6 Gennaio 2013 - Epifania del Signore
Nella nostra tradizione liturgica è sempre stata celebrata con grande solennità e considerata come culmine delle feste natalizie. L’Epifania va intesa come manifestazione di Gesù come Figlio Unigenito del Padre e come manifestazione, in lui, della divina Trinità. La tradizione liturgica ambrosiana, in particolare, riconosce quattro eventi come “segni epifanici”: la manifestazione del Signore Gesù a tutti i popoli della terra rappresentati dai Magi; il Battesimo nul fiume Giordano; l’acqua mutata in vino alle nozze di Cana e la moltiplicazione dei pani. La solennità odierna pone in rilievo la manifestazione ai Magi, considerati come primizia dei popoli pagani chiamati alla fede e, al pari del 25 dicembre, possiede una propria Liturgia vigiliare vespertina e due celebrazioni di Messe: “della vigilia” e “nel giorno”, della quale proponiamo, di seguito, il commento.
La Messa “della vigilia”, celebrata nel contesto della Liturgia vigiliare vespertina, prevede la proclamazione di quattro Letture vetero-testamentarie: Numeri 24,15-25a; Isaia 49,8-13; 2 Re 2,1-12b; 2 Re 6,1-7; dell’Epistola: Tito 3,3-7 e del Vangelo: Giovanni 1,29a.30-34.
Il Lezionario della Messa “nel giorno”
Fa leggere: Lettura: Isaia 60,1-6; Epistola: Tito 2,11-3,2; Vangelo: Matteo 2,1-12. (Le orazioni e i canti sono quelli propri della Solennità nel Messale Ambrosiano).
Al termine della proclamazione evangelica viene dato l’Annuncio della Pasqua: “Si annuncia alla vostra carità, fratelli carissimi, che, permettendo la misericordia di Dio e del Signore nostro Gesù Cristo, il giorno 31 del mese di marzo celebreremo con gioia la Pasqua del Signore”.
Lettura del profeta Isaia (60,1-6)
In quei giorni. Isaia disse: «1Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, / la gloria del Signore brilla sopra di te. / 2Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra, / nebbia fitta avvolge i popoli; / ma su di te risplende il Signore, / la sua gloria appare su di te. / 3Cammineranno le genti alla tua luce, / i re allo splendore del tuo sorgere. / 4Alza gli occhi intorno e guarda: / tutti costoro si sono radunati, vengono a te. / I tuoi figli vengono da lontano, / le tue figlie sono portate in braccio.
5Allora guarderai e sarai raggiante, / palpiterà e si dilaterà il tuo cuore, / perché l’abbondanza del mare si riverserà su di te, / verrà a te la ricchezza delle genti. / 6Uno stuolo di cammelli ti invaderà, / dromedari di Madian e di Efa, / tutti verranno da Saba, portando oro e incenso / e proclamando le glorie del Signore».
I versetti oggi proclamati si riferiscono alla città di Gerusalemme che, illuminata dalla presenza del Signore, si distingue tra tutti i popoli avvolti dalla “tenebra” e dalla “nebbia fitta”, vale a dire dall’ignoranza di Dio e, quindi, dall’incredulità e dall’idolatria (vv. 1-2). Per questo Gerusalemme diviene meta di pellegrinaggio per le genti della terra e ad essa faranno ritorno anche i suoi figli dispersi (vv. 3-4). La città vivrà giorni di gioia e di prosperità perché i popoli che in essa si riverseranno porteranno i loro doni più significativi, tra i quali l’oro e l’incenso (vv. 5-6), cosa, questa, che il brano evangelico mostrerà realizzata nell’accorrere dei Magi alla casa del Bambino di Betlemme.
Lettera di san Paolo apostolo a Tito (2,11-3,2)
Carissimo, 11è apparsa infatti la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini 12e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, 13nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo.14Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone.
15Questo devi insegnare, raccomandare e rimproverare con tutta autorità. Nessuno ti disprezzi!
1Ricorda loro di essere sottomessi alle autorità che governano, di obbedire, di essere pronti per ogni opera buona; 2di non parlare male di nessuno, di evitare le liti, di essere mansueti, mostrando ogni mitezza verso tutti gli uomini.
Il brano riporta alcuni degli insegnamenti impartiti dall’Apostolo al fedele suo discepolo Tito sul come vivere nell’attesa della “beata speranza”, ovvero dell’incontro con il Signore. È lui, Gesù, la “grazia” di Dio, ossia il suo amore gratuito e misericordioso (v. 11), il quale da una parte ci insegna cosa dobbiamo evitare nella nostra vita (v. 12a) e come, invece, dobbiamo cercare (v. 12b), così che, nella sua manifestazione gloriosa alla fine dei tempi, egli sia il nostro salvatore (v. 13). Segue al v. 14 una sintetica confessione di fede nell’opera salvifica compiuta dal Signore nella sua morte per liberarci dal male e dal peccato e, soprattutto, per fare di noi il suo popolo santo, che vive in pace e in armonia con tutti (vv. 3,1-2).
Lettura del Vangelo secondo Matteo (2,1-12)
In quel tempo. 1Nato il Signore Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme 2e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». 3All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. 4Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. 5Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “6E tu Betlemme, terra di Giuda, / non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: / da te infatti uscirà un capo / che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».
7Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella 8e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
9Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. 10Al vedere la stella provarono una gioia grandissima. 11Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. 12Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.
