11
giu
“No hate speech movement” (nohatespeechmovement.org) è il nome di una campagna promossa dal Consiglio d’Europa per stimolare i giovani stessi a combattere razzismo e discriminazioni all’interno del web.
L’ “hate speech”, ovvero il linguaggio offensivo, comprende secondo la definizione data dal Consiglio d’Europa «forme di espressione che incitano, promuovono, incitano o giustificano l’odio razziale, la xenofobia, l’antisemitismo o altre forme di odio basate sull'intolleranza».
Di questo fenomeno se n’è parlato anche alla Camera in occasione del seminario "Parole libere o parole d'odio? Prevenzione della violenza on-line" organizzato dalla presidente Luisa Boldrini per il 10 giugno scorso. L’evento è stato trasmesso, oltre che sul canale satellitare, anche in streaming sulla web tv della Camera catalizzando poco più di una trentina di utenti connessi contemporaneamente nei momenti di picco. Pochi anche i tweet sull’argomento identificabili con l’hastag della campagna europea #nohatespeech. La sintesi, ben riassunta dall'intervento di Rodotà: il problema non è la Rete ma siamo noi, gli utenti. Nulla di nuovo. L’avevamo intuito da tempo ma probabilmente ci mancano strumenti formativi efficaci.
Il segnale istituzionale è stato dato, si tratta di primo passo significativo. Probabilmente, però, una tematica così importante, in un momento in cui sembra acuirsi la violenza verbale in Rete e le tragiche conseguenze che abbiamo visto emergere negli ultimi mesi, merita più attenzione.
Non sono pochi gli adolescenti che portano nella psiche e nell’anima ferite inferte tramite il web. Che dire loro se non che forse stiamo facendo troppo poco per educarli, aiutarli e sostenerli nell’abitare questo ambiente digitale che pervade tutta la loro giornata? È probabile che, oggi, la strategia migliore per contrastare questi fenomeni sia quella di mettere in campo giovani educatori in favore di altri giovani, dato che spesso le generazioni precedenti si sentono inadeguate a gestire il problema. Questa è la strategia di “No hate speech movement”. Agenzie educative che avete risorse per agire in questo ambito, non siate timide. Se guardate fuori dalla Penisola intuite che è già tardi.
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11 giugno 2013 - Commenti
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17
apr
L’11 settembre 2001 non esistevano Facebook e Twitter, tantomeno Youtube nato nel febbraio 2005. La gravità dell’attentato veniva restituita in tempo reale dalle immagini della tv che già dal primo pomeriggio avevano catalizzato l’attenzione del mondo intero.
Quanto è successo durante la maratona di Boston del 15 aprile scorso è rimbalzato in pochi secondi in ogni angolo del pianeta grazie alla capillarità dei social media generando un potentissimo “buzz”, un rumore di fondo che si è trasformato ben presto in condivisione, partecipazione interattiva, per qualcuno anche in preghiera online. #prayforboston (prega per Boston) è stato uno degli hastag più popolari nelle ore successive all’attentato. Analogamente a quanto successo in occasione del terremoto di Haiti si è iniziato a cercare i dispersi grazie a servizi come Person finder o alla capillarità di Twitter.
Le reti sociali che innervano il web di rapporti umani anche molto profondi e significativi hanno tessuto una sorte di “veglia” globale di fronte ad un fatto tragico che ha generato un forte impatto emotivo. Foto e video sono stati tempestivamente rielaborati, trasformati dalla sensibilità dei più creativi e diffusi come memi (messaggi significativi che circolano in Rete così definiti da Richard Dawkins) mirati a far riflettere, partecipare, pregare. Era già successo in occasione del disastro nucleare di Fukushima e di altri eventi dolorosi che hanno attraversato l’era dei social network, anche se con sfumature diverse.
Il web è un luogo dove spesso si condividono beni spirituali e si può alimentare la solidarietà umana. Soprattutto in caso di episodi dolorosi e tragici, purtroppo, ne abbiamo la conferma tangibile. I social network si sono rivelati anche collettori di una solidarietà concreta che gradualmente si sta trasformando in una sorta di “coscienza collettiva” in grado di crescere nella sua sensibilità grazie al contributo dei singoli.
