di Don Sciortino
Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.
17 nov
Complimenti per Famiglia
Cristiana. È davvero nuova sia
nella grafica che nei contenuti.
Ma voglio ringraziarvi, soprattutto,
perché avete sempre la “schiena
dritta” e non vi lasciate intimidire
da nessuno. La nostra famiglia è
abbonata da più di trent’anni alla
rivista, e ne siamo contenti. Anzi,
qualche volta, ci siamo permessi di
regalare l’abbonamento a un paio
di famiglie che non se lo potevano
permettere economicamente. Vi
apprezzo perché date voce a chi non
ha voce e vi battete per difendere le
famiglie in difficoltà, i diversamente
abili, gli anziani. Non stancatevi
mai di annunciare la dottrina
sociale della Chiesa. Oggi, ce n’è
tanto bisogno.
Bruno
Sono rimasto scandalizzato, oltre
che offeso, dalla proposta del signor
Palmisano di proibire la vendita
del vostro settimanale nelle chiese,
perché fa “moralismo” contro
i comportamenti del presidente
del Consiglio. Ma come si può
essere cattolici e, al tempo stesso,
giustificare comportamenti così
immorali e anticristiani? O far finta
di nulla di fronte a chi ostenta le
sue frequentazioni con prostitute?
Quanto a etica pubblica, l’Italia è
davvero ridotta a pezzi. La gente si
lascia, facilmente, abbagliare dalla
ricchezza e dal potere dei potenti.
Grazie a persone come Palmisano,
conosco moltissimi cristiani
che hanno abbandonato la Chiesa
e la religione.
Sergio P.
Noi andiamo avanti per la nostra
strada, incuranti dei Palmisano di turno
che, con proposte strampalate quanto
false nei contenuti, non hanno altro
modo per conquistarsi un briciolo di
notorietà. O per ingraziarsi il proprio
“datore di lavoro” con patetiche difese
d’ufficio. Tutto è lecito, ma non a scapito
della verità. Possiamo travisare i fatti,
ma non addomesticare il Vangelo e
piegarlo a interessi di parte. «La verità
vi renderà liberi», ci ricorda l’evangelista
Giovanni. Ma per essere liberi non
si possono servire due padroni. Uno è
di troppo. Spetta a noi chi scegliere,
con dignità e a “schiena dritta”.
Pubblicato il 17 novembre 2010 - Commenti (4)
10 nov
Condivido in pieno l’articolo
di Giorgio Vecchiato, come del resto
mi piace l’impostazione della rivista e
la sua tenacia e testimonianza profetica.
L’altra sera, ho assistito a una
trasmissione televisiva, dove un noto
psichiatra che si definiva
orgogliosamente cattolico, accusava
Famiglia Cristiana d’essere andata
oltre il suo compito, con le critiche
al premier. E tentava, con molto
imbarazzo, di giustificare i
comportamenti del presidente. Capisco
i tentativi di difesa di chi gli sta attorno,
ma non quelli di chi si dichiara
“orgogliosamente cattolico” e accusa
la nostra rivista d’essere di parte. Se
leggessero e meditassero il Vangelo
ogni giorno, capirebbero la grande
differenza fra “partigianeria” e
testimonianza evangelica. Era di
“sinistra” anche il Battista quando,
con sdegno, gridava a Erode: «Non ti
è lecito»? Purtroppo, oggi, il nostro
cristianesimo è solo di facciata. Tutta la
mia solidarietà a lei, caro don Antonio.
Sulle orme di san Paolo, «combattete la
buona battaglia».
Valerio
Credo in Dio, ma non nella Chiesa.
E tanto meno nel clero e in tutti quelli
che attaccano il nostro presidente,
manco fosse il demonio. Gesù
predicava che chi è senza peccato, scagli
la prima pietra. Bene! Certi preti, però,
non sono nella condizione di poterlo
fare, perché si sono macchiati del
peggiore dei peccati: la molestia ai
bambini. Quindi, prima di giudicare
gli altri, pensate ai vostri preti pedofili.
Ho cinquant’anni e non frequento più
la Chiesa, perché sono stanco dei suoi
falsi moralismi e delle sue ipocrisie.
Sono certo che non pubblicherà
mai questa mia lettera, ma mi basta
avergliela scritta e inviata.
Fiorenzo R.
Mi pare di ricordare un detto che, cito
a memoria, dice: «Guarda la trave che
è nel tuo occhio e non la pagliuzza
nell’occhio del tuo vicino». Mi sorge
una domanda: la Chiesa che tanto si
scandalizza per i comportamenti privati
del premier (più o meno censurabili),
non farebbe meglio a guardare in casa
propria e agli scandali della pedofilia
nel clero?
MarcoP.
La ringrazio per il coraggio e la
puntualità dei suoi articoli. Lavoro
in una zona degradata della periferia
di Crotone, dove ciascuno sopravvive
cercando di arrangiarsi come può.
