Don Sciortino

di Barbara Tamborini

Barbara Tamborini, psicopedagogista, autrice di libri sull'educazione. Ha 4 figli.

 
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Una stalla in cui dormire

L’Inps, l’Istat e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali hanno pubblicato in questi giorni il terzo Rapporto sulla Coesione sociale relativo al periodo 2011/2012 dal quale emerge un quadro allarmante sulla condizione di povertà di molti italiani: a rischio una persona su tre.

Il rapporto parla d’incremento del tasso di disoccupazione, aumento della condizione di povertà per le famiglie numerose e per quelle con membri aggregati. In leggero miglioramento le condizioni economiche degli anziani. A Milano e Roma si concentra il 70% dei quasi 50 mila senza fissi dimora. “Mamma , hai visto? Cosa fa quel signore per terra?”

Genitori che passeggiano con i loro figli nelle grandi città si saranno sentiti ripetere più volte questa domanda. Non è facile spiegare a un bambino che ti guarda con occhi increduli che qualcuno tutte le notti dorme per strada su un cartone. Sono proprio i bambini quelli che faticano a normalizzare ciò che normale non è: che degli uomini possano perdere la dignità in un angolo di strada.

Cosa possiamo fare noi per chi è in difficoltà? Come uscire dalla retorica e passare alla pratica?

Mi hanno raccontato in questi giorni una piccola storia che mi ha molto colpita. Noi abitiamo nei pressi dell’aeroporto internazionale della Malpensa. Siamo circondati da strutture alberghiere sorte come funghi per accogliere i viaggiatori in transito e in uno di questi era prenotata una stanza da un famiglia di Roma. Causa imprevisti la famiglia ha dovuto annullare all’ultimo il viaggio e ha chiamato l’hotel nella speranza di ottenere la cancellazione della prenotazione. I tempi utili per la disdetta però erano ormai trascorsi e quindi la stanza sarebbe stata comunque addebitata al cliente. Dopo qualche esitazione allora, il cliente ha deciso di confermare la prenotazione e, terminata la chiamata all’hotel, ha telefonato al centro Caritas più vicino all’aeroporto comunicando la disponibilità di una camera pagata nel suddetto albergo, della quale però nessuno di loro avrebbe potuto godere. I volontari disponevano di una lista di persone in condizioni di indigenza e tra queste, una donna senegalese con due figli, sistemata in un monolocale senza luce e riscaldamento per il mancato pagamento delle bollette. Hanno disposto che un volontario accompagnasse la donna con i bambini nell’albergo offrendo loro la possibilità di trascorrere una notte al caldo, di lavare i figli e di nutrirsi con un abbondante colazione il mattino seguente.

 È evidente a tutti che questa non può essere la soluzione del problema e resta la gravità che una donna con due bambini possa vivere in queste condizioni. Quella notte confortevole però ha significato molto per questa famiglia, è stata una piccola boccata d’ossigeno in un’esistenza molto dura e poi ha evitato inutili sprechi. I complimenti vanno alla famiglia molto intraprendente che ha avuto la bellissima idea di contattare la Caritas. A me non sarebbe mai venuto in mente. Una cosa è certa: mi trovassi d’ora in poi nelle stesse condizioni proverei a fare la medesima cosa. Questa storia ci insegna a essere creativi nel fare il bene, per coltivare la speranza che nessuno debba più nascere in una stalla. Auguro di cuore un sereno S.Natale a tutti, ringraziandovi per l’anno trascorso insieme.

Ascoltate questa bellissima canzone delle Zecchino
Goccia dopo goccia nasce un fiume
un passo dopo l'altro si va lontano
una parola appena e nasce una canzone
da un ciao detto per caso un'amicizia nuova.
E se una voce sola si sente poco
insieme a tante altre diventa un coro
e ognuno può cantare anche se è stonato
da niente nasce niente, questo si.


(Goccia dopo goccia, 37° Zecchino d’oro 1994, E.Di Stefano e F.Fasano) http://www.youtube.com/watch?gl=IT&hl=it&v=tJ8CAeXoh4I  

Pubblicato il 22 dicembre 2012 - Commenti (1)
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Chi ben litiga…

“Le CHIAVI???? Dove le hai messe?” 



Mi butto giù dal letto, corro in sala, cerco la giacca. Sono lì, nella tasca. “Tieni”. Escono tutti di corsa. Appena in tempo. Mi infilo le ciabatte. La giornata è ufficialmente iniziata.



 In casa nostra la prima sveglia del mattino è gestita da mio marito. Nella suddivisione dei compiti lui mi regala un po’ di sonno in più. A lui tocca il giro delle elementari, a me quello della materna. Dieci minuti dopo è di ritorno. Stamattina lavora a casa. “Io sento che questa storia delle chiavi mi fa impazzire. È come se quattordici anni di matrimonio s’incenerissero. Mi sento travolto dalla rabbia. Non è possibile che tutte le volte sia così. E dai… cosa ti ci vuole?”.



“Tutte le volte… non mi sembra proprio che sia così tutte le mattine…”



“Spesso, troppo spesso. È possibile che non sei capace di metterle a posto?”



“Tu non hai idea di tutte le cose che metto a posto. Non so cosa dirti. D’ora in poi mi alzo con voi tutte le mattine, così le cerco io. Stamattina ci ho messo un attimo a trovarle”.



 “Tu ci metti un attimo, io non sono bravo come te. Io inizio a guardare in giro e non trovo niente e dentro mi monta la rabbia -Possibile che non puoi stare più attenta?-”



“Guarda che non capita solo a me. Una volta è capitato anche a me di cercare le chiavi e di trovarle nella tua giacca”.



“Adesso non puoi venirmi a dire questa cosa? Hai in mente quante volte siamo stati per ore a cercare in giro le chiavi che tu hai lasciato in giro?”



“E tutte le volte che tu lasci in giro le scarpe? O i libri? Io metto a posto senza dirti niente”.



