29
set
Nella preparazione alla cresima si insegna ai ragazzi il rispetto del proprio corpo. «E’ il tempio dello Spirito santo –spiegava la mia catechista di un tempo- e come tale dovete prendervene cura per preparavi al momento in cui nessun altro lo farà al posto vostro.» Oggi la rapida evoluzione dei social media ha mutato anche le attenzioni della catechesi. Proprio la scorsa settimana un catechista mi ha invitato a spiegare ai suoi ragazzi come proteggere la loro identità digitale su Facebook. Complimenti, innanzitutto, a questo giovane formatore che ha compreso come i ragazzi che sta accompagnando a ricevere il sacramento vivano la loro presenza in rete come una estensione della loro personalità e ha pensato di affrontare l’argomento. Interessante anche la lettura antropologica che ha dato del fenomeno: oggi il corpo è anche quello mediato dall’elettronica, quello di cui è più difficile prendersi cura perché ancora troppo nuovo e lontano dal controllo degli adulti. E i social media non sembrano più essere soltanto un moda.
Negli incontri assembleari a cui mi invitano spesso gruppi di genitori per discutere dei new media mi rendo sempre più conto della difficoltà degli adulti nel governare l’utilizzo massiccio dell’elettronica da parte dei figli. Ricette magiche? Nessuna, fin’ora, se non il consiglio di conoscere un po’ di più i mezzi che si hanno di fronte e aiutare i figli ad acquisire uno spirito critico nel loro utilizzo. A seconda dell’età della prole, le strategie variano: dal controllo parentele su e-mail e siti visitati, ai vari filtri, alla contrattazione di tempi e modi sino a giungere alla formazione vera e propria. Purtroppo sono ancora gli strumenti di formazione e le agenzie che si occupano di media education con uno sguardo speciale sui nuovi mezzi elettronici. Noi, nel nostro piccolo, suggeriamo di partire da una mini guida per proteggere profilo e privacy su Facebook, anche grazie ai nuovi strumenti introdotti di recente dal popolare social network. E’ opera dell’informatico Silverio Galante e si può scaricare liberamente.
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29 settembre 2011 - Commenti
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14
set
Insegnanti e studenti possono trovare nel web un valido strumento di scambio e di crescita.
Il rientro a scuola può essere considerato uno di quegli stati nascenti che aprono prospettive nuove e rigenerano energie assopite. Se da un lato la sperimentazione delle classi 2.0 promette un futuro interconnesso, dall’altro conosciamo bene la situazione di difficoltà che riguarda molte scuole italiane, carenti delle dotazioni minime e di fondi per le attività didattiche di base. Sedi accorpate, classi “pollaio”, proteste di precari e studenti, istituti che scompaiono, altri percorsi introdotti post diploma. Tra nuovo e vecchio che si ripete cosa è possibile fare per dare ossigeno agli alunni della scuola derll’obbligo?
Qualcuno ha deciso di rimboccarsi le maniche fin da subito, convinto che le buone pratiche siano la base per far funzionare la scuola oltre le carenze e gli ostacoli che, di certo, non mancano. L’idea di avviare un confronto, una sorta di “intelligenza collettiva” sul pianeta scuola, è balenata nella mente di Gianni Marconato un professionista convinto che nella scuola si possa apprendere “con e senza le tecnologie” a patto che strategie di insegnamento e didattica siano orientate alla vita reale.
Così ha preso forma “La scuola che funziona”, un network creato su piattaforma Ning che aggrega docenti e formatori che cercano un confronto e una crescita nella didattica e sperimentano modalità classiche ed efficaci di insegnamento accanto a nuove proposte supportate dalla tecnologia.
Anche gli studenti hanno i loro network, più o meno formali, che non sono solo una facilitazione al copia e incolla facile, ma possono diventare un luogo utile di confronto. Studenti.it propone addirittura un vademecum su come disintossicarsi dai social network in vista del ritorno sui banchi molto lignei e poco multimediali.
Una soluzione interessante l’ha proposta qualche dirigente scolastico che ha iniziato l’anno presentando un blog dell’istituto, nella speranza che possa diventare uno strumento di dialogo informale tra docenti e alunni. Altre scuole hanno optato per un profilo su Facebook. Il nostro consiglio è quello di stabilire delle regole chiare sui comportamenti da tenere in rete, sia per il corpo docente che per gli alunni, così da evitare spiacevoli inconvenienti nel corso dell’anno.
La Chaussettologie - Challenge your world from Desrumaux Celine on Vimeo
(video segnalato da “La scuola che funziona”)
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14 settembre 2011 - Commenti
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02
set
Nella lunga coda di emozioni e racconti del dopo Gmg si fa largo progressivamente il tempo delle testimonianze. Brevi interventi durante le celebrazioni, testimonianze a gruppi di giovani che sono rimasti in Italia o anche, più semplicemente, racconti in birreria e frasi su Facebook. Graffiando un po’ la patina trionfale dei due milioni di Madrid, però, si scopre una realtà molto più ordinaria e problematica. «La veglia a Cuatro vientos? L’ho trascorsa in ospedale» mi racconta una ragazza romana ugualmente sorridente e soddisfatta, in aeroporto il giorno del rientro «Mi sono beccata –continua- una forte intossicazione alimentare probabilmente mangiando in una nota catena di ristoranti, al di là di ogni sospetto. Mi è dispiaciuto non essere con gli altri, ma qualcuno ha sacrificato la sua veglia per starmi vicino, qualcun’ altro ha inviato messaggini per non farmi sentire sola. Il corpo ti può bloccare ma lo spirito no!» La fragilità ha fatto sperimentare a questa ragazza e ai suoi amici l’importanza dei legami personali, della solidarietà, il senso più profondo dell’essere a scuola della vita più che di un sussidio.
A distanza di parecchi giorni dall’evento madrileno negli occhi dei
giovani c’è ancora l’immagine della tempesta che incombe sulle loro
teste e l’istantanea, vista solo una volta tornati a casa nelle immagini
di repertorio, del Papa sferzato da vento e pioggia e protetto con
ombrellini parasole. Probabilmente è questo l’evento che ha fatto
breccia nel cuore, il desiderio di Bendetto XVI, bagnato e consigliato
su tutt’altre decisioni, di rimanere con loro a “vivere un’avventura”.
Si può affrontare la tempesta della vita con gli ombrellini parasole, se
le motivazioni che ti portano a farlo sono radicate in Dio. Un preside
di un istituto superiore padovano mi ha confidato che quest’anno
centrerà le sue comunicazioni agli studenti sul tema della fragilità.
Nell’ambiente competitivo e assetato di successo creato dai genitori
diventerà una sfida far comprendere che la fragilità dei figli è un
valore, anzi un valore profondamente cristiano. O ci siamo già
dimenticati che il Dio dei Cristiani fa passare la salvezza attraverso
la fragilità della croce, il segno che si traccia sul corpo per
ricordare questa strada maestra? Alcuni testi di questo periodo ce lo
ricordano con chiarezza: da Vittorino Andreoli che nell’”Uomo di vetro”
rivela che “solo l'uomo fragile sa entrare nell'uomo spezzato, prova
amore e entra nel dolore perché lo ha conosciuto" a Gustavo Pietropolli
Charmet che titola il suo ritratto dell’adolescente di oggi come
“Fragile e spavaldo”. Fragilità: un valore che apre al trascendente,
anche in mezzo ai trionfali due milioni di Madrid.
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02 settembre 2011 - Commenti
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