Mentre abbiamo ancora negli occhi le immagini di centinaia di migliaia di giovani di tutto il mondo, radunati a Madrid per celebrare la Gmg e riscoprire la loro appartenenza di cristiani «radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede» (Col 2,7), penso con emozione e sofferenza a chi non ha potuto essere in mezzo a quella folla di giovani pieni di entusiasmo e di vita. Ripenso alle centinaia di giovani donne immigrate, che incontro ogni sabato pomeriggio - insieme ad altre religiose di diverse congregazioni e vari Paesi -, nel Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria, relegate per 18 mesi e in attesa di espulsione con l’unica colpa di essere in Italia senza documenti.
E ripenso alle migliaia di altre giovani e minorenni costrette a vendersi lungo le nostre strade e che non possono godere con altre ragazze e ragazzi la bellezza di creare una forza di comunione e solidarietà, accomunati dallo stesso ideale e ricerca di verità.
Rivedo quella moltitudine di giovani in attesa dell’incontro con Benedetto XVI, pronti ad ascoltare la sua parola che li stimola all’incontro con Cristo, unica speranza che non delude mai, e il mio pensiero ritorna alla Gmg dell’Anno Santo del Duemila, celebrata a Roma.
Ecco allora che rivivo con commozione la storia di Florence, una giovane nigeriana che ha avuto la forza e il coraggio di spezzare le sue catene e di ritornare a essere persona libera.
A quel tempo, Florence era costretta a lavorare ormai da due anni lungo una strada di Roma.
Da alcuni suoi clienti abituali venne a sapere che giovani di tutto il mondo stavano invadendo Roma per celebrare il Giubileo. Colpita da questa presenza festosa, Florence s'interroga su s{ stessa e la propria vita. Pure lei era giovane e veniva dalla Nigeria, dov’era stata battezzata da piccola nella Chiesa cattolica. Quindi l’invito a partecipare a quello straordinario evento era rivolto anche a lei.
Da tempo, però, non era più in sintonia con la sua fede cristiana perché, come in un fiume in piena, era stata trascinata nel mercato dello sfruttamento sessuale e segnata con il marchio di “prostituta”. Anche lei era stata sequestrata da un “pappone” che la soggiogava e la maltrattava se non guadagnava abbastanza, vendendo il suo corpo insieme alla sua giovinezza, femminilità e dignità.
Ormai si sentiva estranea a quel mondo giovanile, così vibrante di gioia e di entusiasmo, che da aveva lasciato alle spalle per vivere un'umiliante e degradante esperienza.
Eppure, Florence, sentiva impellente nel cuore il richiamo di quell’evento, perché il Giubileo era proprio per chi, come lei, attendeva la liberazione da una vergognosa e nuova forma di schiavitù.
Nonostante i dubbi e le paure, una forza interiore la spingeva a incamminarsi verso il grande raduno. E così ha lasciato la casa, e si è affiancata ai tanti pellegrini, titubante e sperduta. Si è ritrovata vicino al grande palco. Sorpresa e confusa si è seduta in attesa di vivere il più grande miracolo della sua vita. Alcuni giovani hanno notato la sua solitudine e si sono interessati a lei, offrendole la loro amicizia insieme a viveri e bevande.
Florence si è unita a loro con il canto, la danza e l’entusiasmo che fioriva nel suo povero corpo martoriato e segnato dallo sfruttamento sessuale.
A poco a poco si è sentita a suo agio e ha preso coscienza che quell’evento aveva un significato profondo proprio per lei che aveva sperimentato la paura, la solitudine, l’inganno, la delusione, la rabbia, la violenza, la schiavitù e la morte.
Florence ha vissuto intensamente quelle ore, lunghe quanto la sua vita di sofferenza, di sfruttamento, di dolore e di delusione, ma altrettanto corte, troppo corte per gustare fino in fondo la gioia della sua giovinezza e dignità ritrovata. Per Florence, il Giubileo si stava realizzando pienamente e in tutta la sua forza, integrità e bellezza.
L’incontro con l’Eucaristia del giorno seguente ha segnato il culmine di tutta la sua esperienza di fede e di misericordia del Signore e Florence ha trovato il coraggio di dire: «Basta!».
Due giorni dopo è scappata, lasciando alle spalle, non solo la sua vita di miseria e di umiliazione, ma anche le sue poche cose: non ha portato nulla con sé, all’infuori della sua nuova esperienza interiore, che da quel momento in poi è stata la sua unica forza e ricchezza.
Ricordando Florence, chiediamo a Cristo, che continua a parlare al cuore di tanti giovani assetati di verità, di gioia, di giustizia, di pace e di solidarietà, di continuare a percorrere le strade del mondo, specialmente là dove la dignità della persona, soprattutto di donne e minori, è costantemente disprezzata e calpestata. Lui solo può spezzare le catene di ogni forma di schiavitù per aiutare le persone a vivere in liberà e verità.
Pubblicato il 25 agosto 2011 - Commenti (1)