24 dic
Da circa nove anni l’Ufficio “Tratta donne e minori” dell’Unione
delle superiore maggiori d’Italia (USMI) è presente al CIE di Ponte Galeria,
dove centinaia di immigrati sono in attesa di identificazione ed espulsione
perché privi di documenti.
Un gruppo di una ventina di religiose di diverse Congregazioni
e nazionalità visita settimanalmente il reparto riservato alle donne per
offrire una presenza di consolazione e di speranza, in quella situazione così
difficile e dolorosa. Specialmente a durante questo periodo di feste.
Queste donne, sempre oltre il centinaio, vedono il
proprio sogno migratorio frantumarsi e
subiscono l’umiliazione di ritornare a casa a mani vuote, invece di continuare
ad aiutare la famiglia, come avevano cercato di fare venendo in Italia.
Purtroppo molte di queste giovani donne, specialmente le nigeriane e quelle provenienti
dall’Europa dell’Est, sono spesso anche vittime della terribile tratta di
esseri umani sia per sfruttamento lavorativo ma soprattutto per sfruttamento
sessuale. Sono gli anelli più deboli di una terribile catena di schiavitù che
tiene soggiogate milioni di giovani vittime ingannate, trasportate nei Paesi di
“consumo”, messe sul mercato del sesso, da cui è difficile sganciarsi per ricostruirsi
una nuova vita.
Nel Centro di Ponte Galeria, come in tutti i Cie
d’Italia, gli ambienti sono di uno squallore indescrivibile. Non esistono
luoghi di aggregazione e le giornate trascorrono nella più totale inerzia.
Terribile per giovani piene di vita, costrette a passare lunghe ore sdraiate
sul letto, a volte in preda alla disperazione, sognando un futuro di libertà e
normalità. L’unico momento della settimana che fa la differenza è la presenza
delle suore il sabato pomeriggio.
Le incontriamo in gruppetti a seconda della
loro provenienza e conoscenza della lingua, per stare con loro, ascoltare le
loro storie, far uscire la loro rabbia e offrire un momento di riflessione e di
preghiera, con canti e letture che richiamano la ricchezza e bellezza delle
loro culture e tradizioni.
Uno dei momenti più belli e significativi, che si
ripete ogni anno, è stata certamente la celebrazione del Natale, attraverso un
momento di preghiera ecumenica, con canti in varie lingue e un momento di festa
per tutte.
Anche quest’anno si è ripetuta questa celebrazione, giacché Gesù vuole nascere anche nel Cie di Ponte Galeria,
in un ambiente non molto diverso da
quello in cui è nato duemila anni fa, in una stalla di Betlemme.
Celebrare il
Natale con le ragazze e le donne che sono a Ponte Galeria è sempre
un’esperienza unica e toccante. Un’esperienza di vita, gioiosa e dolorosa, al
tempo stesso. Gioiosa, perché permette di donare la gioia di Betlemme a chi non
ha nulla. Dolorosa per il dramma che vivono queste ragazze, lontane dal loro
Paese e dalle loro famiglie, dal loro mondo giovanile e dagli affetti più cari.
È in questa atmosfera che siamo
tornate quest’anno a Ponte Galeria, con una quindicina di suore. Abbiamo
incontrato una settantina di donne, pronte a riunirsi nella sala mensa per
celebrare insieme il Natale e cogliere il suo messaggio di gioia, di pace, di
condivisione e fratellanza: i doni che il Redentore vuole donare ancora ai
poveri, agli ultimi, agli emarginati.
Quest’anno ci ha
profondamente colpito l’annuncio della
nascita di Gesù proclamato in ben dieci lingue: italiano, spagnolo,
portoghese, inglese, francese, russo, ucraino, rumeno, albanese, e infine in
cinese. Dopo l’annuncio della Parola, i canti e
le preghiere, ogni ragazza si dispone a preparare la culla dove deporre il
Bambinello.
Purtroppo non hanno nulla all’infuori delle mani aperte e vuote
dove possono ricevere e contemplare un
Bambinello splendente di luce. Le donne non possiedono nulla qui
al Cie. Hanno solo la loro storia personale, fatta di violenze subite, a volte
di ferite profonde incise nel cuore.
Sicuramente il
piccolo Gesù va volentieri da loro, per santificare e sanare le loro vite
distrutte. Vita che rimane ugualmente e sempre un dono di Dio. Questo momento è
sempre vissuto dalle donne e anche da noi con molta commozione.
Al termine della
celebrazione ecumenica, è seguito il momento di festa con l’arrivo di Babbo Natale
che distribuisce a tutte doni utili e graditi: una grande borsa, una tuta
calda, vestiario e abbigliamento intimo, nonché dolci tipici di Natale insieme
a un bellissimo peluche, donato dagli alunni di due scuole: Marymount di Roma e
da un Liceo statale di Ariccia.
