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lug

La realtà in gioco

La signora che ha scritto questo libro è autrice di videogiochi e dirige un istituto scientifico di studi sul futuro
La signora che ha scritto questo libro è autrice di videogiochi e dirige un istituto scientifico di studi sul futuro

È da poco uscito un libro, di Jane McGonigal, che s’intitola “La realtà in gioco” (Apogeo 2012) e contiene interessanti riflessioni sul rapporto tra videogiochi e realtà.

Si parte da un concetto inoppugnabile: i giochi danno molta soddisfazione, la vita quotidiana spesso molto meno. E da qui nasce la domanda: ma non potremmo far sì che la realtà sia più simile a un gioco?

La questione fondamentale sembra essere riprodurre quei due requisiti che sono, secondo l’autrice (sostenuta da ampie ricerche), i due fondamenti della “felicità” che si prova giocando: “flusso” e “fierezza”. Il primo è la gioia di giocare, la seconda è la gioia di superare ostacoli, di esserne capaci e riuscirci.

Il paragone con la realtà può sembrare esagerato, e in effetti scricchiola in qualche aspetto, ma è una buona provocazione. Su un punto però mi sembra – sono arrivato più o meno a metà del libro, potrei avere altre sorprese – di poter concordare appieno, ed è la considerazione che l’appagamento che si prova giocando è connesso soprattutto al fatto di svolgere bene il proprio “lavoro” di giocatore , una soddisfazione intima. Un tipo di felicità assai più duraturo che quello derivante dal conseguimento di beni estrinseci come oggetti, promozioni, successo. McGonigal cita a proposito una ricerca statunitense del 2009, svolta nell’Università di Rochester, che ha seguito per due anni la vita di 150 diplomati al college, interpellandoli regolarmente per documentare il loro livello di felicità commisurata agli obiettivi che ciascuno si era prefisso. La ricerca confrontava in che misura i ragazzi ottenevano gratificazioni estrinseche o intrinseche e quanto ciò arrecava soddisfazione e benessere. La conclusione è lapidaria: “Il raggiungimento di obiettivi estrinseci, da “sogno americano” – denaro, fama ed essere considerati fisicamente attraenti dagli altri – non contribuisce in alcun modo alla felicità”.

Mica male. Se giocare vuol dire mettersi in gioco alla ricerca di ciò che ci riempie e dura, allora sì che sarebbe interessante far somigliare la vita a un gioco. E creare giochi che aiutino a vivere la realtà, anziché allontanarcene ed evadere.

Pubblicato il 18 luglio 2012 - Commenti (0)

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Autore del blog

Family Game

Giuseppe Romano

Giuseppe Romano insegna Lettura e creazione di testi interattivi all'Università Cattolica di Milano e collabora con quotidiani e riviste su temi riguardanti l’era digitale, la comunicazione interattiva, i videogame, i fenomeni di massa.

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