24
mag

Melissa e il popolo della Rete

Nei primi anni del terzo millennio si usava pubblicare una “netiquette” accanto a forum e chat, una sorta di “etichetta”, di codice della Rete che cercava di suggerire i comportamenti più corretti per chi utilizzava la rete con un certo grado di interattività.
Forse qualche richiamo ad un codice etico, deontologico e alle più elementari norme di buon senso non farebbe male nemmeno oggi. La tragica vicenda che ha coinvolto le studentesse della scuola "Francesca Laura Morvillo Falcone” di Brindisi ha suscitato le reazioni più diverse nel popolo della Rete.

Molti, con grande rispetto, hanno pubblicato frasi affettuose, attestazioni di solidarietà e anche preghiere e frasi di commiato per Melissa Bassi. Sono comparsi anche video che ritraggono Melissa bambina, girati in occasione della prima comunione e di una recita scolastica. Qualunque fosse lo scopo di chi ha reso pubblici i video di certo c’è che il popolo del web ha scatenato una violenta reazione perché fossero rimossi al più presto, nel rispetto della giovane vittima. La netiquette, non scritta, è stata ribadita con forza dal comportamento concreto dei cybernauti che, a volte, sanno autoregolamentare un territorio che appare senza norme e confini.

Al di là delle opinioni personali sta nascendo in rete una sorta di autocoscienza, un sentire comune che per lo meno si pone domande e interrogativi su quanto transita attraverso il Web. Un processo autonormato con tutti i rischi del caso ma anche monitorato da migliaia di persone che gettano uno sguardo critico su processi che, altrimenti, sarebbero incontrollabili.

Senza appello, invece, il brutto scivolone del giornalista Sandro Ruotolo che ha pubblicato su Twitter nomi e foto che identificavano due sospettati dell’attentato di Brindisi, scagionati poi dalle verifiche degli investigatori. Loro hanno rischiato il linciaggio fisico, Ruotolo quello della Rete. Qualche minuto in più di attesa avrebbe giovato tutti, anche al buon giornalismo.

Pubblicato il 24 maggio 2012 - Commenti (3)
10
mag

La signora in giallo

E’ da annoverare tra le serie più longeve della storia della tv. “Murder, She Wrote”, in originale, è conosciuta in Italia con il titolo “La signora in giallo”, impersonata dal 1984 al 1996 da Angela Lansbury e, nonostante da sedici anni non ci siano più nuove produzioni di questo telefilm, puntualmente le sue storie tornano a farci compagnia sugli schermi domestici.

Vien da chiedersi quale sia il meccanismo che, nonostante la serie televisiva sia datata e venga puntualmente riproposta nell’ennesima replica, coinvolge tutt’oggi migliaia di spettatori della nostra Penisola.
Probabilmente la molla della curiosità, l’interesse per comporre gli indizi in un quadro unitario, il desiderio di costruire da sè il senso di una storia senza averlo già intuito dopo le prime scene. Ingredienti che, purtroppo, vengono a mancare in tante occasioni in cui si cerca di trasmettere un contenuto relativo alla religione o alla fede. Se le prime parole fanno già presagire un già detto e un già visto, difficilmente si innesca la curiosità per approfondire un cammino o far propria un’esperienza profonda.


Gli utenti della Rete, magari, preferiscono partire dalle curiosità più semplici e dalle questioni di base: «Le testimonianze sulla resurrezione di Cristo sono attendibili? Che senso ha la sofferenza degli innocenti? Scienza e fede sono in contrasto?» A partire dalle domande comune di credenti e non credenti è nato il progetto “Alateia”(www.alateia.org) presentato anche al primo incontro dei nuovi evangelizzatori svoltosi in Vaticano nel novembre 2011.
Si tratta di un approccio per indizi, uno stimolo a cercare la verità che fa leva sulla molla della curiosità, un percorso simile a quello delle narrazioni tinte di giallo che ti tengono sulla corda fino alla fine proprio perché stimolano la capacità di indagine personale.

