Don Sciortino

di Don Sciortino

Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.

 
06
lug

Le conversioni a Medjugorje

Siamo abbonati da anni. Vogliamo ringraziarla per il bel servizio sui trent’anni di Medjugorje. Per me e mia moglie l’incontro, abbastanza casuale, con Medjugorje ha significato una rivoluzione nella nostra vita. Giustamente avete titolato il vostro servizio: “Trent’anni di conversioni”. Perché questo è il frutto più evidente. Anche per chi, come noi, era già cattolico praticante, ma ha avuto la piacevole sorpresa di riscoprire l’attualità del messaggio evangelico e la gioia di viverlo nel quotidiano. Sono stati rivitalizzanti i nostri momenti di preghiera nella comunità locale. Consigliamo ad altri di non limitarsi a farsi raccontare queste esperienze di conversione, ma andare a Medjugorje e vedere di persona.

Fernanda e Adolfo

Pubblico la vostra testimonianza e l’invito che fate ad altri di recarsi a Medjugorje, perché al di là del giudizio che darà la Chiesa sulla veridicità delle apparizioni, sono tantissime le persone che si sono convertite o hanno rafforzato la loro fede. Nel servizio sui trent’anni di Medjugorje abbiamo dato la parola a due noti teologi. Uno ha espresso le ragioni che lo portano a credere, perché dai frutti si riconosce che l’albero è buono. L’altro, partendo dalle divisioni dei vescovi locali, mette in guardia dal non ridurre la preghiera e la conversione a un’esperienza individuale.

Pubblicato il 06 luglio 2011 - Commenti (7)
05
lug

Luci e ombre sugli immigrati

È da un po’ di tempo che tengo nel cassetto un ritaglio di Famiglia Cristiana. È un articolo sull’immigrazione, in occasione della presentazione del suo libro Anche voi foste stranieri (Laterza). Subito mi sono detto, alzando gli occhi al cielo: «Ancora con ’sta storia!». Il libro non l’ho letto. Immagino che sia un buon testo, ma credo si rivolga solo ai cristiani che sono chiamati a impegnarsi nell’amore verso il prossimo. Ma si metta anche nei panni di chi non crede. E guardi il mondo dalla loro angolazione. “Anche voi foste stranieri”, già, è vero. Ma c’è sempre un “ma”: noi italiani andati all’estero abbiamo prima bussato. Abbiamo chiesto il permesso. C’è stata una selezione. E quelli che non si integravano o non si comportavano secondo le leggi del Paese ospitante, venivano rimpatriati. Oggi non è più così. Gli stranieri non bussano, ma ci invadono. È vero che rischiano la vita sulle carrette del mare o nascosti tra le merci degli autocarri. Ma dove li alloggiamo, come faremo a sfamarli e curarli? E quale lavoro troveranno?

Giulio M.

Non per fare pubblicità al mio libro Anche voi foste stranieri, ma se tu l’avessi letto, caro Giulio, forse avresti già trovato qualche risposta alle tue domande. Primo, perché non è un libro “ideologico”, nel senso che non sposa pregiudizi e posizioni preconcette. Ma si tratta di un’ampia indagine giornalistica, con dati ed esperienze di vita, che analizza il fenomeno dell’immigrazione nelle sue ombre e nelle sue luci. Secondo, perché avresti compreso che il dovere dell’accoglienza riguarda tutti i cittadini, credenti e non. Il rispetto della dignità umana e l’uguaglianza di tutti i popoli hanno fondamento nei diritti universali. Il credente ha un dovere in più. Perché l’amore verso il prossimo è un comandamento. Cioè un obbligo, non un semplice consiglio. E su questo saremo giudicati, come ci ricorda l’evangelista Matteo (capitolo 25): «Ero forestiero e mi avete accolto».

Pubblicato il 05 luglio 2011 - Commenti (0)
02
lug

La democrazia, un valore per i credenti?

