Tante volte, nell’ultimo anno, abbiamo parlato della dignità delle donne, e ancora più spesso della violazione dei loro diritti, di sfruttamento e “femminicidio”. Oggi, in questa Giornata internazionale della donna, vorrei invece parlare di noi, donne e religiose.
Quante volte e quante persone, di fronte alla costatazione del calo numerico di vocazioni, particolarmente femminili, si sono poste l’interrogativo se vi è ancora un senso e un futuro per questa categoria di donne consacrate nella Chiesa.
Per molti anni, in passato, le congregazioni femminili hanno avuto ruoli e offerto servizi di grande rilevanza, specie nel campo della carità e dell’assistenza. Ma come si presenta la vita religiosa femminile, oggi? Quali sono le sfide che deve affrontare e quali le forze operanti, specialmente nel mondo dell’emarginazione sociale, di fronte alle nuove povertà?
Il ministero della vita religiosa guardando al futuro: questo il titolo di un convegno che si è appena concluso presso l’Unione superiori maggiori d’Italia (USMI), che ha visto la partecipazione di oltre settanta religiose, in gran parte impegnate sul fronte del sociale, e particolarmente nei settori dell’emarginazione e immigrazione. Questo mi offre lo spunto per alcune riflessioni, allargando lo sguardo sugli avvenimenti di Chiesa e nazione di questi ultimi tempi. I molti e significativi eventi di questi giorni sia per la Chiesa universale con le dimissione del Santo Padre, da una parte, sia le elezioni legislative del nostro Paese, dall’altra, hanno in un certo senso focalizzato le riflessioni e le preoccupazioni, mettendo anche noi di fronte alle sfide che i nostri carismi ci impongo.
Nei mesi scorsi, come team operativo dell’USMI nazionale ci siamo ritrovate insieme per mettere a fuoco un convegno che aiutasse la vita religiosa a vivere ogni giorno l’esperienza di manifestare la propria fede attraverso le opere di carità. Nessuna allora poteva immaginare che ci saremmo trovate a Roma a vivere, negli stessi giorni del convegno, avvenimenti di tale portata ecclesiale e sociale.
E allora mi è venuto spontaneo pensare ai nostri fondatori e fondatrici e alla grande visione e profezia di cui sono stati capaci. Non hanno avuto paura di rischiare, di scendere nelle strade e nei luoghi infami della povertà e del degrado sociale per rispondere alle necessità impellenti del loro tempo. Allo stesso modo, ancora oggi, dobbiamo lasciarci interrogare come donne, religiose e cittadine dalle grande sfide della società in cui siamo inserite e dobbiamo sapere trovare risposte lungimiranti e profetiche, attraverso i nostri servizi agli ultimi, facendoci semi fecondi e originali, all’interno della società e della Chiesa.
Dobbiamo, oggi più che mai, essere donne capaci di sognare, di osare, di metterci in gioco con coraggio e amore, in prima persona, per rispondere ai nuovi segni dei tempi e alle nuove richieste di presenza e servizio.
Pubblicato il 08 marzo 2013 - Commenti (0)