Don Sciortino

di Don Sciortino

Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.

 
18
mag

“Tolleranza zero” per i preti pedofili

Leggo sui giornali che il ministro della Giustizia belga ha giudicato irresponsabile il comportamento dell’ex vescovo di Bruges, già al centro dello scandalo pedofilia, che in un’intervista televisiva ha confessato di aver abusato di due suoi nipoti. «Con le sue dichiarazioni in Tv», ha detto il ministro, «l’ex vescovo di Bruges ha superato il limite di ciò che è accettabile». Confesso che quando si viene a conoscenza di situazioni simili, la fede traballa. Non si può essere fieri del comportamento di questi uomini di Chiesa, che dovrebbero essere le nostre guide. So che sto giudicando, ma non posso farne a meno. Questo è un crimine orrendo, in abominio a Dio. Ancor più perché commesso da un uomo che ha consacrato la sua vita al Signore.

Doriano C.

Su questo abominevole delitto deve esserci “tolleranza zero”. A maggior ragione quando sono coinvolti sacerdoti o vescovi, cui le famiglie hanno affidato, con tanta fiducia, l’educazione spirituale dei propri figli. Una condanna inequivocabile. E senza tanti distinguo. «I preti pedofili», ha detto Benedetto XVI nel suo viaggio in Australia (2008), «devono essere portati davanti alla giustizia ». Per i loro misfatti c’è solo da avere profonda «vergogna». Così come, nei confronti delle vittime, va manifestata ampia «condivisione del dolore e della sofferenza». I bambini vanno sempre salvaguardati, garantendo loro ambienti sani e sicuri. I preti pedofili che lacerano il corpo e l’animo dei più piccoli sfregiano anche il volto di Cristo. Sono indegni del loro sacerdozio.

D.A.

Pubblicato il 18 maggio 2011 - Commenti (35)
17
mag

Forbice sempre più larga tra ricchi e poveri

Quando leggo il “Caso della settimana” su Famiglia Cristiana, provo una morsa al cuore per queste persone in gravi difficoltà. Queste sono costrette a chiedervi un aiuto perché non hanno altri mezzi e risorse. E, soprattutto, perché lo Stato è assente. Spesso i “casi” riguardano giovani vedove senza un lavoro, con figli piccoli.

Che non possono aspettarsi quasi nulla dalla legge, in merito alla pensione di reversibilità o alla restituzione dei contributi già versati dal coniuge. Dalle donne impegnate in politica mi aspetterei qualche proposta concreta al riguardo. Da parte mia, ho un piccolo suggerimento: perché non erogare un sussidio alle vedove che non lavorano? A chi potrebbe obiettare da dove prendere i fondi, rispondo che basterebbe tagliare i privilegi e le corpose pensioni dei politici.

Tina

Quanto a privilegi e pensioni d’oro non ci facciamo mancare proprio nulla. È uno scandalo insopportabile la sperequazione tra chi prende al mese decine dimigliaia di euro a fronte dei quattrocento-cinquecento euro di tantissimi pensionati. Bisognerebbe intervenire e tagliare in alto. Con urgenza. Molti non ce la fanno più a vivere. E, al tempo stesso, si sta allargando sempre più la forbice tra ricchi e poveri nel nostro Paese. Un dato economico, passato quasi inosservato, dovrebbe farci riflettere: oggi, in Italia, il dieci per cento delle famiglie detiene il cinquanta per cento della ricchezza nazionale. Purtroppo, avviene nel Paese quanto il Vangelo applica ad altri contesti: «A chi ha sarà dato e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha». Che fare per una maggiore equità e giustizia? Si può intervenire in tanti modi. Purché lo si faccia. E non solo a parole.
D.A.

Pubblicato il 17 maggio 2011 - Commenti (1)
03
mag

Coerenza, virtù anche per i politici cattolici

Caro don Antonio, sono prete anch’io, parroco in una comunità della diocesi di Rieti. Da confratello voglio esprimerti la mia totale solidarietà per imeschini attacchi a Famiglia Cristiana (anche da parte di esponenti cattolici), per aver detto quello che ogni cristiano dovrebbe avere il coraggio di pensare e dire. È triste constatare come, ogni giorno, si faccia una strumentalizzazione vergognosa degli aggettivi “cattolico” e “cristiano”. Assistiamo a dichiarazioni e comportamenti che dovrebbero sconvolgere la coscienza di un buon cristiano. E, invece, nessuno alza la voce. Anche chi dovrebbe farlo, profeticamente, per denunciare ciò che non si accorda con i princìpi del Vangelo.

Di recente, ho sentito in Tv il governatore della Lombardia, dire (cito a memoria): «I cattolici italiani sono intelligenti e sanno che a un cristiano impegnato in politica non debbono chiedere coerenza, ma che faccia una buona politica». Ma davvero basta solo questo per ottenere la fiducia? Per me non esiste una politica cristiana, ma cristiani che si impegnano in politica, testimoniando con coerenza i valori in cui credono.

D’altra parte, cos’è la politica cristiana? Concedere, forse, qualche favore alla Chiesa? O assecondarla con leggi favorevoli? Le radici della nostra cultura di credenti affondano nel Vangelo. Bisogna ripartire da Cristo, che va conosciuto, amato e imitato. Il programma esiste già, non c’è nulla da inventare. E non cambia col variare dei tempi e delle culture, anche se deve tenere conto dei mutamenti che avvengono nella società e nella storia.

Uno stimolante pensatore tedesco, Ernst Bloch, scriveva: «Una strada diritta parte dalle origini e tenta di liberarsi dai vecchiumi che ancor stentatamente sopravvivono, pesanti e nello stesso tempo senza pensieri». È la fotografia del nostro tempo, in cui anche il pensiero cristiano è schiacciato dal vecchiume, incapace di profezia. Cosa c’è, infatti, di cristiano nella cultura dominante, dove politici cattolici difendono la sacralità della famiglia e, al tempo stesso, distruggono la propria con comportamenti immorali? O strumentalizzano la donna come oggetto o merce da comprare, offendendone la dignità?

Che fine ha fatto l’evangelico monito: «Guai a voi ricchi…» se, oggi, si ostenta la ricchezza sfacciatamente, facendone un lasciapassare legale e morale per giustificare ogni comportamento? Non ci si può vantare di aver chiuso le porte a tanti “poveri cristi”, senza preoccuparsi di che fine faranno dopo essere stati respinti. Chi si occupa, poi, delle famiglie e del futuro delle nuove generazioni, abbandonate ai colpi di fortuna o, peggio, al ricatto di chi può, senza alcuna remora morale, garantirgli un posto al sole? C’è chi si arroga il diritto di sottrarsi alla giustizia, negando che tutti sono uguali davanti alla legge. E che dire delle tante volgarità, condite talora con qualche bestemmia? Che tristezza!