Al di là del giudizio morale su chi ci governa o sui comportamenti che sono lontani dall'etica cristiana, c'è una domanda di fondo che vorrei mi fosse chiarita. E' opinione di tanti studiosi e politologi, in Italia e all'estero, che nel nostro Paese si sta affermando un altro mondo di concepire lo Stato. Che sempre meno coincide con quell'idea di democrazia finora condivisa. Si parla di populismo, anche se io preferisco, sinceramente, parlare di concetto "padronale" dello Stato, consdierato come se fosse un'azienda.
     Non basta appellarsi al voto popolare per stravolgere regole e ruoli che, finnora, hanno definoto il vivere democratico. Un organo legislativo, di fatto, è stato esautorato. C'è un conflitto permanente con la magistratura e gli altri organi costituzionali. Come il tentativo di sottrarsi al giudizio dell'organo giudiziario. Insomma, un'invasione a tutto campo. Assieme a un attacco alla libertà di stampa.
     Quel che le chiedo è se per un cattolico, in un corretto rapporto tra fede e vita, sia indifferente qualsiasi contesto istituzionale e qualsiasi forma di esercitare il potere. La democrazia è ancora un valore per i credenti? Certo, nei secoli la fede si è inculturata in forme diverse. Ma, dal Vaticano II in poi, mi pareva che in quella fiduciosa apertura al mondo e alla modernità, in dialogo con tutti gli uomini di buona volontà, ci fosse anche una scelta di promozione della democrazia. Come forma di governo che promuove la libertà (anche quella religiosa) e la giustizia, in vista del bene comune e di un'etica condivisa. Mi sbaglio?
     Anche dalla Settimana sociale dei cattolici, nella commissione sui temi istituzionali, è emersa la stessa preoccupazione. Che si è concretizzata con la richiesta di riformare la legge elettorale per ridare ai cittadini il diritto di scegliersi i propri rappresentanti in Parlamento. Il cattolico che scende in politica deve fare scelte chiare.

Francesca

Dal Vangelo non scaturisce nessuna forma di governo della società. Da esso, però, derivano incancellabili valori sociali (dignità della persona, uguaglianza di tutti gli esseri umani, fraternità) che sono un metro di giudizio delle differenti forme di esercizio del potere. Il messaggio cristiano non è indifferente o neutrale rispetto a qualsiasi organizzazione della società nel corso della storia.
     LA dottrina sociale della Chiesa, soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II, sostiene e apprezza la democrazia, perché permette al cittadino (credente e non) di partecipare al potere politico. La cui unica legittimazione è il servizio alla comunità.
    
La situazione in Italia, oggi, segna una profonda crisi democratica. Con l'evidente crisi delle istituzioni pubbliche. A ogni livello: legislativo, esecutivo e giudiziario. E' preoccupante, in particolare, l'uso arbitrario del potere di fare le leggi. Gli esempi sono fin troppi. Non a caso alcune leggi sono state denominate "ad personam". Cioè, a beneficio di qualcuno o di gruppi e categorie di persone.
     Ma, prima ancora che sulle singole leggi, oggi c'è una seria questione di anormalità o caduta democratica. Il consenso elettiorale, una volta ottenuto, si tende a trasformarlo in un potere insindacabile e indipendente da ogni verifica e critica di terzi. L'appello al voto popolare ignora che i cittadini non hanno dato una delega in bianco. E che la Costituzione prevede limiti e controlli nel modo di esercitare il potere.
    Per uscirne occorre una conversione etica. Comprendere, cioè, che la forma di governo è per se stessa una questione morale non secondaria. La fede, per troppo tempo, è stata legata prevalentemente al culto, al privato e allo spirituale. In controcorrente, il Vaticano II ha denunciato questa riduzione al privato, al margine delle problematiche sociali. E ha insegnato che, proprio in nome della fede, il sociale e il politico sono oggetto di responsabilità. Dottrina che non ha ancora raggiunto, adeguatamente, le coscienze dei credenti.
     Infatti, la dottrina sociale della Chiesa non ha ancora trovato il posto che si merita nella formazione cristiana. Buona parte dei cattolici impegnati in politica, di fatto ma anche in teoria, continua a ignorarla. Di conseguenza, non vedono la contraddizione tra il dirsi credenti e il prendere provvedimenti che contrastano i princìpi evangelici.
     Le comunità cristiane (parrocchie e diocesi) non possono ignorare il contenuto dei documenti sociali del Magistero, che pure a loro sono destinati. Quando si trattano temi come immigrazione, lavoro, ambiente, pace e guerra, non possono né devono sentirsi a disagio, quasi occupassero uno spazio che non compete a loro, ma ad altri. Il pluralismo di analisi, di opzioni o di schieramento, è più che legittimo. Ma non equivale a qualunquismo. Così come non tutte le posizioni sono uguali.
     La chiesa, come istituzione, non può identificarsi in nessuna politica partitica o di schieramento. Ma, in base ai valori del Vangelo attualizzati dalla dottrina sociale, deve raggiungere un'unità fondamentale di pensiero e impegno sui grandi problemi della società e della storia. La rimozione dei problemi sociali (e, tra questi, la costruzione di una democrazia reale) tradisce l'impegno della fede nella società. E lascia credere che sia indifferente qualsiasi forma di governo.