E nella mente mi si accende in automatico una lista lunga chilometri di tutte le cose per cui lui dovrebbe essermi grato, i crediti che potrebbero giustificare qualsiasi smarrimento di chiavi. “Io pago tutte le bollette. Non mi sembra che devi preoccuparti molto per quelle.” La lista si è accesa anche nella sua mente. “Io vorrei anche ricordami delle chiavi, ma so che poi non ce la faccio, alla fine mi succede di lasciarle in giro. Tu ricordamelo la sera. Oppure no, svegliami tutte le mattine presto”.



“Io non so perché mi sballa così il non trovare le chiavi. Stamattina ci pensavo. So che nelle faccende pratiche non sono un granché. Non ho la tua creatività che anche sotto stress fai faville. Io vado in blocco. Portare i bambini a scuola, è una cosa che mi piace fare, me la so gestire, sono contento di farti dormire un po’ ancora perché so che poi non ti fermi più. Ecco, non trovare le chiavi mi fa sentire incapace. L’idea di doverti urlare all’ultimi minuto “Le chiavi?” per me è un fallimento. La rabbia è per la tristezza di non farcela da solo”.



Dopo dieci minuti di parole e emozioni diverse per la prima volta sento dentro una voglia fortissima di cambiare. Dal difendere la mia possibilità di sbagliare, ora ho solo voglia di non far più sentire mio marito inadeguato. Sento la sua fatica. Le sue parole mi hanno acceso dentro una lampadina: dal sentirmi furibonda per la sua reazioni esagerata, ho solo una gran voglia che le chiavi siano a posto. Per me è stata una svolta.



Piccola, ma una svolta. La sera, sulla porta d’ingresso ho appiccicato un cartello a forma di cuore con la scritta CHIAVI e ho piantato un chiodo sotto al citofono con le chiavi appese. E la mia promessa di fedeltà all’impegno. Per la prima volta sento di potercela fare. 







E voi come gestite le vostre litigate con chi vi è prossimo? Cosa vi fa stare bene e cosa invece vi affatica? Che cosa avete imparato dalla discussioni? Che consigli potete condividere? Aiutiamoci a litigare bene.



 



Un caro saluto a tutti.

Pubblicato il 06 dicembre 2012 - Commenti (0)
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Ci sono papa’…

Ci sono papà che si prendono un giorno di ferie per accompagnare la propria moglie a ogni ecografia
Ci sono papà che quando escono di casa stanno tutti meglio
Ci sono papà che contemplano un figlio in croce e sperano che quei chiodi aprano all’eternità
Ci sono papà che insegnano alle mamme che certe volte i figli non hanno bisogno di carezze
Ci sono papà che viaggiano di notte per arrivare in tempo al cancello della scuola
Ci sono papà che piangono perché vorrebbero essere diversi
Ci sono papà che a un figlio che ha preso nove in geografia gli raccontano quanto loro erano bravi
Ci sono papà che cercano sempre di stare fuori casa e quando rientrano hanno le mani piene di regali
Ci sono papà che non sono più mariti e soffrono lontano dai loro figli
Ci sono papà a cui raccontare un errore richiede troppo coraggio
Ci sono papà che non ridono mai e altri che non sanno far altro che ridere
Ci sono papà che con le mani sono capaci di sistemare tutto ma con le parole sono sempre a disagio
Ci sono papà con cui parlare di tutto e dopo ci si sente sfiniti ma felici
Ci sono papà che non mollano la fune perché vogliono allenare i muscoli di chi sta crescendo
Ci sono papà che sono a casa dalla mattina alla sera e davanti allo specchio non alzano lo sguardo
Ci sono papà che volano sugli aerei ma hanno i piedi ben saldi per terra
Ci sono papà che rendono le mamme migliori
Ci sono papà che non alzano mai la voce ma sanno farsi ascoltare
Ci sono papà che dovrebbero tenere le mani a posto
Ci sono papà che non si tirano mai indietro quando c’è da lottare, nemmeno sul tappeto di casa
Ci sono papà che darebbero la vita per la famiglia e alcuni che l’hanno data
Ci sono papà che non riescono a rinunciare ai loro diritti perché sono giusti

E poi… voi che papà siete? O che papà avete avuto? O che papà osservate attorno a voi?

Raccontateceli tutti in questo elenco che non finisce mai. Un caro saluto a tutti.  

Pubblicato il 23 novembre 2012 - Commenti (0)
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nov

Il potere creativo di un "no"

Mi capita spesso di restare meravigliata di fronte a una semplice evidenza: quando i genitori contrastano i desideri di onnipotenza rivendicati dai figli, questi si arrabbiano. Elementare Watson, direbbe Holmes, è ovvio che un "NO" è difficile da digerire.
Eppure, tutte le volte, la reazione istintiva di mamma accende il dubbio: forse sto sbagliando qualcosa, sto esagerando, forse pretendo troppo…

Sentiamo la delusione e la rabbia dei nostri piccoli cuccioli e l’impulso è quelli di toglierli da quella situazione, evitare loro una frustrazione dolorosa. Mio figlio per la S.Cresima ha ricevuto parecchi regali, tra cui una discreta sommetta. Il patto era quello di dare una quota in beneficienza e di comprare il ping pong. Questo però è arrivato a sorpresa in dono.

“Allora compriamo la Play 3”
“Non so se vogliamo farlo. Hai già la Wii e il Ds”
“Ma per Fifa13 la Play è tutta un’altra cosa”.
“Ci giochi quando vai a casa dei tuoi amici. Ci sembri un po’ troppo preso dai videogiochi”. Lui si arrabbia: “Quei soldi li hanno dati a me. Sono miei. Non è giusto che non me li fate usare come voglio. Io ho detto a tutti che volevo comprarmi la Play”.

Abbiamo parlato a lungo su che decisione prendere: lui sostenendo i suoi desideri, noi argomentando i nostri rifiuti. Alla fine però non si scappa, bisogna pagare il conto, prendersi la responsabilità come genitori di sostenere una decisione e andare fino in fondo, violando l’alleanza tra genitori e figli e impugnando il timone. La contrattazione permette di fare un pezzo di strada insieme, poi i genitori restano da soli a fare il loro mestiere. “Abbiamo deciso: la Play non si compra. Punto”.