Lì, incontro persone e famiglie che,
nonostante tutto, vivono con dignità
la propria condizione di povertà. E che
hanno voglia di legalità e rapporti
puliti con i politici. Vorrei tanto che
anche nel nostro quartiere e nella
nostra chiesa (un prefabbricato
costruito a ridosso di un fiume
altamente inquinato) la gente potesse
trovare e leggere la sua rivista, che
svolge un prezioso servizio alla
comunità. L’accompagno con la
preghiera.
Suor Raffaella M. - Crotone
Come cittadino, educatore e
insegnante, e non da ultimo come
“prete d’oratorio” che vive tutti i giorni
a contatto con ragazzi, adolescenti
e giovani, ancora una volta rimango
davvero “sconcertato”. Mi lascia sempre
più perplesso la mancanza di dignità,
sobrietà di comportamento e di “stile”
in chi ha “giustamente” il diritto di
guidare e servire il nostro Paese, ma
anche il dovere di farlo con profondo
rispetto del ruolo istituzionale che
occupa. Vivo, in questo periodo, due
stati d’animo contrastanti: da una
parte, l’entusiasmo e la soddisfazione
per la scelta dei nostri vescovi di
puntare, per il prossimo decennio, sul
tema dell’educazione (Educare alla vita
buona del Vangelo); e dall’altra, una
profonda insofferenza nel constatare,
nei comportamenti di chi
“democraticamente” ci governa e ci
rappresenta, una costante doppiezza tra
vita pubblica e vita privata, tra impegni
istituzionali e vizi domestici, tra sorrisi
pacifici e occulti complotti. Mi è
difficile continuare a lasciar passare,
a sdrammatizzare, a distogliere
l’attenzione, a non “giudicare”. Credo
che “educare alla vita buona del
Vangelo” voglia anche dire farlo con
libertà, rispetto e chiarezza. Ringrazio
Famiglia Cristiana per questa
“chiarezza”, che fa nel rispetto!
Don Massimo D. - Besana in Brianza (Mb)
Sono mamma di cinque figli che,
con mio marito, cerchiamo di educare
cristianamente. Di fronte ai
comportamenti del presidente del
Consiglio, proviamo profonda pena
e imbarazzo per un uomo che ha perso
il controllo di sé, che trascorre le serate
tra festini e donnine allegre, che
considera le donne dei pezzi di carne
da comprare per vivere incontri
rilassanti. Tutto ciò mentre il Paese,
quello reale, affonda e non ha soldi da
spendere in feste e festini. Le famiglie
italiane faticano ad arrivare a fine
mese. Non si meritano tanto squallore.
Se il presidente vuole divertirsi, lo
faccia da privato, senza dare scandalo.
Prima, però, smetta di «sacrificarsi per
il bene del Paese», e lasci gli incarichi
istituzionali.
Alessia M. - Verona
Sono certo che, prima o poi, questo
nostro sistema si disgregherà, perché
l’unico collante è la cieca obbedienza
al capo. Il Paese è in difficoltà, non è
governato. Chi dovrebbe lavorare per
il bene comune, in realtà lavora solo
per il proprio tornaconto. Il Parlamento
è bloccato a discutere leggi per pochi.
Apprezzo quel che fa la vostra rivista:
«Andate avanti».
Giorgio C. - Novara
Da parte nostra, nessun pregiudizio o
presa di posizione preconcetta. Nei confronti
di chiunque. La richiesta di più etica
nella vita pubblica vale per tutti. Chi ha cariche
istituzionali è soggetto amaggiori responsabilità.
Stili di vita inaccettabili danno
scandalo e sono un pessimo esempio
per le nuove generazioni. Le difese d’ufficio,
anche quelle “accanite” da parte di politici
cattolici, devono pur avere un limite:
la decenza. Non si può giustificare l’ingiustificabile.
Tanto meno è corretto fare appello
al voto popolare, quasi che il consenso
dei cittadini fosse al di sopra dell’etica,
e fornisse all’eletto un lasciapassare per
qualsiasi scorribanda sessuale. Minorenni
incluse. La morale non si mette ai voti. Né
è soggetta ai sondaggi. Sono in molti ad
aver espresso profondo disagio e imbarazzo
di fronte a certi comportamenti del premier.
Anche uomini di Chiesa hanno richiamato
i princìpi etici (che non è moralismo!).
«La sobrietà personale e il decoroso
rispetto di ciò che rappresenta», ha scritto
il direttore di Avvenire, «sono i doveri minimi
di un premier, tanto nel linguaggio che
nello stile di vita». Parole cui hanno fatto
eco alcuni vescovi. «La vicenda umana»,
ha detto Tettamanzi, «è spesso lacerata e
intristita da tante forme di immoralità e disonestà
». Per non dire del Pontefice, che ha
richiamato la vita pubblica ai princìpi etici.