Caro don Antonio, non arrendiamoci. La verità va gridata dai tetti!

Don Lorenzo, parroco



La missione della Chiesa, pastori e fedeli laici, non può essere altra che l’annuncio del Vangelo e dei valori morali che ne derivano: dignità della persona, uguaglianza, giustizia e fraternità. Una missione profetica, quindi. E, necessariamente, critica. Mai funzionale o strumentale ai potenti o all’ordine costituito. La Chiesa, in base alla “carità nella verità”, ha il diritto e il dovere di contrastare le realtà sociali e culturali che violano la dignità della persona umana e le esigenze di pace e giustizia della convivenza civile.

In questa prospettiva, si è spesso pronunciata su importanti questioni sociali: la famiglia, il lavoro, i migranti (irregolari, rom), criticando taluni provvedimenti del Governo. Il Papa e il presidente della Cei, cardinale Bagnasco, hanno esortato i cattolici e le comunità cristiane a essere testimoni di fraternità, solidarietà e accoglienza. Nel nome del Vangelo. C’è, però, da chiedersi quanto questi richiami dottrinali siano davvero alla base dell’agire politico dei cattolici, ormai presenti nei vari partiti o schieramenti. Essere cristiani in politica significa annunciare con la parola e, soprattutto, con la coerente testimonianza, la giustizia e la solidarietà, secondo il disegno di Dio.

Se ci sono governanti e politici compromessi con la legalità e la giustizia; che non si preoccupano del bene comune, ma dei propri interessi; che non sono attenti ai diritti di tutti, ma curano i privilegi personali o di pochi… tutto questo non piove dal cielo. Se la classe politica è allo sbando, dove sono i cattolici impegnati in politica? Purtroppo, sostengono e votano provvedimenti inconciliabili con i diritti umani. E, quindi, con il Vangelo.

L’impegno dei cattolici nel sociale e nei vari ambiti del volontariato è ammirevole, ma non basta. Oggi è doverosa una partecipazione diretta alla politica, come gestione della “cosa pubblica”. È richiesta una presenza attiva nelle istituzioni per “piegarle” alla giustizia e alla solidarietà. Con una particolare attenzione verso le categorie ultime ed emarginate della società. Che sono in crescita.

Questo è il vero impegno dei cattolici in politica, non certo quello di privilegiare le “caste” o gli interessi di chi è al comando, appellandosi al “pragmatismo politico”, per cui affari e potere mettono a tacere la coscienza. Pretendere ciò non è idealismo o ingenuità. Tanto meno moralismo, ormai un alibi al disimpegno di fronte alle severe richieste del Vangelo.

È biasimevole l’incoerenza tra la fede e i comportamenti quotidiani. Ma non è meno grave strumentalizzare la religione, piegandola a logiche di partito o schieramento. È cattiva coscienza dirsi cristiani e agire, in privato e in pubblico, con indifferenza verso gli altri, specie se bisognosi di un riconoscimento dei loro diritti. Un’autentica formazione cristiana deve esprimersi anche in una coscienza sociale. Ispirata ai princìpi del Vangelo.

Pubblicato il 03 maggio 2011 - Commenti (38)
29
mar

Ecco perché non mi fido dei politici

Seguo con sincero apprezzamento il vostro impegno a favore della famiglia, dell’educazione, dei giovani e delle classi più disagiate. Leggendo gli articoli e le sue risposte alle lettere, mi assale un senso di indignazione contro tutti quelli che stanno nelle “stanze dei bottoni”. Come possiamo sopportare una classe dirigente che saccheggia, di continuo, la “diligenza dello Stato”, a proprio esclusivo vantaggio? Le risorse sono della comunità, da usare per il bene di tutti. So che non è giusto generalizzare. Tra tanti sanguisughe, che si vendono al miglior offerente, c’è anche chi merita rispetto per onestà e responsabilità. Però, la maggior parte dei politici dovrebbe andare a casa. O, meglio, dovremmo cacciarli via.

I cittadini devono riappropriarsi del diritto di eleggere i propri candidati, di cui sono stati espropriati. Tra la gente cresce la frustrazione. Ma anche il rancore. Si sentono ingannati e presi in giro. Ormai, siamo la favola del mondo. Trovo che sia un’infamia il divario tra gli stipendi da nababbi dei politici e quelli da fame dei cittadini. Lo stesso vale per le pensioni d’oro e chi, invece, percepisce appena cinquecento euro al mese. O per chi matura una pensione dopo cinque anni di legislatura e percepisce più pensioni. I nostri parlamentari lavorano poche ore a settimana, quando va bene. E tanti “assenteisti ben remunerati” non si fanno nemmeno vedere.

Che dire, poi, dei rimborsi milionari a partiti che non sono più in Parlamento? O dello spropositato costo delle auto blu e dei voli di Stato? Ministri e politici vanno spesso in Tv per dirci che la situazione del Paese è grave e che bisogna tirare la cinghia. Ma perché non ci danno l’esempio per primi? Noi cittadini abbiamo il diritto di sapere come spendono il denaro della comunità. Se i politici non si guadagnano l’alto stipendio che percepiscono, per me sono come degli evasori. Mi creda, ho preferito mandare a lei questa “lettera aperta” perché so che lei sta lottando per migliorare l’Italia e ridare dignità a questo nostro povero Paese. Dei politici non mi fido più.
Padre Gino


I politici e i pubblici amministratori, per definizione, sono chiamati a servire la comunità e a promuovere il bene comune, cioè di tutti. Troppi segnali, purtroppo, manifestano il contrario. A prevalere sono gli interessi di parte. Ci si serve della politica per arricchirsi e per “sistemarsi”. L’abuso e lo spreco dei denari pubblici è sotto gli occhi di tutti. Ogni giorno, una “leggina” a garantire i politici dei benefici e privilegi acquisiti. Anche in tempi di crisi. Alla fine, costi e disagi si scaricano sui cittadini. Ultimo esempio, in ordine di tempo, l’ulteriore tassa sulla benzina per finanziare la “cultura”, mentre si sprecano più di trecento milioni di euro per non volere accorpare il voto dei referendum a quello delle amministrative.

Tra le molte facce dello spreco del denaro pubblico, ci sono gli alti stipendi dei nostri politici. A ogni livello. Sono cifre del tutto sproporzionate rispetto ad altre categorie di lavoratori. Non basta, a giustificazione, riferirsi alle leggi vigenti e concludere che è tutto legale. Perché non è affatto scontato che queste leggi siano giuste. E, infatti, non lo sono. Uno stipendio alto può essere considerato giusto (e quindi giusta anche la legge che lo regola) se corrisponde a due presupposti. Primo, se garantisce la possibilità di svolgere un buon lavoro che ha bisogno di risorse economiche per aggiornamento, riqualificazione, disponibilità di necessari strumenti; secondo, se si pagano adeguate tasse in base al reddito e ai consumi. L’alta remunerazione deve ritornare alla società sotto forma di una prestazione efficiente.

