02
set
Elogio della fragilità
Nella lunga coda di emozioni e racconti del dopo Gmg si fa largo progressivamente il tempo delle testimonianze. Brevi interventi durante le celebrazioni, testimonianze a gruppi di giovani che sono rimasti in Italia o anche, più semplicemente, racconti in birreria e frasi su Facebook. Graffiando un po’ la patina trionfale dei due milioni di Madrid, però, si scopre una realtà molto più ordinaria e problematica. «La veglia a Cuatro vientos? L’ho trascorsa in ospedale» mi racconta una ragazza romana ugualmente sorridente e soddisfatta, in aeroporto il giorno del rientro «Mi sono beccata –continua- una forte intossicazione alimentare probabilmente mangiando in una nota catena di ristoranti, al di là di ogni sospetto. Mi è dispiaciuto non essere con gli altri, ma qualcuno ha sacrificato la sua veglia per starmi vicino, qualcun’ altro ha inviato messaggini per non farmi sentire sola. Il corpo ti può bloccare ma lo spirito no!» La fragilità ha fatto sperimentare a questa ragazza e ai suoi amici l’importanza dei legami personali, della solidarietà, il senso più profondo dell’essere a scuola della vita più che di un sussidio.
A distanza di parecchi giorni dall’evento madrileno negli occhi dei
giovani c’è ancora l’immagine della tempesta che incombe sulle loro
teste e l’istantanea, vista solo una volta tornati a casa nelle immagini
di repertorio, del Papa sferzato da vento e pioggia e protetto con
ombrellini parasole. Probabilmente è questo l’evento che ha fatto
breccia nel cuore, il desiderio di Bendetto XVI, bagnato e consigliato
su tutt’altre decisioni, di rimanere con loro a “vivere un’avventura”.
Si può affrontare la tempesta della vita con gli ombrellini parasole, se
le motivazioni che ti portano a farlo sono radicate in Dio. Un preside
di un istituto superiore padovano mi ha confidato che quest’anno
centrerà le sue comunicazioni agli studenti sul tema della fragilità.
Nell’ambiente competitivo e assetato di successo creato dai genitori
diventerà una sfida far comprendere che la fragilità dei figli è un
valore, anzi un valore profondamente cristiano. O ci siamo già
dimenticati che il Dio dei Cristiani fa passare la salvezza attraverso
la fragilità della croce, il segno che si traccia sul corpo per
ricordare questa strada maestra? Alcuni testi di questo periodo ce lo
ricordano con chiarezza: da Vittorino Andreoli che nell’”Uomo di vetro”
rivela che “solo l'uomo fragile sa entrare nell'uomo spezzato, prova
amore e entra nel dolore perché lo ha conosciuto" a Gustavo Pietropolli
Charmet che titola il suo ritratto dell’adolescente di oggi come
“Fragile e spavaldo”. Fragilità: un valore che apre al trascendente,
anche in mezzo ai trionfali due milioni di Madrid.
Pubblicato il 02 settembre 2011 - Commenti (0)