D.A.

Pubblicato il 02 luglio 2011 - Commenti (8)
29
giu

La furbizia, massima virtù nazionale

Perdoni questo mio sfogo: è di oggi la notizia che il vertice di una nota azienda è stato arrestato. Sono disgustato. Ma com’è possibile che, ogni giorno, riceviamo notizie di truffe, evasione fiscale, comportamenti illeciti. Ci mancava solo il calcio scommesse! Ai tempi di mio padre l’onestà era un valore. La Chiesa deve ribadire che il denaro non è l’unico scopo della vita. Ovunque mi giro, non sento altro che parlare di soldi e consumi.

La frode è all’ordine del giorno. Mia figlia lavora per cinquecento euro al mese. Non parliamo poi dell’esempio dei politici. Io non sono un santo, ma rispetto tutti. Bisogna lottare per cambiare questo sistema e per dare spazio alle persone oneste.

Carlo

Quando la furbizia è la massima virtù nazionale vuol dire che il Paese è malato. Ci vorrebbe una “cura da cavallo” perché si riprenda subito. Prima che corruzione, evasione fiscale e comportamenti illeciti si trasformino in una via senza ritorno.

L’onestà è ancora una virtù. Non certo delle persone deboli, ma di quelle forti. Come dovrebbero essere, più degli altri, gli “eletti” a rappresentarci e a gestire la “cosa pubblica”. Purtroppo, la realtà ci porta coi piedi per terra. Perché assistiamo a una classe politica poco credibile.


Qualsiasi riforma che richieda ancora sacrifici ai cittadini, se non tocca prima i privilegi e le laute prebende dei nostri parlamentari, non è credibile. È triste constatare come in momenti di ristrettezze e sacrifici per tutti, chi non tira mai la cinghia è la “casta”. Lo spropositato costo della politica, che toglie risorse alle famiglie e al sociale, non è più tollerabile.

Pubblicato il 29 giugno 2011 - Commenti (6)
27
giu

I cittadini e il degrado della Tv pubblica

Sono un affezionato lettore da molti anni e le scrivo per avere un parere sulle multe che l’Autorità della comunicazione ha dato ad alcuni Telegiornali per aver violato la legge sul regolamento elettorale. Tra questi spicca il Tg1 con un’ammenda di 258.000 euro. Chi pagherà, realmente, questa multa?

Come sempre, i soldi saranno presi dal canone. Noi cittadini, oltre a pagare fior di stipendi ai direttori dei notiziari televisivi, ci facciamo carico anche dei loro errori. Perché non tirano fuori un soldo di tasca propria? Altrimenti, con un atto di umiltà, si dimettano, non essendo stati all’altezza dell’incarico ricevuto. Perché non si applicano in Tv le buone regole civili che valgono per tutti in società?

