La pagina web sul sito Governo.it dedicata alla raccolta delle domande poste dai navigatori.
Il termine inglese crowdsourcing indica l’utilizzo di gruppi di persone comuni come risorsa esterna ad aziende e organizzazioni. Si tratta di una pratica virtuosa che ha reso possibile nel web lo sviluppo di software gratuiti e di progetti di intelligenza collettiva come, ad esempio, l’enciclopedia Wikipedia. Ad inventare questo neologismo è stato Jeff Hove, un giornalista newyorkese, che nel 2006 ha pubblicato su Wired.com un articolo sul potere della gente comune. E se un tempo le folle per organizzarsi necessitavano di leader, tempi e spazi consoni e strumenti di diffusione dei contenuti, oggi è tutto incredibilmente accelerato dalla Rete.
Sembra che anche il Governo italiano abbia fiutato i benefici del crowdsourcing, tanto da inserirlo come risorsa concreta all’interno della sezione dedicata alla spending review. «Tutti i cittadini –si legge nell’introduzione alla sezione speciale- attraverso il modulo “Esprimi la tua opinione”, hanno la possibilità di dare suggerimenti, segnalare uno spreco, aiutando i tecnici a completare il lavoro di analisi e ricerca delle spese futili.» Una proposta che fa appello a quella che Jeff Howe definisce crowd wisdom, la saggezza della folla, che teoricamente potrebbe anche orientare l’azione di governo.
L’apertura alla consultazione popolare è interessante ma, conoscendo la fantasia degli italiani, c’è da scommettere che i redattori del sito Governo.it siano alle prese con centinaia e migliaia di consigli estremamente creativi. Ci si chiede se avranno il tempo di leggere la gran mole di comunicazioni ricevute e se, una volta vota lette, riusciranno a selezionare le segnalazioni veramente pertinenti. C’è qualcuno, poi, che si incaricherà di verificare se gli sprechi segnalati sono veramente tali e, una volta accertata la pertinenza quante segnalazioni giungeranno nelle mani dei tecnici del Governo?
E ancora: chi è stato tagliato fuori dal continente digitale che potrà fare? Affidarsi alla carta? A chi dovrà indirizzare la missiva, se volesse scegliere uno strumento alternativo al web come la buona vecchia lettera di celluloide e fosse disposto ad investire il costo di un francobollo per aiutare il Governo italiano nella revisione della spesa pubblica?
Sono in molti a chiedersi la reale efficacia di questa operazione, certo è positiva la disponibilità dimostrata da Palazzo Chigi all’ascolto. E’ un primo passo che di certo non lascerà senza lavoro i gestori del sito Governo.it e, ne siamo certi, strapperà loro più di qualche sorriso se riusciranno a passare in rassegna la gran mole di messaggi inviata in questi giorni.
Pubblicato il 03 maggio 2012 - Commenti (3)