Nei giorni scorsi, mentre ero a Torino per presentare il libro: “Spezzare le Catene. La battaglia per la dignità della donna” (Rizzoli), il Consiglio comunale approvava un ordine del giorno, presentato alcuni mesi fa dalla Lega Nord, che chiede al Parlamento di discutere alcune proposte di legge sulla prostituzione. La Lega, in sintesi, chiede la regolamentazione della prostituzione e la possibilità di riaprire le “case di tolleranza”, motivandola col fatto che questo provvedimento potrebbe far entrare ingenti guadagni nelle casse dello Stato. L'ordine del giorno ha ricevuto 22 voti favorevoli a fronte di 9 astensioni.
Dure e tempestive sono state le reazioni di alcune associazioni che da anni si occupano di tratta di esseri umani, specialmente per lo sfruttamento sessuale. Dai loro comunicati si coglie lo sgomento e l’indignazione di fronte a decisioni prese con molta leggerezza e senza cognizione di causa circa le implicazioni di tali proposte e le conseguenze per tante persone. È rischioso e vergognoso che nel 2012 si continui a considerare le donne come semplice merce da usare a piacimento e a pagamento. Tanto più se si auspica pure un guadagno per lo Stato.
L'Associazione Iroko e la Coalizione internazionale contro la tratta delle donne (Italia), insieme agli Amici di Lazzaro - organizzazioni non governative senza fini di lucro, senza appartenenze politiche e/o religiose - esprimono il loro forte dissenso rispetto a questa proposta, in quanto la prostituzione è violenza contro le donne, rappresenta il più antico degli sfruttamenti e non può essere mai considerata un'attività lavorativa. Infatti, il lavoro, pur semplice e umile che sia, mira a nobilitare la persona e a mettere a disposizione della società le sue capacità professionali e creative, di mente e di cuore.
Questa presa di posizione si basa su molti anni di esperienza e impegno a favore delle donne vittime di tratta e costrette a prostituirsi e di ricerche e di studio del fenomeno in tutto il mondo. La nostra posizione non è dunque basata solo su motivi religiosi o di etica religiosa, bensì sull’etica dei diritti umani e soprattutto dei diritti delle donne. Il livello spaventosamente alto di violenza a danno delle donne in Italia è allarmante e ben noto. Non possiamo permetterci di aggiungere altra violenza per di più legalizzata. Una delle peggiori violenze contro la donna, in tutte le società, è proprio la prostituzione e poco vale la scusa che le donne abbiano “scelto” o meno di prostituirsi. Ricordo molto bene l’espressione sovente usata dal caro don Oreste Benzi, che tanto si è battuto contro il terribile flagello della tratta e della prostituzione: «Nessuna donna nasce prostituta, ma c’è sempre qualcuno che la fa diventare tale o qualche situazione che la induce».
Oggi, ancora, alla nostra società civile e religiosa viene chiesto di debellare tutte quelle situazioni che possono indurre le donne a dover vendere il proprio corpo per vari motivi: povertà o indigenza, ma anche per un posto di lavoro, per far carriera e soprattutto per fare spettacolo o entrare nel mondo della moda e della pubblicità. Questo non è più tollerabile, e sono le donne, prima di tutto, a doverne prendere atto e a non prestarsi a questo squallido mercato che degrada sia chi provoca e sia chi passivamente accetta e subisce.
Inutile combattere la tratta di esseri umani come nuova e terribile forma di schiavitù - che ancora oggi produce un fatturato annuo di 32 miliardi di dollari - se allo stesso tempo non combattiamo la prostituzione in tutte le sue forme. Quante volte, incontrando donne immigrate costrette a prostituirsi sulle nostre strade di notte, mi sono sentita dire: «Se nessuno venisse a cercarci e a usarci noi non saremmo qui».
La legalizzazione della prostituzione e la sua promozione come attività lavorativa è una delle cause dirette della tratta internazionale di donne e bambini per lo sfruttamento sessuale. In una società ancora fortemente maschilista e patriarcale, che tollera l'uso maschile del corpo femminile come merce usa e getta, esprimere indignazione e chiedere la fine della tratta di giovani donne e bambini è contraddittorio e incoerente se prima non poniamo fine alla commercializzazione del corpo delle donne.
Per questo con forza e determinazione rifiutiamo le varie proposte di legalizzazione della prostituzione che equivale per molti versi a legalizzare la tratta di esseri umani per l’industria del sesso. Ovvero una delle peggiori schiavitù del XXI secolo.
Pubblicato il 06 febbraio 2012 - Commenti (7)