Amedeo Z. - Vicenza

La Tv pubblica si sta degradando a livelli mai toccati in passato. Per via di una logica che non risponde al bene degli utenti, ma agli interessi dei politici. Senza distinzione di colore, perché a ogni cambio di Governo si perpetuano gli stessi mali. A cominciare dalla lottizzazione e dalla mortificazione delle competenze professionali. Contro le stesse leggi di mercato e dell’editoria, il servilismo è premiato più della bravura. Complici gli stessi giornalisti, senza più dignità ed etica, che a ogni cambio fiutano l’aria che tira, per farsi trovare già proni davanti al potente di turno. Sarebbe bene ricordare a chi spadroneggia in Tv che i veri “padroni” cui rispondere sono i cittadini, che pagano il canone.

Pubblicato il 27 giugno 2011 - Commenti (1)
22
giu

L’Italia è già un Paese multiculturale

Ho apprezzato moltissimo il suo recente intervento a Palazzo Ducale di Genova sulla clandestinità. Le sue parole sono state giuste, pienamente condivisibili. Sono d’accordo con lei. Purtroppo, tanti italiani fanno ancora fatica ad accettare una società multietnica e multiculturale. Ma questa, ormai, è una realtà. È inutile nascondere l’evidenza!
I movimenti migratori sono una notevole fonte di ricchezza economica e culturale. Gli stranieri contribuiscono ad accrescere la ricchezza nazionale, sebbene noi gli neghiamo i diritti.

A quanti ritengono che clandestino sia sinonimo di delinquente, voglio ricordare il nostro passato di emigranti, quando all’estero eravamo noti solo come malavitosi e mafiosi. Non accusiamo gli stranieri della delinquenza nel Paese, quando in Italia intere regioni sono in mano alla criminalità organizzata. Dobbiamo mirare a costruire una società più giusta e umana. Dove tutti si sentano fratelli.

Lettera firmata

La “politica dello struzzo” non rende. Ignorare che l’Italia è già, nei fatti, un Paese multiculturale, multietnico e multireligioso, vuol dire non governare il fenomeno migratorio. O, più concretamente, la presenza di cinque milioni di stranieri sul nostro territorio.
Certo, sono una “scomodità”, come ricorda il direttore della Caritas nazionale, don Vittorio Nozza. Ma se sono ben gestiti (nella sicurezza, nella legalità ma anche nell’accoglienza) si trasformano subito in una grande risorsa. E il Paese, oggi, non può più farne a meno. Sulla paura, sugli egoismi e le chiusure non si costruisce un futuro di crescita.

Pubblicato il 22 giugno 2011 - Commenti (7)
22
giu

I nonni non sono “usa e getta”

Per quello che vale, le rinnovo il mio sostegno per la battaglia morale che sta portando avanti. Ho sessant’anni e sono nonna
di due splendidi nipoti, che adoro. Spesso passo sopra alle loro marachelle, ma se per caso, qualche volta, dico «ora basta», la loro mamma mi zittisce in malo modo. E io devo tacere. In altre parole, è come se mi dicesse: «Fai la baby sitter e zitta!». Le sembra il modo? La prego, dica una parola anche per noi nonni. La mamma in questione legge Famiglia Cristiana, ed è mia figlia. Non la nuora.

Maria Grazia

Non importa se nuora o figlia, ma quel modo di fare è deprecabile. L’importanza dei nonni, per il prezioso aiuto che danno alle giovani famiglie, si capisce solo quando non li si ha a portata di mano. Lei non è la “serva” di sua figlia, anche se volentieri si presta ad accudire i nipotini. Glielo faccia capire subito, invitando sua figlia, altrimenti, a procurarsi una baby sitter. La sua disponibilità non può essere trasformata in obbligo, come fosse una “servitù” dovuta. Certo, il ruolo primario dell’educazione spetta ai genitori. Ma, se non apprezzano la collaborazione, se ne assumano le conseguenze.
Quando viene meno il buonsenso, qualche scossa può essere salutare. Anche nei confronti di sua figlia. I nonni non sono “usa e getta”. Sono un capitale di saggezza, che è da insensati sciupare così malamente.