Politici e amministratori devono domandarsi se, all’alto stipendio, corrisponde un alto beneficio per la comunità in termini di servizio. L’abuso del denaro pubblico offende la giustizia e la coscienza morale dei cittadini che pagano le tasse e vivono con lo stretto necessario. E, i più fortunati, con un sobrio superfluo. È necessario risvegliare una forte coscienza critica per cambiare abitudini consolidate, che passano per normali. I cittadini, oltre all’informazione sulle entrate fiscali, hanno il diritto di conoscere come viene speso il denaro pubblico. Se per le necessità della comunità civile, oppure per logiche corporative, elettorali e clientelari. Non basta esigere un’equa legislazione fiscale, va anche controllata la gestione e la destinazione dei soldi. Il contribuente non firma una cambiale in bianco, come se si trattasse di una donazione incondizionata allo Stato.

In regime democratico, i cittadini hanno due modi per contrastare distorsioni e prevaricazioni della pubblica amministrazione: la denuncia pubblica e il voto. Anche i mezzi di comunicazione, se davvero fossero a servizio del bene comune, dovrebbero essere “coscienza critica” per inchiodare, di fronte all’opinione pubblica, chi abusa del potere delle istituzioni per interessi personali e di parte. È, infine, urgente riformare la legge elettorale (la famosa “porcata”: una vergogna della nostra democrazia), per restituire ai cittadini il diritto di scegliersi i parlamentari che meritano fiducia. Ai quali, poi, chiedere conto del loro operato, perché eletti dalla gente. E non nominati dalle segreterie dei partiti.

Pubblicato il 29 marzo 2011 - Commenti (58)
09
mar

Il male va sempre condannato

Sono una nuova lettrice di Famiglia Cristiana, spinta ad abbonarmi dal tanto bene di cui ho sentito parlare. Le dico che non sono stata delusa. Anzi, vi leggo con vero interesse, ricevendone una grande ricchezza. Vorrei fare alcune riflessioni, dopo aver letto il numero di questa settimana. Primo: il fatto di andare a Messa non sempre fa di una persona un buon cristiano. Se non si esce cambiati è inutile andarvi. Secondo: il male è male e va riconosciuto sempre come tale. Non c’è giustificazione, né si può dire «Chi è senza peccato scagli la prima pietra», dimenticando che Gesù dice anche «Va’ e non peccare più». Terzo: come credente mi fa male pensare che un posto di lavoro si possa barattare con prestazioni di vario genere.
Anna M. - Pavia

Le tue osservazioni sono pertinenti e condivisibili. Ci richiamano al dovere della coerenza. Non basta dirsi cristiani se la nostra vita contraddice il Vangelo. Il messaggio evangelico va preso nella sua interezza e scomodità. Non possiamo continuare con una religione “fai da te”. Come fossimo al supermercato, dove ognuno sceglie quel che più gli piace o fa comodo. Il male va sempre condannato. Senza indugi. Né vanno fatti sconti ai potenti. A tutti bisognerebbe ricordare il monito del Signore: «Guai a chi dà scandalo».

Pubblicato il 09 marzo 2011 - Commenti (12)
28
feb

Una lezione di vita per l'8 marzo

Mia madre, il prossimo mese, compie ottant’anni. Dopo una vita di “buona politica”, come lei dice, oggi si sente tanto amareggiata. Per questo, ha condiviso la manifestazione delle donne a difesa della propria dignità. Lei non ha potuto parteciparvi, ma ha scritto questa lettera alle donne, in vista del prossimo 8 marzo. «Chiudendo la mia vita travagliata mi chiedo, e chiedo, a chi di competenza, di scendere dagli “altari” e guardare da vicino la sofferenza degli operai in lotta per il lavoro, dei pensionati abbandonati negli ospizi, di chi vive con seicento euro al mese. Come non indignarsi degli scandali morali di chi ci governa? A nome di tutte le donne offese nella dignità di madri, mogli e figlie, dico al “Re sole” di lasciare il suo posto. Il popolo italiano crede nel valore della famiglia, dell’uguaglianza e della giustizia. Il mio grido non è di disperazione, ma di speranza verso un nuovo mondo per le generazioni future».
Tomasina P.

La lezione di tua mamma ci fa bene. Soprattutto perché viene da una donna carica di anni e di saggezza. Che se avesse potuto sarebbe stata in prima fila, il 13 febbraio scorso, a manifestare per la difesa della dignità delle donne. Una lezione per tantissime persone, lontane dai problemi che gravano sulle famiglie, sui giovani senza futuro e speranza, sui disoccupati o sugli anziani abbandonati e umiliati a vivere con quattrocento euro al mese. E, allo stesso tempo, assistiamo a sprechi, corruzione e ostentazioni di ricchezza che gridano vendetta agli occhi di Dio. È uno schiaffo ai poveri, a chi fa la fila per un pasto al giorno. A chi risparmia sul riscaldamento perché i soldi non bastano più. Feste e festini sono uno scandalo per un Paese povero che arranca.

Pubblicato il 28 febbraio 2011 - Commenti (12)
17
feb

Quando il pregiudizio è duro a morire

Immagino che farete un articolo sui bambini rom bruciati nella loro baracca a Roma. Lo farete con tanto pietismo, gettando la colpa su chi avrebbe dovuto provvedere a dare loro casa, lavoro e istruzione. Come se la Chiesa non sapesse di queste situazioni. Quando mai un vescovo o il presidente Napolitano sono andati in un campo rom e hanno dato qualcosa di tasca loro per aiutarli? Le voglio raccontare quel che mi è capitato. Un giorno, suona il campanello di casa mia. Esco e vedo due ragazzi rom che chiedono l’elemosina. Do loro qualche moneta e mi fermo a parlare. Chiedo dove sono accampati, quanti anni hanno e se gli piacerebbe avere una casa. La loro risposta mi ha gelata: «Ci accampiamo dove possiamo e non vorremmo una fissa dimora. Noi siamo liberi come gli uccelli del cielo, voi invece siete prigionieri dietro grate e cancelli». Mi sono guardata attorno: era vero, la mia casa era come una prigione, con grate alle finestre. E sono “prigioniera” di bollette da pagare, leggi e leggine… Poi, però, ho pensato che la mia casa è una prigione anche perché ci sono tanti che rubano. Mi piacerebbe lasciare porte e finestre aperte, ma non posso!
M. Carla


Il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, visita un campo rom.
Il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, visita un campo rom.