«La spazzatura», ha detto, «non c’è solo
in diverse strade del mondo. C’è spazzatura
anche nelle nostre coscienze e nelle nostre
anime». Quanto, infine, all’invito alla
Chiesa di pensare ai fatti di casa propria,
cioè alla pedofilia del clero,mi auguro che
anche in altri ambienti si possa applicare
la stessa “tolleranza zero” attuata con rigore
da Benedetto XVI.
Pubblicato il 10 novembre 2010 - Commenti (6)
04 nov
Come donna mi sono sentita offesa nel leggere la lettera
“A prostitute come sfogo”!
Anzi, dovrebbero esserlo pure gli
uomini, perché il signor Carlo li considera animali, che “sfogano”
le loro energie e i loro legittimi desideri. Sono una mamma
trentacinquenne, con tre bambini piccoli, che cerca di fare i salti
mortali tra famiglia, casa e lavoro. Mio marito comprende la
fatica che faccio (anzi, facciamo) tutti i giorni. Vorrei invitare quel
lettore a mettersi al posto di sua moglie (sempre che ne abbia
una). E occuparsi, almeno per una settimana, delle incombenze
familiari. Penso che ridimensionerebbe i suoi “legittimi desideri”.
Che tristezza, come siamo caduti in basso! Dov’è finito
il vero amore tra coniugi, alla base del matrimonio?
Un’affezionata lettrice
Ho trentaquattro anni e due
figli. Le scrivo dopo che mia
moglie mi ha fatto leggere
la lettera “A prostitute come
sfogo” (FC n. 26/2010). A caldo, avrei voluto rispondere per le rime
al lettore. Poi ci ho ripensato. Nella vita di coppia se non c’è vero amore,
il puro atto sessuale è davvero uno “sfogo”. Ma noi uomini non siamo
bestie, siamo chiamati a controllare (non reprimere) le pulsioni. Se
i mariti fossero più dolci con le mogli, con qualche bacio e una carezza
in più, sono sicuro che tra loro ci sarebbe più armonia.
Un marito
Le due lettere vanno controcorrente rispetto a una mentalità che, oggi,
banalizza l’amore, il sesso e il matrimonio. E che propone modelli e stili di
vita opposti all’unione tra un uomo e una donna, fondata su un impegno
duraturo e fedele, benedetto davanti al Signore. Oggi, ci si sposa già con
una riserva mentale, si va avanti finché sta bene a entrambi, ma alle prime
difficoltà il ricorso alla separazione è quasi immediato. Anche quando ci sono
di mezzo dei figli, che ne pagheranno le conseguenze dolorose per tutta
la vita. Quanto alle campagne contro la prostituzione e le professioniste
del sesso, poco si dice, invece, di tanti mariti e papà “perbenisti”, che alimentano
il mercato del sesso, pronti poi a chiedere provvedimenti duri per
ripulire le strade dalle “sozzure” che si vedono. Bella ipocrisia!
Pubblicato il 04 novembre 2010 - Commenti (2)
29 ott
Mi sono sposato a settembre 2008, a ottobre 2009 sono
diventato papà, a febbraio 2010 mia moglie è scappata di
casa con nostro figlio, da luglio 2010 siamo legalmente separati.
Non avevamo problemi economici. Anzi, lavoravamo entrambi,
io come informatico libero professionista, lei come impiegata
amministrativa in un’azienda. Io avevo orari molto flessibili,
per cui cercavo di seguire famiglia e lavoro in base alle necessità
del momento. Lei pretendeva che, di sera e a fine settimana, fossi
totalmente a sua disposizione. Vivevamo in un appartamento
di proprietà di suo padre, per cui i miei suoceri si sentivano
in dovere di dirci come arredarlo e come usarlo. Mia moglie si dava
molto da fare per il suo lavoro, guadagnava più di me, ma dopo
il matrimonio non ha dato un euro per le necessità della famiglia.
Lei è sempre stata sottomessa ai suoi genitori, prima e dopo il
matrimonio. Quasi del tutto plagiata. Adesso non mi parla più.
Manda avanti genitori e avvocati. Vorrei che trovassimo un
accordo pacifico, ma lei si rifiuta a qualsiasi incontro. Il parroco
s’è offerto di fare da
mediatore, ma lei non ne
vuole sapere. Preghi per
me. E, soprattutto, per mio
figlio.
Michele
Prego per tutti voi, per questa
tua famiglia ridotta a
pezzi, nella speranza che i
cocci si possano comporre
con qualche mediazione, di
cui avete tanto bisogno. La
tua esperienza, come altre già pubblicate, confermano quanto sia
sempre più necessaria una seria preparazione al matrimonio. Che
non può fondarsi sull’improvviso colpo di fulmine o su una breve e superficiale
conoscenza. Quel che più colpisce in storie simili è che, subito
dopo il matrimonio, si scopre di avere accanto una persona totalmente
diversa da quella che si era frequentata. O meglio “sognata”.
