Benedetto XVI, con la sua sconvolgente e inaspettata decisione dello scorso 11 febbraio di lasciare il timone della Chiesa di Cristo ad altre mani più forti e robuste, ha messo tutti noi di fronte al segno più tangibile ed eloquente di come vivere la fede oggi attraverso segni concreti e disarmanti, fatti di umiltà e coraggio, di novità e lungimiranza.
Questo gesto, così profetico e umano allo stesso tempo, avviene in un momento particolare non solo per la Chiesa di Pietro che ha sede a Roma; esso infatti si è posto, senza volerlo, in contrapposizione con la ricerca sfrenata, accanita, spudorata e violenta del potere ad ogni costo da parte di partiti e politici, non tanto per gli interessi della comunità, ma più spesso per il proprio tornaconto personale.
La dilagante corruzione e l’abuso di fondi pubblici hanno contribuito a impoverire l’Italia e gli italiani, non solo da un punto di vista economico, ma soprattutto di valori veri e umani. Questo è la visione e la realtà che molte persone hanno vissuto sia durante che dopo le elezioni. E questo è anche il desiderio di molti: condurre di nuovo l’Italia verso una cultura di onestà e rispetto, di accoglienza e cura, specialmente delle fasce di persone più deboli e a rischio.
Quante persone sono state deluse e sconcertate di fronte a una campagna elettorale meschina, denigratoria e non degna di un popolo civile, che chiede invece dignità e rispetto nelle parole e nei gesti. Quante persone sono rimaste confuse e hanno perso fiducia nelle istituzioni che i nostri politici di tutti gli schieramenti dicevano a parole di voler rappresentare. Quanti soldi sprecati in cartelloni pubblicitari con parole vuote di senso e di realtà.
Ora è tempo di voltare davvero pagina e di mettersi seriamente alla ricerca del bene comune per aiutare la nostra società a costruire un futuro fatto di umanità e soprattutto di attenzione ai giovani, alle donne, al mondo del lavoro e delle famiglie. Ma per fare questo dobbiamo tutti rimboccarci le maniche e assumerci ciascuno le nostre responsabilità: l’Italia, o la si si salverà tutti insieme o finirà per sprofondare - e noi con lei - nel baratro della povertà e dell’umiliazione anche a livello internazionale.
Ben venga quindi l’esempio di Benedetto XVI che, con il gesto della rinuncia al potere e ai suoi privilegi di capo e pastore della Chiesa, ci ha insegnato che cosa vuol dire essere coerenti con i principi della fede in Colui che, ancora oggi, ripete a noi tutti una cosa fondamentale: chi vuole essere il primo deve farsi il servo di tutti, giacché Lui, il Cristo è venuto per servire e non per essere servito. E con Giacomo anche noi ci ricordiamo che: la fede se non ha le opere, è morta in se stessa… «Mostrami la tua fede senza le opere, ed io con le mie opere ti mostrerò la mia fede». (Gc 2, 14-19)
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04 marzo 2013 - Commenti
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