Il tutto distribuito tra tanta allegria, con
musica e canti natalizi. Solo in questa condivisione il Natale ha senso.
Ancora oggi il
Piccolo Bambino si fa presente nelle “stalle” odierne, per portare un messaggio
di gioia e di pace, proprio come duemila anni fa, quando aveva sperimentato il
rifiuto dell’accoglienza nei palazzi dei potenti, giacché anche oggi, come
allora, “non c’è posto per Lui nell’albergo”.
Pubblicato il 24 dicembre 2011 - Commenti (0)
25 nov
L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha designato il 25 novembre come Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Un’occasione di riflessione e sensibilizzazione contro la violenza perpetrata sulle donne in molti modi: da quella più frequente, che purtroppo resta ancora oggi la violenza domestica, sino a quella più subdola e umiliante, ovvero la tratta di donne e minori per lo sfruttamento sessuale.
I Governi e le organizzazioni internazionali e non governative sono stati invitati oggi a promuovere incontri e iniziative per sensibilizzare l'opinione pubblica su questa terribile piaga sociale che sta dilagando e distruggendo generazioni di giovani donne. Nella mia lunga vita di missionaria, prima in Africa per 24 anni e dal 1993 qui in Italia, sono venuta a contatto con tante storie di donne. Spesso drammatiche. Ma è nel nostro stesso Paese che ho conosciuto la violenza e lo sfruttamento più degradante a cui moltissime donne, specialmente immigrate, sono costrette.
Donne impoverite e sfruttate dai nostri sistemi di vita. Nelle nostre città ho incontrato il mondo della violenza, dell’emarginazione e dello sfruttamento. Qui sono diventata una “missionaria della notte e della strada”. E qui mi è stato chiesto con forza di prendermi cura di tante giovani vittime del traffico di esseri umani per lo sfruttamento sessuale: le nuove schiave del XXI secolo. Ancora oggi le nostre case-famiglia sparse un po’ in tutta Italia accolgono queste giovani vite sfuggite alla criminalità organizzata e allo sfruttamento per cercare di guarirle dalle profonde ferite causate dalle molte violenze subite ogni notte. Ferite che portano non solo sul loro giovane corpo, ma soprattutto nel loro essere profondo di donne.
Sovente i nostri mezzi di comunicazione danno giustamente molta attenzione e informazione per i casi di donne o giovani violentate o stuprate in modi assai brutali, ma purtroppo quasi mai si pensa e si parla di chi ogni notte vive questa stessa esperienza ripetutamente. Una volta, una ragazza minorenne, mi diceva che in una notte aveva avuto 13 clienti. Per lei era come se essere violentata per 13 volte! In un’altra occasione una giovane dell’Est, rinchiusa in un appartamento al terzo piano e continuamente violentata dai suoi schiavisti per costringerla ad andare in strada a prostituirsi, stanca e disperata ha chiesto di andare in bagno e si è buttata dalla finestra. È stata trovata sul prato sottostante con tutte le ossa fracassate, ma miracolosamente viva.
Quante giovani ancora oggi vengono uccise brutalmente sulle nostre strade, non solo da brutali assassini, ma anche dalla nostra stessa indifferenza. L’ultimo caso che ho incontrato è quello di Joy, nigeriana di 21 anni. Il suo corpo è stato gettato via come spazzatura e trovato nell’Agogna nel Novarese. Casi come questi sono ancora assai numerosi. Purtroppo non si trovano quasi mai i colpevoli perché non vengono ricercati o adeguatamente puniti dalla giustizia e non ci sono mai risarcimenti per le vittime e le loro famiglie lontane e povere.
Molte di queste vittime sono madri e lasciano le loro creature in assoluta povertà, quasi sempre a carico della famiglia materna che certamente non vive nell’abbondanza. Oggi, in occasione di questa giornata contro la violenza sulle donne, vorrei rivolgere un appello in particolare ai giovani delle nostre famiglie, scuole e parrocchie, nonché ai loro educatori. C’è bisogno di più testimonianza, di esempio e di maggiore formazione. C’è bisogno di più rispetto della dignità della persona, di relazioni più ricche di senso tra uomini e donne, che portino all’apprezzamento reciproco, alla comunicazione e alla vera amicizia, e che contribuiscano a promuovere i valori più autentici che ciascuno racchiude in sé per il bene personale e della società.
