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Universi sintetici ma reali
Personaggi di World of Warcraft, videogioco online di ambientazione fantastica che conta 12 milioni di iscritti
Sempre più spesso film e fiction presentano “casi” di famiglie alle prese con ragazzi dipendenti dai videogiochi. In un thriller di Jeffery Deaver ho letto una storia emblematica con evidenti intenti pedagogici: La strada delle croci (2009) racconta l’indagine su un liceale scomparso che forse è un assassino. Di lui si sa che ha pochi amici e che passa molte ore a giocare con un videogame online sull’internet.
Spiega un protagonista: “Per la nostra generazione il confine fra l’universo sintetico e quello reale è netta: il reale è quello in cui ceni con la tua famiglia o giochi a softball o ti vedi con la fidanzata dopo esserti scollegato da quello sintetico e avere spento il computer. Ma i giovani… non colgono la differenza. Gli universi sintetici stanno diventando sempre più reali per loro”.
Distinzione, questa, che inquieta molti genitori alle prese con figli che si tuffano nell’universo digitale. Ed è una distinzione importante, ma anche ambigua. Sì, è vero, un adulto distingue tra mondo sintetico e reale. E, a volte, per un giovane non è facile fare altrettanto. Tuttavia è bene procedere coi piedi di piombo: che vuol dire “reale”? Forse che un videogioco, un sito-comunità in cui si chatta con decine di persone, non sono reali? Mi sembra che la prospettiva andrebbe capovolta: la realtà è una sola e ne fanno parte anche gli “ambienti sintetici”. Lì le azioni, e le loro conseguenze, non sono meno reali che altrove. Insultarsi o confidarsi su Facebook non è meno reale che farlo in classe, e ha effetti più plateali. Passare ore su un videogioco è un divertimento reale che però può comportare un disordine reale, né più né meno che starsene a ciondolare tutto il giorno per la strada.
Pubblicato il 22 settembre 2010 - Commenti (0)