Aleteia è una community che fa circuitare domande e risposte su temi riguardanti la religione, la fede personale, l’etica. Un’idea intelligente che rifugge dal preconfezionato per dare all’utente la possibilità di costruire un percorso a partire dal dubbio e, a volte, dal sospetto. Sospetto che esperti, biblisti, teologici e comunità di cristiani online cercano di sciogliere a partire dalla loro testimonianza di vita.

Pubblicato il 10 maggio 2012 - Commenti (1)
03
mag

E il tecnico Monti punta sulla Rete

La pagina web sul sito Governo.it dedicata alla raccolta delle domande poste dai navigatori.
La pagina web sul sito Governo.it dedicata alla raccolta delle domande poste dai navigatori.

Il termine inglese crowdsourcing  indica l’utilizzo di gruppi di persone comuni come risorsa esterna ad aziende e organizzazioni. Si tratta di una pratica virtuosa che ha reso possibile nel web lo sviluppo di software gratuiti e di progetti di intelligenza collettiva come, ad esempio, l’enciclopedia Wikipedia. Ad inventare questo neologismo è stato Jeff Hove, un giornalista newyorkese, che nel 2006 ha pubblicato su Wired.com un articolo sul potere della gente comune. E se un tempo le folle per organizzarsi necessitavano di leader, tempi e spazi consoni e strumenti di diffusione dei contenuti, oggi è tutto incredibilmente accelerato dalla Rete.

Sembra che anche il Governo italiano abbia fiutato i benefici del crowdsourcing, tanto da inserirlo come risorsa concreta all’interno della sezione dedicata alla spending review. «Tutti i cittadini –si legge nell’introduzione alla sezione speciale- attraverso il modulo Esprimi la tua opinione”, hanno la possibilità di dare suggerimenti, segnalare uno spreco, aiutando i tecnici a completare il lavoro di analisi e ricerca delle spese futili.» Una proposta che fa appello a quella che Jeff Howe definisce crowd wisdom, la saggezza della folla, che teoricamente potrebbe anche orientare l’azione di governo.

L’apertura alla consultazione popolare è interessante ma, conoscendo la fantasia degli italiani, c’è da scommettere che i redattori del sito Governo.it siano alle prese con centinaia e migliaia di consigli estremamente creativi. Ci si chiede se avranno il tempo di leggere la gran mole di comunicazioni ricevute e se, una volta vota lette, riusciranno a selezionare le segnalazioni veramente pertinenti. C’è qualcuno, poi, che si incaricherà di verificare se gli sprechi segnalati sono veramente tali e, una volta accertata la pertinenza quante segnalazioni giungeranno nelle mani dei tecnici del Governo?

E ancora: chi è stato tagliato fuori dal continente digitale che potrà fare? Affidarsi alla carta? A chi dovrà indirizzare la missiva, se volesse scegliere uno strumento alternativo al web come la buona vecchia lettera di celluloide e fosse disposto ad investire il costo di un francobollo per aiutare il Governo italiano nella revisione della spesa pubblica?

Sono in molti a chiedersi la reale efficacia di questa operazione, certo è positiva la disponibilità dimostrata da Palazzo Chigi all’ascolto. E’ un primo passo che di certo non lascerà senza lavoro i gestori del sito Governo.it e, ne siamo certi, strapperà loro più di qualche sorriso se riusciranno a passare in rassegna la gran mole di messaggi inviata in questi giorni.

Pubblicato il 03 maggio 2012 - Commenti (3)

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Autore del blog

Un prete in Rete

Don Marco Sanavio

Prete della diocesi di Padova che dal 1999 si occupa di coniugare il mondo della tecnologia con la pastorale. Ha iniziato a collaborare con alcuni uffici della Conferenza episcopale italiana in occasione del Grande giubileo del 2000, creando il sito www.giovani.org. Attualmente è all'interno del consiglio direttivo dell’Associazione webmaster cattolici italiani. A Padova è direttore dell'Ufficio comunicazioni sociali della diocesi e segue la formazione di adulti e ragazzi all'uso dei new media.

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