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Ansa
Joseph Ratzinger a confronto con Tenzin Gyatso, un faccia a faccia tra le due reputazioni digitali nel web italiano condensato in una ricerca effettuata da Reputation Manager nel luglio 2012 e pubblicata su Espansione agli inizi di settembre (scarica la ricerca in pdf). Chi è il secondo dei due? Si tratta del quattordicesimo Dalai Lama, ma già il fatto che sia meno nota la sua vicenda personale in Italia lo espone meno a critiche e pregiudizi.
Benedetto XVI e il Dalai Lama, due autorità spirituali di altissima levatura morale che, però, fanno riferimento a percorsi completamente diversi. Il primo è riferimento per i Cristiani cattolici, testimoni di un Dio che si è incarnato e, pertanto, sono profondamente attivi nella quotidianità, attenti agli aspetti etici del vivere personale e comunitario. Il secondo è la massima autorità del Buddhismo tibetano, una particolare tradizione del buddhismo Vajrayana, che sostiene la vacuità e l’illusione dell’essere e propone un cammino di liberazione, di consapevolezza e di conoscenza delle verità ultime.
Sarà questione di vera conoscenza dei due personaggi e del loro messaggio o di simpatia a pelle?
Viene da chiedersi perché nella sua ricerca Reputation Manager abbia riportato solamente alcuni commenti che sviliscono la figura di Benedetto XVI e non abbia fatto alcun riferimento alle decine e decine di post entusiasti pubblicati nei vari siti che hanno seguito la Giornata mondiale dei giovani di Madrid o non si sia accorto della costellazione di siti che raccolgono e rilanciano quotidianamente i messaggi del Papa, con notevoli ripercussioni nei social network.
Forse, in questi casi, vale la pena di rispolverare la teoria della “coda lunga” di Chris Anderson che ci rammenta come nel web l’attenzione distribuita in tanti piccoli siti e contributi multimediali possa diventare molto più significativa di chi genera massa critica.
Nella ricerca, poi, è riportato un testo estrapolato da un blog nel quale si fa riferimento a presunti “proclami razzisti contro l’Islam da parte di Benedetto XVI che hanno sollevato vivacissime proteste da parte del mondo islamico”. Polemica vecchia e poco documentata. Basta dare uno sguardo a testi e foto che raccontano in Rete l’ultimo viaggio del Papa in Libano per comprendere che la situazione non è questa, anzi…
È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio.
Albert Einstein
Pubblicato il
25 settembre 2012 - Commenti
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set
Tom Cook durante la presentazione dell'iPhone 5 (Reuters).
Grandi novità in casa Apple: è appena uscito dal guscio un nuovo smartphone in alluminio e vetro che polarizza l’attenzione del mondo. L’attesa è stata alimentata da mesi nel web con anticipazioni e ipotesi e, probabilmente, ha contribuito a far passare sottotraccia una notizia che invece ha dell’inquietante. Il 28 agosto scorso è stato depositato un brevetto che consente all’azienda di Cupertino di disattivare forzatamente alcune funzioni di apparati wireless come cellulari, tablet o computer.
In pratica significa che un giorno, entrando in chiesa o in biblioteca, potrebbe succedervi di scoprire che il vostro telefono è stato spento a distanza da un dispositivo che ne ha forzato le funzioni. O, in caso di emergenza, le forze di polizia potrebbero isolare un’intera zona impedendovi di chiamare i vostri familiari ed amici per impedire a terroristi o criminali di comunicare tra di loro. Tutto perfettamente legale e accettato da voi nel momento in cui avete acquistato quell’apparato mobile.
Questo apre la strada ad un controllo remoto sempre più spinto, non deciso dall’utente, dei dispositivi che portiamo in tasca. Non si tratta di una bella sensazione, anzi, è un ulteriore contributo che va ad alimentare la cultura del sospetto nei confronti degli apparecchi elettronici e dei loro produttori. Con il pretesto di offrire nuovi servizi si costringe l’utente a consegnare una parte della sua libertà ad aziende ed operatori telefonici.
Al momento si tratta solo di un brevetto, non sappiamo se verrà tradotto in pratica negli apparati radiomobili, ma è sufficiente a generare una seria inquietudine. Qualche anno fa aveva suscitato una forte polemica in Rete il cosiddetto "Killswitch", una sorta di lista nera interna al cellulare che avrebbe dovuto bloccare da remoto applicazioni potenzialmente dannose senza il consenso dell'utente. In quel frangente le associazioni dei consumatori avevano inviato un esposto urgente al Garante della Privacy «per verificare le compatibilità con l'ordinamento italiano ed europeo». Oggi i più accorti si stanno chiedendo fino a dove si spingerà il controllo della tecnologia sull'uomo visto che ciascuno di noi sta consegnando una miriade di dati all'elettronica, molto spesso in maniera del tutto inconsapevole o poco prudente.
Pubblicato il
13 settembre 2012 - Commenti
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