“Mamma mi compri la pallina” siete a una festa di compleanno in uno degli infiniti spazi gioco di cui sono piene le città. Dopo aver giocato, corso, mangiato e cantato vostro figlio inizia a tirarvi per la gonna supplicandovi di dargli un euro. Vuole prendere una pallina o fare un giro in giostra o fare una partita con il braccio metallico acchiappa peluche. Avete dedicato tutto il pomeriggio ad accompagnarlo alla festa mentre a casa vi aspettano mille lavori lasciati in sospeso. Provate a spiegare che non avete intenzione di dargli quel soldino perché c’è già stato tanto, forse anche troppo. Eppure lui si mette a urlare, piange disperato, si butta a terra. Le altre mamme imbracciano le loro borsette con la tentazione di venirvi in aiuto offrendo una delle loro monetine. Voi siete combattute tra cedere e tenere duro ma una cosa vi è chiara: tenere duro è molto più faticoso.

“Non ho nessuna intenzione di prenderti la pallina. Adesso ti alzi che è ora di andare. Se non vieni subito di là a mettere le scarpe io vado e stasera niente bagnetto coi giochi”. Voi girate l’angolo senza esitazioni e attendete qualche istante. Avete buone probabilità che il piccolo despota si alzi rapido e corra verso di voi senza più il pensiero della pallina.

Il NO è duro da digerire ma se è sostenuto da un adulto ragionevole  e sicuro dà frutti meravigliosi. L’altra sera abbiamo vietato la mezz’ora quotidiana di videogiochi a J. (12 anni) perché aveva litigato con la sorella. Lui ha protestato per un po’. Poi è andato di là, si è cercato un blocchetto e ha aperto una biblioteca. Ha chiamato a raccolta tutta la famiglia e a turno ci ha fatto scegliere un libro e ha fissato la data di restituzione dello stesso. L’intero processo è durato mezz’ora circa, poi ognuno ha cercato il suo angolo nella casa dove leggere o sfogliare il libro. A volte i NO fanno miracoli.

Raccontateci quando e perché vi è capitato di faticare a sostenere un NO. Che emozioni provate e come reagite quando i figli protestano o si arrabbiano con voi. Cosa osservate nei vostri figli dopo un divieto? Aspettiamo i vostri racconti. Buona giornata a tutti.

Pubblicato il 14 novembre 2012 - Commenti (0)
05
nov

Giocare quando fa freddo

Quante volte te lo devo dire che non voglio vedervi tornare dal parco così puliti?- gridava una mamma … ai suoi bambini. – Ma non c’era dell’erba là per rotolarsi ben bene con i calzoni bianchi nuovi? Cosa cresce a fare allora l’erba, si può sapere? E di terra non ce n’era nel parco? È questo il modo di tornare a casa? Sembrate appena usciti da una lavanderia! Vergognatevi! Guardate che ginocchia candide, sembrano finte! Volete che i vicini pensino che avete le gambe di plastica? O che state sempre in prigione in casa senza uscire mai? O che se uscite state immobili sulle panchine come belle statuine? Cose da matti, non avete nemmeno un graffio, nemmeno mezzo. Nemmeno a cercarlo con la lente di ingrandimento. Nemmeno una sbucciatura. Nemmeno una cicatrice. Di croste poi, neanche l’ombra. Se domani mi tornate in questo stato, così puliti, al parco non vi ci mando più, più, più… INTESI??? CAPITO???

[V.Lamarque, Mettete subito in disordine! Storielle al contrario, Einaudi, 2007]

Un paese tutto al contrario dove in bagno si va a fare la ipip e le televisioni guardano i bambini. Dove i cani portano fuori a guinzaglio i padroni e sul più bello della passeggiata fanno dietro front perché in tv comincia Lilli il Vagabondo o dove i pesci pescano uomini tratti in inganno da monete brillanti attaccate all’amo. Gli spunti offerti da questo libro per parlare con i bambini sono moltissimi. Il mio preferito è quello delle ginocchia pulite. A una conferenza sulla sana alimentazione per i bambini, tenuta da un medico capace di tenere alta l’attenzione del pubblico, ero tornata a casa con molte idee per la testa. Avevo riassunto a figli e marito le cose che mi avevano più colpito. I piccoli mi guardavano inorriditi mentre descrivevo le meraviglie dei chicchi di cereali integrali ma la cosa che ha colpito la loro attenzione è stato l’invito del dottore a valutare lo stato di salute delle ginocchia dei nostri figli. “Se sono sempre pulite e senza graffi c’è qualcosa che non va!” Da allora, capita spesso in estate che i bambini rientrino in casa trionfanti, mostrando ginocchia nere, resistenti a qualsiasi sapone. “Mamma, sei contenta che ho ancora le ginocchia sporche dopo la doccia? Sarà contento quel dottore!”

Io continuo a nutrire qualche dubbio sull’uso del sapone e della spugna, ma in effetti vedere i miei figli sudati e sporchi dopo una giornata di giochi mi riempie il cuore di gioia. In inverno è tutto più complesso: il freddo ci spaventa, tosse e raffreddore sono minacce sempre in agguato e le notti insonni da naso colante fanno paura a tutti.

La domanda corretta da porci però è: Cosa fa meglio alla salute dei nostri figli: tenerli protetti al calduccio di casa o osare, uscire anche quando il tempo è brutto? La ricerca dice che l’aria aperta è il miglio posto per proteggere i bambini. I germi crescono bene al caldo. È sbagliato infatti pensare che il freddo sia la causa dei raffreddori (come ci induce a pensare il nome stesso). È vero il contrario: in inverno ci si ammala di più perché si trascorre più tempo in ambienti chiusi dove si respira aria già respirata da altri e quindi con una concentrazione maggiore di virus e batteri.

Con qualche piccola accortezza (tenere caldi i piedi, evitare gli sbalzi di temperatura, vestirsi a strati così da adeguare in fretta l’abbigliamento) è molto importante che l’organismo dei bambini si abitui fin da piccolo ad adattarsi al freddo, se non rischiamo di crescere figli più vulnerabili.