Pubblicato il 22 giugno 2011 - Commenti (1)
15
giu

Quel marito talebano tutto casa e chiesa

Sono sposata da venticinque anni, con due figli stupendi e un ottimo lavoro part-time, che mi consente di seguire casa e famiglia. Non abbiamo nessun problema economico. Tutto filerebbe liscio se non fosse per quell’integrista e “talebano” di mio marito. Santa Messa e rosario tutti i giorni, nonché Radio Maria la sera. A casa non si deve sprecare nulla, perché lui ha fatto una scelta di povertà. Tanto meno fare un acquisto, se non è strettamente necessario. Quando mi tolgo qualche piccolo sfizio, mi si scaglia contro con pesanti giudizi morali, manco fossi una
donna di strada. Tra di noi niente regali ai compleanni e a Natale, perché i poveri sono alle porte. Le pare possibile, nel nome del cristianesimo, vivere così? Mai un gelato o una pizza con gli amici. E guai a invitarli a casa. Immagini con quale idea distorta della religione stanno crescendo i miei figli. Non ce la faccio più. Manca solo che mio marito chieda la dispensa al vescovo e che si ritiri in un monastero!

Carla - Pisa

Con questa mentalità, cara Carla, tuo marito farebbe danni anche se si ritirasse in un monastero. Non c’è appello a qualsiasi principio religioso che possa permettergli di non rispettare gli altri. A cominciare da voi familiari, che siete le persone più vicine e preziose che lui abbia. La sua è una pessima immagine che dà del cristianesimo. Piegare la preghiera per giustificare comportamenti gretti e meschini è una mistificazione. Una forma masochistica della vita. Non ce lo chiede nessuno, neanche il Signore. Altra cosa, invece, è perseguire uno stile di vita sobrio, che non ceda alle mode consumistiche ed edonistiche del momento. Ma nel caso di tuo marito siamo alle soglie della patologia, rivestita da afflati religiosi. Dici bene tu stessa: «Questa è un’idea distorta della religione». Aiutalo, se puoi, a comprendere la gioia del dare e della gratuità. Il cristianesimo è gioia. È visione positiva della vita. Immagino che tuo marito sorrida anche poco!

Pubblicato il 15 giugno 2011 - Commenti (24)
14
giu

Scomunicare la TV?

Le scrivo per condividere con lei un pensiero che mi gira per la testa da diversi mesi. E per capire se, grazie alla rivista, lo si potrebbe mettere in atto. Lavoro come educatore e credo che, ormai, siamo in molti a condividere i notevoli danni che la televisione continua a fare.
Nonostante tutti i risvolti positivi che questo strumento potrebbe avere. La provocazione consisterebbe in questo: lanciare una raccolta di firme da indirizzare al Papa e chiedergli di “scomunicare” la televisione. La mia è una provocazione per richiamare l’attenzione sull’uso scorretto che se ne fa. Penso, in particolare, ai danni nei confronti dei bambini. Che ne pensa?


Emilio C. - (Sondrio)

Se vuoi liberarti la mente, abbandona subito questa tua provocazione. Non è il caso di scomodare il Papa e la scomunica. O di chiedere il nostro supporto per raccogliere firme. E poi, non è certo la Tv che è da scomunicare. Come mezzo, in sé, essa è neutra. Può fare del bene o del male: tutto dipende dall'uso che ne facciamo. Come tu stesso riconosci. Sia da parte di coloro che la programmano, sia da parte di noi utenti che, spesso, la "consumiamo" in modo passivo e alienante. In positivo, varrebbe la pena che ci educassimo a farne un buon uso. In modo critico e intelligente. Intanto non accendendola per noia, come rumore di sottofondo, perché non si sa che cos'altro fare. O per sentire una "voce", un "suono", che ci faccia compagnia. Come rimedio alla solitudine o a un vuoto di interessi. E a tavola, quando la famiglia è riunita, togliamole il ruolo di "ospite fisso". Invitiamola solo quando vogliamo noi. A vantaggio di due parole da scambiare con i propri figli.