Il pregiudizio è duro amorire. E, qualche volta, si manifesta in forme volgari e spregevoli. Come a Milano, dove qualcuno ha detto che è più facile educare un cane che un rom. L’esperienza delle mamme e maestre di Rubattino, di cui pubblichiamo una lettera nell’Angolo della speranza, ci dice che un altro approccio è possibile. Anzi, doveroso. Ed è la via della dignità e dell’integrazione. Sempre possibile, anche se non facile. Non è vero che i rom non amano avere una casa, e che preferiscano stare al freddo o sotto la pioggia. Proviamo a dargli un tetto! Quanto ai furti, le racconto un piccolo episodio. Una famiglia rom s’era inserita così bene come portieri d’uno stabile, che le famiglie lasciavano loro le chiavi, e gli raccomandavano: «Fate attenzione, perché ci sono zingari in giro». E non sapevano che le persone cui avevano affidato la loro casa erano rom! Quanto ai suoi giudizi sulla Chiesa, sarei più prudente.

Pubblicato il 17 febbraio 2011 - Commenti (11)
04
feb

Se il Grande Fratello umilia noi educatori

Ho preso atto anch’io, con grande soddisfazione, della reazione della Chiesa ufficiale di fronte al disgustoso clima morale che stiamo vivendo. Sono un insegnante e con i miei colleghi stiamo lavorando per educare i ragazzi alla legalità. È un’urgenza pedagogica. Il berlusconismo, il relativismo, la filosofia di vita del "Grande Fratello" minano la nostra credibilità. Stiamo proponendo valori che, ogni giorno, sono negati dai modelli sociali correnti. Ci rendiamo conto dei danni devastanti che stiamo provocando nei giovani? Noi fatichiamo tanto a educarli, poi il nostro lavoro è demolito in pochi istanti. La ringrazio perché parla sempre chiaro e non esita a chiamare le cose con il loro nome. È ora che anche i cattolici si assumano la responsabilità di reagire a tanto squallore.
Roberto O.

Sono un cattolico praticante, da anni non più suo lettore. Desidero manifestarle tutta la mia indignazione e protesta per le sue posizioni contro il nostro premier. Lei vuole usare il giornale per manifestare questa sua avversità? Vuole aggiungersi ai vari don Ciotti, don Gallo ecc…? Bene, se è così, ne abbiamo abbastanza di questi preti militanti. Non mi sembra il caso che aggiunga la sua battaglia personale. Mi sento dire che il settimanale non esprime le posizioni ufficiali della Chiesa, e meno male dico io! Ma l’appellativo “cristiana” non è un aggettivo qualunque. Non appartiene solo a lei. La mia famiglia è cristiana, i miei figli lo sono, i miei avi lo erano! Essere cristiani significa anche perdonare. Lei, invece, non perdona nulla. Avrà pure commesso dei peccati il nostro presidente del Consiglio, ma non mi sembra certo il peggior politico peccatore della storia! Tra l’altro, mi risulta che egli aiuti tanta gente. Perché non chiede, ad esempio, a don Gelmini? O questo prete è da considerarsi di serie B? Sono certo che non pubblicherà mai questa mia lettera. Ma, almeno, quando scrive e risponde ai lettori, si ricorderà dei cristiani come me, che non odiamo Berlusconi.
Alessandro S.

Sono un padre di famiglia, come tanti. Un cittadino rispettoso delle leggi. Cristiano sì, ma non bigotto: per educazione, per storia e scelta. Non frequento molto la Chiesa, perché, spesso, non mi ci riconosco. Non tanto nel messaggio cristiano, quanto in certi comportamenti, che sanno di convenienza. Le scrivo perché mi vergogno d’essere cittadino di questo “disgraziato” Paese. E di chi ci governa, che sembra privo di ogni dignità. Tronfio dei suoi quattrini, ci sta trascinando in una serie di scandali da trivio. Di fronte al mondo intero. Ma quello che mi brucia di più, come genitore, è la constatazione che tali comportamenti, ostentati come un vanto della propria mascolinità, stanno distruggendo, moralmente, una generazione di giovani. Ne stanno uccidendo l’anima. A che serve una corretta educazione morale, se i giovani sono indotti su più facili e meno dignitose strade? Si sta consumando, in Italia, anche con l’assenso di molti sedicenti cattolici in Parlamento, un “delitto” che sta spandendo il suo veleno in modo sotterraneo e subliminale. Ma tale da guastare le coscienze. Ne portiamo la responsabilità tutti: ecclesiastici, genitori, giornalisti… Ma perché questa nazione non si solleva e non si indigna contro questo turpe andazzo? Come conciliano i cattolici (che sono letteralmente innamorati di questo uomo), comportamenti immorali con i valori della famiglia?
Un padre

Sembrano davvero in buonafede quei cattolici che, per difendere i comportamenti del premier, si appellano all’episodio dell’adultera nel Vangelo. E si rifanno alle parole di Gesù: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». Ma si prende il versetto che più fa comodo per sostenere le proprie ragioni! Ci si dimentica del resto del Vangelo. Si potrebbero citare anche altri versetti. Tipo: «Guai al mondo per gli scandali! Se la tua mano o il tuo piede ti è di scandalo, taglialo e gettalo via da te... E se il tuo occhio ti è di scandalo, cavalo e gettalo via da te...». Oppure: «Se il tuo fratello pecca, va’, riprendilo fra te e lui solo... Se non ascolterà, deferiscilo alla Chiesa». Devo continuare?
Miriam


Sono costretto, dalle tante lettere, a ritornare su un tema già abbondantemente trattato la settimana scorsa. Non è finita l’onda del disgusto per comportamenti che offendono la dignità della persona. Della donna, in particolare. Come giustamente hanno rilevato in “lettere aperte” alcune suore, da anni impegnate nella lotta contro la prostituzione, la tratta e il mercimonio del corpo femminile. C’è bisogno di un sussulto di indignazione per tanto scadimento morale cui stiamo assistendo. A ogni livello. Sbaglia chi tende a sminuire, a sottovalutare, sviando l’attenzione su altro. Ne pagheremo le conseguenze. Le pagheranno, in particolare, i nostri giovani e figli. Ai quali sarà più difficile trasmettere sani princìpi e valori. Perché dovrebbero sgobbare per anni, per raggiungere un meritato traguardo, quando lo si può conquistare per una via più breve? Che importa se non è corretta! Ormai, il “diserbante etico” ha fatto terra bruciata di ogni valore, e i nostri ragazzi non sanno più che cos’è bene e cos’è male. Infine, una precisazione per Alessandro: l’odio è una categoria che non mi appartiene. Così come non fa parte del bagaglio di ogni cristiano. L’indignazione sì. Soprattutto contro i moderni “mercanti del tempio”.