Le pozzanghere con un paio di stivaletti adatti diventano uno spasso, le castagne e le foglie di mille colori uno spettacolo da non perdere. Il vento, se ci si protegge con una giacca adeguata, può essere l’occasione per far volare un aquilone o semplicemente per correre con un sacchetto di plastica attaccato a una corda e un bastoncino. I più intraprendenti potrebbero costruire un bellissimo pesce volante (cerca le indicazioni su internet alla voce Koi-nobori). Fare una bella passeggiata all’uscita da scuola, anche quando verrebbe più facile per tutti rifugiarsi sotto un plaid sul divano è una sfida da non perdere per grandi e piccoli. Per la neve non c’è bisogno di consigli, le idee per divertirsi non mancano mai.

E voi, con l’arrivo del freddo, quanto state all’aria aperta? Che esperienze avete condiviso con i vostri figli fuori di casa in questi giorni senza scuola? Quanto i vostri bambini sono amici del freddo? E voi? Aspettiamo idee per vivere avventure divertenti sotto zero. Un caro saluto a tutti.

Pubblicato il 05 novembre 2012 - Commenti (0)
29
ott

Sei un mito

…Quasi esplodo quando mi dici " Dai,
 vieni su da me che tanto non ci sono i miei"
 … E' incredibile abbracciati noi due
 un ragazzo e una ragazza senza paranoie
senza dirci " io ti amo" o "io ti sposerei"
solo con la voglia di stare bene tra noi
anche se soltanto per una sera appena
sei un mito sei un mito per me
perché vivi e non racconti in giro favole
sei un mito sei un mito per me
non prometti e non pretendi si prometta a te…

[da Sei un mito, Max Pezzali, 1993]


Mio figlio di 12 anni è un fan di Max Pezzali. Lui e i suoi amici sanno a memoria tutte le canzoni. All’ex 883 va riconosciuta la capacità di inventare ritmi travolgenti che conquistano al primo ascolto. Mi ha fatto sorridere sentire J. cantare a squarciagola pezzi che anch’io ascoltavo tanto tempo fa. La cosa strana però è che questa volta ho ascoltato i testi con l’orecchio da mamma e non da ragazzina. Sei un mito perché ci stai e soprattutto ci stai subito. A pensarci bene non è un gran complimento. Tutte le volte che cantavo da ragazza questa canzone non ci avevo mai fatto caso. Sentivo solo la potenza della musica. Sono certa che nemmeno J. pensa a quello che urla e per togliermi ogni dubbio decido di fargli qualche domanda:

 “Ciao J. volevo chiederti un parere sulla canzone di Max Sei un mito” 
“Mi piace, ha un bel ritmo anche se non è la mia preferita”.
“E cosa pensi di quello che dice il ragazzo protagonista della canzone?”
“Boh, non lo so, non ci ho mai pensato”.
“Leggi qui il testo, soprattutto quest’ultima parte”
“Ah, ho capito”. “Cosa hai capito?”
“Che è contento perché sta uscendo con una prostituta”.
“Perché pensi sia una prostituta?”
“Che ne so io? È una che va con tutti, non si chiamano così quelle?”

Direi che J. ha le idee fin troppo chiare. Abbiamo concluso che il ragazzo della canzone è parecchio maleducato a dedicare parole del genere alla ragazza, rischiando di farla passare per una prostituta alle orecchie di quelli che l’ascoltano. E per la parte femminile direi che sarebbe meglio essere considerate un mito per altri meriti. Raccontateci se vi è capitato di discutere con i vostri figli del testo di una canzone o di un film o di qualsiasi altro stimolo che vi ha acceso pensieri.

Vi è capitato di restare colpiti da qualche contenuto in particolare tra quelli consumati dai vostri figli? Avete nel cuore qualche brano o poesia o altro che racconta l’amore con la A maiuscola che vorreste dedicare ai vostri figli? Raccontatecelo. Buona settimana a tutti.

Pubblicato il 29 ottobre 2012 - Commenti (1)
15
ott

Per il superiore interesse dei bambini

La cronaca dei fatti sulle vicende che hanno coinvolto Leonardo nei suoi primi dieci anni di vita:

  • 2001 matrimonio tra i genitori di Leonardo: lui avvocato, lei farmacista;
  • 2002 nasce Leonardo
  • 2005 separazione consensuale che stabilisce che il figlio viva con la madre e il tempo e i modi delle visite del padre. Querele del padre contro la madre e della madre contro il padre.
  • 2009 sentenza che afferma che va tolta la patria potestà alla madre del bambino ma i giudici stabiliscono che Leonardo resti comunque a vivere con lei
  • 2010 la madre ricorre alla sentenza ma perde il ricorso
  • 2011 il padre ricorre alla decisione che Leonardo resti a vivere con la madre
  • 2 agosto 2012 la corte d’Appello di Venezia emana una sentenza che dice che il bambino deve essere tolto dalla tutela della madre e vivere in un luogo neutro
  • 24 agosto e 4 settembre: due tentativi di prelevare Leonardo da casa sua, falliti per la resistenza mostrata dal ragazzo all’essere allontanato da casa sua
  • 10 ottobre 2012 il padre con altri 5 persone (3 agenti in borghese, un rappresentante dei servizi sociali e uno psichiatra) preleva dalla scuola di Cittadella (PD) il figlio Leonardo per portarlo in una Comunità protetta.
Se c’è una cosa chiara nei fatti che hanno coinvolto Leonardo è che è stato un bambino cresciuto in guerra e l’invocato principio: “Per il superiore interesse del bambino” ha fatto acqua da tutte le parti. Gli adulti a lui prossimi, sono scesi in trincea l’uno contro l’altro per difendere il proprio diritto. Lo ha fatto il padre (avvocato), che di fronte al ripetuto rifiuto del figlio, ha più volte tentato di andare a riprenderselo fino a portarlo via di peso dalla sua scuola.

Lo ha fatto la madre (farmacista) che ha difeso il figlio a qualsiasi costo, costruendogli un rifugio in casa e vigilando su qualsiasi invasione, anche quando a bussare alla porta erano uomini con una sentenza della Corte d’Appello.

Lo ha fatto il nonno che da giorni faceva la sentinella fuori da scuola per verificare che non ci fossero sorprese. Il preside aveva segnalato la presenza di un signore anziano nei pressi della scuola, senza sapere che l’interesse di quell’uomo era per un solo bambino: suo nipote.

