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Il web ha progressivamente portato a galla storie e risvolti legati al drammatico naufragio della Costa Concordia del 13 gennaio scorso ridefinendo, come in un mosaico a cui si aggiungono tessere di ora in ora, i momenti dell’evacuazione e la lunge notte trascorsa sull’Isola del Giglio.
Video girati con i cellulari e pubblicati dai naufraghi, foto dei primi soccorsi, appelli per ritrovare persone, preghiere per le vittime.
Tra le tante voci dei supersiti anche quella del cappellano della Concordia don Raffaele Malena, 73 anni, che ha seguito da vicino le fasi di evacuazione cercando di supportare quanti cercavano di abbandonare la nave in quei momenti concitati, soprattutto i più deboli.
Calabrese di origine, nato in una famiglia di marittimi, primogenito di nove figli, don Raffaele conosce bene ricchezza e trappole del mare ed ha cercato di assistere i supersiti radunati a Giglio Porto con l’aiuto del parroco locale, don Lorenzo Pasquotti (http://www.radiovaticana.org/it1/articolo.asp?c=554824).
Don Raffaele ha difeso l’equipaggio, ben consapevole che nei momenti di panico è difficile gestire le emergenze anche per il personale più preparato. I dispersi dell’equipaggio li conosceva personalmente, era preoccupato per loro (www.stellamaris.tv/?q=node/2502). Seguire gli oltre mille marittimi a bordo è uno dei compiti principali che gli erano stati assegnati sulla Costa Concordia dove, oltre a far da riferimento per i passeggeri cattolici, aveva ricevuto il compito di assistere e accompagnare i lavoratori di ogni razza e religione. I cappellani di bordo sono circa una ottantina e fanno riferimento all’Apostolato del mare italiano, legato alla Fondazione Migrantes. Nelle navi da crociera, in ordine gerarchico partendo dal capitano, il loro livello di ufficiali si colloca al terzo grado. E’ stato proprio l’Apostolato del mare ad organizzare in collaborazione con la Caritas un primo team di accoglienza al terminal crociere di Savona per dare supporto materiale e spirituale ai passeggeri scampati al naufragio (www.stellamaris.tv/?q=node/2497). Ma si è pensato subito anche ai marittimi, ad assisterli nel momento di grande smarrimento e disperazione che hanno vissuto dopo la tragica notte del 13 gennaio. In collaborazione con l’Ufficio risorse umane di Costa crociere l’Apostolato del mare ha creato un team per visitare in ospedali ed alberghi i lavoratori della Concordia scampati al naufragio, fornendo loro anche telefoni e schede per comunicare con le rispettive famiglie. «Attraverso la rete di amici e colleghi dell’Apostolato del mare –si legge sul loro sito- e della Caritas, l’opera continuerà anche nei giorni a seguire, fino a che ci sarà bisogno perché a sostegno di chi ha vissuto in prima persona e in condizioni estreme un dramma di quelle dimensioni. Servono dei volti umani che si facciano compagnia, casa, famiglia».
Qualcuno da Portofino ha postato una preghiera abitata solo dal rumore del mare e dalle immagini del Cristo degli abissi per le vittime del naufragio della Costa Concordia. Riposino in pace.
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18 gennaio 2012 - Commenti
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Ancora Facebook sotto accusa, stavolta come fattore scatenante dello scoppio di coppia. A lanciare l’accusa il sito inglese www.divorce-online.co.uk, specializzato in servizi per gli sposi che hanno deciso di mettere fine alla loro unione. L’allarme, rimbalzato in rete nei giorni scorsi, proviene da una ricerca condotta proprio da Divorce online su un campione di 5000 richieste di divorzio pervenute al sito britannico, che conta oltre 67000 clienti dal giorno della sua apertura. Il 33% degli intervistati indica Facebook come la causa principale della separazione tra coniugi indicando come primi incriminati i messaggi inviati a persone dell’altro sesso e, successivamente, i commenti sgradevoli e le soffiate di amici e conoscenti che bazzicano sul noto social network.
Indicare Facebook come causa dei divorzi sarebbe come incolpare la febbre di essere causa dell’influenza o incriminare le vetrine dei pasticceri per il nostro soprappeso. Non possiamo accusare coltelli e pistole di essere causa di gran parte degli omicidi nel mondo. Qualcuno obietterà che Facebook non è considerato solo uno strumento ma un vero e proprio ambiente di vita: bene, in questo caso va evidenziato come non sia possibile accusare una città ritenuta violenta di rendere automaticamente violenti i suoi abitanti, come se gli stimoli esterni inghiottissero la libertà degli individui. «I social network ti offrono la tentazione su un piatto d’argento» scrive Laura75 in un forum online che tratta di questo tema. Ma nessuno di noi è un automa, nessuno è così svuotato di volontà e buon senso da cedere inesorabilmente al sequestro emotivo imputato a Facebook e compagni.
Maunuele Petrilli un cameraman che ha una certa confidenza con la Rete ha pubblicato una decina di mesi fa un video su Youtube, in occasione dell’ennesima ondata di accuse scaricate su Facebook come causa delle separazioni dei coniugi. In un cartello, posto all’inizio del breve contributo pubblicato qui sotto, si legge: «Facebook è motivo di litigi e divorzi… a mio avviso è anche uno strumento che velocizza quello che prima o poi sarebbe dovuto finire… dove l’amore viene messo a dura prova.»
Mi chiedo se sia sufficiente un commento sgradevole o un flirt su Facebook a troncare una vera storia d'amore, o se in questi casi la fragilità della coppia provenga da altri fattori.
Permettetemi un’ultima osservazione su quel “prima o poi sarebbe dovuto finire” citato nel video. Esiste un’ancora di salvataggio che racconta come il vero amore possa ricostruire anche dove altri tentativi hanno fallito. Si tratta di Retruovaille (www.retrouvaille.it), un metodo collaudato che rimette in contatto la coppia, il “salvagente per matrimoni in difficoltà” che fa appello all’amore, alla preghiera e alla natura stessa del sacramento per riconciliare tra loro i coniugi in difficoltà. E anche questo lo trovate in Rete, tanto quanto l’incriminato Facebook.
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05 gennaio 2012 - Commenti
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