Non a caso chi sta svolgendo indagini sull’ attentato ha chiesto ai cittadini di contribuire inviando foto e video realizzati nell’ultimo miglio della maratona. Si tratta di un fenomeno che alcuni hanno definito “subveillance”, “subveglianza” (da sotto) per contrapposizione a sorveglianza (da sopra). La presa di coscienza che il bene comune è frutto del contributo di tutti, anche in questo aspetto mediatico.
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17 aprile 2013 - Commenti
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04
mar
Il web è spesso popolato da frammenti ad effetto, aforismi nati dalla fantasia dei cybernauti e non firmati. «Nulla è più Presente della tua Assenza» è una frase di origine anonima, indicizzata dai motori di ricerca, che ben racconta l’atmosfera di sospensione vissuta dopo la rinuncia di Benedetto XVI.
Joseph Ratzinger ha accompagnato da Papa per quasi otto anni una Chiesa nata proprio dall’assenza del Cristo. È l’Ascensione che fa crescere gli apostoli, l’assenza fisica del Maestro li spinge a cercarlo nel profondo di se stessi, nei fratelli, nella comunione con gli altri.
La privazione della presenza fisica li abilita all’autonomia, che non è assoluta indipendenza. Il sottrarsi genera più domande, più reazioni e più cambiamenti della presenza. Anche l’assenza digitale ha un suo peso specifico. Il sito www.vatican.va racconta contemporaneamente la privazione del presente e la ricchezza del passato. Si apre con lo stemma della sede vacante, ovvero con un vuoto di documenti, foto e discorsi che quotidianamente hanno popolato il web ma, nel contempo, presenta in home page anche una pubblicazione elettronica sul pontificato di Benedetto XVI. Per la prima volta compare un sussidio elettronico che collega brevi testi foto e documenti, un regalo ai cybernauti al termine del pontificato.
L’account Twitter @Pontifex è sospeso, almeno sino all’elezione del nuovo Papa che deciderà il da farsi, ma al tempo stesso è memoria viva (e i tweet di Benedetto XVI sono tutti in archivio) di una serie di relazioni tessute nella rete in queste poche settimane di presenza sul noto social network. Il vuoto fisico fa risaltare la presenza digitale, quasi come un’ eredità spirituale che connette tutto il mondo in una prossimità impensabile fino a qualche anno fa.
L’ultima consegna di Benedetto XVI per l’anno della fede sarà un dono digitale: l’ostensione televisiva della Sindone il 30 marzo quando, forse, potrebbe già esserci il nuovo Papa. Quasi a dire con le parole di Giovanni il Battista, valide anche nella dimensione digitale: «Egli deve crescere e io invece diminuire».
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04 marzo 2013 - Commenti
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19
feb
Una risposta autorevole è possibile cercarla tra le righe del messaggio che Benedetto XVI ha scritto per la prossima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali: «Le reti facilitano la condivisione delle risorse spirituali e liturgiche, rendendo le persone in grado di pregare con un rinvigorito senso di prossimità a coloro che professano la loro stessa fede»
Mai, forse, come in questi ultimi giorni si sono moltiplicate in Rete le intenzioni di preghiera per il Papa e la Chiesa, rimbalzando da un capo all’altro del pianeta. La rinuncia del Pontefice ha creato un fortissimo fermento in Internet, un gigantesco “buzz” come dicono gli addetti ai lavori, che per buona parte dei cybernauti si è tradotto in senso di vicinanza e preghiera. Il web ha modificato il senso di prossimità per molti esseri umani, che sentono reale e benefico anche il contatto mediato dall’elettronica. Ancora prima di ogni sito di news e agenzia stampa è stato Twitter a diffondere la notizia nel mondo ed è stato sempre lo stesso sistema di microblogging a raccogliere reazioni e brevi preghiere degli utenti.
