La città di Boston
Impossibile non essersi accorti di Assassin’s Creed III, il videogioco edito da Ubisoft e in vendita dal 31 ottobre scorso (PlayStation, Xbox) e in arrivo al 22 novembre per la versione pc, dopo i ben cinque milioni profusi nella sola campagna pubblicitaria.
Si tratta del quinto episodio di un videogame apparso nel 2008, incentrato sulla figura di una setta di assassini misteriosi dotati di straordinarie abilità acrobatiche. Mentre in precedenza la storia era ambientata nell’Italia rinascimentale (Venezia, Roma, Firenze), l’ultima avventura ha luogo nel teatro della rivoluzione americana, a fine Settecento. In realtà tutte le vicende sono unificate attraverso la vita di un personaggio, Desmond Miles, che ripercorre virtualmente le esistenze dei suoi antenati per (naturalmente) salvare il mondo.
Una battaglia navale
Assassin’s Creed è tra i videogiochi più spettacolari mai visti. Le sue ambientazioni dettagliatissime e davvero interattive (si tratti di città o ambienti naturali, ci si muove a piacimento) hanno impressionato i critici anche al di fuori del mondo degli addetti ai lavori. A riprova degli importanti fondamenti artistici la mostra che fra ottobre e novembre ha portato un centinaio di bozzetti, filmati e modelli del videogioco al Museo della Scienza di Milano.
La nota dolente, se vogliamo chiamarla così, viene dalla sceneggiatura, che nel corso delle varie puntate talora non si è fatta scrupolo di manipolare la verità storica per far posto alla setta di assassini: più che la loro invenzione – legittimo parto della fantasia – mi riferisco ai riferimenti storici “reali”, che in parecchi casi sono stati aggiustati come nemmeno nelle più traballanti fantasie di Dan Brown. D’accordo che è un gioco, ma un po’ più di cura nella plausibilità della ricostruzione dei fatti e dei personaggi avrebbe giovato alla complessiva dimensione artistica dell’opera.
Intanto ecco uno dei molti trailer che si trovano su YouTube:
In ogni caso, ne parlo qui per due ragioni. La prima: si tratta di un gioco rivolto a un pubblico adulto (le indicazioni di copertina lo sconsigliano a chi ha meno di diciott’anni) che ha molti requisiti per essere considerato un’opera rilevante. La seconda: probabilmente l’enorme diffusione lo porterà in molte case. In famiglia converrà tener conto adeguato, più ancora delle crudezze assortite, di qualche superficialità culturale peggio assortita.
Pubblicato il 19 novembre 2012 - Commenti (0)