Pubblicato il 04 febbraio 2011 - Commenti (21)
26
gen

Radici morali del Paese: giustizia e legalità

Il capo dello Stato si dice “turbato”. Il quotidiano dei vescovi parla di vicenda “sconvolgente”. L’interessato fa finta di niente, anzi nega tutto. Non vuole fare chiarezza e tuona contro tutti. Gli danno man forte ministri e mezzo Parlamento, compresi i cattolici dichiarati! Si scatenano in sua difesa Tg di Stato e Tv di sua proprietà. Eppure, molti mesi fa, la moglie l’aveva detto che suo marito era ammalato. Come ritorsione, sui giornali di famiglia, è stata pubblicata la foto di lei, madre dei suoi figli, mezza nuda. Per dire che era una “poco di buono”. Potremmo concludere: “Signore liberaci dal male”! Ma, siamo noi cittadini, noi cattolici, che col silenzio assordante assecondiamo potere, cinismo e immoralità. Occorre reagire. Prendiamo carta e penna, oppure via e-mail o Web, e scriviamo a tutte le autorità, a tutti i mezzi di stampa per dire che siamo stufi, che ci vergogniamo, che siamo scandalizzati di questo sfruttamento dei corpi e delle menti. Risvegliamo la nostra coscienza cristiana!
Roberto T.

Siamo abbonati da anni a Famiglia Cristiana perché la consideriamo una voce semplice ma “alta” nel desolante panorama della stampa italiana. Tanto più quando, con coraggio, prende posizione contro i disgustosi comportamenti di chi ci governa. Come può la Chiesa sostenere un “satrapo” corruttore, che disattende le posizioni evangeliche sui migranti, si allea coi peggiori Governi del mondo, partecipa alle giornate per la famiglia e poi è accusato di orge e festini? E, soprattutto, non fa niente per la ripresa economica e per l’occupazione giovanile. Perché la Chiesa soffoca le voci profetiche di tanti preti, che non vogliono assoggettarsi a questo potere? Continueremo a comprare e leggere Famiglia Cristiana,ma facciamo fatica a riconoscerci in questa Chiesa. Stia bene lei, si riguardi, e persista nella sua battaglia etica e civile. Per essa soffrirà, ma sappia che i suoi lettori (e siamo la maggioranza) sono con lei.
Mario Q.

Sono rammaricato. Speravo che la politica potesse prendere una direzione più vicina agli interessi delle famiglie, ai problemi dei lavoratori, all’educazione dei figli. Ma, alla luce di quanto sta succedendo, altro che cambiamento! Viviamo in una società sempre più squallida, dove dominano “escort” e “papponi” vari. Che esempi diamo ai figli?
PietroS.

Cosa deve ancora succedere perché la Chiesa prenda una posizione più netta? Sono sconfortato da tanta diplomatica prudenza. Se si ha paura a parlare chiaro, non si è vere guide. Il Vangelo non è diplomatico, indica la verità e la testimonia. Giovanni Battista ci ha rimesso la testa, non l’ha nascosta sotto la sabbia. Col silenzio si legittimano comportamenti immorali e anticristiani. Povero mondo cattolico, così supino e incerto! Mi vergogno di questa Italia e di chi la rappresenta.
Fausto A.

Finalmente, la Chiesa solleva il suo manto di inopportune protezioni verso personaggi di primo piano della politica. Auguriamoci che torni a essere la “casa di Dio” e non il deposito di “voti politici”. Quanto tempo ci vorrà perché la Chiesa riconosca che l’attuale sistema economico, con tutti i suoi bisogni aggiunti, è peccato? Il Papa, più volte, ha invocato una Chiesa povera e libera.
Antonio E.

Da fedele lettore non posso che congratularmi con lei per la barra dritta che avete sempre tenuto. Tacciati di faziosità per il coraggio di dire la verità. I penosi fatti di questi giorni dimostrano che le vostre critiche a uno “Stato delle banane” più che a una nazione civile, erano corrette. Mentre gli operai di Mirafiori fanno sacrifici per il posto di lavoro, chi ci governa scialacqua soldi e gioielli per “allietarsi” le serate con ragazze senz’arte né parte. Non è moralismo. Ma il distacco tra la politica e il Paese è abissale.
Giuseppe F.

Vivo all’estero e vi leggo via Internet. Mi complimento con voi per lo sforzo di tenere vivi i valori morali. Al di là dei fatti inqualificabili, l’atteggiamento di chi ci governa è un insulto alla nostra intelligenza. Stiamo parlando non di una persona qualsiasi, ma del presidente del Consiglio. Per questo, non si può essere indulgenti e far finta di niente. Come, purtroppo, fanno tanti cattolici. Noi italiani all’estero siamo molto preoccupati per la nostra patria, per le gravi conseguenze sociali ed economiche, per la mancanza di lavoro e di futuro per i giovani. Mentre, oggi, le priorità del Governo sembrano altre. E tutto finisce nel pettegolezzo.
Renzo B. - Venezuela

Sono un marito felice. E, soprattutto, un papà orgoglioso della mia piccola Chiara di sei anni. I miei genitori mi hanno educato a essere coerente con la fede. La nostra bella Italia, ancora una volta, è devastata dalle nefandezze di un “piccolo uomo” che, incurante del dovere del buon esempio, fornisce prove amorali. Squallore e depravazione rendono bene l’immagine. La “mia” Chiesa deve prenderne, con forza, le distanze. Se proprio dobbiamo “contestualizzare” le bestemmie, non facciamo altrettanto con questi comportamenti. La misura è colma. Non mandiamo alla deriva i nostri valori. Il nostro compito di genitori è sempre più arduo.
Leo C.


Sono una giovane napoletana, che sta attraversando uno dei momenti più belli della vita. Tra poco più di cinque mesi, darò alla luce il mio primo figlio. Ho sempre cercato di mettere in pratica i valori cristiani, che i miei genitori mi hanno inculcato. Sono indignata di quanto sta accadendo in questi giorni in Italia. Non giudico nessuno, ma il “caso Ruby” ha raggiunto livelli di “sudiciume morale” incredibili. Non trovo altri termini. Perché il nostro premier non va dai giudici, come ogni italiano? Perché la Chiesa non chiede che si faccia questo? Quanto sta accadendo è peggio di qualsiasi bestemmia strappata e rubata in un reality.
Anna M.

Al Vaticano stanno più a cuore gli “atei devoti”, specie se potenti, o i fedeli “poveri di spirito” del Vangelo? Le cronache di questi giorni, come credenti ci impongono una chiara presa di posizione. Tacere è connivenza. L’impatto negativo sui nostri giovani è evidente anche a chi non vuole aprire gli occhi. Com’è stato possibile dare giustificazione dottrinale a una bestemmia per l’insopprimibile voglia di raccontare una barzelletta? O disquisire su una disinvolta partecipazione all’Eucaristia, mentre tante persone sono inibite dall’accostarsi al sacramento? Nella fede non ci sono salvacondotti speciali per nessuno.
Luciana P.

