10
mag

Lotta alla tratta degli esseri umani

“La lotta alla tratta di esseri umani”. È il titolo di una speciale conferenza che si è tenuta ieri, 8 maggio, a Roma, nella sede del Pontificio Consiglio di Giustizia e Pace. Promotore di questo particolare evento a Roma è stato nientemeno che l’Ufficio per le politiche migratorie della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles che ha voluto coinvolgere in questo incontro due dicasteri vaticani di particolare interesse: il Pontificio consiglio di Giustizia e Pace e quello per la Pastorale dei Migranti e Itineranti.
L’obiettivo: far emergere ancora una volta l’importanza del lavoro di rete tra tutte le forze politiche e religiose, di associazionismo e di volontariato che operano nel delicato e difficile campo della lotta contro il traffico di esseri umani. L’incontro di Roma dava continuità a un primo seminario sulla “Tratta di esseri umani” che si era svolto lo scorso dicembre a Londra, sempre organizzato dal Forum delle migrazioni cattoliche della Conferenza dei vescovi.

Io pure ero stata invitata a condividere con un folto gruppo di 120 partecipanti l’esperienza che da anni stiamo portando avanti in Italia e non solo, come religiose, in collaborazione con vari enti del pubblico e del privato, per sconfiggere questa terribile piaga della tratta di persone, specie per la compravendita del corpo di tante giovani ingannate e sfruttate.

La conferenza di ieri aveva lo scopo di offrire una maggior visibilità al problema e soprattutto cercare di incidere più decisamente nel dare risposte concrete, con l’obiettivo fondamentale di restituire rispetto e dignità alle persone. Il tutto, coinvolgendo una vasta rappresentanza di istituzioni-chiave, rappresentanti di governo e di Chiesa, ambasciatori di vari Paesi, interessati perché di origine, transito o destinazione delle persone trafficate, nonché le forze dell’ordine impegnate contro la criminalità.
Erano inoltre presenti rappresentanti di vari enti e istituzioni che da anni si battono su diversi livelli: prevenire il reclutamento, specialmente nei Paesi poveri (o impoveriti dai nostri stessi sistemi di vita); proteggere le vittime di tale traffico e sfruttamento e soprattutto offrire soluzioni alternative attraverso un’adeguata reintegrazione sociale sia nel Paese di origine che di destinazione.

La condivisione che mi è stata chiesta verteva sull’importanza e sulla forza del lavoro di rete. L’esperienza delle religiose italiane, che è andata rafforzandosi in questi anni, specialmente attraverso l’accoglienza nelle nostre stesse case, è un segno che colpisce e stimola le Conferenze di religiose di altri Paesi. Le interroga e le spinge ad assumere questa nuova emergenza, quale “segno dei tempi”, e le aiuta anche a rivitalizzare e attualizzare i loro stessi carismi di fondazione.

Durante la mattinata non è mancata la voce - interrotta più volte dalla commozione - di una giovane vittima, che ha raccontato, nel più assoluto silenzio e rispetto, la sua storia di inganno, illusione, maltrattamenti, disprezzo, solitudine, prima di trovare aiuto e ottenere una possibilità di riscatto. Oggi questa giovane donna ha ritrovato identità, dignità e libertà, ma purtroppo non ha ancora del tutto superato il trauma psicologico, morale e spirituale vissuto all’età di 18 anni.

Mentre ascoltavo, pure io commossa e indignata per quello che aveva dovuto subire, rivedevo i volti di tante giovani incontrate sulle strade del nostro Paese e riascoltavo le loro storie, le loro sofferenze, il loro grido di aiuto. E mi domandavo: fino a quando la nostra società con la sua perdita di valori veri e umani, del rispetto e dell’accoglienza, rimarrà sorda e indifferente di fronte a questo grido? Perché ancora oggi nel nostro Paese non si parla della costante richiesta di sesso a pagamento che tiene imprigionate tante giovani donne e lo si giustifica in mille modi? Perché si continuano a trasmettere modelli culturalmente e moralmente sbagliati soprattutto ai nostri giovani? E perché le nostre istituzioni di governo e di Chiesa, che hanno responsabilità sociale e morale - anche attraverso parrocchie, scuole, mezzi di comunicazione… - non parlano quasi mai di questo grosso problema della “domanda”?
I milioni di clienti che acquistano sesso a pagamento contribuiscono a sostenere i guadagni dei trafficanti e a tenere schiave nel nostro Paese, che si dice civile e cattolico, migliaia di donne sfruttate e abusate.

Ancora una volta il Convegno ha voluto lanciare un forte appello alla coesione, al mettere in comune le nostre forze e la nostra capacità di lavorare in rete. Un lavoro che richiede davvero un grande sforzo; ciascuno di noi deve offrire il proprio contributo per spezzare per sempre tutti gli anelli di questa orribile catena.

Pubblicato il 10 maggio 2012 - Commenti (1)
26
lug

Quando la mafia non perdona

Sono nei nostri occhi le immagini dei barconi carichi di esseri umani che in questi ultimi mesi si susseguono con ritmi a volte giornalieri sulle coste di Lampedusa. Uomini, donne, talvolta bambini, che fuggono dalla guerra e dalla povertà in cerca di accoglienza, sicurezza e di un po’ di benessere per se stessi e per i propri familiari. Purtroppo molti di loro non sono nemmeno giunti alla meta dei loro desideri, perché sepolti nel mare. Sui volti di quelli che arrivano si nota ancora tanta sofferenza mentre certamente ognuno di loro porta dentro di sé l’esperienza di drammi vissuti, di relazioni stroncate, di sogni infranti.

