28
nov

Papà, perché non giochi con me?

In questa e nelle immagini successive, famiglie in campo (...o "sul tavolo"?) nella Settimana del gioco da tavolo
In questa e nelle immagini successive, famiglie in campo (...o "sul tavolo"?) nella Settimana del gioco da tavolo

La Settimana del gioco da tavolo si è appena conclusa ma mi è arrivata sul tavolo l’interessante ricerca condotta dalla Bottega dell’educare della Onlus Pepita (cooperativa sociale che si occupa di progetti educativi in tutta Italia), su un campione di 500 ragazzi di cui 250 al nord e 250 al sud, di età compresa tra i 6 e i 13 anni.

Argomento: come si gioca in famiglia.

Facendo un confronto con il resto d’Europa si apprende che i genitori italiani sono quelli che trascorrono il minor tempo insieme ai propri figli: in media quindici minuti al giorno. Addirittura, il 16% dei bambini del Nord lamenta il fatto che i genitori non giocano mai insieme a loro. In altri Paesi europei i genitori si mostrano più attenti: in Norvegia, per esempio, giocano con i figli circa 30 minuti al giorno, in Spagna 35.

Al Nord il 26,4% dei genitori dedica meno di un’ora al giorno al gioco con i figli. Il 9,2%  dedica più di due ore, mentre il 16% non gioca mai con i figli e il 48,4% risponde che lo fa “appena può”. Quest’ultimo dato potrebbe però riferirsi a un genitore che dedica solo 5 minuti sparsi all’interno di una giornata. Quindi va valutato con attenzione, soprattutto perché il tempo da dedicare al gioco è uno spazio che ha bisogno di essere strutturato, organizzato, atteso. Senza una pianificazione, un appuntamento condiviso, il bambino potrebbe non cogliere il piacere e il desiderio che il proprio genitore ha di giocare e di passare del tempo con lui.

La situazione al Sud non sembra essere diversa: 40,4% dei genitori dedica meno di un’ora al giorno al gioco con i figli, il 26,4% più di due ore, mentre il 33,2% lo fa “appena può”. Unico dato che segna una netta differenza è quello riguardante la riposta “mai”. Nessuno dei ragazzi intervistati ha dichiarato che i propri genitori non passano mai del tempo a giocare con loro, diversamente da quanto invece affermato dai ragazzi del Nord (16%).

Tornando ai giochi in scatola, ciò che emerge dall’indagine è che sono più conosciuti al Nord che al Sud. Quelli più apprezzati sono Monopoly, Cluedo e Indovina Chi, addirittura più popolari del Gioco dell’Oca, degli Scacchi e del vecchio labirinto. La cultura del gioco di società tuttavia sembra essere decisamente più diffusa al Nord.

Ognuno tragga le proprie conclusioni. Per conto mio non credo che si possa stabilire un’equivalenza tra “passare tempo insieme” e “giocare insieme” tra genitori e figli. D’altra parte giocare insieme può in vari casi essere una risposta adeguata al bisogno di vicinanza familiare.

Pubblicato il 28 novembre 2011 - Commenti (0)
11
ott

I giochi da tavolo fanno famiglia

L'unico eterno e universale gioco da tavolo anche da noi: il Monopoli
L'unico eterno e universale gioco da tavolo anche da noi: il Monopoli

Mi ha sempre colpito l’incapacità di giocare insieme che abbiamo noi italiani. Incapacità accertata dalle cifre: in quasi tutte le altre nazioni europee i giochi in scatola o da tavolo sono non soltanto diffusi ma fanno parte delle abitudini familiari. Ogni famiglia prevede, nel proprio tempo abituale, una “zona giochi” da frequentare insieme, in alternativa a cinema, tv e pizza fuori.

Da noi, invece, i giochi languiscono entro un’area limitata: Natale e Capodanno, qualche sparuta apparizione d’estate. E sono sempre gli stessi: Monopoli, Scarabeo, Risiko e poco altro. Pensate che in Paesi come la Germania se un libro diventa best seller si può star sicuri che uscirà un gioco da tavolo ispirato a quella trama. È proprio un altro mondo.