La ha fatto la zia che ha urlato contro gli agenti, urla strazianti che fanno male a chi le ascolta. Urla che sono giunte chiare alle orecchie di Leonardo tenuto con la forza dal padre e dagli agenti.

Lo hanno fatto gli agenti e le persone incaricate dell’esecuzione della sentenza che questa volta hanno deciso di andare fino in fondo, a qualsiasi costo.

Lo hanno fatto i media che per informare hanno immediatamente diffuso le immagini sconvolgenti del video attivando l’interesse di tutta la nazione e audience da record sui dibattiti infiniti generatesi di conseguenza.

Il caso di Leonardo è davvero complesso. Come capita spesso può darsi che ragione e torto siano distribuite un po’ tra tutte le parti coinvolte, ma ciò che sconvolge l’opinione pubblica è che un bambino si possa trovare in una situazione del genere.  Immagino che nessuno desiderasse far vivere a Leonardo un momento tanto drammatico. Il padre era arrivato a scuola per incontrare il figlio, il Preside aveva collaborato a creare il contesto adatto. Gli agenti e i tecnici presenti al blitz di certo avrebbero evitato volentieri lo strazio di portare di peso un bambino che urla disperato. La sensazione è che tutto sia precipitato e gli attori in gioco hanno deciso di improvvisare: il padre con gli agenti per portare a termine l’impresa e non dover ripetere ancora scene strazianti. I parenti della madre per difendere a qualsiasi costo la loro custodia del bambino.

Penso che in casi come questi né i genitori né i parenti siano in grado di gestire da soli la definizione di ciò che è bene per il proprio figlio/nipote. Serve la mediazione di persone competenti che tutelino l’interesse superiore del bambino. Grazie al cielo in molti casi le separazioni, per quanto dolorose, trovano i modi per costruire un patto di stabilità tra genitori. Qui questo non è accaduto e si sono moltiplicare le querele, le accuse, le sentenze, atti legali per compensare l’incapacità di trovare un accordo, di mediare, di fare un passo indietro. A me hanno molto colpito le urla della zia. Mi sono chiesta: Che effetto avranno fatto su Leonardo? Servivano a tutelare il bambino o a spaventarlo ancora di più? Non sarebbe stato più utile sentirsi dire “Stai tranquillo Leonardo che tanto nessuno vuole farti del male. Noi ci siamo sempre e presto ci rivedremo, adesso stai tranquillo e vedrai che poi i genitori sapranno trovare il modo di esserti vicino. Tutti e due”.

Certo per mamma, nonno e zia che da anni non provano stima per un padre considerato non adatto e violento tanto da dover vedere il figlio solo durante visite protette, sono parole difficili da dire. Significa la resa, fare marcia indietro, permettere all’altro di vincere. Ma significa anche mettere davvero il bene supremo del figlio prima di tutto. Il bambino non stava per essere rapito da sequestratori anonimi che mettevano in pericolo la sua vita. Io non credo che gli agenti fossero arrivati lì con l’idea di fare del male al bambino. Loro eseguivano una sentenza più o meno giusta e spostavano il gioco della contesa su un terreno neutro in nome di una sindrome da alienazione parentale che sarà tutta da dimostrare.

La reazione dei parenti materni ha reso tutto molto più straziante e a mio parere quello non era il luogo per impugnare le armi. La mediazione può avvenire solo laddove le parti sono disposte a fare un passo indietro e questa era una buona occasione per farlo. Il momento di dare una lezione di stile, di dire non solo a parole che si era disposti a trattare. Concedere qualcosa all’avversario è dimostrazione di coraggio e segno concreto per costruire le basi di un accordo di pace. In questa guerra nessuno fa passi indietro e ciò promette poco di buono a Leonardo.

Forse servirebbe per lui davvero un luogo neutro dove costruire una propria visione dei fatti, adulti non in guerra sintonizzati sui suoi bisogni, ma credo che né padre né madre sapranno ammettere che qualcuno può prendersi cura di Leonardo meglio di loro. Per essere genitori ci vuole equilibrio, essere così forti da decidere per la pace anche quando si ha ragione. E voi cosa ne pensate? Che reazioni avete sperimentato di fronte a questo caso mediatico? Immagino che tra voi che leggete ci saranno anche genitori separati che hanno vissuto esperienze di mediazione ben diverse da questa. Raccontateci la vostra esperienza. Un caro saluto a tutti.  

Pubblicato il 15 ottobre 2012 - Commenti (3)
02
ott

Onora tuo nonno e tua nonna

Sono appena tornata al mio posto, gli ultimi fedeli si accostano al sacerdote per ricevere la Comunione, il corridoio centrale è sgombro. Un ragazzino di circa dieci anni, spinge verso l’altare sua nonna. Una bella signora, con il vestito della festa, ben pettinata, i gomiti ben saldi sul tavolino della sua carrozza. Resto colpita dalla sicurezza con cui il ragazzo, pressappoco dell’età di mio figlio grande, governa i movimenti della carrozzina, inversione di marcia inclusa (nonostante gli spazi ristretti). Tutto in lui racconta la normalità di quei gesti.