Che fine ha fatto il cosiddetto fidanzamento? Chi ne parla più?
Pubblicato il 29 ottobre 2010 - Commenti (0)
21 ott
Ho appena letto le critiche di due lettori alla
presentazione della nuova Bibbia a ritmo di rap
(FC n. 41/2010), e sono rimasta senza parole. Sono
andata sul vostro sito per ascoltare lo spot e non vi
ho trovato nulla di scandaloso. Certo, il rap è uno
stile musicale un po’ “graffiante”, sicuramente non
è melodioso, ma non tutti abbiamo gli stessi gusti
musicali. Insieme a mio marito,
da quattro anni seguiamo
in parrocchia un gruppetto di
giovanissimi. E ci rendiamo conto
che, se vogliamo raggiungere il loro
cuore, il nostro linguaggio deve
cambiare. Eppure, non siamo
vecchi: abbiamo 36 e 39 anni.
Non bisogna stravolgere il Vangelo,
ma dobbiamo avere presente a chi
l’annunciamo. Secondo me, più che discutere dei mezzi
che usiamo, dovremmo prima chiederci se ci sforziamo
davvero di capire il linguaggio dei giovani, più che
voler imporre il nostro.
Lettera firmata
Il messaggio del Vangelo è sempre valido per tutti, nel
tempo e a ogni latitudine. Ma essendo parola di Dio “incarnata”
ha bisogno d’essere comunicata col linguaggio degli
uomini d’oggi. Inoltre, un conto è parlare ai bambini,
altra cosa rivolgersi al mondo della cultura. Senza questo
sforzo, rischiamo d’essere “fuori dal mondo”, nel vero senso
della parola. La peggiore tentazione da rifuggire è perpetuare
tutto ciò che s’è fatto nel passato, ignorando che,
nel frattempo, il mondo ha subìto profondi cambiamenti.
Il nostro linguaggio nell’annunciare il Vangelo, spesso, è
incomprensibile. È un parlare da “iniziati”. E i giovani non
hanno lo stesso codice per capirci.
Pubblicato il 21 ottobre 2010 - Commenti (0)
11 ott
Grazie, anzitutto, per la ricchezza di
notizie e documentazioni che Famiglia
Cristiana offre anche a noi che viviamo in
Burundi. Leggendo l’articolo di una signora
sui beni della Chiesa, m’è venuta in mente
la trasmissione televisiva sulla “centesima”
fontana nei giardini vaticani. Un’opera
davvero splendida. Istintivamente, però,
ho pensato al suo costo. E ai cinque-sei
piccoli acquedotti che qui avremmo potuto
costruire per questa povera gente che, ogni
giorno, fa diversi chilometri a piedi per un
bidoncino d’acqua. In realtà, ci sono anche
altre ricchezze che si potrebbero mettere
a disposizione. Amo il Papa e la Chiesa, ma
vivendo da quarant’anni nella povertà
della mia gente, mi sono venuti spontanei
questi interrogativi.
Padre Luigi
Mi lasci dire, caro padre Luigi, che le riflessioni
sono venute davvero d’istinto. Condivisibili
nello spirito che le anima, irrealizzabili nel
concreto. La fame nel mondo non si estinguerà
certo vendendo i beni artistici del Vaticano, come
tante persone pensano e dicono nei discorsi
da bar o di strada. Il fenomeno è ben più grave,
come lei ben sa, e richiede il contributo delle
nazioni. Non solo a parole o con promesse sempre
disattese. Come capita per la Cooperazione
internazionale, sempre più vittima di drastici
tagli, soprattutto nel nostro Paese. Ciò non toglie
che l’invito a stili di vita più sobri e morigerati
ci riguarda tutti. Una Chiesa “povera” è
più libera e più profetica nella denuncia.
Pubblicato il 11 ottobre 2010 - Commenti (0)
01 ott
Va bene la libertà di informazione, ma ogni libertà ha dei limiti per non urtare la sensibilità altrui, specialmente dei più giovani. Quando si guardano in famiglia certe immagini dei telegiornali, come quelle in cui un giovane si accuccia tra i binari mentre il treno gli passa sopra, poi non ci si dovrebbe lamentare quando succedono delle tragedie. La censura o l’autocensura non si mettono mai in pratica per timore di non essere al passo coi tempi. Ma i tempi, a volte, fanno precipitare gli eventi.
Giulio
Più che la censura o l’autocensura, bisognerebbe invocare più saggezza e un codice di disciplina più rigoroso per gli operatori del mondo della comunicazione. E, soprattutto, da parte degli educatori (a cominciare dalle famiglie, naturalmente) cercare di capire perché i giovani sfidano la vita con gesti estremi, che spesso finiscono in tragedia. Non è solo bullismo o voglia di esibizionismo. Sono fenomeni che non vanno presi con leggerezza, né da trattare con accondiscendenza ed eccessi di tolleranza. Il rischio dell’emulazione è altissimo. E il male, spesso, attira più del bene.