Vorrei farle i complimenti per la chiarezza con cui espone le sue posizioni, senza lasciarsi intimorire dai potenti. Come cittadina sono amareggiata per lo scandalo cui stiamo assistendo. Oggi, ho appreso dai Tg che Berlusconi si sente parte “lesa”. Sappiamo quanto sia abile amescolare le carte, ma siamo tutti noi a doverci sentire parte “lesa” nell’essere rappresentati da lui! Il degrado morale in cui ha portato la politica non ha bisogno di commenti. Vorrei rivolgermi ai cattolici presenti in Parlamento: il Paese ha bisogno d’essere governato da persone moralmente inattaccabili se vogliamo uscire dal pantano in cui siamo. I cattolici hanno una grave responsabilità morale. Il premier, come tutti i cittadini, deve presentarsi alle sedi competenti, e non affidarsi ai proclami televisivi per raccontare le sue verità. Perché il Governo non si interessa della precarietà dei giovani?
Una mamma

Di fronte alle vicende del “nostro” primo ministro, da cattolica impegnata in parrocchia come catechista di un gruppo di adolescenti, sento forte la necessità che le alte gerarchie della Chiesa facciano sentire la loro voce di ferma condanna. Che esempi diamo ai nostri figli? Quello di un vecchio (sì, vecchio!) sporcaccione che si “diverte” con ragazze che potrebbero essere sue nipoti? E che si nasconde dietro la scusa della privacy o della persecuzione politica? Questo Paese meraviglioso non si merita una tale classe politica.
E.C.


Ieri, dopo le parole del cardinale Bertone, mi sono sentita finalmente sostenuta dalla mia Chiesa. Anche Famiglia Cristiana, che sino a oggi era isolata nella sua battaglia di chiarezza, è sostenuta da tutta la Chiesa (Avvenire, Cei,Vaticano)! Finalmente, si ribadiscono quei valori che noi cattolici ci sforziamo di mettere in pratica tutti i giorni. Spero che si prosegua su questa linea e non dover più vedere il monsignore di turno che si arrampica sugli specchi per giustificare contegni vergognosi di chi si ritiene al di sopra delle leggi. Oggi, abbiamo bisogno di comportamenti ineccepibili, trasparenza e verità cristalline. Grazie per tutto quello che avete scritto e ribadito con fermezza in questi mesi, dandoci la consolazione che qualcuno la pensasse come noi.
Maria Grazia

Le scrivo come donna e mamma di due figli, per esprimere l’indignazione e il disgusto per il comportamento etico e morale del presidente del Consiglio, che si sente al di sopra delle leggi e non rispetta né la propria dignità di uomo pubblico, né la donna, che usa come oggetto. La mia rabbia, poi, è molto più forte verso coloro che lo difendono a spada tratta. Soprattutto uomini o donne cattolici, che fanno i convegni sulla famiglia. Sono una mamma “non comunista”, cresciuta in una famiglia cattolica con forti princìpi etici. La Chiesa, se proclama il Vangelo, deve far sentire alta e forte la sua indignazione. Altrimenti, è compiacente.
Federica B.

Ho appena ascoltato alla radio l’intervista a monsignor Bruno Forte. Finalmente, una voce chiara del nostro episcopato contro il decadimento etico della società italiana! Spero che ne seguano tante altre. E che anche Famiglia Cristiana, che già ha dimostrato tanto coraggio, continui su questa linea. Grazie e buon lavoro “educativo”!
Un lettore

Mentre altri se ne stavano in silenzio, onore a lei, caro don Antonio, che per primo ha denunciato questo malcostume, incancrenitosi nei palazzi istituzionali e privati del nostro premier. Sono amareggiato nel leggere clamorose accuse di prostituzione minorile e di degradomorale. Mi sento offeso come italiano e come padre di famiglia. Sono un ex elettore del centrodestra, pentito e arrabbiato. Adesso vedo Famiglia Cristiana con un occhio diverso. Grazie per averci fatto aprire gli occhi, con semplicità e onestà di giudizio, senza secondi fini. Lei ci aveva visto giusto.
Francesco

Le scrivo con lo stomaco rivoltato per questa sgangherata e disgraziata Italia: l’ennesimo atto di un’interminabile soap opera che riguarda il nostro premier. Il “caso Ruby” ha fatto il giro delmondo. È ora che questo caparbio leader la smetta di occupare, con spavalderia, la scena politica italiana. E di incidere negativamente nella vita degli italiani. Sono noti a tutti i seri problemi del Paese. A cominciare dalle famiglie che sono povere e disastrate, altro che “bunga bunga”! Il nostro premier, per il bene dell’Italia, si presenti subito davanti ai magistrati.
Franco P.

Sono grato al vescovo della mia città, che ha dichiarato che lo stile di Berlusconi ha pesato fortemente sul degrado etico-politico degli ultimi tempi. Spero, però, che qualche altro esponente della Chiesa non corra a “contestualizzare” la prostituzione minorile, così come avvenne per la bestemmia.
Antonio


La misura era colma. Così come l’indignazione. Al punto che era impossibile tacere di fronte alle squallide vicende del presidente del Consiglio. Accusato dalla Procura di Milano di concussione e prostituzione minorile. Lo sgomento dei cittadini è palpabile. Quello dei cattolici ancor di più, ormai inarrestabile. Preoccupati per il cattivo esempio che si dà ai giovani. Al turbamento del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ha chiesto una seria e approfondita riflessione sulla crisi globale che ha investito il Paese, hanno fatto eco le parole, tanto attese, del cardinale Angelo Bagnasco (che già in passato aveva detto che «quando si ricoprono incarichi di visibilità, il contegno è indivisibile dal ruolo») e quelle del cardinale Tarcisio Bertone. Il segretario di Stato vaticano ha invitato tutti, soprattutto chi ha responsabilità pubblica, «ad assumere l’impegno di una più robusta moralità, di un senso di giustizia e di legalità». E il Papa, parlando ai funzionari di Polizia di Roma, la settimana scorsa, ha chiesto di ritrovare nelle istituzioni e nella politica le “radici morali”. L’insicurezza che stiamo vivendo, dovuta alla precarietà sociale ed economica, ha detto, «è acuita da un certo indebolimento dei princìpi etici su cui si fonda il diritto e degli atteggiamentimorali personali che a quegli ordinamenti sempre danno forza». Il mondo cattolico ha reagito compatto, più che in passato. E se una parte di esso fatica ad aprire gli occhi e, giustamente, chiede prudenza e attesa dell’esito dei procedimenti, a torto tace sul rispetto delle istituzioni e sulla chiarezza da fare nelle sedi competenti. E in tempi rapidi, per fugare anche il minimo sospetto che chi guida il Paese e lo rappresenta, lo fa calpestando il decoro che l’alto ruolo richiede. Anche secondo la Carta costituzionale. La vera “gogna” mediatica è quella di un Paese sbertucciato nel mondo, con credibilità al ribasso e danno d’immagine che si farà fatica a recuperare. Non certo per colpa dei media che “mettono a nudo il re”. I nostri ragazzi, all’estero, sono apostrofati come “italiani bunga bunga”! E non è una lusinghiera definizione. Per guidare il Paese occorre compostezza e decoro. Oltre alla coerenza tra princìpi e comportamenti privati. Altrimenti, crolla la credibilità. Mentre ipocrisia e opportunismo non aiutano il Paese a crescere. E non solo a livello morale. Anche perché il resto langue. Il Paese è bloccato da mesi sul pettegolezzo e su vicende personali. Miseramente. Nessuno più parla della grave crisi economica. Né serve l’invadente controffensiva mediatica (con l’immolazione di “eroici difensori” ed eroine che, tra pianti e urla, entrano ed escono dai dibattiti televisivi) a coprire l’immobilismo. O a difendere l’indifendibile.