La diocesi di Pistoia sta raccogliendo stati d’animo e pensieri dei fedeli tramite l’indirizzo dell’Ufficio comunicazioni sociali per poi stamparli ed eventualmente recapitarli in Vaticano. I frati del Sacro Convento di Assisi, tramite il sito sanfrancesco.org, hanno reso possibile la partecipazione di migliaia di utenti della Rete agli esercizi quaresimali predicati per il Papa e la Curia dal cardinal Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura.
Internet, data anche la sua natura “intangibile”, si rivela sempre più un mezzo potente per la condivisione di beni spirituali ed un veicolo straordinario per stimolare la preghiera nei fedeli. Attenzione alle equazioni ingenue, però: leggere una bella frase sullo schermo, non equivale automaticamente a pregare…
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19 febbraio 2013 - Commenti
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10
ott
Ho ricevuto decine di e-mail da parte di generosi volontari che si erano messi a servizio di siti parrocchiali e che, con la speranza di racimolare qualche spicciolo a sostegno del web comunitario, avevano spalancato le porte ad inserzionisti pubblicitari che avevano riservato più di qualche sorpresa.
Sorprese amare, nella maggioranza dei casi, perché non è facile capire chi nel mondo del web advertising si presenti come lupo travestito da agnello. Talvolta il webmaster ha accettato il contratto online senza leggere tutte le clausole, oppure non si è accorto che l’innocente box colorato inserito nel sito si è trasformato in un invito, sempre più ammiccante, al gioco d’azzardo online.
Qualche altro, invece, per evitare di spendere 20 o 30 Euro all’anno di hosting ha pubblicato il sito di un’associazione, di un oratorio o di una parrocchia all’interno di servizi che apparentemente sembrano gratuiti, ma poi inseriscono nella parte alta della pagina o in fastidiosi pop-up pubblicità che poco si adattano ai contenuti.
Tra le varie soluzioni che consentono di evitare inserti pubblicitari poco opportuni si fa largo una proposta che concilia etica e advertising. Il nome stesso lo indica: si tratta di Ad-Etic, un network che consente la raccolta pubblicitaria online e a sostegno dei siti cattolici secondo criteri di coerenza con i valori espressi all’interno dei siti stessi.
La proposta nasce all’interno della rete Aleteia (www.aleteia.org) uno strumento di evangelizzazione attraverso domande e risposte sulla religione cattolica ed è sostenuta dalla Fondazione per l’evangelizzazione attraverso i media.
I proventi della raccolta pubblicitaria vanno a sostegno del sito che ospita i banner ma anche, in parte, a supporto di progetti di carità sotto la supervisione di un comitato etico internazionale (maggiori informazioni su www.adethic.net).
In tempo di crisi economica e con lo sguardo puntato sulla nuova evangelizzazione, non è poco…
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10 ottobre 2012 - Commenti
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13
lug
Internet diritto fondamentale dell’umanità? E’ così che hanno titolato molte testate del web e della carta stampata, all’indomani dell’approvazione della Risoluzione L.13 (testo del 29 giugno, risoluzione adottata dal 6 luglio 2012) da parte del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni unite.
A leggere bene il testo appare chiara la distorsione comparsa nei titoli dei giornali: si parla dell’estensione degli stessi diritti di cui si gode offline, compreso quello di espressione, al cyberspazio ma non si menziona affatto il diritto all’accesso, che rimane condizionato da un concorso di fattori, non ultimi quelli tecnici.
Internet viene riconosciuto dal documento Onu come forza trainante per accelerare il progresso e per questo motivo nella risoluzione si invitano gli Stati a promuovere e favorire l’acceso alla Rete.
Il web, però, è un’opportunità e non un diritto, il vero diritto è quello alla libertà personale da esprimere in Rete.
Da qui ad educare i cybernauti al rispetto della libertà altrui ce n’è di spazio! Negli ultimi anni i Social network sono stati infestati da gruppi razzisti, inneggianti alla violenza da foto e immagini inguardabili, da feroci attacchi personali che poco hanno da spartire con la libertà di espressione.