Pubblicato il 01 ottobre 2010 - Commenti (0)
24 set
Sono un giovane cattolico
e le scrivo per esprimerle
il mio disappunto sulla
Bibbia musicata a tempo
di rap. Non metto in dubbio
la buona fede, ma questa
iniziativa è in contrasto con
l’ascolto della parola di Dio.
Come possono ascoltarla
i giovani d’oggi, se il rap è
rumore? Oggi, nella nostra
società, c’è bisogno di creare
silenzio, perché siamo
frastornati da voci, rumori,
ritmi frenetici e vita senza
pause di riposo.
Simone
Perfettamente d’accordo
con te, caro Simone, quando
dici che oggi siamo tutti storditi
dai rumori e poco abituati
al silenzio. Ma ciò non è in
contrasto con una proposta
che vuol usare il linguaggio
dei giovani per avvicinarli al
testo sacro della Bibbia. E per
far capire che la parola di Dio
ha qualcosa da dire a ciascuno
di noi. Non è parola umana,
che va e viene. Essa dà
una risposta alle nostre insoddisfatte
domande sul senso
della vita. Certo, poi va letta e
meditata nel silenzio e con
l’animo disposto all’ascolto.
In fondo, la Bibbia è la lettera
che Dio ci ha scritto e indirizzato.
In attesa di una nostra risposta.
Pubblicato il 24 settembre 2010 - Commenti (0)
10 set
Ci sorprendiamo della disonestà
della casta e della cricca? Legga
quel che mi è successo. Mio marito,
giorni fa, ha comprato una ricarica
telefonica da quindici euro.
Digitando il numero si è sbagliato
e ha “regalato” la somma a un’altra
persona. Quando se n’è accorto, ha
contattato la signora chiedendole
cortesemente di rendergli quanto
dato per errore. L’arzilla signora,
dopo un giorno di riflessione, gli
ha risposto: «Guardi, io non avevo
bisogno della sua ricarica, ma ormai
che ce l’ho, me la tengo». Mio marito
le ha ribadito che si trattava di un
errore, e la signora gli ha risposto
che non era affare suo. Il mio
rammarico non è per i soldi persi,
ma per quel comportamento. Mio
marito fa il poliziotto, prende un
magro stipendio e tutti i giorni
rischia la vita per garantire una vita
sicura al prossimo. Noi, quest’anno,
le vacanze non ce le siamo potute
permettere. Ormai, l’onestà è merce
rara in questo Paese.
Eleonora
I soldi del demonio prima o poi vannoin crusca. I disonesti di giorno se laspassano, ma i giusti la notte dormonosonni più tranquilli. Dai piccoli gestisi vede la grandezza d’una persona.Ma anche la sua bassezza morale.Quindici euro non fanno la fortuna dinessuno, tanto meno mandano in malorauna famiglia. Ma quello sgarbo ègrave, spia di un Paese sempre piùegoista e menefreghista. Mi auguroche l’arzilla signora si ravveda e restituiscaquei pochi spiccioli che le appesantisconosolo la coscienza.
Pubblicato il 10 settembre 2010 - Commenti (0)
31 ago
Le scrivo a seguito delle tante reazioni che il suo editoriale ha provocato. Non faccio parte di quella schiera di cattolici che hanno reagito provando «sentimenti di sconcerto e disgusto». Tanto meno l’ho considerato «pornografia politica per la scarsa decenza degli argomenti proposti». Non vorrei ribattere facendo riferimento a chi si riempie il palazzo di prostitute o a chi dice che il problema non è l’“utilizzatore finale”, ma chi le ha pagate. Né vorrei andare oltre. Povera Italia! Ho solo una speranza: che continuiate con coraggio nella denuncia. Ultima nota, la più dolente per me. Al Meeting di Rimini, Vittadini ha detto di Famiglia Cristiana che è vecchia, e che la sua «è una visione moralista». Io sono molto vicino a Comunione e liberazione: oltre a rimanere sconcertato per queste parole (e non sono il solo), me ne vergogno e le chiedo scusa.
Lettera firmata
Vi considero veri amici e sono orgogliosa d’essere una fedele lettrice. Apprezzo la vostra libertà di parola e, soprattutto, la vostra moralità. Bravi, bravissimi, continuate così. Non piegate la schiena di fronte a niente e a nessuno. Il “re è nudo”: avete avuto il coraggio di dirlo. Non fatevi intimorire da corvi, cornacchie, servitori del regime, nani e ballerine di corte. Avete la mia stima e quella di tante altre persone, che approvano i vostri sani princìpi etici e morali. Da italiana mi vergogno della nostra classe politica e dirigente. Viaggio spesso all’estero: non ci meritiamo tanto disprezzo e disistima in giro per il mondo. Vi prego, non fatevi intimorire. L’attacco al nostro giornale è iniziato, ma non permetteremo che facciate la fine mediatica di Boffo. Noi vi difenderemo. Con la massima stima.