Pubblicato il 26 gennaio 2011 - Commenti (21)
19
gen

Più senso di responsabilità sul lavoro

Tutti, oggi, rivendicano i propri diritti. Dai precari ai disoccupati. Mai nessuno, però, che parli di doveri. Mia figlia, dopo sette anni come precaria, finalmente è stata assunta a tempo indeterminato. Le sue prime parole, però, mi hanno sconvolta: «Finalmente», ha detto, «potrò stare a casa in malattia, avrò le ferie e le festività pagate. E, forse, farò un altro figlio». L’ho sgridata, anche se è già grande. Mia cognata, che lavora nella ristorazione, si è punta un dito con un forchettone, e il medico le ha dato dieci giorni di malattia. Fosse capitato a me, casalinga, sarebbe bastato un po’ di disinfettante, un cerotto e via. Quando la smetteremo d’essere viziati? Per risollevare il Paese in crisi, tutti dovremmo rimboccarci le maniche. E smetterla di lamentarci. Chi deve pagare le tasse, paghi! Chi deve lavorare, lavori! Cominciamo a tenere pulite le nostre città ed evitare, davanti al mondo, la vergogna dei cumuli di immondizie!
Una nonna

Grazie nonna, di questo forte appello alla responsabilità personale e a comportamenti etici adeguati. Il mondo si cambia a partire da noi stessi. Finiamola con le lamentele, aspettando che siano sempre gli altri a intervenire. È tempo, davvero, di rimboccarsi le maniche, assumendosi le proprie responsabilità. A cominciare da chi sta più in alto. Il senso di irresponsabilità, nel mondo del lavoro come altrove, è un peccato grave perché danneggia altri, che ne pagano le conseguenze. Chi froda è un ladro, non un furbo.

Pubblicato il 19 gennaio 2011 - Commenti (6)
13
gen

Prevale la furbizia, l'arroganza del potere

Loro sempre più su e noi sempre più giù. È proprio così. La “casta” beneficia di servizi pubblici crescenti, impensabili per un qualsiasi cittadino. Scorte, auto blu, viaggi, segretarie, palestre... E chi più ne ha, più ne metta. Tutto a spese dei contribuenti. Per noi, invece, servizi ridotti all’osso: dalla sanità ai trasporti. E se capita un piccolo imprevisto, come la nevicata di venerdì 17 dicembre scorso, siamo i primi a farne le spese. Abbandonati al proprio destino, sotto la bufera, senza alcun soccorso. Noi dobbiamo “tirare la cinghia” e arrangiarci. Loro hanno tutto il diritto di vivere al meglio, per presentarsi agli appuntamenti che contano in perfetta forma.
Stefano B. - Lucca

La “casta” potrà vantare un briciolo di credibilità quando darà davvero il “buon esempio”, tirando anch’essa la cinghia. Come tutti. Nel caso di chi amministra la “cosa pubblica”, vuol dire rinunciare a privilegi e ridurre sprechi. Ostentare il lusso quando la gente fatica a sopravvivere o muore di stenti, è indegno e immorale. Così come sono devastanti i cattivi comportamenti là dove si fanno le leggi, ma si fatica a rispettarle. Così, impunemente, un ministro fa il “pianista” e vota per il collega assente. Ci si insulta e azzuffa senza ritegno. Più che l’onestà e il rispetto, prevale la furbizia. Peggio: l’arroganza del potere.

Pubblicato il 13 gennaio 2011 - Commenti (0)
04
gen

La difficoltà di educare i giovani

Sono abbonato da tempo, genitore di una ragazza adolescente di ventun anni. Ho avuto un’educazione cristiana. E sono vissuto in una famiglia patriarcale d’origine contadina, dove i princìpi, il rispetto per gli altri, la parola data erano regole di vita. Le scrivo perché ho problemi con mia figlia. Anzi, veri e propri scontri su tanti temi della vita. Lei vuole essere totalmente libera, perché è maggiorenne, rientrare la notte a qualunque ora, farsi il piercing. Di andare a Messa non vuole sentirne parlare.
Ammonimenti, rimproveri e arrabbiature non sono serviti a nulla. La mia lotta, forse, non è contro mia figlia. Ma contro questa società che “obbliga” i ragazzi ad andare a ballare solo dopo mezzanotte, perché prima devono ubriacarsi nei pub. E anche contro Tv e Internet, che propongono programmi e immagini che non sono il meglio per l’educazione cristiana. Perché meravigliarsi se i nostri figli non rispettano più nessuna autorità, dai genitori ai professori? Dopo programmi come Amici o Grande Fratello abbiamo trasformato anche un grave fatto di cronaca, la morte di Sarah, in un reality televisivo. Un vero e proprio “tritacarne mediatico”.
Mi piacerebbe che la Chiesa facesse sentire la sua voce contro chi sta “rovinando” i nostri figli. Mi creda, oggi, è difficile educare i ragazzi con sani princìpi morali. Da soli, non ce la facciamo più. Non credo a quelli che mi dicono che basta essere d’esempio ai figli. I tempi attuali sono molto diversi dal passato. Noi lottavamo per degli ideali, religiosi e politici. Avevamo più entusiasmo. E, soprattutto, non c’erano i mezzi di informazione che tanto influiscono sulle nuove generazioni. Le chiedo un consiglio: come diventare il buon genitore che sognavo d’essere? Complimenti per la nuova impostazione della rivista. E, soprattutto, per le nuove rubriche sui bambini e gli adolescenti.
Lucio C.