Quest’immagine mi ha emozionato. Ho visto spesso bambini spingere nei passeggini fratelli o sorelle più piccole, accompagnarli per mano nei loro primi passi, ma non mi era mai capitato di vedere un piccolo prendersi cura di una grande. Alla Messa partecipano speso anziani della casa di riposo accompagnati dai volontari. Ci sono molte carrozzine nelle prime file. Non ne avevo mai vista una spinta da un bambino. Io sono cresciuta con mia nonna Angela. Lei era un vulcano di energia e ricordo un sacco di scale fatte tra le sue braccia. Ricordo che la sera spostava il tavolo della sala mentre io preparavo il giradischi per insegnarmi a ballare il valzer. Ripenso a quando mi metteva sulla sedia per aiutarla a piegare le lenzuola, un pigna sempre molto alta per i clienti della sua pensione. Mi divertivo a tirare forte, a sbattere su e giù le lenzuola che puntualmente mi scivolavano di mano. E poi le torte fatte col frullino a mano, le ore trascorse sulla coperta marrone a dividere le monete, il nonno che si lamentava perché alla televisione si vedeva sempre quello che sceglievo io: “Dai, non far piangere la bambina!” sentenziava mia nonna. I miei genitori lavoravano fuori casa tutto il giorno e io stavo sempre con lei, sentivo tutto il bene che mi voleva in ogni singolo momento del giorno. Una nonna forte ed energica che mi batteva sempre a braccio di ferro e mi cucinava il riso e prezzemolo come mai nessun altro è riuscito più a fare. E a casa sua c’era spazio anche per le mie amichette che ogni tanto potevo invitare dopo scuola. Se i miei figli sapessero quello che mangiavo  farebbero la rivoluzione. Per cena oltre la minestra c’era sempre anche il tubetto della maionese e il salame. Mi divertivo a rigare di giallo ogni fetta e a preparare dei succulenti involtini. E poi le colazioni con una scatola di biscotti zeppi di codine di zucchero e cioccolato che doveva sempre essere nuova. Vedessi mia madre usare la stessa misura coi miei figli sfodererei la spada per la crociata della sana alimentazione! E poi sono diventata grande. Ho iniziato le superiori, l’università e mia nonna ha iniziato a non vincere più a braccio di ferro. Il suo respiro negli anni è diventato debole e la sua indole guerriera non ha mai smesso di lottare con quella gabbia che la imprigionava. Ricordo la fatica con la bici di ritorno dal mercato il giovedì mattina. Andarci era facile ma lei sapeva che poi avrebbe dovuto confrontarsi con la salita che diventava ogni settimana più ripida. Arrivava a casa stremata. Me ne accorgevo perché suonava il mio campanello: “Tieni” ansimava così tanto che non riuscivo a chiederle altro. Ogni giovedì mi portava il pane con l’uvetta. Sapeva che l’adoravo.

La lezione più grande che mia nonna mi ha insegnato è che non bisogna mai rimandare a domani quello che possiamo fare oggi. È morta in estate mentre io ero in vacanza con i miei amici. Molte sere negli ultimi mesi le suonavo il campanello prima di uscire. Io ero di fretta, avevo il mondo da scoprire, un sacco di cose importanti da fare, stavo iniziando a capire chi volevo essere. Lei mi guardava fiera e avrebbe voluto sapere, conoscere, vedere. Ci salutavamo dalla finestra e lei mi guardava mentre correvo giù. Nei sogni spesso entro a casa sua e mi sdraio sul divano in sua compagnia. I miei figli adorano stare con la nonna. Piangono tutte le volte che devono venire a casa. Quando vanno da lei per ognuno c’è un trattamento speciale, la copertina morbida, la cena servita davanti alla tv, chili di sassi da spargere e ammucchiare nella terrazza, pennarelli e fogli di cartoncino spesso. Coccole che resteranno nella memoria per sempre. A noi “adulti di mezzo” il compito di aiutare i nostri figli a onorare i nonni, e sostenerli affinchè un giorno  possano restituire un po’ del bene che hanno ricevuto dai nonni e sentirsi persone migliori. Un caro augurio a tutti i nonni!  

Pubblicato il 02 ottobre 2012 - Commenti (2)
26
set

Scuola: mi piaci!

La scuola è iniziata da qualche settimana, è tempo delle ultime code dal cartolaio per le mine 3H o il normografo (di cui ignoravo l’esistenza), di ultimare il rivestimento dei libri, di resistere allo sguardo supplicante di vostro figlio che vi chiede: “Questo lo puoi fare tu?”. E poi ci sono stati i contenitori per le merende, le etichette su tutto, il grembiulino e “Mamma, ti prego, comprami il raccoglitore nuovo!”. Ci sentiamo degli eroi! Anche quest’anno ce l’abbiamo fatta, nostro figlio ha tutto quello che gli serve, magari senza neanche una nota di richiamo. Ci confrontiamo con le altre mamma sulla mensa, sui corsi sportivi, sul catechismo, un gioco di incastri che impegnerà il nostro ingegno per parecchio fino a  che tutto sarà nuovamente a regime e noi potremo dedicare tutte le nostre energie alla sfida più complessa: come aiutare i nostri figli ad appassionarsi alla scuola?

P. (6 anni) venerdì è uscito da scuola con un trofeo: una corda con tutte le vocali ritagliate da lui e decorate con occhi, bocca e braccia. Era orgoglioso soprattutto della sua U per cui ha scelto per l’incavo interno un ritaglio squadrato. Abbiamo appeso il capolavoro in bella vista sul frigo della cucina.

Apprendere significa acquisire conoscenze al fine di uno scopo. Io ogni giorno leggo tutto quello che mi capita sul tema alimentazione perché cerco di preparare piatti sani che non creino rivolte armate nella mia famiglia. Imparare è un processo complesso nel quale si integrano dimensioni quali: MOTIVAZIONE, EMOZIONE, MEMORIA, PENSIERO. Perché ciò avvenga serve un metodo e addomesticare la fatica. Come possiamo noi genitori aiutare i nostri figli nello studio?

Pensare che nostro figlio possa preferire lo studio della storia alla Wii o a una partita di calcio è utopia. Contrattare con nostro figlio che il tempo degli amici, della Wii, del calcio… sia il premio dopo i compiti è una buona mediazione tra piacere e dovere.

Ai genitori è dato il compito di aiutare chi sta crescendo a sentirsi adeguato, capace di rispettare gli impegni. Sostenere i figli nella fatica senza esasperarli, concedere e chiedere tanto, contrattare, fidarsi per poi chiedere conto, puntare alto, fare insieme. Un lavoro quotidiano che richiede tempo e pazienza e tanti sacrifici da entrambe le parti. Scoprire ogni giorno qual è il posto giusto per essere vicini a un figlio: davanti per trainarlo, a fianco per condividere un pensiero, dietro per lasciarlo provare da solo, per lasciarlo anche sbagliare. Farsi ripetere una lezione è un’occasione per condividere i contenuti ma soprattutto l’approccio con cui avvicinarsi al sapere.

