28 lug
In queste settimane, diversi media italiani hanno dato molto rilievo e attenzione all’“indegno mercato” di esseri umani, come è stato chiamato in un editoriale di Giuseppe Anzani su Avvenire.
Notizie e informazioni sconcertanti, che segnalano la vastità e la crudeltà di questo fenomeno, ancora così poco conosciuto. E che richiede risposte adeguate e urgenti alla nostra società civile e religiosa. Non possiamo più tacere di fronte a tanta ipocrisia e continuare a ripetere il ritornello che «questo è il mestiere più vecchio del mondo». E non possiamo più far finta di credere che le prostitute sono sulle strade o nei locali notturni per libera scelta, perché possono e desiderano fare del loro corpo una fonte di guadagno facile. Niente di più falso. Dobbiamo ritrovare il coraggio dell’onestà e della verità e chiamare questo fenomeno con il proprio nome: “schiavitù”.
Non possiamo però dimenticare che questo fenomeno sta distruggendo pure tante nostre famiglie. Infatti, il 70 per cento dei clienti che vanno in cerca di sesso a pagamento sulle strade hanno a casa moglie e figli, oppure sono conviventi. Quanto mi fa riflettere, durante le mie frequenti visite all’ambasciata nigeriana, vedere uomini italiani già anziani in compagnia di ragazze ventenni in attesa del loro turno per chiedere il nulla osta per un matrimonio, certamente basato più su convenienze e interessi personali che sul vero amore e su un progetto di vita insieme. Quanto tempo possono durare simili matrimoni combinati?
Sovente mi domando anche che cosa stiano veramente cercando questi uomini sulle nostre strade, di giorno o di notte, incuranti di chi li può vedere e riconoscere come clienti di “prostitute”. A quanto pare non se ne fanno più nemmeno un motivo di vergogna o di disagio. Ormai tutto è lecito e lo si giustifica come un diritto e una qualsiasi scelta personale. Ormai è diventato parte di una nuova cultura. Non ci si mette nemmeno più in discussione, giacché ciascuno può semplicemente fare ciò che vuole. Specialmente se ha denaro e con questo si sente autorizzato ad acquistare tutto, compreso il corpo di una donna, come se fosse una merce qualsiasi.
Se c’è da puntare il dito allora è sempre nei riguardi della donna, della sua spudoratezza, volgarità, provocazione, nonché dei suoi atti di indecenza e mal costume. Ma “lui”, il cliente che la cerca, la usa e poi la rigetta sulla strada non è mai colpevole.
Dopo tanti anni di lavoro e di lotta per contrastare questa terribile piaga e questa nuova forma di schiavitù il fenomeno non arretra, anzi, cambia strategie e si rinforza. Le donne dell’Est Europa sono sempre più giovani e assai confuse, specialmente se hanno saltato la loro adolescenza e sono state buttate sulle strade in pasto agli affamati di sesso. Mentre le nigeriane sono tenute in ostaggio con lo stratagemma della richiesta di asilo politico per cui, in attesa dell’inchiesta della commissione proposta a tale scopo (che non sarà favorevole nella maggioranza dei casi), i trafficanti e le madame continuano a trarre i loro enormi profitti.
Ben venga allora un dibattito politico e istituzionale serio e tempestivo per riproporre legislazioni ponderate che mirino prima di tutto a liberare le molte schiave costrette a vendersi nel nostro Paese. Riprendiamo in mano seriamente il famoso art. 18 del T.U (286/98) sull’immigrazione e proponiamo a queste giovani la possibilità di una via di uscita dalla schiavitù, attraverso programmi di recupero di una nuova vita sicura e dignitosa basata sul lavoro onesto.
Le toglieremo così ai trafficanti e ai clienti, diminuendo il numero delle prestazioni e dei rispettivi guadagni. Da quando è stato emanata questa lungimirante legislazione, apprezzata anche da molti Paesi Europei, nelle case-famiglia gestite dalle religiose, in collaborazione con altri enti, abbiamo offerto accoglienza, sicurezza e legalità a oltre 6.000 donne, tra le quali moltissime mamme con bimbi che ora si sono inserite nel nostro tessuto sociale.
Purtroppo, oggi troviamo molto più difficile ottenere i permessi da parte delle autorità competenti. Di conseguenza, noi stesse non siamo più credibili quando proponiamo alle donne di lasciare la strada e iniziare un vero percorso di integrazione e liberazione. Le stesse comunità di accoglienza gestite da associazioni finanziate da enti pubblici o governativi, si trovano ora in gravi difficoltà finanziarie e stanno chiudendo, mentre le nostre comunità - pure nelle difficoltà - aumentano di numero, cercando di far fronte alle stesse difficoltà di mantenimento e reinserimento sociale e lavorativo.
