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feb

Incastrati nei cliché

Giornalisti all'attacco.
Giornalisti all'attacco.

Da quando ho partecipato alla manifestazione per la dignità della donna lo scorso 13 febbraio, non so più quante decine di richieste di interviste, analisi, commenti ho ricevuto. Televisioni, radio, riviste, quotidiani… Ho perso i conti! Capisco l’importanza della comunicazione. In questi anni, noi stesse, come ufficio “Tratta donne e minori” delle religiose italiane, abbiamo cercato di collaborare il più possibile con i media per far passare dei messaggi corretti, formando e informando sulle terribili conseguenze di questa nuova forma di sfruttamento che sta distruggendo non solo la vita di tante giovani immigrate, ma anche del nostro stesso tessuto sociale, specie la famiglia che ha perso il valore della fedeltà, del rispetto e della relazione interpersonale basato sull’amore conquistato e non mercanteggiato.

     Come donne e religiose, che ogni giorno vivono a fianco di tante donne ferite e umiliate, abbiamo cercato di far conoscere questo mondo della notte e della strada per dire che siamo tutti responsabili di questo disagio sociale e che solo lavorando insieme, ciascuno con le proprie competenze e responsabilità, questa schiavitù del XXI secolo può e deve essere debellata. Anche per questa ragione ho accettato questa nuova sfida di tenere un blog sul sito di Famiglia Cristiana. Un impegno che si aggiunge a molti altri - e dunque non senza fatica - ma che va in questa logica di comunicare per il bene (il bene della conoscenza) e per fare del bene (il bene dell’azione, dell’impegno per una causa giusta).

     Solo che a volte ho l’impressione che lo scopo dei media non sia né il bene né tanto meno la verità. Me ne sono resa conto personalmente in questi giorni in cui sono stata assalita da intervistatori di  tutti i tipi. A volte, avevo l’impressione che il giornalista non solo volesse pormi una domanda, ma avesse già in mente la risposta. Insistendo e provocando per farmi dire quello che aveva in mente lui o lei. Per “incastrarmi” dentro alcuni cliché ai quali potevo essere funzionale. O per portare il mio intervento su un piano più politico.

     Sapevo perfettamente che esponendomi alla manifestazione di domenica 13 avrei rischiato possibili strumentalizzazioni, in un momento così delicato per l'Italia. Ne abbiamo discusso a lungo anche all’interno delle nostre istituzioni di religiose per meglio capire e vagliare l’opportunità di questo intervento in piazza e cogliere questa nuova sfida. Questa scelta delicata e coraggiosa è stata poi sostenuta e accompagnata anche dalla preghiera di 60 monasteri di clausura, ai quali avevamo affidato questo intervento in pubblico a favore della dignità della donna.

     Ma come è possibile che i giornalisti non riescano a capire che non tutto può essere usato per fare polemica oppure buttato in politica? Non esistono forse altri valori, altre buone notizie da far conoscere, che stimolano al bene e formano all’emulazione positiva? Perché si usa così tanto spazio, tempo ed energie per far emergere solo tanta cronaca nera oppure lotte di parte che niente hanno a che fare con il vero bene e interesse dei cittadini? Di che cosa si nutrono e come si educano i nostri telespettatori?

Altra riflessione e domanda cruciale è quella relativa all’immagine della donna nel mondo dello spettacolo, della pubblicità, degli slogan. Ma perché noi donne non ci indigniamo di fronte a tanto scempio ma accettiamo tutto per scontato, contribuendo ad una cultura del piacere, dell’avere, dell’apparire, invece di scoprire l’armonia e la ricchezza interiore di ogni persona?

     Noi religiose, impegnate a contrastare il traffico di esseri umani per lo sfruttamento sessuale, chiediamo a voi giornalisti di aiutarci a far emergere non solo la cultura della bellezza e dell’uso del corpo, bensì la cultura del rispetto reciproco, basato sulla complementarietà e non sul possesso.