Spero anche che le tre donne di grande valore e capacità che sono oggi presenti nel nuovo governo - Anna Maria Cancellieri, ministro dell’Interno, Paola Severino, ministro della Giustizia, e Elsa Fornero, ministro del Welfare con delega alle Pari Opportunità - possano contribuire a dare all’Italia una nuova speranza per un futuro più solidale. Ci auguriamo che, insieme ai loro colleghi uomini, possano fare un buon lavoro a favore di tutto il Paese, ma in modo particolare per un maggior riconoscimento e apprezzamento del ruolo e della dignità delle donne, lottando con decisione contro ogni forma di violenza, discriminazione, manipolazione e sfruttamento.
Pubblicato il 25 novembre 2011 - Commenti (0)
31 ott
Giovedì 27 ottobre è
stato presentato a Roma, e in contemporanea in tutte le regioni italiane, il
21° Rapporto sull’Immigrazione: “Oltre la crisi, insieme”. Come ogni anno, il dossier statistico di
Caritas Italiana, Migrantes e Caritas Roma viene presentato con dati accurati
che ci parlano in modo concreto e reale del variegato mondo dell’immigrazione e che ci aiutano a riflettere e valorizzare la
presenza di tante persone che noi chiamiamo ancora stranieri, ma che sono ormai
parte integrante del nostro tessuto sociale.
Vorrei soffermarmi in modo particolare sulla
presenza delle donne la cui percentuale supera ormai quella degli uomini. Su
quasi 5 milioni gli immigrati residenti nel nostro Paese - pari al 7,5% della popolazione italiana - e le donne con un regolare
permesso di soggiorno costituiscono
il 51,8 per cento della popolazione immigrata. Ma
dove sono tutte queste donne? Che cosa fanno? Che contributo offrono alla
nostra società?
È
stato più volte affermato che le donne immigrate sono un elemento
fondamentale di crescita, sviluppo e integrazione: primo fra tutti, contribuiscono
fortemente e concretamente al tasso di fecondità nazionale. Il Dossier
statistico mette in risalto il contributo delle donne straniere alle nascite e
quindi alla ripresa demografica del Paese. I figli dovrebbero essere
considerati la prima grande ricchezza su cui investire perché sono proprio loro
che offrono stabilità, crescita e sicurezza di futuro per ogni Paese che vuole
avere continuità. E le donne immigrate che portano con sé le ricchezze delle
loro culture di origine, amanti della vita e della maternità, ci offrono questo
dono.
Esse sono pure portatrici di un tesoro di saperi e di competenze che
Paesi come il nostro hanno tutto l’interesse a conoscere e assorbire.
Abbiamo quindi bisogno di scoprire maggiormente e valorizzare le preziose risorse
che ci vengono offerte, come l’enorme contributo di esperienza e di umanità che
le immigrate portano con sé dai loro Paesi di provenienza.
Queste donne le troviamo
principalmente nelle nostre case, nella cura dei nostri bambini oppure nell’assistenza
ai nostri genitori anziani e ammalati. Proprio a loro affidiamo le persone più
preziose e care: la vita che nasce e cresce e quella che volge al tramonto. A
loro va quindi la nostra riconoscenza e il nostro affetto. Ma anche la
consapevolezza di quanto possa essere duro e difficile per ciascuna di loro il
distacco dal loro Paese e dal loro mondo di affetti, relazioni, lingua e cultura
per avere in cambio un lavoro remunerativo che permetta a se stesse e alle
famiglie lasciate nei luoghi di origine di avere una vita più dignitosa. Molte
di loro, infatti, sono fuggite dalla povertà o da situazioni di conflitti nella
speranza di trovare un po’ di benessere e di dare un futuro ai propri, spesso bambini
lasciati in custodia agli anziani genitori per prendersi cura dei nostri
bambini.
Ma ci sono anche migliaia di
donne immigrate che non sono state considerate numericamente in questo Dossier,
perché prive di documenti. Molte di loro sono ancora in balìa di trafficanti
che sfruttano la loro situazione di illegalità per costringerle a vendere il
loro corpo sulle nostre strade. Altre le troviamo rinchiuse per lunghi mesi nei
Centri di identificazione ed espulsione (CIE) dove vivono la sofferenza di un futuro incerto
e di un rimpatrio forzato. Altre ancora, purtroppo, continuano a morire sulle
nostre strade: come Joy, che lo scorso mese di ottobre è stata trovata in un
torrente alle porte di Novara, ammazzata a soli 21 anni.
Ora mi sto occupando del caso di Jessica,
morta nei giorni scorsi per un’emorragia celebrale a poco più di trent’anni.
Chi l’aveva conosciuta ha commentato: «La strada e gli aguzzini hanno rubato la
vita a questa creatura». Anche loro come tutte le donne avevano dei sogni da
realizzare. Nel giorno dedicato ai nostri defunti,
abbiamo dunque un ricordo speciale, una preghiera e una richiesta di perdono per
tutte le vittime uccise anche dalla nostra indifferenza.
Pubblicato il 31 ottobre 2011 - Commenti (0)
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