Le sanzioni dei moderatori spesso si fanno attendere e non sempre sono commisurate con la gravità dei fatti. L’intervento delle forze dell’ordine è impensabile per un numero così alto di possibili reati che si moltiplicano di giorno in giorno. I privati spesso rinunciano alle azioni legali a causa dei costi e dei tempi che richiedono. Rimane una sola risorsa in grado di garantire rispetto, libertà e dignità degli individui in Rete: il controllo degli altri utenti che con pressioni suoi moderatori e altre azioni massive possono scoraggiare comportamenti lesivi.
E se iniziassimo, timidamente, a parlare di coscienza collettiva della Rete?
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13 luglio 2012 - Commenti
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14
giu
Un ecumenismo (= cammino di dialogo tra le varie chiese cristiane) spicciolo ma non per questo meno profondo e reale che passa attraverso l'amicizia, la preghiera comune, la buona tavola e, talvolta, anche attraverso il gioco. È questa la base su cui ogni anno un gruppo di webmaster cristiani provenienti da tutta Europa costruisce il suo consistente lavoro di condivisione di risorse e prospettive. «Abbiamo a cuore tutti lo stesso obiettivo: crescere nella fede e poter far crescere altre persone che incontriamo attraverso il web - spiega Ralf Peter Reimann, pastore luterano di Dusseldorf - e questo si può realizzare solo se facciamo squadra tra di noi e iniziamo a collaborare in modo consistente».
Si va dal progetto tedesco di una chiesa realizzata in stile cartoon (www.kirche-entdecken.de) per spiegare la liturgia ai bambini alla grande campagna per gli adulti che si sono allontanati dalla fede della Chiesa luterana di Finlandia (http://uskotoivorakkaus.fi/).
Il gruppo di simpatici smanettoni che si riconosce sotto la sigla Ecic, la Conferenza dei webmaster cristiani d'Europa, si incontra ogni anno in una diversa città del vecchio continente. Quest'anno è toccato a Roma, meta sempre gradita perché permette in testa o in coda all'evento una visita personale alla città (clicca qui per visionare uno slideshow dell'evento).
Non poteva mancare la curiosità per l'attività nel web del Vaticano e così una delle sessioni di lavoro si è svolta nella sala Marconi di Radio Vaticana. «È stato davvero interessante - ha commentato a caldo Juha Kinanen, un webmaster della Chiesa luterana finlandese - vedere come un'istituzione così complessa e con un retroterra storico tanto consistente sia riuscita a sbarcare in Rete in modo tanto rapido e differenziato. Certo, l'approccio al web è un po' rigido visto il carattere istituzionale della comunicazione, ma lo sforzo è davvero notevole».
Le chiese protestanti del nord Europa utilizzano da tempo le nuove tecnologie come supporto all'azione pastorale. «È importante inserirsi in quello che oggi definiamo non più un dialogo, ma un “polilogo”, ovvero una conversazione che coinvolge più utenti contemporaneamente e non necessariamente tutti allo spesso tempo» ha sottolineato Christian Grund Sorenson, un operatore pastorale della Chiesa luterana di Svezia. Alcuni stanno cercando di farlo con una web tv, altri segnalando e condividendo le risorse come, per esempio, nel progetto della Chiesa evangelica in Germania, geistreich.de, all'interno del quale vengono segnalate idee meritevoli di essere sostenute.
Tutte le informazioni relative alla conferenza si possono trovare sul sito
www.ecic.org
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14 giugno 2012 - Commenti
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01
giu
L'interno di un padiglione in Fiera Milano City in occasione del Family2012 (foto Tosatto).
Si può scegliere il nome di un figlio aprendo un dibattito su Facebook? Può diventare un’opportunità se la rete è vista come una risorsa per la famiglia, da dosare nei tempi e modo opportuni. Se ne è parlato all’incontro “Famiglia e comunicazione globale ” tenutosi al MiCo di Milano in occasione dell’Incontro mondiale delle famiglie (www.family2012.com/it/meeetings/18705).
