13
lug

Internet non è un diritto dell'umanità

Internet diritto fondamentale dell’umanità? E’ così che hanno titolato molte testate del web e della carta stampata, all’indomani dell’approvazione della Risoluzione L.13 (testo del 29 giugno, risoluzione adottata dal 6 luglio 2012) da parte del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni unite.

A leggere bene il testo appare chiara la distorsione comparsa nei titoli dei giornali: si parla dell’estensione degli stessi diritti di cui si gode offline, compreso quello di espressione, al cyberspazio ma non si menziona affatto il diritto all’accesso, che rimane condizionato da un concorso di fattori, non ultimi quelli tecnici.

Internet viene riconosciuto dal documento Onu come forza trainante per accelerare il progresso e per questo motivo nella risoluzione si invitano gli Stati a promuovere e favorire l’acceso alla Rete.
Il web, però, è un’opportunità e non un diritto, il vero diritto è quello alla libertà personale da esprimere in Rete.
Da qui ad educare i cybernauti al rispetto della libertà altrui ce n’è di spazio! Negli ultimi anni i Social network sono stati infestati da gruppi razzisti, inneggianti alla violenza da foto e immagini inguardabili, da feroci attacchi personali che poco hanno da spartire con la libertà di espressione.

Le sanzioni dei moderatori spesso si fanno attendere e non sempre sono commisurate con la gravità dei fatti. L’intervento delle forze dell’ordine è impensabile per un numero così alto di possibili reati che si moltiplicano di giorno in giorno. I privati spesso rinunciano alle azioni legali a causa dei costi e dei tempi che richiedono. Rimane una sola risorsa in grado di garantire rispetto, libertà e dignità degli individui in Rete: il controllo degli altri utenti che con pressioni suoi moderatori e altre azioni massive possono scoraggiare comportamenti lesivi.
E se iniziassimo, timidamente, a parlare di coscienza collettiva della Rete?

Pubblicato il 13 luglio 2012 - Commenti (0)
02
lug

Bocciato non fa rima con peccato

L'ammonimento che invita i bocciati a confessarsi.
L'ammonimento che invita i bocciati a confessarsi.

Bocciato=peccato. Un'equazione che non sta in piedi. E lo dico dopo aver ascoltato decine di giovani che in questi anni mi hanno tracciato un quadro lucido e spietato della loro fatica nell'affrontare la scuola.

Eppure un parroco veneto già abbondantemente citato dai giornali, ha esposto, sotto un volto di Cristo dall'espressione intensa, un cartello che indica la chiara corrispondenza tra l'essere bocciato e l'aver percorso una strada di peccato.

Aggiungendo un perentorio “Provvedi!”, riferendosi ovviamente alla confessione. Il tutto condito, in calce, dalla nota espressione “Avviso sacro” che esenta dalle tasse di affissione pubblica.

 

Molti (soprattutto genitori con figli definiti “problematici”) hanno condiviso la modalità di espressione del parroco veneto, affermando che si tratta di comunicazione efficace. Sono molto perplesso... anche i pugni sullo stomaco sono efficaci, ma non so se siano il modo migliore per risolvere i problemi e, comunque, mi permetto di scostarmi nettamente dal contenuto espresso.

Lo faccio dopo aver raccolto le confidenze di chi ha lottato a scuola per un anno intero, cercando di superare i limiti che la natura gli ha consegnato come fardello penalizzante, dopo aver ascoltato storie di giovani costretti, implicitamente o esplicitamente a scegliere un percorso formativo non adatto a loro, solo per compiacere le attese degli adulti.

Quel parroco, per giustificare la sua posizione, scrive: «Caro bocciato, mi fai pena e rabbia. É umiliante anche per te dover segnalare ad altri la tua bocciatura. Spiace a tutti perdere un anno per pigrizia, leggerezza, indisciplina. Vizi, o limiti, che si radicano nella vita ben oltre il periodo scolastico. Ti invito a verificare perchè ciò è accaduto».

 

Collaborando da tempo con formatori che si occupano di disagio e marginalità, di dispersione scolastica e prevenzione, mi sento di dire che pena e rabbia non sono forse i sentimenti che possono aiutare un ragazzo a dare una svolta alla sua vita. Anzi! Spesso dietro l'incapacità di concentrazione e di mettere a frutto i propri talenti ci sono disagi forti e sofferenze inconfessate che segnano profondamente l'animo di quei giovani e che meriterebbero percorsi “medicinali” e carezze più che schiaffi.

 

Non è casuale l'aver appeso l' “avviso sacro” sotto lo sguardo limpido del Maestro. Bisogna stare attenti al volto di Cristo che trasmettiamo oggi, condizionerà la fede dell'adulto di domani, se riuscirà a resistere a certe bordate. Molti giovani si sono allontanati dalla pratica cristiana proprio perchè si sono sentiti giudicati nella loro fragilità.

Perchè non lasciare parlare direttamente Cristo e il suo vangelo? Forse hanno espressioni più sagge delle nostre provocazioni ad effetto...

Pubblicato il 02 luglio 2012 - Commenti (5)

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Autore del blog

Un prete in Rete

Don Marco Sanavio

Prete della diocesi di Padova che dal 1999 si occupa di coniugare il mondo della tecnologia con la pastorale. Ha iniziato a collaborare con alcuni uffici della Conferenza episcopale italiana in occasione del Grande giubileo del 2000, creando il sito www.giovani.org. Attualmente è all'interno del consiglio direttivo dell’Associazione webmaster cattolici italiani. A Padova è direttore dell'Ufficio comunicazioni sociali della diocesi e segue la formazione di adulti e ragazzi all'uso dei new media.

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