Pubblicato il 14 giugno 2011 - Commenti (0)
08
giu

Scandalo di don Seppia e scritte sui muri

La chiesa di Genova dove era parroco don Riccardo Seppia.
La chiesa di Genova dove era parroco don Riccardo Seppia.

Ho visto su Famiglia Cristiana (n. 22/2011) la fotografia della chiesa dove era parroco don Riccardo Seppia, con le indegne scritte sulla facciata. Se scrivere sui muri è un reato, pubblicizzare tali scritte riproducendole su Tv e giornali, dovrebbe essere “apologia di reato”, perché così gli incivili autori di quelle scritte si vedrebbero incoraggiati nelle loro imprese, con i mass media che fungerebbero da cassa di risonanza ai loro criminosi atti. Bisogna smetterla di fare pubblicità a tali ignoranti “scrittori”, che devono aver scritto ben poco sulle lavagne e sui banchi di scuola, per non saperlo fare meglio che sui muri. Nello storico quartiere di Trastevere in Roma, ad esempio, non c’è più un centimetro di muro pulito. E ora si sono messi a scrivere sui portoni. Uno scempio e una vergogna davanti a tutto il mondo. Perché Famiglia Cristiana non si fa promotrice, magari iniziando con la pubblicazione di questa mia lettera, di una campagna per l’approvazione di una legge che definisca “apologia di reato” la pubblicizzazione delle scritte sui muri e preveda severissime sanzioni sia per gli autori delle scritte, sia per chi le pubblicizza sui mass media? La ringrazio dell’attenzione e, nel caso decidesse di pubblicare, le chiedo la cortesia dell’anonimato.
Un prete di Roma

D’accordissimo con te nello stigmatizzare l’indecente opera di imbrattare ogni spazio pubblico a disposizione. Spacciarla per attività dell’ingegno sa un po’ di truffaldino. L’arte è ben altra cosa, e la si può esercitare meglio in spazi ben definiti. Ormai le nostre città sono “ferite” da scritte e segni che non risparmiano più nulla: muri, monumenti, chiese, mezzi pubblici… Uno spettacolo indecoroso che non ha eguale in altre città del mondo. Una soluzione, che non sia però la sola via della repressione, va senz’altro trovata. Detto ciò, leggendo la tua lettera, confesso d’essere rimasto allibito per l’assenza anche di un solo cenno all’altro sfregio, infinitamente più grave, che don Seppia ha fatto alla sua comunità parrocchiale. I muri si possono facilmente ripulire. Più difficile, invece, è rimediare allo sfregio del “volto di Cristo” operato da un prete pedofilo. Doverlo ricordare a un sacerdote è davvero deprimente. Anche nell’indignazione c’è una scala di priorità.

Pubblicato il 08 giugno 2011 - Commenti (24)
06
giu

Il risveglio morale e civile contro il degrado

Da assiduo lettore della sua rubrica, mi sono permesso uno sfogo, che spero lei condivida. Continui pure a bacchettare i potenti cialtroni, perché il Paese ha bisogno non solo di moniti, ma anche di speranza. Si sono appena conclusi i ballottaggi elettorali e noto, con piacere, segni di novità che aspettavamo da tempo. Se da una parte ha vinto l’astensionismo, come protesta verso una politica malata e parassitaria, dall’altra hanno fatto capolino volti estranei alla vecchia nomenclatura. C’è un linguaggio nuovo da parte degli eletti, supportati da giovani entusiasti, desiderosi di dare una mano alla politica, perché sperano in un cambiamento reale del Paese. Le cose in Italia non vanno bene. 
La corruzione e il degrado morale sono sotto gli occhi di tutti. E la “casta” dei politici, una volta insediatasi nel castello dorato, “nicchia”. La gente fa bene a protestare! Di fronte ai privilegi dei nostri onorevoli, milioni di persone, dopo una vita di lavoro, sono ricompensati con ottocento euro al mese o poco più. Che prospettive di lavoro hanno i nostri figli? Il Paese vero, quello che lavora, crede e spera, ha bisogno di un segnale forte. Di onestà, innanzitutto. A tutti i livelli. Siamo stufi di sprechi, ruberie, prevaricazioni e immoralità dei nostri governanti. Così si va solo verso il precipizio. Come si può chiedere onestà al popolo quando c’è una classe politica così inquinata e godereccia? Occorre una rivoluzione morale.

