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Diritto di emigrare, dovere di non escludere

La presentazione del dossier Caritas sull’immigrazioni nel nostro Paese ci spinge ancora una volta a riflettere sulla mobilità umana: popoli in cammino alla ricerca di sicurezza e benessere, dignità ed emancipazione; milioni di persone con i loro inalienabili diritti e doveri, che contribuiscono a creare a una società sempre più cosmopolita, multietnica, multiculturale e interreligiosa.


Anche il messaggio del Santo Padre per la Giornata del migrante e del rifugiato (che sarà celebrata il prossimo 13 gennaio) si inserisce in questo particolare contesto. Benedetto XVII, citando il Concilio Ecumenico Vaticano II, nella Costituzione pastorale Gaudium et spes, ha ricordato che «la Chiesa cammina insieme con l’umanità tutta» (n. 40), per cui «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore» (ibid., 1).

In tale contesto, Benedetto XVII ha voluto dedicare la prossima Giornata mondiale del migrante e del rifugiato al tema: “Migrazioni: pellegrinaggio di fede e di speranza”. Ovvero, tutta la Chiesa è chiamata a vivere con impegno l’Anno della fede, raccogliendo con entusiasmo la sfida della nuova evangelizzazione.

Il Santo Padre ci ricorda che purtroppo ancora oggi le migrazioni sono viste quasi esclusivamente sotto il profilo dominante della povertà e della sofferenza, che, non di rado, producono drammi e tragedie. Ci ricorda pure come, nel contesto socio-politico attuale, prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a vivere in condizione dignitose nella propria terra.

A questo proposito già il Beato Giovanni Paolo II affermava che il «diritto primario dell’uomo è di vivere nella propria patria: diritto che però diventa effettivo solo se si tengono costantemente sotto controllo i fattori che spingono all’emigrazione».  

Quali sono, dunque, le cause principali che spingono tante persone a lasciare il proprio Paese, i loro affetti, le loro sicurezze per andare in una terra straniera dove si parla una lingua sconosciuta, non si hanno punti di riferimento, non si trova accoglienza bensì, sovente, si sperimenta ostilità, rifiuto e a volte il disprezzo e sfruttamento?

Purtroppo, ancora oggi le migrazioni di tanti popoli sono la conseguenza di una grande precarietà economica, di mancanza di beni essenziali, di calamità naturali, guerre e disordini sociali, che costringono le persone a spostarsi, rischiando la vita nella traversata di deserti o di mari, con la speranza di raggiungere una terra promessa per un’esistenza più umana e solidale.

Il Santo Padre ci ricorda tutto questo e ci invita all’accoglienza, alla condivisione, all’apertura del cuore e al rispetto di ogni persona che vive nel bisogno e nella precarietà. Ma perché nel nostro mondo globalizzato è ancora così marcata la disparità tra ricchi e poveri? Perché ancora oggi il venti per cento della popolazione consuma l’ottanta per cento delle risorse mondiali, lasciando interi Paesi a vivere nell’indigenza? Noi che ci professiamo cristiani non possiamo dimenticare tutta questa sofferenza umana. Specialmente in questo anno, in cui siamo chiamati a scoprire e a vivere in pienezza la nostra fede di seguaci di Cristo, dobbiamo riscoprire il valore dell’accoglienza e della solidarietà con i popoli duramente provati e impoveriti che cercano attenzione e aiuto.

Nel messaggio per la Giornata del Migrante e Rifugiato 2013 il Santo Padre si sofferma ancora a  riflettere su una realtà che ci sta particolarmente a cuore, ossia la tratta di esseri umani con tutte le sue conseguenze che ben conosciamo e per cui offriamo ogni giorno il nostro impegno.

Benedetto XVI afferma che «a tale proposito, non possiamo dimenticare la questione dell’immigrazione irregolare, tema tanto più scottante nei casi in cui essa si configura come traffico e sfruttamento di persone, con maggior rischio per donne e bambini.

Tali misfatti vanno decisamente condannati e puniti, mentre una gestione regolata dei flussi migratori, che non si riduca alla chiusura ermetica delle frontiere, all’inasprimento delle sanzioni contro gli irregolari e all’adozione di misure che dovrebbero scoraggiare nuovi ingressi, potrebbe almeno limitare per molti migranti i pericoli di cadere vittime dei citati traffici.

Sono, infatti, quanto mai opportuni interventi organici e multilaterali per lo sviluppo dei Paesi di partenza, contromisure efficaci per debellare il traffico di persone, programmi organici dei flussi di ingresso legale, maggiore disponibilità a considerare i singoli casi che richiedono interventi di protezione umanitaria oltre che di asilo politico. Alle adeguate normative deve essere associata una paziente e costante opera di formazione della mentalità e delle coscienze».

Possa questo messaggio così attuale trovare specialmente nelle nostre comunità cristiane e religiose risposte di apertura e di accoglienza affinché nessuno, nella Chiesa di Cristo, venga considerato uno straniero né ospite, bensì tutti possano sentirsi «concittadini dei santi e familiari di Dio edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti» (Efesini 2, 19).

Pubblicato il 02 novembre 2012 - Commenti (0)

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Autore del blog

Noi donne oggi

Suor Eugenia Bonetti

Missionaria della Consolata, è stata per 24 anni in Kenya. Al ritorno comincia a lavorare in un Centro d’ascolto e accoglienza della Caritas di Torino, con donne immigrate, molte delle quali nigeriane, vittime di tratta. Dal 2000 è responsabile dell’Ufficio tratta dell’Unione superiori maggiori italiane (Usmi). Coordina una rete di 250 suore di 70 diverse congregazioni, che operano in più di cento case di accoglienza. Il presidente Ciampi l’ha nominata nel 2004 Commendatore della Repubblica italiana.
Ha scritto con Anna Pozzi il libro "Schiave" (Edizioni San Paolo).

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