Norma P.
Carissimo don Antonio, sono anch’io una fedele abbonata, cresciuta con Famiglia Cristiana, che leggevo avidamente fin da piccola. Ho respirato nel mio ambiente familiare i valori cristiani ed etici che il giornale ha sempre sostenuto e diffuso. Ora sembra che questo dia fastidio a molti, senza tener conto che schierarsi dalla parte dei più deboli e indifesi è compito sacrosanto dei credenti. La reazione scomposta di chi si è scagliato contro chi ha il coraggio di dire come stanno davvero le cose è segno che siete nel vero. Anche se vi hanno attaccato alcuni politici cattolici. So bene che non vi farete intimidire dalla protervia del potere. Sappiate che siamo in tanti a leggervi e sostenervi. E io sono orgogliosa di appartenere a questa splendida e grande “Famiglia”! Grazie di esistere.
Maria
Sono un giovane lettore di Famiglia Cristiana. Desidero ringraziarla vivamente per il suo costante
e tenace impegno nella difesa della famiglia e della vita. Ho ventisei anni e sono cresciuto con la rivista, ciò mi ha aperto a un’educazione civile, religiosa e umana, che auguro di vivere a tutti i lettori. Desidero esprimerle la mia più sentita solidarietà per le aspre critiche che, in questi giorni, riceve da politici che si definiscono cristiani. Lei e tutta la redazione avete tutta la mia stima!
Francesco L.
Dopo aver letto le reazioni rabbiose e scomposte di alcuni illustri (si fa per dire) uomini politici, sento il bisogno di assicurare a lei e a tutti i suoi ottimi collaboratori la mia solidarietà e simpatia. Ho sentito dire da un direttore di un quotidiano che Famiglia Cristiana non rappresenta nessuno: poveretto lui! È la voce di un grandissimo numero di italiani che non si sentono rappresentati da chi continua a ignorare i problemi della vita reale delle persone: lavoro, scuola, sanità. Non so chi potrà salvare l’Italia, ma sono sicuro che occorra ripartire da un’informazione libera, equilibrata e coraggiosa. Come quella che state facendo. Non fatevi intimorire dalle minacce del “metodo Boffo”. I vostri lettori si stringeranno attorno a voi.
Giacomo
Sono mamma di tre figlie tra i tredici e i vent’anni. La mia famiglia è stata per moltissimi anni abbonata a Famiglia Cristiana. Avevo sospeso l’abbonamento qualche anno fa, al tempo dell’ultimo governo Prodi, perché m’era parso che voi non sostenevate abbastanza una persona che possedeva competenza politica e dirittura morale. Ora ho deciso di riportare in casa la sua rivista, che sta mostrando chiarezza di vedute, sincerità e coraggio nell’esporle, che pochi oggi hanno. Anche tra i cristiani. Lei e la sua redazione siete un tangibile segno di speranza.
Una mamma
Sono una nuova abbonata. Non sono abituata a scrivere, ma questa volta l’ho fatto di cuore, per dirle la mia approvazione. Sono proprio contenta d’essermi abbonata, perché sono stufa di chi non prende posizione. Non si tratta di condannare le persone, ma dire “pane al pane e vino al vino”. I lettori cercano una guida disinteressata e intelligente. Io penso che la stampa di qualità abbia il compito di formare ed educare al senso critico. Quando dà fastidio è facile provare a soffocarla con la diffamazione, oppure mettendola in difficoltà con l’aumento spropositato delle tariffe postali (più del cento per cento) o il taglio di contributi e fondi. Non bisogna adeguarsi, ma resistere. Sono contenta di questa bella rivista.
Grazia P.
Di proposito non ho dato spazio alle lettere contrarie, perché agli insulti, spesso pesanti da chi pur si confessa cristiano, non si risponde. Non c’è terreno di confronto e crescita comune. Non potevo, invece, esimermi, dal pubblicare una ridottissima parte delle migliaia di lettere e messaggi solidali, e cogliere l’occasione per ringraziare tutti. Per l’affetto e la solidarietà di cui ci avete circondati, a fronte di attacchi velenosi e pretestuosi. Quando non si hanno argomenti per controbattere, si passa agli insulti, alle intimidazioni e alle minacce. Anche personali. Basta solo questo a far capire che il momento che stiamo vivendo nel Paese è molto delicato. Ed è quanto mai necessario che uomini “liberi e forti”, che pur sono tanti nel Paese, escano dal letargo e dall’ignavia. In ogni istituzione.