Luigi A.

Al di là delle valutazioni politiche, l’ultimo passaggio elettorale ha segnato un sussulto di coscienza e di dignità. A fronte di un degrado etico, nel privato e nel sociale, non più tollerabile. Che ci siano ancora mestatori che pescano nella melma, per avvelenare il risveglio civile e morale, è solo un colpo di coda livoroso e irresponsabile. Come quello degli striduli “grilli parlanti” che travisano le parole del cardinale di Milano per infangarne la figura e l’opera. Quando Tettamanzi lascerà la Chiesa ambrosiana, ci sarà grande rimpianto per un “pastore” che si è sempre ispirato al Vangelo per ogni sua mossa. Dei “cri-cri” insolenti di noti pennivendoli, nessuno sentirà nostalgia. Anzi.

Pubblicato il 06 giugno 2011 - Commenti (6)
01
giu

Donne ancora vittime dei maschi

Le ho già scritto, in passato, sugli insegnanti precari. Ora voglio soffermarmi sull’immagine della donna e anche dei bambini nella nostra società. La dignità della donna è offesa quando viene rappresentata come oggetto. Si mette in evidenza la sola bellezza, ottenuta magari con la chirurgia plastica o con le foto ritoccate al computer.

Le donne dello spettacolo, cioè le sex symbol, devono essere sempre perfette. E anche i bambini sono sfruttati, sia in Tv che nei concorsi di bellezza. Avete presente Miss America per le bambine? È una cosa mostruosa! Ma il fenomeno dilaga in tutto il mondo.

Carmen R.

Quando si smarrisce il senso della vita e si inverte la scala dei valori, può capitare di tutto. Anche quello d’essere schiavi della propria bellezza, vittime del bisturi per fermare il tempo. In una corsa senza fine, sempre perdente. Così si arriva anche a sfruttare i bambini per concorsi che li vedono scimmiottare gli adulti, come “bestioline” ammaestrate.
Dopo tante battaglie per la parità dei diritti, la donna è tuttora offesa. È sottomessa ai maschi e ai loro desideri, come semplice oggetto di piacere. Peggio, poi, ci comportiamo quando rubiamo l’infanzia ai piccoli. A quell’età, hanno solo bisogno di essere amati, giocare e crescere sereni. Ogni cosa a suo tempo.
Non anticipiamogli l’età adulta.

Pubblicato il 01 giugno 2011 - Commenti (11)
30
mag

Prima la famiglia e la cura dei figli

Ho quarant’otto anni. Sono lavoratrice a tempo pieno e ho due figli. A fine settimana, arrivo molto stanca e cerco di occupare il poco tempo disponibile nella cura della casa e dei figli. Come tante donne. Mia madre, al sabato mattina, si presenta sempre da me per essere accompagnata al cimitero per andare a trovare mio padre.


E questo, ormai, dura da dieci anni. Premetto che l’ho sempre accompagnata con tanto piacere, ma ultimamente mi è diventato un peso. Mi sento obbligata. O quasi. E non c’è nessun altro che la vuole accompagnare, perché ognuno ha i suoi impegni. Mia madre vuole andare, tassativamente, ogni settimana. E se non l’accompagno mi sento in colpa.

Franca S.

Visitare i propri cari al cimitero è cosa sacrosanta. È gesto che esprime comunione di affetti e rafforza non solo il ricordo, ma anche gli insegnamenti che ci hanno lasciato. Lo faccio anch’io coi miei genitori, sepolti nel piccolo cimitero del paese in cui sono nato, in Sicilia.