Quando J. (12 anni) mi ripete storia, ogni volta gli faccio qualche domanda sui box di approfondimento (non sottolineati). “Quelli non sono da fare!” Io cerco di aprire, lui vuole chiudere. Io gli dico che è sempre utile sapere una cosa in più, lui mi dice che ha altre tre materie da preparare e poi ci sono gli allenamenti. Chi ha ragione?  Nell’approccio alla conoscenza coesistono due spinte diverse: QUELLA ANALITICA (esplora, ricerca, apre, approfondisce) e QUELLA SINTETICA (riassume, sintetizza, schematizza). Una esplora le deviazioni dal sentiero, l’altra cerca la strada più breve per raggiungere la meta. C’è chi naturalmente è predisposto a uno stile, chi all’altro. Io mi sono sempre persa nelle digressioni. Se un figlio torna a casa con una ricerca da fare sui castagni, d’istinto, se posso, carico tutti in macchina e si parte per un’esplorazione nel bosco, a cui magari si abbina una ricerca di funghi che piace tanto a J. e una raccolta di muschio e cortecce per il Presepe. Morale: si rientra a casa quando è quasi buio col baule pieno e ancora tutti i compiti da fare.  Per le donne che lavorano, la tendenza analitica spesso è inibita dalla realtà, ma so di molte mamme che riescono comunque ad inventarsi spazi creativi coi figli nel loro poco tempo libero.

E voi, come educate nei vostri figli la passione per la scuola? Quali sono le vostre fatiche nel sostenerli? Di cosa siete orgogliosi? Che stile di apprendimento osservate nei vostri figli? E in voi? Aspetto i vostri racconti. Buona settimana a tutti.

Pubblicato il 26 settembre 2012 - Commenti (1)
15
set

Il primo bacio

P. (6 anni): “Mamma, quanti anni avevi quando ti sei baciata in bocca la prima volta?” “Quattordici, l’estate dopo la terza media”
P. “Era con il papà?”
“No, lui non lo conoscevo ancora”.
P. “E come è stato?”
“Strano, ero molto emozionata. Tremavo. Sono tornata a casa tutta agitata”.
A. (8 anni) “L’hai raccontato alla nonna?”
“… Boh, non mi ricordo. Ero così emozionata…  se ne sarà accorta…”
Poi penso che fra qualche anno sarò io ad aspettarli a casa e gioco d’anticipo
“Sì!!!  Adesso che ci penso mi ricordo molto bene, ne ho parlato subito con la mia mamma, le ho raccontato TUTTO!”
P. “E poi perché ti ha lasciato?”
“Non lo so, non l’ho capito bene. Dopo un po’ non mi cercava più… Scusa, ma tu come fai a sapere che è stato lui a lasciarmi?”
P. “So mago! Eri innamorata?”
“Non saprei, direi che ero contenta che lui si fosse interessato a me. Era un bel ragazzo, giocava bene a pallone, piaceva molto anche a una mia amica”.
A. “La tua amica sarà stata triste… lui ha preferito te a lei…”.
“Immagino di sì. Pensa, il giorno dopo sono corsa a raccontarle tutto… ero così in aria che non ho pensato che poteva rimanerci male. Non mi sono comportata da buon’amica. Poi però tutto è tornato a posto: il ragazzo è sparito e con la mia amica era tutto come prima.”
P. “E il secondo che hai baciato chi era?”
Osservo i vicini di ombrellone interessarsi all’intervista e prima de “e il terzo?” opto per un cambio attività: “Cosa ne dite se adesso facciamo un bel castello si sabbia.

L’educazione all’amore di un figlio è un’opera permanente: inizia con le carezze che gli diamo mentre lo nutriamo e si nutre delle esperienze e delle parole che condividiamo con lui. Imparare ad amare è un impegno serio, richiede competenza, volontà, desiderio, pazienza serietà, e tanto altro ancora. Dare significato a quello che facciamo e a quello che sentiamo ci permette di costruire la nostra idea di amore. I figli hanno bisogno di parlare dell’amore coi genitori.

Dopo il castello di sabbia P. ha ripreso l’argomento con nuove domande. Ho raccontato che il mio primo bacio è arrivato all’improvviso, non sapevo bene se quello era il momento giusto o no, non ne avevo parlato con nessuno. Conoscevo da un po’ quel ragazzo ma il bacio è arrivato prima di qualsiasi pensiero su di lui. Mi sono sentita al centro del mondo per un giorno ma l’indomani tutto sembrava svanito. Io non sapevo cosa fare. Ricordo di esserci rimasta male.

A. “Che brutto che è andata così”.
“È stato bello e brutto insieme. Ho capito un po’ di cose”.


Perché le cose da capire sono tante e alcune non basta una vita per impararle. E voi come e quanto parlate di affettività ai vostri figli? Vi hanno fatto domande particolari? Che esperienze avete condiviso con loro? Aspetto i vostri racconti!

A proposito di primo bacio, per genitori di figli preadolescenti, vi consiglio questo bellissimo video e il libro ad esso abbinato (A.Pellai, Il primo bacio, l’educazione sentimentale ai tempi di Facebook, Kowalski, 2012)

Pubblicato il 15 settembre 2012 - Commenti (2)
03
set

Sorridere in famiglia

Il tempo che stiamo vivendo non è dei più facili. La famiglia per molti è un luogo sicuro dove tornare e rinfrancare il cuore. I figli ci stimolano a sperare, ci invitano a vedere il bicchiere mezzo pieno. Questa settimana vorrei condividere con voi alcuni istanti che hanno colorato la nostra estate, parole e gesti che ci hanno fatto sorridere.

A tavola
Per pranzo oggi siamo solo io e Caterina (3 anni) perché gli altri sono andati in piscina. Ho preparato la pasta con residui di formati diversi: gnocchetti sardi e orecchiette. Lei prende un’orecchietta che ha incastrato dentro un gnocchetto e commenta: “Guarda mamma! Sto facendo la pasta mamma e figlio!”.

Stiamo facendo colazione. Io: “Una mia amica ha detto che ha assaggiato dei biscotti eccezionali, i frumentini”. Alice (9 anni) subito: “Ah, ho capito, buoni, sono quelli coi frumenti lattici”.

Caterina si è appena svegliata e sta facendo colazione:
“Papà è domani?”
“Cosa hai detto?”
“Oggi è domani?”
Mio marito ci pensa su un po’… … “Ho capito! Sì, è il domani che dicevi ieri”.


