Come i libri, come i film: i videogiochi sono mondi da esplorare in famiglia.
I videogiochi non sono ciò che sembrano. Sembrano giocattoli, prodotti commerciali, svaghi disimpegnati. E invece sono opere capaci di colpirci in profondità, a un livello sia emotivo sia intellettuale. Toccano corde importanti dell’immaginazione, della memoria, dell’orientamento spazio-temporale, dei processi logici e di quelli intuitivi.
Si tratta di un mercato ingente: oggi in Italia i videogame vendono più dell’home video e dei cd musicali. Tanti soldi, soprattutto tanto pubblico interessato e tante teste pensanti dedite a inventare e a produrre. Sarebbe ingenuo trattarli come banali prodotti di consumo, senza pretese e senza conseguenze.
I videogiochi sono più simili ai libri che al Lego. Fanno entrare in mondi simili a quelli del cinema, ma ancora più coinvolgenti. Gli effetti speciali impressionano chi non è abituato al loro linguaggio, ma non sono l’aspetto principale: sono mezzi, tra altri, per trasmettere contenuti accuratamente elaborati. Possono essere preziosi per divertirsi e per imparare, o pericolosi se deformano e propongono contenuti non opportuni.
Pertanto in famiglia è importante assumere un atteggiamento più consapevole riguardo alla presenza e all’uso dei giochi per computer. Non intendo un atteggiamento spaventato, indignato, animato da pregiudizi. Intendo l’atteggiamento maturo di chi si sente soggetto di scelte perché decide lui che cosa ammettere in casa propria, e perché, e come. Questo atteggiamento, come una moneta, ha due facce: da un lato la responsabilità di chi controlla, sceglie e decide in positivo che cosa vuole. Dall’altro l’impegno di chi fa esperienza diretta accanto ai propri figli, indispensabile per conoscere e preliminare alle scelte.
Pubblicato il 06 settembre 2010 - Commenti (3)