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E' nata "Slave no more"

Questo nuovo anno 2013, come abbiamo già raccontato in questo blog, si è purtroppo aperto con vecchie notizie. In modo particolare per quanto riguarda le sconcertanti violenze sulle donne. Un fenomeno globale che si traduce in varie e drammatiche situazioni: basti guardare a quanto successo in India, dove moltissime donne e ragazze sono state stuprate e uccise. Per non parlare di Paesi come la Repubblica Democratica del Congo, dove migliaia di donne continuano a essere violentate e uccise nella completa impunità dei criminali e nella totale indifferenza del mondo.
Ma anche in Italia, solo nell’ultimo anno, ci sono stati oltre 120 “femminicidi”, un fenomeno a cui i media hanno dato giustamente molta evidenza. Meno si parla di un'altra situazione più sommersa, ma altrettanto drammatica: quello della tratta degli esseri umani, specialmente per lo sfruttamento sessuale. Una vera e propria schiavitù contemporanea. Che riguarda milioni di donne in tutto il mondo e decine di migliaia nel nostro Paese.

Come sapete da molti anni sono in campo per combattere questo vergognoso traffico e la mercificazione del corpo della donna. Per farlo in maniera ancora più efficace, abbiamo voluto costituire, insieme a un gruppo di amici, suore e operatori impegnati a vario titolo nella lotta al traffico di esseri umani e nella salvaguardia delle vittime, una nuova associazione: “Slaves no more onlus” (Mai più schiave).

L’obiettivo è quello di poter agire in modo ancora più efficace per prevenire e contrastare le violenze sulle donne e per combattere il fenomeno della tratta, lavorando in rete con altri gruppi, enti e associazioni sia in Italia che all’estero.
Di qui, il nome in inglese. Proprio perché ci inseriamo, sin da subito, in una dimensione internazionale. Quello del traffico di esseri umani si configura, infatti, come un fenomeno che tocca diversi Paesi di origine, transito e destinazione con cui vorremmo intensificare contatti e collaborazioni.

Tra i nostri scopi prioritari abbiamo voluto mettere a fuoco la formazione e l’informazione, la prevenzione e la liberazione della donna emarginata e vittima di situazioni che la privano della sua dignità e legalità.
Ma anche il sostegno e la reintegrazione socio-lavorativa attraverso la realizzazione di progetti personalizzati sia in Italia che nei Paesi di provenienza delle donne immigrate. Questo perché vorremmo potere restituire un futuro a giovani donne, a cui è stata tolta qualsiasi prospettiva di vita dignitosa.
Slaves no more” nasce, dunque, con un orizzonte ampio. E tra i primi progetti, si impegnerà a realizzare rimpatri assistiti di giovani donne nigeriane vittime di tratta e sfruttamento sessuale, rinchiuse nei Centri di identificazione ed espulsione (Cie) o accolte in case di accoglienza. Un modo per dire, molto concretamente, che questi viaggi da incubo non sono a senso unico, ma che si può tornare a casa in maniera dignitosa. Per questo l’associazione intensificherà l’opera di collaborazione già avviata da diversi anni con il Comitato per il supporto della dignità della donna (Cosudow) della Conferenza delle religiose nigeriane e con altri enti e associazioni che operano in Nigeria.
L’associazione “Slaves no more” è stata fondata a Roma, simbolicamente presso le suore di San Pietro Claver, il santo che lottò contro la tratta di schiavi verso le Americhe. Erano presenti 23 soci fondatori, religiose, laici, volontari, professionisti già impegnati a diverso livello e titolo nella lotta contro le violenze sulle donne e contro il traffico di esseri umani. L’Associazione ha sede legale presso la casa di accoglienza per donne e bambini “Maria Maddalena” di Nettuno (slavesnomore@libero.it)

Pubblicato il 18 gennaio 2013 - Commenti (0)
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Fanciulla, alzati!

Sono da poco rientrata da un lungo viaggio negli Stati Uniti dove ho avuto diversi incontri a vari livelli e con gruppi di persone per far emergere ancora una volta il volto, i drammi, il grido e le sofferenze di tante donne e minorenni che in ogni parte del mondo, particolarmente nei Paesi cosiddetti del benessere, dello sviluppo e del consumo, vivono ancora l’umiliazione dello sfruttamento, della sopraffazione e della mercificazione del loro corpo.

     In modo particolare ho avuto modo di condividere la ricchezza e l’impegno di tante donne religiose che ogni giorno lavorano con amore e coraggio per ridonare dignità e libertà, vita e speranza a quanti sono stati derubati dei loro stessi sogni di ricerca e di affermazione come persone e non come oggetti. 


    Durante questi incontri era viva in me l’esperienza appena vissuta a Roma, durante un importante seminario, che ha visto la partecipazione di una trentina di religiose, coordinatrici di varie reti nazionali e continentali. L’incontro si è svolto nella sede delle Superiore generali delle Congregazioni internazionali femminili (Uisg) e aveva il preciso scopo di rafforzare una rete internazionale di religiose chiamata Talitha Kum. Scopo di questa vasta rete è quello di coordinare e condividere gli stessi obiettivi per operare insieme e far fronte all’emergenza della tratta a scopi prostituzionali, intervenendo sia nei Paesi di origine, che in quelli di transito e di destinazione di questo mercato infame, dove ciò che conta non è la persona, bensì la sete di guadagno, di potere e di piacere a ogni costo.

     I trafficanti sono molto ben organizzati nel trasportare e mettere sul mercato la loro “merce”, ma anche noi vogliamo essere altrettanto efficienti nel contrastare questo “commercio” e nel rompere tutti gli anelli di questa catena di schiavitù. Talitha Kum non vuole essere solo un nome qualsiasi dato alla rete internazionale, ma vuole essere un programma di azione concreto per poter dire a ogni donna curva sotto il peso della propria umiliazione: alzati! Alzati e riscopri la tua bellezza e dignità, la tua voglia di vivere, di danzare e di cantare il canto della vita e dell’amore. Accompagnata in questo suo cammino di liberazione troverà la forza di sognare ancora un futuro di speranza e di pace.

     Al termine di questo incontro, un gruppo di 23 religiose ha vissuto l’esperienza concreta di una visita a una casa famiglia, dove diverse donne uscite da questa spirale di violenza e di morte possono guardare al loro futuro e a quello dei loro figli, giacché hanno trovato nelle religiose che gestiscono la comunità una mano tesa e una voce amica che ha ripetuto le stesse parole e lo stesso gesto di Gesù rivolto alla figlia di Giairo: “Fanciulla, alzati! Talitha kum!”.

 

Pubblicato il 30 giugno 2011 - Commenti (0)

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Autore del blog

Noi donne oggi

Suor Eugenia Bonetti

Missionaria della Consolata, è stata per 24 anni in Kenya. Al ritorno comincia a lavorare in un Centro d’ascolto e accoglienza della Caritas di Torino, con donne immigrate, molte delle quali nigeriane, vittime di tratta. Dal 2000 è responsabile dell’Ufficio tratta dell’Unione superiori maggiori italiane (Usmi). Coordina una rete di 250 suore di 70 diverse congregazioni, che operano in più di cento case di accoglienza. Il presidente Ciampi l’ha nominata nel 2004 Commendatore della Repubblica italiana.
Ha scritto con Anna Pozzi il libro "Schiave" (Edizioni San Paolo).

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