A tessere la trama del confronto non solo i tre relatori, Josè Luis Restan, Piercesare Rivoltella e Norberto Gonzales Gaitano ma anche le numerose famiglie presenti in sala e quelle intervenute via Twitter (https://twitter.com/#!/search/realtime/family2012%20weca). “C’è una forte richiesta di informazioni riguardanti la sicurezza dei più piccoli –spiega Andrea Canton che ha seguito il flusso di messaggi elettronici giunti nel corso dell’incontro- che, comunque, è stato il tema centrale del meeting, ed è risultato con chiarezza che questo non significa impedire loro l’accesso agli strumenti informatici, ma dare ai mezzi elettronici la giusta collocazione all’interno della famiglia.”
Utili le segnalazioni di siti che si mettono a servizio della famiglia per aumentare la sicurezza dei piccoli cybernauti, come www.gianofamily.org o www.ilveliero.info.
In occasione dell’incontro che ha vista gremita di partecipanti la sala più capiente del MiCo, l’Associazione webmaster cattolici italiani (Weca) ha presentato in anteprima lo speciale “decalogo” sull’utilizzo del web in famiglia, scaricabile gratuitamente da questo indirizzo www.webcattolici.it/pls/webcattolici/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=212&rifi=guest&rifp=guest
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01 giugno 2012 - Commenti
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24
mag
Nei primi anni del terzo millennio si usava pubblicare una “netiquette” accanto a forum e chat, una sorta di “etichetta”, di codice della Rete che cercava di suggerire i comportamenti più corretti per chi utilizzava la rete con un certo grado di interattività.
Forse qualche richiamo ad un codice etico, deontologico e alle più elementari norme di buon senso non farebbe male nemmeno oggi.
La tragica vicenda che ha coinvolto le studentesse della scuola "Francesca Laura Morvillo Falcone” di Brindisi ha suscitato le reazioni più diverse nel popolo della Rete.
Molti, con grande rispetto, hanno pubblicato frasi affettuose, attestazioni di solidarietà e anche preghiere e frasi di commiato per Melissa Bassi. Sono comparsi anche video che ritraggono Melissa bambina, girati in occasione della prima comunione e di una recita scolastica. Qualunque fosse lo scopo di chi ha reso pubblici i video di certo c’è che il popolo del web ha scatenato una violenta reazione perché fossero rimossi al più presto, nel rispetto della giovane vittima. La netiquette, non scritta, è stata ribadita con forza dal comportamento concreto dei cybernauti che, a volte, sanno autoregolamentare un territorio che appare senza norme e confini.
Al di là delle opinioni personali sta nascendo in rete una sorta di autocoscienza, un sentire comune che per lo meno si pone domande e interrogativi su quanto transita attraverso il Web. Un processo autonormato con tutti i rischi del caso ma anche monitorato da migliaia di persone che gettano uno sguardo critico su processi che, altrimenti, sarebbero incontrollabili.
Senza appello, invece, il brutto scivolone del giornalista Sandro Ruotolo che ha pubblicato su Twitter nomi e foto che identificavano due sospettati dell’attentato di Brindisi, scagionati poi dalle verifiche degli investigatori. Loro hanno rischiato il linciaggio fisico, Ruotolo quello della Rete. Qualche minuto in più di attesa avrebbe giovato tutti, anche al buon giornalismo.
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24 maggio 2012 - Commenti
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03
mag
La pagina web sul sito Governo.it dedicata alla raccolta delle domande poste dai navigatori.
Il termine inglese crowdsourcing indica l’utilizzo di gruppi di persone comuni come risorsa esterna ad aziende e organizzazioni. Si tratta di una pratica virtuosa che ha reso possibile nel web lo sviluppo di software gratuiti e di progetti di intelligenza collettiva come, ad esempio, l’enciclopedia Wikipedia. Ad inventare questo neologismo è stato Jeff Hove, un giornalista newyorkese, che nel 2006 ha pubblicato su Wired.com un articolo sul potere della gente comune. E se un tempo le folle per organizzarsi necessitavano di leader, tempi e spazi consoni e strumenti di diffusione dei contenuti, oggi è tutto incredibilmente accelerato dalla Rete.
