08
apr
Quest’anno mi trovo a celebrare la veglia pasquale a Zagabria, in Croazia, ospite delle suore Ancelle di Gesù Bambino che si stanno preparando a celebrare il loro Capitolo generale. Mi hanno chiesto di condividere con loro l’esperienza della lotta contro le nuove schiavitù, che vedono coinvolte molte giovani dai Paesi dell’Est Europa.
Per la prima volta partecipo alla liturgia pasquale in un Paese che in pochi anni è passato dalla dittatura comunista a una democrazia, che permette ai tanti cristiani rimasti fedeli alle loro tradizioni di poter esprime la loro fede. Durante la celebrazione colgo ciò che significa per questi popoli il passaggio del Mar Rosso, l’attraversata del deserto per raggiungere la terra promessa e vivere in piena libertà anche le loro radici cristiane.
Ma come mi capita sempre in questi ultimi anni, il ricordo più forte è quello di una veglia vissuta nella basilica di San Pietro nel 2003, in cui ufficiava il Beato Giovanni Paolo II, già assai sofferente. In una basilica gremita di fedeli, oltre a ricordare il grande mistero della resurrezione di Cristo, abbiamo condiviso la gioia di accogliere nella comunità cristiana nuovi membri adulti, tra cui una giovane mamma africana. La sua storia ha un sapore tutto particolare. Quel battesimo, infatti, segnava il coronamento di un lungo cammino di morte e di vita, di sofferenza e di gioia, di fatica e di speranza.
Joy, assai emozionata, aveva un abito bianco, tipico del suo Paese, di quelli che le donne indossano per le grandi occasioni. Aveva un aspetto davvero regale. Ricordavo molto bene la prima volta che l’ho incontrata alla stazione Termini di Roma, per offrirle la possibilità di lasciare la vita di sfruttamento sulla strada, a cui era costretta ed entrare in una comunità di accoglienza. Joy era incinta. Doveva prendersi cura di sé e della creatura che sarebbe dovuta nascere di lì a tre mesi. Ricordo la sua disperazione e i suoi singhiozzi, i suoi alti e bassi, le paure e le attese, le lacrime e i sogni infranti, la rabbia e il silenzio, la lontananza della famiglia, ma anche la vergogna e la paura di non essere più accolta dai genitori se avessero saputo.
Ma poi, quasi per miracolo, ci fu il contatto telefonico con la madre, che non sentiva da moltissimo tempo, pochi giorni prima del parto. Da vera mamma africana, le disse di non aver paura, ma di accogliere la sua bambina con amore, perché ogni vita è sempre un dono di Dio. Quelle parole hanno trasformato l'atteggiamento di Joy giacché, nonostante il suo dramma, si è sentita ancora una volta capita e accolta. “Senza il vostro aiuto e la vostra accoglienza - mi disse al telefono - ora, non solo non sarebbe nata la mia bambina, ma non ci sarei stata più nemmeno io, giacché la vita per me non aveva più alcun senso”.
Come poi Joy sia giunta al Battesimo in San Pietro rimane un vero miracolo dell'amore traboccante di Dio, che ancora una volta si china sulle sue creature povere e insignificanti per renderle creature nuove e pasquali. La fantasia di Dio oltrepassa tutti i nostri sogni. Joy desiderava che, il giorno del suo battesimo, il Santo Padre benedicesse anche la sua bambina. E così, all'offertorio, le è stato concesso di offrire non solo la sua vita trasformata in Cristo, ma anche quella della sua creatura.
Joy è salita dignitosamente verso l’altare e si è avvicinata al Santo Padre, presentando la piccola Cristina tranquillamente addormentata tra le braccia della madre. Il Santo Padre ha accarezzato e benedetto entrambe, madre e figlia, segnate per sempre dalla Grazia e dall’amore infinito di Dio che si china con compassione sulle sue creature per imprimere il sigillo della sua Paternità e Maternità.
Pubblicato il
08 aprile 2012 - Commenti
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03
mag
Dopo la grande manifestazione di
affetto, gioia ed emozioni che ha caratterizzato la giornata di domenica primo
maggio per la beatificazione del grande Papa, Giovanni Paolo II - dove
l’accorato grido all’inizio del suo pontificato ha continuato a riecheggiare in
tutto il mondo - ho avuto modo di cogliere ancora una volta questo suo grido che
desidero trasmettere a tutti voi, amici e sostenitori del nostro servizio alla
dignità della persona, come il grande Papa aveva sempre annunciato e promosso.
Stamane, prima di partire per la
Sardegna per iniziare un lungo e intenso mese di maggio in varie parti
d’Italia, insieme a due suore nigeriane con le quali collaboriamo da molto
tempo, ho avuto modo di entrare, molto discretamente, nella Basilica di San
Pietro e soffermarmi a lungo di fianco a quella bara scarna ma eloquente per
intessere un dialogo affettuoso con il Padre e Maestro della mia vita e di
quella di milioni di fedeli.
Nel silenzio e alla presenza di
quella bara ho rivisto la mia missione sulle strade del mondo come ha fatto Lui
in tanti anni di servizio instancabile; ho pure rivisto tutte le persone che ho
incontrato e aiutato come pure le molte altre che ci sono state compagne di
viaggio per alleviare le sofferenze di tante persone.
In modo speciale ho
ricordato voi cari amici e amiche, lettori di Famiglia Cristiana, impegnati ad
essere come Lui strumenti di verità di armonia, di pace, di solidarietà.
Quel suo invito ad aprire le porte
a Cristo è riecheggiato fortemente nel mio cuore e desidero trasmetterlo anche
a voi affinché ogni persona che incontreremo possa entrare e scoprire il volto
vero di Cristo risorto, unico salvatore del mondo.
Per voi tutti ho chiesto dalla
finestra del paradiso la sua paterna benedizione.
Pubblicato il
03 maggio 2011 - Commenti
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