Il v. 1 oltre a riferire del luogo e del tempo della nascita di Gesù: «al tempo del re Erode», chiamato il Grande, dice dell’arrivo a Gerusalemme di «alcuni Magi» che possiamo ritenere dei sapienti di origine orientale, e della domanda sul neonato «re dei Giudei», ad essi annunziato dalla «sua stella». I vv. 3-6 riferiscono del turbamento di Erode e dell’inchiesta condotta tra gli esperti delle Scritture riguardante il luogo di nascita del Messia, che risulta essere Betlemme sulla base di una profezia di Michea 5,1, integrata dall’evangelista con l’allusione a 2Samuele 5,2. I vv. 7-9a parlano dell’incarico dato da Erode ai Magi di riferire a lui, una volta trovato il bambino, e della sua intenzione di andare ad adorarlo. I vv. 9b-10 riferiscono del viaggio dei Magi a Betlemme guidati dalla stella fino alla casa del Bambino. Il racconto si conclude con l’ingresso dei Magi nella casa dove videro «il bambino con Maria sua Madre» e con l’offerta dei doni simbolici della loro fede in lui: l’oro, l’incenso (cfr. Lettura: Isaia 60,6) e la mirra (v. 11) e con la precisazione del loro ritorno in patria senza passare da Erode (v. 12).
Commento liturgico-pastorale
L’ascolto delle divine Scritture, nel contesto dell’odierna celebrazione eucaristica, apre i nostri cuori alla contemplazione dei mirabili disegni divini annunciati negli eventi vetero-testamentari, nella antiche profezie e realizzati con l’apparizione, nel mondo, del Figlio Unigenito di Dio. Come tutti ben sappiamo, il mondo è davvero ricoperto dalla “tenebra” e una «nebbia fitta avvolge i popoli» (Lettura: Isaia 60,2) a motivo della lontananza da Dio, dell’incredulità che produce indifferenza e ogni genere di peccato e di male. Sicché il mondo, uscito buono dalle mani creatrici di Dio, risulta invece dominato dal potere tenebroso del male. Nella natività del suo Unico Figlio, di Gesù, Dio ha reso evidente, una volta per tutte, che lui ha a cuore l’umanità e l’intera creazione. In quella natività, pertanto, «è apparsa la grazia di Dio che porta salvezza a tutti gli uomini» (Epistola: Tito 2,11). Una salvezza, perciò, gratis data per sovrana deliberazione di Dio e che, pertanto, rivela la sua benevolenza verso tutti. In Gesù, perciò, si realizza la profezia che invitava la città santa di Gerusalemme ad “alzarsi” e a “rivestirsi di luce” (Isaia 60,1). Gesù infatti è la gloria di Dio che brilla su Gerusalemme, divenuta oramai simbolo della vera e definitiva città santa, la comunità del Signore, destinata ad accogliere le genti, attratte dalla sua luce, che è lo stesso Signore Gesù che tutta la illumina con la sua presenza (cfr. v.3). Un così grande disegno divino è svelato nell’accorrere dei Magi a Betlemme, alla casa del neonato re dei Giudei. I Magi, saggi orientali e pagani, non esitano a intraprendere un faticoso e pericoloso viaggio interiormente illuminati da una “stella”, che è la fede misteriosamente accesa da Dio nei loro cuori e, stando a quanto viene affermato nel Prefazio, si tratta di una chiara manifestazione della volontà di Dio di donarsi lui stesso nel suo Figlio! Una fede che essi esprimono in gesti esteriori di grande eloquenza quali il prostrarsi con il viso a terra davanti al Bambino e con l’offerta di doni quali oro, incenso e mirra (Vangelo: Matteo 2,11) che ne proclamano la sua divina regalità e messianicità. Davanti a questa scena sorprende e stupisce l’atteggiamento del re Erode e con lui dei dottori della Legge che non si lasciano illuminare dalle Sacre Scritture, che pure essi trattano continuamente (cfr. vv.4-6). Le Scritture che essi stessi citano rivelano, infatti, in tutta chiarezza, che il Messia atteso e invocato dal popolo d’Israele sarebbe nato in un piccolo paese custode delle divine promesse al re Davide.
La loro reazione è il turbamento, che in Erode diviene, da subito, un’avversione mortale al Bambino e che nei capi dei sacerdoti e negli scribi del popolo si tramuterà, più tardi, in un odio senza quartiere a Gesù, fino alla sua morte. Sarà proprio con quella morte, epifania suprema dell’Unigenito Figlio di Dio, che egli consegnerà sé stesso, la sua stessa vita, per riscattare l’umanità intera e farne così «un popolo puro che gli appartenga» (Tito 3,14).
La nostra assemblea liturgica che rende visibile la Chiesa è oggi, più che mai, attraversata da una grande intima gioia perché riconosce realizzata la pagina profetica di Isaia a sua volta confermata dall’accorrere dei Magi a Betlemme. Nella Chiesa che, per pura grazia, è in realtà quel “popolo puro” che appartiene al Signore (cfr. Tito 3,14), già convergono, infatti, genti da ogni angolo della terra quale primizia dell’intera umanità che la stella, segno dell’amore misericordioso del Padre, non cesserà di condurre fino ad essa dove, soltanto, è possibile incontrare il Signore Gesù. Perciò la Chiesa e ogni nostra comunità comprende che sul suo volto, ossia nella vita concreta di tutti i suoi fedeli, deve brillare più che mai la luce e la gloria del Signore, vale a dire il suo Vangelo, in grado di attirare irresistibilmente anche i figli che vengono da più lontano (cfr. Isaia 60,4) e avvolti dalla “nebbia fitta” dell’incredulità e dell’indifferenza.
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