano sacerdoti senza giuramento; 21costui al contrario con il giuramento di colui che gli dice: «Il Signore ha giurato e non si pentirà: / tu sei sacerdote per sempre».

22Per questo Gesù è diventato garante di un’alleanza migliore.23Inoltre, quelli sono diventati sacerdoti in gran numero, perché la morte impediva loro di durare a lungo. 24Egli invece, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta. 25Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio: egli infatti è sempre vivo per intercedere a loro favore.

26 Questo era il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli.

 

Il brano riprende ancora una volta il tema del sacerdozio di Cristo nella linea, non di quello levitico, ma secondo «l’ordine di Melchisedek» (v. 17). Questo rappresenta l’abrogazione del precedente ordinamento che si è mostrato debole e inutile (vv. 18-19). Inoltre, diversamente dal precedente, il sacerdozio di Gesù si fonda su un giuramento di Dio (vv. 20-21) e, di conseguenza, quello di Gesù «è un sacerdozio che non tramonta» (vv. 22-25). Il brano si conclude al v. 26 con la descrizione delle caratteristiche di Gesù sommo sacerdote.

 

Lettura del Vangelo secondo Giovanni (16,12-22)

 

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: 12«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. 14Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. 15Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.16Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete». 17Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos’è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?». 18Dicevano perciò: «Che cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire».

19Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”? 20In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia.

21La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. 22Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia».

 

Il brano fa parte dei discorsi di addio pronunciati da Gesù nel Cenacolo prima della sua morte. Qui, in particolare, sviluppa ciò che aveva già detto sullo Spirito Santo come conseguenza “positiva” della sua dipartita. Lo Spirito, infatti, è lo Spirito della verità che aiuterà i discepoli a comprendere in pienezza la rivelazione del Signore e riverserà su di essi tutti i tesori di grazia che appartengono a lui (vv. 12-15). I vv. 16-22 parlano di una nuova presenza di Gesù che non sarà più a livello fisico ma «nello Spirito». La sua presenza porterà gioia ai suoi discepoli tristi per la sua dipartita e la conseguente loro solitudine tra le prove di questo mondo.

 

Commento liturgico-pastorale

 

I testi biblici oggi proclamati, e in particolare il brano evangelico, illuminano il cammino della Chiesa sino al ritorno definitivo del Signore risorto e vivente presso il Padre.

Nel momento di congedarsi dai suoi prima della sua passione, Gesù dimostra di essere consapevole che la sua opera di rivelazione non si è ancora completamente conclusa perché i discepoli non sono «capaci di portarne il peso» (Vangelo: Giovanni 16,12). Essi, cioè, non sono ancora in grado di comprendere fino in fondo il senso ultimo e la portata della sua Pasqua e dei momenti che la contraddistinguono. Inoltre il Signore sa che la sua separazione provocherà in essi pianto, gemito e tristezza (v. 20) e sperimenteranno la paura di fronte agli avvenimenti che li riguarderanno da vicino.

Ciò che il Signore dice in riferimento alle conseguenze del suo pur momentaneo allontanamento dai suoi con la sua morte prima e con la sua ascensione al cielo, è destinato a orientare anche oggi la vita della Chiesa e di ogni credente.

Il suo allontanamento, infatti, permette il sopravvenire sui suoi di Colui che è designato come lo Spirito della verità (v. 13), il quale non ha un messaggio suo personale da recare ai discepoli ma porterà a compimento quelle cose che Gesù voleva ancora dire ad essi (cfr. v. 12), ossia dirà nel cuore della Chiesa le cose che egli stesso riceve da Gesù.

Lo Spirito Santo, pertanto, portando ai discepoli il messaggio di Gesù, rende viva e presente la sua persona dotata di tutto quello «che il Padre possiede» (v. 15) e che gli appartiene a motivo del suo essere Figlio!

Con il messaggio, perciò, lo Spirito porta tra i discepoli tutti i tesori di grazia che appartengono a Gesù Crocifisso e Risorto ed elevato sopra i cieli da dove, come sommo sacerdote, è in grado di «salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio» (Epistola: Ebrei 7,25).

Lo Spirito Santo, pertanto, lungo i tempi trasmette la rivelazione portata storicamente nel mondo, dal Verbo fatto uomo, e partecipa ai fedeli, mediante il sacrificio eucaristico e gli altri sacramenti, tutti i tesori di grazia e di salvezza che Gesù, il Crocifisso/Risorto, esaltato presso il Padre, possiede. Egli, perciò, continua a essere presente tra i suoi “spiritualmente”, grazie cioè all’azione dello Spirito che lo rende perennemente attivo nella sua Chiesa.

Questa sperimenterà, nell’intervallo interposto tra la dipartita del Signore e il suo ritorno, il pianto e la tristezza. Il mondo, infatti, che nel Vangelo di Giovanni può indicare quella realtà pregiudizialmente e irriducibilmente ostile a Gesù e, dunque, a quanti aderiscono a lui, si opporrà, anche con la persecuzione violenta, all’ opera di evangelizzazione e di annuncio di «una speranza migliore» (Ebrei 7,19) che è stata introdotta nel mondo dal sacrificio pasquale del Signore Gesù. Sarà lui, il Signore risorto, sulla via di Damasco, a trasformare Saulo, «formato alla scuola di Gamaliele nell’osservanza scrupolosa della Legge dei padri» (Lettura: Atti degli Apostoli 22,3) e persecutore della «Via» (v.4), ossia della nascente fede cristiana, nell’Apostolo mandato «lontano, alle nazioni» (v.21) a predicare proprio quella Via perché in essa possano essere salvate.

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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