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Il ministro Sacconi.
Mi trovo in Polonia, ed esattamente a Cracovia, dove è in atto, dal 4 al 9 settembre, un importante Convegno per religiose, che si occupano di tratta di esseri umani, particolarmente di donne e minori per lo sfruttamento sessuale. Lo scopo e il tema di questo incontro è “ascoltare il grido di aiuto” di centinaia di migliaia di giovani donne, vittime di violenza e di sopruso, che vivono e soffrono nei nostri Paesi. Ascoltare il loro grido per ridonare a loro dignità, rispetto e libertà.
Le ottanta religiose, partecipanti al convegno, provengono da 19 Paesi dell’Europa dell’Est e dell’Ovest; si sono ritrovate insieme per un confronto, per cercare strategie comuni, per un serio “lavoro di rete” tra Paesi di origine, transito e destinazione. L’Italia vede una presenza di otto religiose, tutte coinvolte nel contrasto alla tratta in campi diversi, che portano l’esperienza di un capillare lavoro di rete in tutta Italia, specie nel delicato lavoro di recupero e reintegrazione sociale e legale di tante giovani donne.
Vi lascio immaginare il nostro sconcerto nell’apprendere la “barzelletta” del ministro Sacconi. Come è possibile che, ancora oggi, persone con alte cariche politiche e di governo banalizzino in questo modo la dignità della persona? Come è possibile che si permettano di scherzare con paragoni blasfemi persino sulle suore? Non si rende conto che, in questo modo, ferisce la parte più intima e sacra della loro vita di donne consacrate? Una vita vissuta nella donazione a Dio e a quanti attendono un servizio di amore gratuito e disinteressato, che spesso cerca di rimediare anche alle carenze di appropriati interventi governativi.
Al ministro Sacconi va l’indignazione non solo delle religiose italiane presenti a questo Convegno europeo, ma anche quella di tutte le ottanta religiose che vi partecipano, e che si sono unite a noi per gridare insieme: «Non ti è lecito!». Non ti è lecito, caro ministro, usare paragoni blasfemi nei riguardi di donne e della loro dignità. Non ti è lecito strumentalizzare la storia, usandola a tuo uso e consumo personale. Non ti è lecito ergerti a giudice della vita di altre persone. E non ti è lecito, soprattutto, infangare, usando frasi senza criterio e buon senso, la vita di donne consacrate, che ogni giorno, con il loro servizio disinteressato e amorevole, ridanno speranza e vita nuova a decine di donne stuprate, usate, gettate nella spazzatura o persino uccise.
Caro ministro, “essere donne” è un grande dono e vorremmo che anche il popolo italiano e tutte le classi politiche e sociali ne rispettassero la dignità, ne apprezzassero la ricchezza, ne condividessero i valori, il servizio che offrono e la gratuità che è nel loro cuore.
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12 settembre 2011 - Commenti
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