Come educare i figli? Problema antico, in salsa sempre nuova. Forse, caro Lucio, nemmeno il passato era così roseo, come lo descrivi. Né i figli altrettanto docili. I contrasti sono sempre esistiti, anche quando era meno permesso, rispetto ai nostri giorni, esprimere dissensi. Un particolare mi ha colpito nella tua lettera di padre sfiduciato che non riesce a modellare i comportamenti della figlia come vorrebbe. O come ritiene che sia giusto. Tu parli di lei come di un’adolescente. E poi precisi che ha ventun anni. Forse, trascuri che a quell’età un figlio o una figlia sono adulti. Certo, un tempo a ventun anni non si era solo maggiorenni secondo l’anagrafe: i figli maschi si guadagnavano già da vivere e le femmine erano sposate e madri di più figli.

I cambiamenti sociali più recenti sono andati in due direzioni opposte: la maggiore età è stata abbassata a diciott’anni (e c’è chi spinge per abbassarla ancora per concedere l’autorizzazione a guidare), mentre l’indipendenza effettiva dalla famiglia è stata procrastinata. Non solo non ci si sposa più a vent’anni, ma si è in un processo di formazione che richiederà ancora anni per essere completato. Per non parlare della precarietà del lavoro.

Per questo, forse, ti è venuto spontaneo considerare tua figlia ventenne ancora come un’adolescente. E come tale, pensare di controllarla in tutto: dagli orari di uscita e di rientro alla partecipazione a Messa. Ma se questa è un’impresa difficile con un adolescente “vero”, immagina quanto più lo sia con un giovane adulto che, di fatto, vive in casa, ma mentalmente e affettivamente gravita altrove.

L’altro punto interessante della tua lettera (vale per tanti altri genitori) è la sensazione di dover combattere contro un nemico inafferrabile, onnipresente e irriducibile. Che è il modello di vita che ci propone la cultura edonistica e consumistica dei nostri giorni. I giovani ne sono facile preda. Assieme al latte materno assorbono questo modello di “videocrazia”. Dove quel che conta è apparire e avere successo. A qualsiasi prezzo. Anche vendendo il corpo e l’anima. Alcuni stili di vita odierni sono quanto di più anticristiano e antievangelico ci sia. Oggi, il principale sforzo educativo consiste nello sfuggire alla corruzione ambientale. Che, ormai, ci circonda da ogni parte.

Pubblicato il 04 gennaio 2011 - Commenti (0)
16
dic

Per i doni natalizi, non dimenticate la Bibbia

Caro don Antonio, desidero ringraziarla per il graditissimo dono della Bibbia inviatami a casa. È un dono significativo. Un messaggio autentico di speranza, che sono sicura mi aiuterà a capire anche il significato vero del Natale. Grazie, perché abbiamo più che mai bisogno di speranza, in un tempo di incertezze varie e relativismo morale. Oggi, siamo disorientati. Abbiamo bisogno di ritrovare la “stella polare”. Ecco l’augurio che mi sento di fare per questo Natale. Che ciascuno di noi possa ritrovare il Signore nel proprio cuore, vera guida del nostro cammino. Poi, tutto sarà più facile.
Una fedele abbonata

Grazie anche degli auguri. Man mano che la “nostra Bibbia” arriva, come dono graditissimo, a tutti gli abbonati, mi stanno giungendo numerosissimi messaggi come questo. Ringraziamenti per nulla formali o di circostanza. Ora che, nelle città addobbate a festa e luminarie natalizie, è partita la corsa frenetica ai regali, a chi ha ancora qualche interrogativo sul dono per parenti e amici, io consiglio la “nostra Bibbia”. Maneggevole e facile alla lettura, oltre a essere estremamente economica (euro 7,90). La si può anche personalizzare. È un regalo che resta, tra i tanti che vanno riciclati o che non sappiamo cosa farne. Val la pena spendersi in questo consiglio, forse “interessato”. Ma stiamo promuovendo il testo sacro, non cioccolatini! Fa parte della nostra missione.

Pubblicato il 16 dicembre 2010 - Commenti (0)
10
dic

Una politica "allegramente" in vacanza

La chiusura della Camera è una decisione inquietante. Ultimo di una serie di atti che svilisce le istituzioni democratiche e offende i cittadini elettori. Chiedo almeno un segno riparatorio e di decenza: che la quota corrispondente alle giornate lavorative soppresse, sia tolta ai parlamentari e destinata al finanziamento del 5 per mille, a favore delle associazioni di volontariato.
Oriana A. - Roma

All’indecenza non c’è limite. Così come all’arroganza del potere politico. Se a prevalere sono “interessi di bottega”, e si chiude il Parlamento per timore che la maggioranza vada sotto nelle votazioni, davvero abbiamo perso di vista l’interesse del Paese e il bene comune. Se c’è un momento in cui la Camera deve stare aperta, in seduta costante, è proprio questo. Lo richiederebbe la gravità del difficile momento che vive il Paese, sempre più smarrito e confuso. Se questa è la risposta che si dà ai problemi, verrebbe la tentazione di invitare i parlamentari a starsene in vacanza più a lungo. Perché già ora il Paese reale, da cui sono lontani, procede nonostante loro. Nonostante tanta insipienza e irresponsabilità. Certo, va in salita e col fiato grosso. La “casta” sa solo salvaguardare i propri interessi. E guai a toccarglieli, come proponi tu Oriana. Strillerebbero come aquile (o polli!) spennati al vivo.

Pubblicato il 10 dicembre 2010 - Commenti (0)
01
dic

Vangelo, politica e “doppia morale”

Oggi, ho sottoscritto un abbonamento a Famiglia Cristiana. L’ho fatto a sostegno della vostra linea editoriale che, senza timori reverenziali, difende princìpi morali ed etici. Voi non giustificate comportamenti censurabili, con risibili scuse di “contestualizzazione”. Chi ha responsabilità pubbliche, deve essere onesto e trasparente. Caro direttore e padre, non si lasci intimorire dalle accuse di “fare politica”. Chi, come lei, dice la verità, condanna la mercificazione della donna o la “doppia morale”, non fa affatto politica. Lei sta solo affermando i veri valori, cui dovrebbe attenersi ogni cristiano. Dovremmo, semmai, meravigliarci del contrario. Se un giornale che si chiama Famiglia Cristiana tacesse, ci sarebbe davvero da scandalizzarsi!
GianCarlo Z.

La politica è l’ultimo dei miei pensieri. Per lo meno, quella cui assistiamo ogni giorno, fatta di intrighi, corruzione, giochi di potere, scambi di interessi e favori. Non posso, invece, come cittadino e cristiano, come giornalista e sacerdote, esimermi dal dare il mio contributo per la costruzione della “città terrena”, in vista del “bene comune”. Come dovrebbero fare tutti, ciascuno nel proprio ambito. Con coerenza e credibilità. A maggior ragione se ci si ispira a princìpi cristiani. Purtroppo, oggi, il Vangelo scolorisce di fronte alle ragioni di parte. E di partito.

Pubblicato il 01 dicembre 2010 - Commenti (0)
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