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Schiavitù, una piaga del mondo moderno

In questi giorni si è nuovamente parlato di abolizione della schiavitù: un tema che sembra apparentemente anacronistico, soprattutto perché molti continuano ad associare a questo termine esclusivamente la tratta degli schiavi africani verso le Americhe.
Purtroppo, però, nuove forme di schiavitù sono ancora ben presenti nel mondo, nonostante l’approvazione, il 2 dicembre 1949, da parte dell’Assemblea generale Onu, della Convenzione sulla soppressione del traffico di persone e lo sfruttamento della prostituzione altrui.
La schiavitù tuttavia è un fenomeno che non appartiene al passato, perché sotto forme diverse, spesso circondate da opportunismo e indifferenza, dilaga e prospera ancora oggi, sia nei Paesi in via di sviluppo, sia nelle nazioni che si definiscono democratiche e magari hanno sottoscritto la stessa Convenzione del 1949.
Ancora oggi, nel 2012, la compravendita di esseri umani rappresenta business enorme gestito da mafie internazionali e transnazionali che riforniscono il mercato di braccia e corpi per il lavoro nero, l’accattonaggio, la prostituzione, le adozioni illegali, la porno-pedofilia e il trapianto illegale di organi.

L’abolizione della tratta transatlantica degli schiavi nel XIX secolo non ha sradicato la pratica dello schiavismo a livello mondiale. Al contrario, questa pratica ha assunto altre forme, che persistono tuttora: la proprietà di esseri umani, la sottomissione tramite il meccanismo della restituzione del debito, il lavoro forzato, la tratta di donne e minori, la schiavitù domestica e la prostituzione forzata, inclusa quella minorile; ma anche la schiavitù sessuale, i matrimoni forzati e la vendita delle mogli; il lavoro e la servitù minorile.
Tutte forme di schiavitù che tengono incatenate tante persone con i loro problemi e le loro difficoltà come pure tante famiglie e intere popolazioni, schiavizzate e soggiogate dai molti che speculano sulle loro situazioni di povertà.
È importante quindi affrontare il fenomeno nella sua complessità e non illudersi di sradicare la schiavitù, combattendola solo nei luoghi ormai noti dove si predano esseri umani semplicemente perché non hanno alternative.

Questo richiede una presa di coscienza collettiva, solidale, globale e responsabile, che coinvolga istituzioni ed enti affinché si arrivi a spezzare tutti gli anelli della terribile catena di tutte le forme di schiavitù e dipendenza.
Queste nuove forme di schiavitù allontanano sempre più il Nord dal Sud del mondo, i Paesi ricchi da quelli impoveriti dai nostri stessi sistemi di vita e di sfruttamento, nonché le stesse classi sociali all’interno anche dei nostri Paesi, dove si allarga la forbice tra chi è sempre più ricco e avido di guadagno ad ogni costo e di chi non sa come vivere.
Nel preambolo della Convenzione sulla soppressione del traffico di persone e lo sfruttamento della prostituzione altrui del 1949, si mette in particolar modo in evidenza il fatto che «la prostituzione e il male che l’accompagna, vale a dire la tratta degli esseri umani ai fini della prostituzione, sono incompatibili con la dignità ed il valore della persona umana e mettono in pericolo il benessere dell'individuo, della famiglia e della comunità».

Purtroppo non basta una Convenzione, sia pure molto importante, per abolire la schiavitù e tutte le sofferenze e i mali a essa collegati, se non c’è la convinzione che ogni persona ha diritto alla propria dignità e possibilità di scelta e di decisione della propria vita e del proprio futuro e non può essere mercanteggiata come una qualsiasi merce e tantomeno privata del necessario per vivere.
Doris, una nigeriana sedicenne, che avevo incontrato all’inizio del mio servizio alla Caritas di Torino, mi raccontò come riuscì a fuggire dal luogo dove era tenuta prigioniera e, aiutata dalla Polizia, portata in una delle nostre case di accoglienza. Doris raccontò di uomini e donne nigeriane che si riunivano per selezionare le giovani immigrate clandestine appena giunte in Italia per avviarle alla prostituzione.
Le giovani donne dovevano mostrarsi su un tavolo completamente nude. Qui venivano selezionate e vendute all’asta; il costo variava dai 20 ai 50 milioni di lire ognuna, secondo l’età, la bellezza, il livello di educazione e la prestanza fisica. Dopo la vendita, le ragazze venivano portate via dai nuovi proprietari e tenute imprigionate in una casa, sotto la sorveglianza delle madam, che le controllavano e prelevavano tutti i proventi della strada per saldare il loro debito.
Nel primo libro scritto con Anna Pozzi (ed. San Paolo 2010), intitolato significativamente “Schiave”, abbiamo voluto raccogliere molte di queste storie e molti spunti di riflessione per far capire che cosa vuol dire la schiavitù moderna. I molti racconti di tante giovani vittime ci ricordano che la schiavitù è purtroppo ancora presente in mezzo a noi. E dunque siamo tutto chiamati a mobilitarci insieme, lavorando in rete affinché, con il contributo di tutti, si possano spezzare gli anelli di questa catena.

Pubblicato il 06 dicembre 2012 - Commenti (0)
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L'Europa contro la “tratta di esseri umani"

Il 18 ottobre si è celebrata in tutti i Paesi europei la sesta giornata contro la tratta di esseri umani. Come più volte è stato costatato e affermato, il traffico di esseri umani è un’industria illegale che genera miliardi di dollari sfruttando uomini, donne e bambini.