Sono anche convintissimo – e su questo tema mi piacerebbe sentire il parere di chi frequenta questo blog – che tutte le attività che aiutano a stare insieme attivamente, in famiglia, sono in sé positive. Se una “colpa” vera ha la tv, è quella di farci stare zitti, proprio in quei pochi momenti in cui potremmo conversare perché siamo uno accanto all’altro.

Il tabellone del Cluedo. Di molti giochi da tavolo esiste una versione digitale su pc o console
Il tabellone del Cluedo. Di molti giochi da tavolo esiste una versione digitale su pc o console

Hasbro, che è tra i massimi produttori di giochi da tavolo, ha lanciato un’iniziativa che non è solo pubblicitaria: la “Settimana del gioco in scatola”, che si svolgerà in tutt’Italia dal 12 al 20 novembre (hanno aderito 100 città). Coinvolti scuole, locali, oratori, università. Giornata inaugurale a Milano, il 12 novembre, nel Mediolanum Forum di Assago, con sfide a premi formato famiglia.  Il sito www.staserasigioca.it darà notizie più precise.

Magari qualche famiglia si accorgerà che giocare assieme piace a grandi e piccini, e fa bene.

Pubblicato il 11 ottobre 2011 - Commenti (0)
11
mag

Basta con la fandonia degli immigrati digitali

I celeberrimi personaggi di PacMan, la bocca vorace che mangia palline. Sotto, il filmato presenta Monkey Island 2, episodio di un’avventura prodotta da George Lucas.
I celeberrimi personaggi di PacMan, la bocca vorace che mangia palline. Sotto, il filmato presenta Monkey Island 2, episodio di un’avventura prodotta da George Lucas.

Va di moda dividere il mondo contemporaneo in due schiere: i “nativi digitali”, nati dagli anni Novanta in qua, e gli “immigrati digitali”, ovvero gli adulti nati prima. Il senso della divisione – coniata dall’americano Marc Prensky nel 2001 e da allora divenuta un luogo comune – sta nell’attribuire agli “immigrati digitali” una insostenibile fatica a padroneggiare tecnologie e linguaggi in cui i “nativi”, invece, si muovono come a casa loro. Di qui un ineluttabile abisso, un “divario digitale” tra generazioni che non si capiscono più.

Adottare alla lettera questa distinzione è ingenuo e soprattutto inesatto proprio per quel che riguarda gli “immigrati digitali”. Tanto per cominciare, praticamente tutte le innovazioni dell’era digitale si devono proprio a loro, agli adulti che quest’era l’hanno inaugurata e la fanno crescere. In secondo luogo, proprio il terreno dei videogiochi, di cui qui ci occupiamo, sbaraglia qualsiasi rigida barriera visto che, anche in Italia, questo mondo esiste e prospera almeno dagli anni Settanta: i papà dei “nativi digitali” sono quei bambini e ragazzi che da Pong (1972) a Space Invaders (1978), da PacMac (1980) a Monkey Island (1990) e a Wolfenstein 3d (1992), hanno fatto propria la cultura dell’interattività mentre l’internet e il web erano ancora di là da venire. Questo video fa vedere come, compatibilmente con le qualità video e audio dei pc di allora, alcune “storie digitali” fossero incantevoli già all’inizio degli anni Novanta:



Non per niente gli ex bambini degli anni Ottanta sono tuttora acquirenti abituali di videogiochi (l’età media di chi li usa in Italia s’aggira sui 30 anni) e, certamente, sono  loro che hanno introdotto i propri figli a questo mondo. Anche per questo una famiglia su due, oggi, ha in casa almeno una console.

Quindi, papà e mamme, non accettate di sentirvi escludere da un mondo che è legittimamente vostro. Quella di essere “immigrati digitali”, se deve equivalere a sentirsi incapaci (o, peggio, giustificati) rispetto al capire che cosa fanno i figli davanti agli schermi, è una panzana bella e buona.

Detto questo, i “nativi digitali” esistono ed è un discorso molto serio, di cui riparleremo. Seriamente.

Pubblicato il 11 maggio 2011 - Commenti (1)

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Family Game

Giuseppe Romano

Giuseppe Romano insegna Lettura e creazione di testi interattivi all'Università Cattolica di Milano e collabora con quotidiani e riviste su temi riguardanti l’era digitale, la comunicazione interattiva, i videogame, i fenomeni di massa.

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