Pubblicato il 31 agosto 2010 - Commenti (11)
12 ago
Penso che lo sciopero dei giornalisti sia
stata un’ottima cosa. Anzi, dovrebbe
avvenire più spesso. È il solo modo per
attuare, almeno per un giorno, un po’
di igiene mentale, lontano dai clamori
di una stampa volgare che non informa,
ma inquina le menti. L’alibi della libertà
di stampa, definita baluardo della
democrazia, è una grossolana menzogna.
I giornali, soprattutto in Italia, sono solo
strumento e fonte di potere. I cittadini
non sono informati, ma plagiati con
campagne di stampa calunniose. Vi è
una sorta di conventicola tra direttori di
giornali, che sembrano decidere insieme
quali notizie pubblicare. Finiamola con la
balla galattica che la stampa sia strumento di
democrazia. Questo valeva nel secolo scorso,
prima di Internet. E prima che il crollo
morale dell’Occidente trasformasse i giornali
in fonte di corruzione.
Lorenzo S.
Quello che tu dici, caro Lorenzo, è
condivisibile. Soprattutto quando la
stampa viene meno al suo dovere e i
giornalisti smarriscono la propria
autonomia e libertà di pensiero, abdicando
al Codice deontologico. Quando
cioè, più che cercare la verità e raccontare
i fatti con obiettività, si prestano
a giochi di potere, manipolando
la realtà, usando le parole come
pietre o proiettili, che uccidono il
buon nome dei malcapitati. Ma stiamo
generalizzando. Parliamo della
degenerazione dei mass media. E
non del vero ruolo che devono assolvere.
Se tu tramutassi in positivo le
tue opinioni sulla stampa, capiresti
quanto sia indispensabile il ruolo dell’informazione
in un Paese democratico.
Internet, è vero, ci inonda di tutte
le notizie possibili, ma non ci dà alcun
criterio per valutarle. Se non ben
gestito, aumenta il relativismo culturale
e morale (tutto è messo allo stesso
piano) e contribuisce a quel crollo
etico cui fai cenno.
Pubblicato il 12 agosto 2010 - Commenti (19)
06 ago
Le chiedo un commento su un breve passaggio
della conferenza di un religioso, pubblicata
da un quotidiano, qualche giorno fa: «La Chiesa»,
diceva, «deve fare politica, ma non scelte partitiche.
Indicare, bensì, l’importanza del servire il bene
comune non appiattendosi sulla partitocrazia».
SergioM. - Trieste
C’è poco da commentare. È una perfetta sintesi del rapporto tra
Chiesa e politica. L’aveva ben espresso il Vaticano II, nella Gaudium
et spes (n. 76), di cui ti riporto qualche stralcio. «La Chiesa
in nessuna maniera si confonde con la comunità politica e non è
legata ad alcun sistema politico... La comunità politica e la Chiesa
sono indipendenti e autonome l’una dall’altra nel proprio campo.
Ma tutte e due, anche se a titolo diverso, sono a servizio della
vocazione personale e sociale degli stessi uomini… La Chiesa non
pone la sua speranza nei privilegi offertigli dall’autorità civile. Anzi,
essa rinunzierà all’esercizio di certi diritti legittimamente acquisiti,
ove constatasse che il loro uso può far dubitare della sincerità
della sua testimonianza». Troppo presto, per paura, abbiamo
abbandonato gli insegnamenti del Concilio. Che è, ancora, tutto
da scoprire. E, soprattutto, da applicare.
Pubblicato il 06 agosto 2010 - Commenti (1)
30 lug
Certo, l’uccisione in Turchia di
monsignor Padovese ci interroga,
non vedo, però, perché dovrebbe
imbarazzarci. La testimonianza fino
al martirio è nel codice del cristianesimo.
È stato così, fin dall’inizio, con le prime
comunità e lo stesso è ai nostri giorni.
Quel che dovrebbe “imbarazzarci”
è quando la “persecuzione” e “il male”
vengono dall’interno della stessa Chiesa.
Come più volte ha ricordato Benedetto
XVI, in questi ultimi tempi, riferendosi
ai preti pedofili. Quando la Chiesa, che
è santa e peccatrice, pretende di «lavare
i panni sporchi in famiglia» (vedasi
anche le spregiudicate operazioni
immobiliari e finanziarie), e denuncia
l’odio anticristiano quando è coinvolta
negli scandali, viene meno alla sua
missione. Per essere fedele al Vangelo,
deve essere una casa trasparente,
che manifesta all’umanità il suo amore
per i fratelli. E se sbaglia, deve trovare
il coraggio di chiedere perdono,
senza nascondersi dietro a orgogliose
rivendicazioni dei suoi privilegi.