Pubblicato il 28 luglio 2012 - Commenti (0)
24 lug
Recentemente due suore nigeriane sono venute in Italia a un seminario internazionale per religiose provenienti da diversi Paesi del mondo per rafforzare la rete di Talitha Kum. Insieme, si è cercato di trovare strategie comuni per incidere sui Paesi di origine, transito e destinazione di migliaia di giovani donne, vittime di organizzazioni criminali internazionali che le trafficano e le costringono alla prostituzione.
Dalle diverse esperienze è emerso prima di tutto il grande problema della povertà endemica in tanti Paesi d’origine che facilita il compito dei trafficanti di esseri umani, che usano varie strategie - tra cui i riti voodoo - per “adescare” e soggiogare le loro prede.
Ma i trafficanti sono presenti pure nei Paesi di transito per monitorare il passaggio delle vittime e non rischiare di perdere il loro “investimento”. Ogni donna vittima di tratta, costretta a prostituirsi in Europa, frutta dai 60 agli 80 mila euro.
Nei Paesi di destinazione, invece, i trafficanti sono ancora in azione per pianificare l’offerta e rispondere alla domanda di milioni di uomini, in cerca di sesso a pagamento. Purtroppo la crisi economica non incide su questo mercato.
Una delle due religiose nigeriane venute in Italia è stata diverse sere sulle nostre strade per incontrare le ragazze e rendersi conto della loro triste situazione. Incontrando un giornalista durante una conferenza stampa, che le chiedeva che cosa l’aveva colpita di più durante quegli incontri notturni sulla strada, diede una risposta agghiacciante: «Ho notato che voi italiani siete molto amanti degli animali e li trattate molto bene», disse con molta convinzione e pacatezza. «Come avrei voluto vedere le nostre ragazze trattate almeno come animali».
Quanto mi ha colpita quella risposta e quanto mi ha fatto riflettere quella drammatica a verità. Proprio in questi giorni, leggendo le polemiche legate a un allevamento di animali destinati presumibilmente alla vivisezione, mi sono tornate in mente le parole di quella religiosa. E ho pensato che, come è giusto indignarsi per l’atroce fine che fanno quegli animali, allo stesso modo dovremmo alzare il nostro grido di denuncia e di indignazione per il trattamento bestiale che viene riservato a molte giovani immigrate, che subiscono ogni giorno le peggiori violenze sulle strade del nostro Paese.
Pubblicato il 24 luglio 2012 - Commenti (1)
14 lug
Sono di questi giorni le notizie
di arresti di trafficanti di esseri umani sia a La Spezia che a Sassari. Penso
sia giunto il momento di essere molto più severi con i trafficanti di merce
umana e cercare di confiscare i loro proventi e risarcire le donne ridotte a
schiave dei danni subiti.
“Finalmente giustizia è fatta”, è stata una bella
notizia emanata dalla Corte d’Assise d’appello dell’Aquila a favore di
diciassette donne nigeriane costrette a prostituirsi sulla Bonifica del Tronto in
condizioni di grave sfruttamento: 50.000 euro di provvisionale immediata per
ogni ragazza, la revoca della confisca dei beni sequestrati agli imputati in
favore dello Stato e il sequestro conservativo in favore delle vittime.
Queste notizie e risoluzioni potrebbero incoraggiare molto le stesse vittime a
collaborare con la giustizia per mettere fine al commercio di esseri umani così
come viene fatto per il traffico di droga.
Ben venga allora la proposta di
una legge in Italia come quella della Svezia e della Norvegia, che mira a
colpire e a multare anche il cliente in modo che serva da deterrente.
Questo
provvedimento, però, deve essere accompagnato da una vera educazione e
formazione al rispetto e alla dignità della persona. La donna non può essere
ridotta a mero oggetto, che si può mercanteggiare, specialmente se vive in
stato di paura o di vulnerabilità.
La nostra proposta va ben oltre la
punizione. Quest’ultima, se non è accompagnata da un cambiamento di mentalità e
di valori, non porta certamente i frutti desiderati e duraturi in un mondo dove
la differenza di genere deve essere accolta e vissuta nella quotidianità e
nella complementarietà pur nella diversità dei ruoli.
Le nuove legislazioni possono
essere efficaci se discusse tra le varie componenti sociali e specialmente con
chi opera a diversi livelli e con diversi ruoli per contrastare il traffico di
esseri mani per lo sfruttamento sessuale, al fine di trovare comuni accordi per
proporre e attuare leggi adeguate ed efficaci.
È importante e necessaria la
collaborazione di quanti sono coinvolti in prima persona nella lotta alla
criminalità organizzata, nonché nella protezione delle vittime e persino nel recupero
del cliente, perché anche lui è un anello saldo della catena di questa nuova
schiavitù che deve essere spezzato affinché lui stesso possa riappropriarsi
della sua dignità.