In modo particolare si ritiene che quasi l’80 per cento del racket mondiale della tratta sia per lo sfruttamento sessuale, con circa il 20 per cento di vittime minorenni. Il traffico di persone  è un vero business globale, che non si limita a determinate aree geografiche, come i “Paesi in via di sviluppo”, ma interessa quasi tutte le regioni del mondo, per reclutamento, passaggio o  immissione sul mercato del sesso.

Purtroppo anche l’Italia è fortemente colpita da questo fenomeno, finalizzato non solo allo sfruttamento sessuale, ma anche per quello lavorativo e l’accattonaggio. Uno scenario drammatico e vergognoso, che mostra con evidenza come la nostra società ricca e moderna risulti in realtà assai impoverita dei suoi stessi valori umani, cristiani e culturali.

Un momento dell'incontro svoltosi a Londra.
Un momento dell'incontro svoltosi a Londra.

Nel suo ultimo rapporto annuale, pubblicato recentemente, l’organo anti-tratta del Consiglio d’Europa esorta tutti i Paesi a intensificare la lotta per contrastare questo fenomeno. Lo stesso Segretario generale, Thorbjørn Jagland, ha affermato che «la tratta degli esseri umani è una tragedia europea.

Numerose vittime non sono ancora adeguatamente riconosciute come tali e non ricevono il sostegno di cui hanno bisogno. Inoltre, le difficoltà delle indagini e dei procedimenti giudiziari fanno sì che i trafficanti non siano debitamente puniti per i loro crimini». Per questo esorta le organizzazioni internazionali, le autorità nazionali e gli organi non governativi a «lavorare insieme per porre fine a queste rivoltanti violazioni dei diritti umani inaccettabili nell’Europa del XXI secolo».

Quest’ultima esortazione si è concretizzata il 16 e 17 ottobre presso il Parlamento di Londra, dove si è tenuto un  importante seminario interparlamentare organizzato dalla stessa Unione Europea. Questo incontro voleva essere un segnale concreto per sensibilizzare e preparare la Giornata contro la tratta di esseri umani.

Vi hanno partecipato 80 persone, tra cui parlamentari di 12 Paesi europei e una quindicina di esperti e rappresentanti di organizzazioni non governative. L’Italia era rappresentata dal senatore Maritati, da Marco Scarpati presidente di Ecpat-Italia (End Child Prostitution and Trafficking) e dalla sottoscritta in rappresentanza di tante organizzazioni religiose che da anni si occupano di questa nuova forma di schiavitù. Per me è stata la seconda volta, dopo l’incontro al Senato di Roma nel mese di marzo 2012, tra parlamentari europei.

Questo progetto, della durata di due anni, ha lo scopo di promuovere una rete di parlamentari di diversi Paesi per sviluppare una fattiva cooperazione per il controllo delle frontiere e l’implementazione di strategie adeguate per prevenire il reclutamento, offrire protezione e sicurezza alle vittime e punire sia le organizzazioni criminali come pure quanti lucrano su questo indegno mercato.

Il programma iniziale prevedeva l’organizzazione di seminari di riflessione per i parlamentari di 18 Paesi europei che avevano aderito all’iniziativa con l’obiettivo di far emergere il problema, conoscerne i meccanismi, condividere informazioni sul fenomeno in costante evoluzione e sui risultati delle azioni di contrasto.

A loro volta i parlamentari avrebbero dovuto riportare ai loro rispettivi Paesi di provenienza i risultati e i suggerimenti emersi da questi incontri. Purtroppo, si è più volte notato come gli stessi onorevoli conoscano poco il fenomeno e soprattutto come non ci sia coesione e collaborazione tra le varie forze che operano per il contrasto della tratta di esseri umani.

Anche la giurista Maria Grazia Giammarinaro - dal 2009 Rappresentante Speciale all’Osce per la sicurezza e la cooperazione per il contrasto alla tratta di esseri umani in Europa - ha parlato dell’importanza del lavoro in rete di tutti coloro che lavorano sul territorio. Ci ha ricordato che le direttive europee che saranno implementate nel 2013 da tutti i Paesi dell’Unione devono offrire un forte segnale di contrasto a queste forme di mafia e corruzione.

Questa comune legislazione dovrebbe anche favorire l’identificazione e la protezione delle vittime, offrendo opportunità di accompagnamento, reinserimento e di punizione dei trafficanti.

Che dire poi della confisca dei beni dei criminali per un serio risarcimento dei danni subiti dalle vittime? E cosa fare soprattutto di fronte all’uccisione di tante persone, i cui colpevoli non sono mai individuati o adeguatamente puniti?

La normativa europea potrebbe offrire una adeguata risposta. Come pure sarebbe auspicabile la creazione di nuovi tavoli di confronto e collaborazione tra governi e istituzioni non governative, tra le forze dell’ordine e associazioni del privato che si occupano di prevenzione o reintegrazione. Solo lavorando insieme, ciascuno con la propria specificità si possono trovare soluzioni umane ed efficaci.

Pubblicato il 24 ottobre 2012 - Commenti (0)

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Autore del blog

Noi donne oggi

Suor Eugenia Bonetti

Missionaria della Consolata, è stata per 24 anni in Kenya. Al ritorno comincia a lavorare in un Centro d’ascolto e accoglienza della Caritas di Torino, con donne immigrate, molte delle quali nigeriane, vittime di tratta. Dal 2000 è responsabile dell’Ufficio tratta dell’Unione superiori maggiori italiane (Usmi). Coordina una rete di 250 suore di 70 diverse congregazioni, che operano in più di cento case di accoglienza. Il presidente Ciampi l’ha nominata nel 2004 Commendatore della Repubblica italiana.
Ha scritto con Anna Pozzi il libro "Schiave" (Edizioni San Paolo).

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