Sembra che anche il Governo italiano abbia fiutato i benefici del crowdsourcing, tanto da inserirlo come risorsa concreta all’interno della sezione dedicata alla spending review. «Tutti i cittadini –si legge nell’introduzione alla sezione speciale- attraverso il modulo “Esprimi la tua opinione”, hanno la possibilità di dare suggerimenti, segnalare uno spreco, aiutando i tecnici a completare il lavoro di analisi e ricerca delle spese futili.» Una proposta che fa appello a quella che Jeff Howe definisce crowd wisdom, la saggezza della folla, che teoricamente potrebbe anche orientare l’azione di governo.
L’apertura alla consultazione popolare è interessante ma, conoscendo la fantasia degli italiani, c’è da scommettere che i redattori del sito Governo.it siano alle prese con centinaia e migliaia di consigli estremamente creativi. Ci si chiede se avranno il tempo di leggere la gran mole di comunicazioni ricevute e se, una volta vota lette, riusciranno a selezionare le segnalazioni veramente pertinenti. C’è qualcuno, poi, che si incaricherà di verificare se gli sprechi segnalati sono veramente tali e, una volta accertata la pertinenza quante segnalazioni giungeranno nelle mani dei tecnici del Governo?
E ancora: chi è stato tagliato fuori dal continente digitale che potrà fare? Affidarsi alla carta? A chi dovrà indirizzare la missiva, se volesse scegliere uno strumento alternativo al web come la buona vecchia lettera di celluloide e fosse disposto ad investire il costo di un francobollo per aiutare il Governo italiano nella revisione della spesa pubblica?
Sono in molti a chiedersi la reale efficacia di questa operazione, certo è positiva la disponibilità dimostrata da Palazzo Chigi all’ascolto. E’ un primo passo che di certo non lascerà senza lavoro i gestori del sito Governo.it e, ne siamo certi, strapperà loro più di qualche sorriso se riusciranno a passare in rassegna la gran mole di messaggi inviata in questi giorni.
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03 maggio 2012 - Commenti
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16
mar
(Thinkstock)
Conciliare la vita di famiglia con il lavoro e gli impegni del quotidiano? Ti aiuta “Save the mom” (salva la mamma), www.myselfitalia.it/savethemom, un'applicazione offerta da una nuova rivista da poco in edicola, che ti permette di pianificare gli impegni, condividerli con gli altri componenti del nucleo domestico e di tenerli aggiornati in tempo reale.
Oltre al calendario condiviso il servizio, lanciato lo scorso 8 marzo, mette a disposizione una lista della spesa interattiva e un servizio di geolocalizzazione dei familiari che rileva la loro posizione geografica. I figli possono fare un “check” (un controllo, una verifica) una volta rientrati a casa così da tranquillizzare i genitori sulla loro incolumità.
L’idea è simpatica, una sorta di “assistente familiare” elettronico che aiuta le mamme dalla vita fitta di impegni a tenere sotto controllo vari aspetti del menage familiare.
Potrebbe funzionare, ma è pur vero che nella corsa frenetica di tutti i giorni
potrebbe venir meno il tempo e lo stimolo a tenere aggiornata un’agenda
elettronica. Una recente ricerca del Censis ha rilevato che le donne con
un impiego hanno quasi 7 ore in meno di tempo libero settimanale
rispetto agli uomini a causa dei lavori domestici. «I miei figli mi
credono arretrata perché ho pochi amici in Facebook – ci scrive Barbara
di Brescia, 2 figli adolescenti - e lo aggiorno qualche volta la
domenica, ma non si rendono conto che il vero problema è la mancanza di
tempo».
La tecnologia che dovrebbe
facilitarle la vita, in realtà si rivela una presenza invadente ed
invasiva, che rischia di occupare anche i tempi sani della relazione
personale in famiglia. «Ho visto il Family assistent – conclude Barbara -
ma preferisco tenere in allenamento la mia memoria. Mi aiuta a essere
più lucida. La vita sarà meno ottimizzata ma voglio difendere
dall’invasione dell’elettronica l’area di imperfezione che mi permette
di sbilanciare i tempi verso le relazioni a scapito dell’efficienza».