Ogni occasione è buona, anche per pochi minuti, per un saluto, una preghiera e un fiore da deporre sulla loro tomba. Per questo comprendo tua mamma, che mantiene nel tempo un legame di amore, più forte della morte. Un po’ meno la capisco, quando è così ossessiva con i vivi, cioè con te. Senza alcun rispetto per i tuoi impegni di lavoro e di famiglia. 
Approfittando della tua arrendevolezza, rispetto al rifiuto degli altri familiari. Così da trasformare un “piacere” in peso e obbligo. La disponibilità non è schiavitù. Non avere, quindi, sensi di colpa a farle comprendere che sei sempre disponibile, compatibilmente ai tuoi impegni. Anche tuo padre capirà!

Pubblicato il 30 maggio 2011 - Commenti (0)
25
mag

L'amore a ogni stagione della vita

Ho quarantacinque anni. Di recente, ho conosciuto una collega trentenne e abbiamo cominciato a frequentarci. All’età in cui molti uomini hanno già alle spalle un’esperienza matrimoniale fallita, e dopo aver vissuto alcune relazioni con donne già divorziate, ora la vita mi offre la possibilità di iniziare un nuovo percorso verso una famiglia unita in Cristo, non essendosi neanche lei mai sposata. Mi chiedo solo se sono troppo vecchio per avere una famiglia. E se la differenza d’età possa essere un ostacolo. Anche se la fede in Cristo, seppure da me dimenticata per pigrizia, mi aiuterà ad abbattere ogni ostacolo. Ho sempre desiderato un’unione definitiva con una donna, sancita dal sacramento, secondo la dottrina della Chiesa.


Luciano G.

Meglio tardi che mai, soprattutto se le intenzioni sono rette. E se non corrispondono a una semplice infatuazione, viste le tante avventure percorse finora. Per questo, una più attenta ponderazione non guasta, facendosi aiutare (con tutto il tempo necessario e, quindi, senza pigrizia) da chi dovrà poi benedire la vostra unione. La fiducia nel Signore non rimuove automaticamente gli ostacoli. Che, nel tuo caso, sono evidenti ma non insormontabili. Soprattutto se c’è piena collaborazione.

Pubblicato il 25 maggio 2011 - Commenti (3)
24
mag

Tv: siamo noi a fornire il gradimento

Uso il televisore per vedere in Dvd film di vecchie serie televisive acquistate col tempo. Ho quarantacinque anni, non sono sposata e non ho figli. Ma sono molto preoccupata per i più piccoli. Sapesse quante volte ho scritto alle varie Tv chiedendo di mandare in onda vecchi cartoni animati! Mi hanno risposto che non li guarda più nessuno. Eppure, erano film istruttivi, privi di volgarità. Oggi è tutto diverso. Una mia amica, insegnante di scuola materna, mi ha confidato d’essere sconvolta dal linguaggio volgare dei piccoli, che hanno appreso dalla televisione, come dicono loro stessi. Ma i genitori dove sono? Bisognerebbe boicottare certi programmi e fare scendere a picco gli indici di ascolto. Ma questo chissà quando accadrà? Nel frattempo, ci tocca “sciropparci” questo scempio. Da tempo ho capito che, oggi, chi bestemmia è più ascoltato, e chi si spoglia è più guardato.


Stefania

E chi l’ha detto che dobbiamo proprio “sciropparci” tutto quello che la televisione ci propina, con condimento di volgarità e sconcezze? Siamo noi, passivi e rassegnati (non è certo il tuo caso), a tenere in piedi programmi banali e diseducativi, che propagano stili di vita immorali o irridenti ai valori in cui crediamo. I programmi vivono di audience, e se mancano gli ascolti si chiudono. Come è avvenuto di recente. Il pallino del gioco è nelle nostre mani, purché siamo consapevoli della nostra forza di utenti. E fin quando non lo molliamo, potremo dettare noi le regole del gioco. E puntare a una Tv che non sia così tanto becera.

Pubblicato il 24 maggio 2011 - Commenti (0)
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