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Beyblade, la trottola diventa sport

Eccola: la trottola in fase di lancio
Eccola: la trottola in fase di lancio

Dev’esserci qualcosa  di affascinante nel vorticare della trottola, se un gioco così semplice affonda le sue origini addirittura nell’epoca dei Greci e dei Romani. Un semplice cono di legno, ma così suggestivo che Cicerone lo consigliava ai giovani come alternativa più seria e salutare rispetto ai dadi.

Questo è il fumetto (manga) da cui tutto è nato. Poi come spesso accade è venuto il cartone animato (anime), un successo mondiale.
Questo è il fumetto (manga) da cui tutto è nato. Poi come spesso accade è venuto il cartone animato (anime), un successo mondiale.

Con antenati così illustri stupisce un po’ meno che sia proprio una trottola il giocattolo più venduto in assoluto l’anno passato, con tre milioni di esemplari. Si chiama Beyblade e in effetti è un’intera galleria di trottole, concepite per sfidarsi l’una con l’altra dentro speciali arene in miniatura. Come spesso succede con i giochi più semplici, le trottole che si affrontano rinviano a universi di fantasia molto più complessi: Bayblade infatti nasce come un manga in Giappone nel 1999 giunge come anime in Italia nel 2003, con ottimo successo. Che è andato accrescendosi negli anni, fino a conquistare infiniti affezionati nella fascia dai 4 ai 14 anni e oltre: non sono pochi i papà iscritti ai tornei accanto ai figli.

Le trottole Beyblade sono oggetti montabili con una quantità di accessori concepiti per farle girare più a lungo o per far cadere l’avversaria, che sono i due modi in cui si può vincere una sfida (qui sotto nel video una esibizione-fiera negli Stati Uniti). Sorprendentemente, la passione si è diffusa al punto da ottenere presso il Coni addirittura il riconoscimento in quanto disciplina sportiva: in queste settimane di gennaio sono cominciati in tutta la penisola tornei regionali organizzati dall’Associazione sportiva dilettantistica BeyBlade Italia (informazioni su www.beybladeitalia.it). Sfoceranno, a partire dal 25 febbraio, in un campionato nazionale. Il blader italiano vincente partirà per Toronto, dove lo aspetta la partecipazione ai mondiali di categoria.

Pubblicato il 21 gennaio 2012 - Commenti (0)
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Monkey Island: il gioco più divertente

Chi voglia fare la conoscenza con un videogioco simpatico, intelligente, impegnativo, piacevole, non può trovare di meglio che la saga di Monkey Island.

Che è nuova ma anche antica. Antica perché Lucas Arts (casa di produzione fondata proprio da quel George al quale dobbiamo Star Wars) l’ha proposta nel 1990, ma anche nuova perché il gioco è stato recentemente “rimasterizzato” e adattato ai computer e alle console più recenti, con parlato in inglese e sottotitoli in italiano.  Delle quattro avventure pubblicate, le prime due (che sono le più belle) sono ora disponibili in tutti i formati: The Secret of Monkey Island e Monkey Island 2: LeChuck’s Revenge. C’è anche l’edizione per iPad, particolarmente azzeccata.

Monkey Island, l’“isola delle scimmie”, è il luogo in cui si svolge la storia divertente di Guybrush Treepwood, un ragazzo che desidera diventare pirata. In una scenografia simpatica e divertente in stile cartoon, si procede passo passo verso l’evoluzione della vicenda, che è ovviamente interattiva e comporta la scelta fra numerose alternative, come si può vedere bene nel filmato seguente.

The Secret of Monkey Island può vantare qualità eccellenti sia sotto il profilo della sceneggiatura (i dialoghi sono imperdibili), sia sotto quello della scenografia e della musica (tra le prime colonne sonore originali e adatte a una fruizione da videogioco).

È un gioco che può affascinare bambini, ragazzi, adulti. Per inciso, può essere anche un’ottima  “scuola di lingua”: ho visto il figlio di un amico imparare a leggere sui testi di Monkey, pur di andare avanti con l'avventura…

Pubblicato il 16 gennaio 2012 - Commenti (0)
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Non abbandoniamoli al gioco

Le foto sono riferite al Fiuggi Family Festival.
Le foto sono riferite al Fiuggi Family Festival.

Buon anno. Un anno che comincia denso di incognite ma con una certezza: la famiglia è più che mai il rifugio che può proteggere ed educare in un mondo in cui qualsiasi sicurezza sociale ed economica sembra esposto a una crisi di sistema che è anche crisi di valori.

 

     In questo contesto tornare a parlare di giochi è tutt’altro che banale, posto che nel gioco si concentra una parte non piccola dell’impegno familiare dove tutti i membri “mettono in gioco”, appunto, sé stessi, il loro desiderio sincero di conoscersi meglio e – pur con le ovvie e importanti differenze di età, di maturità e di ruolo – procedere insieme.

Non mi sembra inutile da questo punto di vista insistere sul fatto che è invece negativo disinteressarsi del gioco dei figli. Specie se si tratta di giochi interattivi e digitali, che a fronte di una grande semplicità di approccio e di un’altrettanto notevole capacità di coinvolgere, investono bambini e ragazzi con una enorme forza d’impatto emozionale, razionale ed etico. Davvero non c’è niente di banale nei videogiochi.

     Interessarsene, per genitori e nonni, non può d’altra parte significare – di fatto sarebbe impossibile farlo sempre o anche spesso – che l’adulto s’immerga nel gioco quanto il giovane, o che ne sorvegli ogni mossa. Sarebbe anche controproducente. A mio parere conviene comportarsi come si fa – o sarebbe opportuno fare – con qualsiasi libro o film che entri in casa: sapere che c’è, di che parla, con quale tono.

    Più in generale, credo che sia essenziale mostrare interesse al di là dell’incompetenza che quasi tutti gli adulti possiedono nei confronti di questo mondo. Il messaggio è: non sei solo, m’importa quello che fai, lo ritengo interessante e positivo, perciò non sentirti solo. Invece è molto negativo far passare messaggi del tipo “basta che stai tranquillo e non rompi le scatole puoi fare quello che vuoi”.

     È questo l’abbandono pericoloso, quello che induce insicurezza e che trasforma il gioco in fuga ed evasione: ovvero nella forma più dolente ed autolesionistica di ribellione familiare, quella silenziosa e solitaria.

Pubblicato il 04 gennaio 2012 - Commenti (0)

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Autore del blog

Family Game

Giuseppe Romano

Giuseppe Romano insegna Lettura e creazione di testi interattivi all'Università Cattolica di Milano e collabora con quotidiani e riviste su temi riguardanti l’era digitale, la comunicazione interattiva, i videogame, i fenomeni di massa.

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