Facciamo campagne informative e
formative, puntando specialmente sui giovani nelle scuole e nelle parrocchie e
ridurremo di molto la richiesta. Solo allora le nostre leggi punitive saranno
efficaci e durature, perché basate su convinzioni e su valori veri di una
convivenza umana e rispettosa della dignità propria e altrui.
Pubblicato il 14 luglio 2012 - Commenti (1)
09 lug
Non passa giorno, o quasi, che non si abbiano notizie di violenze (spesso domestiche) nei confronti delle donne. Purtroppo anche i dati - resi noti recentemente dall’Associazione nazionale Telefono Rosa -, confermano una situazione molto preoccupante e sconcertante. L’inchiesta rivela che l’87 per cento delle violenze avviene in famiglia, tra le mura domestiche, giustificata sovente in nome della stessa affettività; in realtà è esclusivamente violenza inaudita e ingiustificabile. Basti pensare che solo nei primi sei mesi del 2012 sono state uccise in Italia 61 donne. Certamente, in queste statistiche non vengono incluse le donne vittime di tratta e di violenza sulle nostre strade, di cui poco o nulla si dice, perché loro, donne immigrate cosiddette prostitute, non fanno notizia e purtroppo non si cercano e non si trovano mai i colpevoli.
Il rapporto di Telefono Rosa segnala invece con forza la tragica e terribile conferma che, a commettere i reati, sono in gran parte gli stessi familiari: mariti, ex compagni o persone nella cerchia affettiva delle mura domestiche. La violenza è spesso causata da gelosia, dal non saper accettare un confronto, da un rifiuto o da un fallimento, oppure dalla paura di perdere un bene, un affetto che si ritiene una proprietà privata di cui si può fare ciò che si vuole.
Ma la donna, in famiglia - ma anche in strada - non è mai un oggetto “usa e getta” come molti vorrebbero farci credere, specialmente attraverso la rappresentazione che ne viene fatta dai mezzi di comunicazione. Purtroppo l’immagine che viene enfatizzata dai media educa spesso alla sopraffazione, alla violenza, all’uso del corpo solo come merce.
D’altro canto, i bambini hanno sempre meno esempi positivi da seguire all’interno delle loro famiglie. È quanto emerge anche dal rapporto ed è un aspetto inquietante molto evidenziato dalla stessa presidente di Telefono Rosa, Gabriella Moscatelli: si tratta della cosiddetta “violenza assistita”, ossia la violenza della quale i bambini sono spettatori all’interno delle mura domestiche. Il che li rende da un lato vittime, dall’altro potenziali soggetti violenti. I bambini vedono e assorbono lo stesso modo di agire, reagire e giudicare che sperimentano all’interno della famiglia. E, una volta diventati adulti, tendono a riprodurre gli stessi atteggiamenti.
Oggi sentiamo con urgenza la necessità di aiutare la coppia a maturare e a vivere insieme con atteggiamenti di rispetto reciproco, di accoglienza del diverso, di dialogo, di perdono, di amore sincero e non possessivo. Quante volte invece le coppie sono lasciate sole a far fronte alle loro difficoltà e ai loro drammi, fatti di incomprensioni, paure, gelosie, tradimenti, solitudine. Purtroppo a farne le spese sono quasi sempre le donne e i bambini.
Ben venga allora anche la formazione integrale dei giovani nelle parrocchie e nelle scuole, basata soprattutto sul grande valore del rispetto della dignità della persona, sia maschile che femminile. I nostri giovani devono essere formati e aiutati a saper cogliere e accogliere le differenze, ad apprezzare capacità e ruoli, mirando a un’affettività equilibrata e responsabile.
A questi giovani, noi dovremmo avere il coraggio di proporre esempi positivi ed edificanti, come quello di Maria Goretti, dodicenne uccisa il 6 luglio del 1902 per non aver accettato le richieste di un giovane che la molestava. Marietta, così veniva chiamata, ha avuto l’esempio di una mamma che l’aveva educata al rispetto, al dovere, alla propria dignità e integrità.
E proprio a Nettuno, dove riposa il suo piccolo corpo nella basilica a lei dedicata, abbiamo voluto aprire una comunità di accoglienza per donne che hanno subito violenza in modi diversi, tra cui donne vittime di tratta. Questa casa, aperta grazie alla collaborazione di diverse comunità religiose, parrocchie e diocesi, vuole essere un punto di riferimento e di incoraggiamento per quante si portano dentro segni di violenza e umiliazione, affinché possano ritrovare speranza e serenità e la voglia di riprendere in mano la propria vita per diventare protagoniste del loro futuro.
Pubblicato il 09 luglio 2012 - Commenti (0)
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