 

Pubblicato il 25 febbraio 2011 - Commenti (2)

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Postato da Paola Morgigni il 29/07/2011 13:13

Prendo spunto dal Vangelo di oggi 28 luglio 2011 per meditare sulla dignità della donna. In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t'importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c'è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta». Lc 10,38-42 Gesù è in cammino. Non ha un luogo dove dormire, né ha un albergo che lo attende. Non ha una prenotazione! E' un viandante, un pellegrino ... qualcuno potrebbe dire che è un vagabondo, un homeless, uno zingaro ... Il cammino di Gesù è mosso da una missione da compiere ... Gesù, però, ha una meta interiore, e cammina fra la gente comune, va incontro alle persone e attraversa i villaggi, stabilendo dei legami con chi può partecipare alla sua missione. Marta, una donna, lo ospita ... Marta lo fa entrare in casa, lei non è una sua parente, non lo conosce bene, ma decide di fidarsi di Lui. Gesù decide di fidarsi di lei. Marta ha una sorella Maria. Gesù è in compagnia delle due donne. I loro rapporti sono puri, lavati nel sacro vincolo dell'amicizia vera e disinteressata. Gesù è un uomo che parla. Maria decide di ascoltarlo, di abbandonare tutto per nutrirsi delle sue parole. Maria non bada alle convenzioni, non pensa a come Gesù la giudicherà, rischia, infatti, di essere considerata una fannullona. Quando si siede ai piedi di Gesù non sa se il suo comportamento è considerato giusto oppure no, sente solo di dover ascoltare quella voce, sente una fiamma nel cuore e non la spegne, per dare ascolto alla ragione, che potrebbe suggerirle di fare una bella figura, di apparire brava, di mostrare impegno, operosità, sacrificio ... di far apprezzare le sue "qualità" di donna ... Il comportamento di Maria è ben presto notato dalla sorella che chiede a Gesù di rimproverarla. Immaginiamo che Maria, in quei secondi, abbia pensato che forse Gesù avrebbe dato ragione a Marta. Se lui è un maestro, se lui è come i farisei, forse pensò Maria, certamente mi farà alzare e mi dirà "Compi i tuoi doveri!". Non accade così. Marta è sorpresa, Maria è piena di stupore. La risposta di Gesù cambia un punto di vista radicato nelle convenzioni sociali e culturali. La donna Maria può uscire dal suo ruolo di serva e mostrarsi una donna che sa ascoltare, che ha una sua dignità, un'interiorità da coltivare e da far crescere. Gesù sottolinea la dignità del comprtamento di Maria, la esalta, l'ammira. "Maria ha scelto la parte migliore": afferma Gesù ... la parte del cuore, quella che per vincere ha bisogno di coraggio, della capacità di andare oltre i giudizi e le etichette esteriori. Lei non sarà considerata la cattiva donna, ma è colei che nei secoli sarà ricordata come la donna che ha saputo compiere la scelta giusta. Vogliamo come Maria, la sorella di Marta, sintonizzarci sempre su quella frequenza interiore che ci consente di ascoltare sempre le parole di Gesù e vogliamo rifiutare un modo di vivere solo esteriore in cui si agisce solo per ricevere l'approvazione dei ben pensanti, per ottenere un successo per ciò che si fa o che si ha, e non per ciò che si è.
Paola Morgigni

Postato da Nicola71 il 27/02/2011 16:52

Ho ascoltato dai tg del 13 febbraio alcune parole di suor Eugenia e ho letto l'articolo su Famiglia Cristiana. Il mio pensiero è che è giunto da tempo il momento di alzare la voce per esprimere concetti che i politci trascurano; è il momento che anche le persone che fanno parte della Chiesa (preti, suore, ecc..) manifestino pubblicamente il proprio pensiero circa la retta via da seguire in questo periodo assai difficile. Il vostro pensiero non ha colori politici perchè si rivolge ai cittadini tutti senza distinzioni di sorta.

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Autore del blog

Noi donne oggi

Suor Eugenia Bonetti

Missionaria della Consolata, è stata per 24 anni in Kenya. Al ritorno comincia a lavorare in un Centro d’ascolto e accoglienza della Caritas di Torino, con donne immigrate, molte delle quali nigeriane, vittime di tratta. Dal 2000 è responsabile dell’Ufficio tratta dell’Unione superiori maggiori italiane (Usmi). Coordina una rete di 250 suore di 70 diverse congregazioni, che operano in più di cento case di accoglienza. Il presidente Ciampi l’ha nominata nel 2004 Commendatore della Repubblica italiana.
Ha scritto con Anna Pozzi il libro "Schiave" (Edizioni San Paolo).

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