Mentre rifletto sulla realtà di tanti immigrati disperati, rivivo la triste storia di una delle tante donne accolte nelle nostre case-famiglia. Due anni fa, proprio in questi giorni, ricevo una telefonata da un’ispettrice di polizia che mi chiede se conosco una certa Jennifer. Aveva trovato il mio numero di telefono sul suo cellulare e sperando di poter avere qualche notizia mi aveva telefonato. Immediatamente ho pensato che fosse successo qualche cosa di grave. L’ispettrice mi conferma che Jennifer è stata barbaramente uccisa. La mia prima reazione è stata: “Si sono vendicati!”.

Conoscevo bene la triste storia di Jennifer, dei suoi due bambini lasciati in Nigeria per venire in Italia dopo un lungo e faticoso viaggio durato tre mesi, attraverso il deserto, dove ha sofferto la fame, la sete, il caldo e la stanchezza e dove si è accorta di essere incinta di suo marito. Poi il viaggio su un gommone con 52 migranti che si è capovolto e si sono salvate solo tre persone, scaraventate sugli scogli e soccorse dalle motovedette. Jennifer era una di queste.

Giunta in Italia, la madam che l’aveva contattata e le aveva promesso un lavoro in un negozio la costringe ad andare sulla strada. Quando si accorge che è incinta cerca a più riprese di farla abortire. Jennifer riesce a scappare e porta avanti la sua gravidanza, ma a causa dei tanti maltrattamenti subiti il bimbo nasce prematuro. Mamma e figlio vengono accolti in una delle nostre strutture. Naturalmente Jennifer si rifiuta di pagare i 40 mila euro richiesti dalla madam, per cui iniziano i contatti e le minacce alla famiglia in Nigeria. Jennifer è decisa a non cedere alle ritorsioni perché vuole pensare ai suoi bambini. Un mese dopo, di fronte alla determinazione di Jennifer di non pagare, è scattata la tremenda vendetta. La mafia nigeriana colpisce sempre e senza pietà. Jennifer è stata uccisa e i suoi tre bambini sono rimasti orfani. Dopo due anni di indagini, come spesso capita in questi casi, non si è ancora trovato nessun colpevole, anche se alcuni connazionali potrebbero conoscere i responsabili. Ma hanno paura di dire la verità perché essendo tutti stranieri e la maggior parte clandestini temono pure loro le ritorsioni della mafia nigeriana o di essere rimpatriati perché privi di documenti.

Purtroppo non c’e mai nessun risarcimento per questi omicidi e questi tre bambini oggi sono a carico della famiglia di origine, molto povera. Stiamo cercando, attraverso alcune nostre istituzioni caritative, di offrire almeno un sostegno per la scuola e per dare un futuro a questi piccoli, anche loro vittime di una mafia e di una società corrotta che ha perso il senso e il valore della vita e della dignità della persona.

Pubblicato il 26 luglio 2011 - Commenti (0)
19
giu

18 mesi nei Cie, una vergogna

n questo momento, il mio pensiero va in modo particolare alle donne di Ponte Galeria, dove tutti i sabati pomeriggio cerchiamo di portare una presenza di conforto e consolazione.  Da molti anni, con un gruppo di religiose di varie nazionalità, visitiamo la sezione femminile di questo Cento di identificazione ed espulsione vicino a Roma. Qui, molte donne vittime di tratta si trovano rinchiuse con l’unica colpa di essere prive di documenti.

     Purtroppo in questi giorni una nuova normativa prevede di prolungare la loro permanenza in questi centri da 6 a 18 mesi. Questo mi sconcerta e mi indigna. E spero che molti altri lo facciano con me. Con noi. Giacché, ancora una volta, le stesse vittime di questo sfruttamento vergognoso legato al traffico di esseri umani per la prostituzione sono quelle che pagano il prezzo più alto di decisioni e politiche ingiuste, che confondono le vittime con i criminali. Mentre coloro che le trafficano oppure le cercano e le usano rimangono impuniti e forse protetti dalla stessa legge. Diciotto mesi di detenzione! È un’ingiustizia, una violazione dei diritti umani di queste persone, una vergogna, contro cui dovremmo tutti mobilitarci.

Pubblicato il 19 giugno 2011 - Commenti (0)

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Autore del blog

Noi donne oggi

Suor Eugenia Bonetti

Missionaria della Consolata, è stata per 24 anni in Kenya. Al ritorno comincia a lavorare in un Centro d’ascolto e accoglienza della Caritas di Torino, con donne immigrate, molte delle quali nigeriane, vittime di tratta. Dal 2000 è responsabile dell’Ufficio tratta dell’Unione superiori maggiori italiane (Usmi). Coordina una rete di 250 suore di 70 diverse congregazioni, che operano in più di cento case di accoglienza. Il presidente Ciampi l’ha nominata nel 2004 Commendatore della Repubblica italiana.
Ha scritto con Anna Pozzi il libro "Schiave" (Edizioni San Paolo).

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