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Lotta alla tratta degli esseri umani

“La lotta alla tratta di esseri umani”. È il titolo di una speciale conferenza che si è tenuta ieri, 8 maggio, a Roma, nella sede del Pontificio Consiglio di Giustizia e Pace. Promotore di questo particolare evento a Roma è stato nientemeno che l’Ufficio per le politiche migratorie della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles che ha voluto coinvolgere in questo incontro due dicasteri vaticani di particolare interesse: il Pontificio consiglio di Giustizia e Pace e quello per la Pastorale dei Migranti e Itineranti.
L’obiettivo: far emergere ancora una volta l’importanza del lavoro di rete tra tutte le forze politiche e religiose, di associazionismo e di volontariato che operano nel delicato e difficile campo della lotta contro il traffico di esseri umani. L’incontro di Roma dava continuità a un primo seminario sulla “Tratta di esseri umani” che si era svolto lo scorso dicembre a Londra, sempre organizzato dal Forum delle migrazioni cattoliche della Conferenza dei vescovi.

Io pure ero stata invitata a condividere con un folto gruppo di 120 partecipanti l’esperienza che da anni stiamo portando avanti in Italia e non solo, come religiose, in collaborazione con vari enti del pubblico e del privato, per sconfiggere questa terribile piaga della tratta di persone, specie per la compravendita del corpo di tante giovani ingannate e sfruttate.

La conferenza di ieri aveva lo scopo di offrire una maggior visibilità al problema e soprattutto cercare di incidere più decisamente nel dare risposte concrete, con l’obiettivo fondamentale di restituire rispetto e dignità alle persone. Il tutto, coinvolgendo una vasta rappresentanza di istituzioni-chiave, rappresentanti di governo e di Chiesa, ambasciatori di vari Paesi, interessati perché di origine, transito o destinazione delle persone trafficate, nonché le forze dell’ordine impegnate contro la criminalità.
Erano inoltre presenti rappresentanti di vari enti e istituzioni che da anni si battono su diversi livelli: prevenire il reclutamento, specialmente nei Paesi poveri (o impoveriti dai nostri stessi sistemi di vita); proteggere le vittime di tale traffico e sfruttamento e soprattutto offrire soluzioni alternative attraverso un’adeguata reintegrazione sociale sia nel Paese di origine che di destinazione.

La condivisione che mi è stata chiesta verteva sull’importanza e sulla forza del lavoro di rete. L’esperienza delle religiose italiane, che è andata rafforzandosi in questi anni, specialmente attraverso l’accoglienza nelle nostre stesse case, è un segno che colpisce e stimola le Conferenze di religiose di altri Paesi. Le interroga e le spinge ad assumere questa nuova emergenza, quale “segno dei tempi”, e le aiuta anche a rivitalizzare e attualizzare i loro stessi carismi di fondazione.

Durante la mattinata non è mancata la voce - interrotta più volte dalla commozione - di una giovane vittima, che ha raccontato, nel più assoluto silenzio e rispetto, la sua storia di inganno, illusione, maltrattamenti, disprezzo, solitudine, prima di trovare aiuto e ottenere una possibilità di riscatto. Oggi questa giovane donna ha ritrovato identità, dignità e libertà, ma purtroppo non ha ancora del tutto superato il trauma psicologico, morale e spirituale vissuto all’età di 18 anni.

Mentre ascoltavo, pure io commossa e indignata per quello che aveva dovuto subire, rivedevo i volti di tante giovani incontrate sulle strade del nostro Paese e riascoltavo le loro storie, le loro sofferenze, il loro grido di aiuto. E mi domandavo: fino a quando la nostra società con la sua perdita di valori veri e umani, del rispetto e dell’accoglienza, rimarrà sorda e indifferente di fronte a questo grido? Perché ancora oggi nel nostro Paese non si parla della costante richiesta di sesso a pagamento che tiene imprigionate tante giovani donne e lo si giustifica in mille modi? Perché si continuano a trasmettere modelli culturalmente e moralmente sbagliati soprattutto ai nostri giovani? E perché le nostre istituzioni di governo e di Chiesa, che hanno responsabilità sociale e morale - anche attraverso parrocchie, scuole, mezzi di comunicazione… - non parlano quasi mai di questo grosso problema della “domanda”?
I milioni di clienti che acquistano sesso a pagamento contribuiscono a sostenere i guadagni dei trafficanti e a tenere schiave nel nostro Paese, che si dice civile e cattolico, migliaia di donne sfruttate e abusate.

Ancora una volta il Convegno ha voluto lanciare un forte appello alla coesione, al mettere in comune le nostre forze e la nostra capacità di lavorare in rete. Un lavoro che richiede davvero un grande sforzo; ciascuno di noi deve offrire il proprio contributo per spezzare per sempre tutti gli anelli di questa orribile catena.

Pubblicato il 10 maggio 2012 - Commenti (1)

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Autore del blog

Noi donne oggi

Suor Eugenia Bonetti

Missionaria della Consolata, è stata per 24 anni in Kenya. Al ritorno comincia a lavorare in un Centro d’ascolto e accoglienza della Caritas di Torino, con donne immigrate, molte delle quali nigeriane, vittime di tratta. Dal 2000 è responsabile dell’Ufficio tratta dell’Unione superiori maggiori italiane (Usmi). Coordina una rete di 250 suore di 70 diverse congregazioni, che operano in più di cento case di accoglienza. Il presidente Ciampi l’ha nominata nel 2004 Commendatore della Repubblica italiana.
Ha scritto con Anna Pozzi il libro "Schiave" (Edizioni San Paolo).

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