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lug

Quando la mafia non perdona

Sono nei nostri occhi le immagini dei barconi carichi di esseri umani che in questi ultimi mesi si susseguono con ritmi a volte giornalieri sulle coste di Lampedusa. Uomini, donne, talvolta bambini, che fuggono dalla guerra e dalla povertà in cerca di accoglienza, sicurezza e di un po’ di benessere per se stessi e per i propri familiari. Purtroppo molti di loro non sono nemmeno giunti alla meta dei loro desideri, perché sepolti nel mare. Sui volti di quelli che arrivano si nota ancora tanta sofferenza mentre certamente ognuno di loro porta dentro di sé l’esperienza di drammi vissuti, di relazioni stroncate, di sogni infranti.

Mentre rifletto sulla realtà di tanti immigrati disperati, rivivo la triste storia di una delle tante donne accolte nelle nostre case-famiglia. Due anni fa, proprio in questi giorni, ricevo una telefonata da un’ispettrice di polizia che mi chiede se conosco una certa Jennifer. Aveva trovato il mio numero di telefono sul suo cellulare e sperando di poter avere qualche notizia mi aveva telefonato. Immediatamente ho pensato che fosse successo qualche cosa di grave. L’ispettrice mi conferma che Jennifer è stata barbaramente uccisa. La mia prima reazione è stata: “Si sono vendicati!”.

Conoscevo bene la triste storia di Jennifer, dei suoi due bambini lasciati in Nigeria per venire in Italia dopo un lungo e faticoso viaggio durato tre mesi, attraverso il deserto, dove ha sofferto la fame, la sete, il caldo e la stanchezza e dove si è accorta di essere incinta di suo marito. Poi il viaggio su un gommone con 52 migranti che si è capovolto e si sono salvate solo tre persone, scaraventate sugli scogli e soccorse dalle motovedette. Jennifer era una di queste.

Giunta in Italia, la madam che l’aveva contattata e le aveva promesso un lavoro in un negozio la costringe ad andare sulla strada. Quando si accorge che è incinta cerca a più riprese di farla abortire. Jennifer riesce a scappare e porta avanti la sua gravidanza, ma a causa dei tanti maltrattamenti subiti il bimbo nasce prematuro. Mamma e figlio vengono accolti in una delle nostre strutture. Naturalmente Jennifer si rifiuta di pagare i 40 mila euro richiesti dalla madam, per cui iniziano i contatti e le minacce alla famiglia in Nigeria. Jennifer è decisa a non cedere alle ritorsioni perché vuole pensare ai suoi bambini. Un mese dopo, di fronte alla determinazione di Jennifer di non pagare, è scattata la tremenda vendetta. La mafia nigeriana colpisce sempre e senza pietà. Jennifer è stata uccisa e i suoi tre bambini sono rimasti orfani. Dopo due anni di indagini, come spesso capita in questi casi, non si è ancora trovato nessun colpevole, anche se alcuni connazionali potrebbero conoscere i responsabili. Ma hanno paura di dire la verità perché essendo tutti stranieri e la maggior parte clandestini temono pure loro le ritorsioni della mafia nigeriana o di essere rimpatriati perché privi di documenti.

Purtroppo non c’e mai nessun risarcimento per questi omicidi e questi tre bambini oggi sono a carico della famiglia di origine, molto povera. Stiamo cercando, attraverso alcune nostre istituzioni caritative, di offrire almeno un sostegno per la scuola e per dare un futuro a questi piccoli, anche loro vittime di una mafia e di una società corrotta che ha perso il senso e il valore della vita e della dignità della persona.

Pubblicato il 26 luglio 2011 - Commenti (0)

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Autore del blog

Noi donne oggi

Suor Eugenia Bonetti

Missionaria della Consolata, è stata per 24 anni in Kenya. Al ritorno comincia a lavorare in un Centro d’ascolto e accoglienza della Caritas di Torino, con donne immigrate, molte delle quali nigeriane, vittime di tratta. Dal 2000 è responsabile dell’Ufficio tratta dell’Unione superiori maggiori italiane (Usmi). Coordina una rete di 250 suore di 70 diverse congregazioni, che operano in più di cento case di accoglienza. Il presidente Ciampi l’ha nominata nel 2004 Commendatore della Repubblica italiana.
Ha scritto con Anna Pozzi il libro "Schiave" (Edizioni San Paolo).

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