La copertina di "Io sono qui. Il mistero di una vita sospesa" (Mondadori, 2012) di Mariapia Bonanate.
Durante il periodo estivo, quando tutti cercano di trascorrere alcuni giorni di riposo e vacanza, penso spesso alle tante persone, in maggioranza donne e madri di famiglia, pronte a sacrificare il loro tempo e il loro riposo per rimanere accanto a persone care anziane o ammalate, bisognose di cure o assistenza in ospedale o in famiglia.
Sono soprattutto le donne che vivono questa esperienza di presenza, amore e conforto, di donazione e sicurezza per alleviare il dolore, il disagio, la malattia o la solitudine di altre persone.
Mi ha fatto molto riflettere su queste situazioni di sofferenza e di amore la lettura del libro “Io sono qui”. Il mistero di una vita sospesa (Mondadori, 2012), scritto da Mariapia Bonanate, giornalista e scrittrice di Torino, con la quale abbiamo condiviso tante riflessioni e campagne per la dignità, bellezza e ricchezza che ogni donna porta in sé e che esprime in tanti modi.
In questo libro Mariapia racconta l’esperienza vissuta in prima persona di presenza accanto al marito infermo da oltre sei anni, colpito dalla sindrome Locked-in. Sotto le sembianze di un Cristo Velato, nell’immobilità assoluta della malattia, Mariapia percepisce così, in modo profondo e umanissimo, la presenza-assenza del marito. E in questo libro condivide lo smarrimento suo e di tutta la famiglia, ma fa emergere anche la consapevolezza che esiste un altro modo di stare accanto e di essere in relazione, come moglie e madre.
Nelle pagine e nei capitoli che scorrono ricchi di espressioni piene di amore e di sapienza evangelica, l’autrice coglie nel vivo ed esprime con efficacia il senso vero del silenzio che parla più di tante parole. Allora anche il vuoto diventa pienezza e la notte e il buio si fanno chiari come il giorno.
Questo è ciò che è accaduto e continua a vivere Mariapia da quando suo marito, il compagno di una vita, all'improvviso, è stato colpito da una malattia che lascia la persona cosciente, ma totalmente immobile, senza la possibilità di comunicare con chi gli è accanto, se non con il battito delle ciglia e spesso neppure con quello. Un genere di coma di cui si conosce molto poco.
Da quel momento niente è stato più come prima. Poi la decisione consapevole e difficile di portarlo a casa dall’ospedale e di accudirlo in famiglia. È così che “la stanza sulla piazza”, come ama definirla Mariapia, quella in cui lui vive, è diventata il cuore pulsante della casa, un luogo dell'anima dove ogni giorno accadono fatti straordinari. Quella stanza è ora un crocevia di destini e d'incontri, di arrivi e di partenze che insegnano a guardare le cose con occhi diversi, a percepire sensazioni mai provate prima. A scoprire verità nuove o dimenticate, significati importanti, talvolta perduti, in un rapporto intimo con le persone e le situazioni. Tutto diventa novità perché ogni momento è un dono di eternità.
È stato proprio in questa ricerca di senso e nella riscoperta di questo Cristo Velato che entra in scena la sorprendente e misteriosa empatia con Etty Hillesum, giovane donna scomparsa ad Auschwitz, che scrisse un indimenticabile Diario, riscoperto e valorizzato solo molti anni dopo la sua morte. Attraverso questa lettura e un dialogo ideale con Etty, l'autrice si sente sostenuta e incoraggiata nel suo viaggio interiore: le sue parole rivelano momenti di eternità, disegnano un filo luminoso, una comunione di vita e di grandi ideali, dove anche la sofferenza più intima e profonda trova un senso e il coraggio di continuare ad amare, a sperare e a lottare, nonostante tutto.
Io sono qui è la forza dell’amore che non conosce barriere o limiti. È il resoconto delle varie stazioni di un calvario che si è trasformato in un inno alla vita e che ha scoperto un linguaggio nuovo, quello dei sensi riportati all’integrità e alla sacralità delle origini. Non è solo un libro, un racconto, una testimonianza.
È la vita stessa che ha preso una forma inaspettata, più vera: una vita che si è trovata all’improvviso di fronte allo specchio dell’Altrove, dell’Invisibile e, dunque, del “miracolo”. Una vita che si è trasformata, rovesciata, lasciando l’essenza di una umanità ferita ma viva, che sanguina e si rimargina ogni giorno misteriosamente.
Tutto questo grazie alla forza dell’amore e della visione di quel Cristo Velato, che si fa ancora una volta compagno di viaggio sulle strade del mondo per dare un senso alla vita, alla malattia ed anche alla stessa morte, perché alla fine il velo verrà tolto e apparirà la bellezza e la ricchezza dell’amore che oltrepassa malattia e morte per una vita nuova piena di luce e di grazia.
Mariapia e tutte le donne, che vivono in questo momento il mistero della sofferenza accanto a persone care da accudire e amare con tenerezza di madre, sono un esempio illuminante per la nostra società del benessere e del consumo, che troppo spesso dimentica il valore della dignità della persona e il senso vero e umano del prendersi cura di chi è più debole e bisognoso di attenzione e di amore più che delle stesse terapie mediche.
Pubblicato il 13 agosto 2012 - Commenti (0)