Come biasimarla?
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16 marzo 2012 - Commenti
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14
set
Insegnanti e studenti possono trovare nel web un valido strumento di scambio e di crescita.
Il rientro a scuola può essere considerato uno di quegli stati nascenti che aprono prospettive nuove e rigenerano energie assopite. Se da un lato la sperimentazione delle classi 2.0 promette un futuro interconnesso, dall’altro conosciamo bene la situazione di difficoltà che riguarda molte scuole italiane, carenti delle dotazioni minime e di fondi per le attività didattiche di base. Sedi accorpate, classi “pollaio”, proteste di precari e studenti, istituti che scompaiono, altri percorsi introdotti post diploma. Tra nuovo e vecchio che si ripete cosa è possibile fare per dare ossigeno agli alunni della scuola derll’obbligo?
Qualcuno ha deciso di rimboccarsi le maniche fin da subito, convinto che le buone pratiche siano la base per far funzionare la scuola oltre le carenze e gli ostacoli che, di certo, non mancano. L’idea di avviare un confronto, una sorta di “intelligenza collettiva” sul pianeta scuola, è balenata nella mente di Gianni Marconato un professionista convinto che nella scuola si possa apprendere “con e senza le tecnologie” a patto che strategie di insegnamento e didattica siano orientate alla vita reale.
Così ha preso forma “La scuola che funziona”, un network creato su piattaforma Ning che aggrega docenti e formatori che cercano un confronto e una crescita nella didattica e sperimentano modalità classiche ed efficaci di insegnamento accanto a nuove proposte supportate dalla tecnologia.
Anche gli studenti hanno i loro network, più o meno formali, che non sono solo una facilitazione al copia e incolla facile, ma possono diventare un luogo utile di confronto. Studenti.it propone addirittura un vademecum su come disintossicarsi dai social network in vista del ritorno sui banchi molto lignei e poco multimediali.
Una soluzione interessante l’ha proposta qualche dirigente scolastico che ha iniziato l’anno presentando un blog dell’istituto, nella speranza che possa diventare uno strumento di dialogo informale tra docenti e alunni. Altre scuole hanno optato per un profilo su Facebook. Il nostro consiglio è quello di stabilire delle regole chiare sui comportamenti da tenere in rete, sia per il corpo docente che per gli alunni, così da evitare spiacevoli inconvenienti nel corso dell’anno.
La Chaussettologie - Challenge your world from Desrumaux Celine on Vimeo
(video segnalato da “La scuola che funziona”)
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14 settembre 2011 - Commenti
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08
ago
Un sociale network fotografico? Un mosaico di immagini? Difficile definire l’idea originale creata dal Pontificio consiglio per le comunicazioni sociali e dalla Cei per la Gmg di Madrid. Si tratta di una proposta dal nome evocativo “Living world faces”, i volti giovani che rendono vivace e vitale il mondo, raggiungibile dal portale Pope 2 You . Proprio attraverso le loro facce e le immagini che raccontano frammenti di vangelo il Pontificio consiglio ha pensato di agganciare il tema della ventiseiesima giornata mondiale dei giovani tratto da una lettera di san Paolo "Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede".
Partecipare è semplice, anche per chi non potrà andare in Spagna per l’incontro con Bendetto XVI.
E’ sufficiente inviare una foto segnalandone la provenienza su una mappa e aggiungendo una breve didascalia. In pochi istanti la foto andrà a comporre un mosaico con l’immagine del volto di Cristo. Il significato è chiaro, ma l’applicazione non si ferma qui: con un tocco di mouse si potrà ricomporre la figura ricalcando il volto di papa Benedetto o il logo della Gmg. Sempre attraverso Pope 2 You si potranno inviare cartoline elettroniche ad amici e conoscenti (http://apps.facebook.com/popetoyou).
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08 agosto 2011 - Commenti
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