CarloR. - Siena
Benedetto XVI ha sempre avuto parole forti
nel condannare gli scandali all’interno della
Chiesa, a cominciare dalla pedofilia di preti e
vescovi. Ha definito “terrificante” che essa debba
soffrire non per persecuzioni esterne, ma
per i peccati abominevoli dei suoi membri. Ha
espresso questo concetto, con molta chiarezza,
anche in occasione del suo viaggio a Fatima,
nel maggio scorso. Rispondendo alle domande
dei giornalisti, ha detto esplicitamente:
«La più grande persecuzione non viene dai
nemici di fuori, ma nasce dal peccato che esiste
nella Chiesa». La quale deve imparare a fare
penitenza, perché «il perdono non sostituisce
la giustizia». Già in passato, nel 2005, nelle
meditazioni della Via Crucis del Venerdì
santo, aveva denunciato questa “sporcizia”.
«Il Signore ci ha detto che la Chiesa sarà per
sempre sofferente, in modi diversi fino alla fine
del mondo», ha ricordato il Papa, spiegando
il terzo segreto di Fatima. Ma ci consoli sapere
che Dio è più forte del male.
Pubblicato il 30 luglio 2010 - Commenti (0)
26 lug
Ho letto, con disappunto, la lettera dove noi
mogli veniamo accusate, quando rifiutiamo
un rapporto sessuale, di essere la causa per cui
i mariti “vanno a donne”. Dunque, la moglie
sarebbe una prostituta che non si paga? Serve
solo per badare alla casa e per sfogare le voglie
del consorte? Sono sposata da cinque anni, ma
non sono mai stata considerata e trattata come
un oggetto. Mio marito ha sempre accettato
i miei rifiuti. Ne abbiamo parlato con serenità,
come facciamo con gli altri problemi di coppia.
A quegli uomini che si lamentano delle mogli
non disponibili per il sesso 24 ore su 24, chiedo:
avete mai provato a tornare a casa, dopo una
pesante giornata di lavoro, e mettervi a badare
alla casa? Fatelo: sparecchiare la tavola o buttare
la spazzatura sono gesti molto apprezzati dalle
mogli. O temete che sia compromessa la vostra
cosiddetta virilità?
Elena
Una malintesa (e antiquata) concezione della virilità porta a
distinzioni di compiti che, oggi, non hanno più ragione d’essere (qualora l’avessero mai avuta in passato). Ad esempio,
pensare che a occuparsi dell’educazione dei figli dovesse essere
solo la donna. All’uomo competeva, invece, portare i soldi in casa.
E non bisognava chiedergli nient’altro. Guai, se al ritorno
dal lavoro, mentre in ciabatte si stravaccava davanti alla Tv, lo
si assillava con i problemi dei ragazzi. Che se la sbrigasse la
mamma. D’altronde, non lavorando, che stava a fare tutto il
giorno? Anche se il maschilismo resiste e stenta a morire, la situazione
sta cambiando. Sempre
più donne lavorano fuori casa,
dividendosi tra famiglia e professione.
La condivisione dei compiti
domestici e dell’educazione dei
figli s’è ottenuta più per necessità
che per scelta. L’importante è
non arretrare da questo cammino
di conquiste.
Pubblicato il 26 luglio 2010 - Commenti (0)
20 lug
Dal 1987 lavoro in un grande ospedale del Nord, uno di quelli dove la gente accorre da tutta Italia. E pure dall’estero. Anche qui il rispetto e la dignità di noi dipendenti sono calpestati. Sono stata spostata di reparto una decina di volte, di cui tre solo perché ho avuto la “cattiva idea” di fare dei figli e usufruire del congedo maternità. Ho visto colleghi umiliati in pubblico, davanti a pazienti e medici. Sono stata denigrata dalla mia caposala, per qualche giorno di malattia. Eppure, non era cosa leggera. Ho assistito al dolore di colleghi ai quali non è stato rinnovato il contratto. Clientelismo e nepotismo la fanno da padrone. I turni sono massacranti. La notte dura undici ore, senza soste. Non esistono festività. Se non lavorasse anche mio marito, lo stipendio non mi basterebbe a mantenere la famiglia.
Una lavoratrice
È una delle tante lettere giuntemi, dopo che ho pubblicato i lamenti d’una giovane lavoratrice che, in fabbrica, si sentiva trattata come un numero e non come persona. Cambiano i luoghi, ma le proteste si rassomigliano.Tra tutte, quella che più fa male, è la scarsa considerazione che ancora si ha della maternità. Che non viene affatto favorita, come si dovrebbe in un Paese civile, ma è biecamente considerata come un ostacolo alla produttività. E, per questo, penalizzata. Anche con mezzi subdoli. In Italia le donne sono costrette a dover scegliere tra maternità e professione. Manca una politica familiare orientata ai figli e al rispetto della vita. In questo siamo davvero masochisti, perché il Paese ha il tasso di natalità più basso al mondo. E senza figli non c’è futuro, né speranza di un domani migliore. Altro che produttività!
Pubblicato il 20 luglio 2010 - Commenti (1)
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