Compiti delle vacanze
Alice deve fare un esercizio di grammatica: scrivere delle frasi con ha/hanno. Mi guarda in cerca di un suggerimento.
“Boh, non so scrivi … - Mio fratello ha 5 anni-.
Mi guarda con occhi delusi: “Mamma, ma che banalità!”


In bagno
Sto mettendo il pigiama a Caterina, ci stiamo dicendo tante cose belle.
“Mamma, ti piace questo pigiama?”
“Molto! È bellissimo”.
“Poi quando diventa grande te lo regalo!”.


In auto
Pietro (6 anni): “Papà, ma se uno fa un incidente scoppia l’iceberg?” (air bag)


In cammino verso la vetta
Pietro: “Mamma, mi fanno male le ascelle delle gambe (mi indica la piega dietro al ginocchio).


Coccole
Devo partire per una breve trasferta di lavoro. Dico a Pietro: “Quando chiamo mi parli?” Lui: “Sì abbraccio forte il telefono così e come se ti abbraccio la faccia”.


Aspetto le vostre chicche per continuare a sorridere, raccontate come i vostri bambini sanno sorprendervi. Un caro saluto.  

Pubblicato il 03 settembre 2012 - Commenti (1)
24
ago

MENÙ BAMBINI = cibo fritto

In montagna, per la prima volta, tutti i nostri figli sono in grado di prendersi da mangiare da soli. Io e mio marito ci sediamo a tavola commossi da questa consapevolezza e ci prepariamo a gustare le prelibatezze della cucina trentina. Per gli adulti leggiamo le proposte dello chef, tutte molto curate e ricche di sapori diversi. I bambini hanno a disposizione un piccolo buffet.

“Mamma, mamma, ci sono quelle che fai anche tu”.
“Ah sì? Cosa tesoro, fammi vedere”.
“Le crocchette di patate… assaggia come sono buone… queste non soffocano”.
“Certo amore, queste sono fritte, la mamma le fa al forno”.
“Per questo ne ho prese così tante!”

Ogni sera entriamo al ristorante e i bambini si precipitano ad aprire le campane d’acciaio che nascondono le specialità preparate per loro dallo chef: i primi: in genere variano tra l’immancabile pasta servita con diversi sughi (carbonara, panna e prosciutto, pesto, etc.), lasagne, ravioli, gnocchi, pizza, etc. i secondi:  bistecca impanata fritta, bocconcino di pollo fritti, bastoncini di pesce fritto, alette di pollo fritte o arrosto, wusterl (ho scoperto su internet che quelli di pollo sono preparati con la carne separata meccanicamente e cioè con una poltiglia rosa ottenuta con la spremitura delle carcasse dei polli, e io che mi illudevo fossero meglio di quelli di suino), hamburger, bocconcini di mozzarella fritti, sofficini fritti, panzerotti fritti, etc. i contorni  patatine fritte, crocchette di patate fritte, patate arrosto. A fianco di ciò spesso si trovano anche  carotine bollite o fagiolini che restano lì in bella mostra a variare i colori della tavola.

La riflessione sul tema mi sembra molto interessante. Io vedo arrivare al tavolo i miei bambini felici come non mai coi loro piatti zeppi delle cose che sono state preparate per loro….
“Certo mamma che qui fanno davvero bene da mangiare, altro che te!”
Potrei dire che una volta all’anno posso chiudere gli occhi e soprattutto la bocca, non rovinare quel momento meraviglioso in cui tutti sono felici e con la bocca piena. E di fatti ci provo. Penso che sostenere un’alimentazione sana coi bambini sia una battaglia impegnativa: serve una rivoluzione allargata, serve che gli adulti si alleino per orientare i gusti alimentari di chi sta crescendo. Non può essere il mercato a scegliere cosa ai nostri figli fa bene mangiare.

Che i campioni olimpici ci dicano che le merendine sono la miglior colazione o merenda per i nostri figli è una colossale menzogna.
Che la bevanda più famosa nel mondo si presenti negli spot offrendosi come l’ingrediente che permette di realizzare la formula della felicità ovvero: “un piacere che tutti possono scoprire a tavola, ogni giorno!” per me è davvero un affronto, soprattutto in questo momento storico in cui tutti i paesi occidentali stanno combattendo per ridurre l’epidemia da obesità e diabete tipo 2 della giovani generazioni. È poi c’è la crisi che non aiuta. Portare fuori a cena i bambini è una sfida al portafoglio e i menù bambini sono un valido aiuto. La soluzione più economica però impone scelte alimentari di sicuro successo per i bambini ma che rinforzano il legame bambino – cibo fritto e/o di bassa qualità. Hot dog – hamburger – bastoncini di pollo impanati + patatina + un dolce. E in alcuni casi anche una sorpresina!

“Mamma, sempre la pasta integrale?”
“Ma se non la mangiate da due mesi!”
“Dici poco? I miei amici non l’hanno mai neanche vista!”

La sfida è dura ma la battaglia va combattuta. Io credo che la svolta sia quella di trovare cibo di qualità che soddisfa i palati di adulti e bambini. Niente però può purtroppo competere con un vassoio di patatine fritte e bocconcini di pollo. L’alternativa, per essere considerata tale, ha bisogno di un territorio neutro e  di un tempo per sperimentare e conoscere nuovi sapori. I grandi chef devono prendersi a cuore questa missione: far appassionare i bambini al cibo che fa bene. Io sto ai fornelli diverse ore al giorno tutti i giorni e per i miei figli sono una che in cucina se la cava piuttosto maluccio. Per fortuna c’è mio marito che mi aiuta a tenere alta la mia autostima di cuoca. E a casa vostra le cose come vanno?

Cosa ne pensate di questo argomento? Raccontatemi  le vostre esperienze. Un caro saluto a tutti.

Pubblicato il 24 agosto 2012 - Commenti (4)
09
ago

Montagna: come convincere i figli a camminare?

È tempo di vacanza e figli a casa, di passatempi e gite da organizzare. La montagna è un luogo ideale per stimolare i bambini alla fatica e i genitori alla creatività: “Come convincere mio figlio a camminare?”

C. (quasi 4 anni) dopo due minuti di passeggiata: “Sono stanca!” e si accuccia a terra. Non è facile farla rialzare. Gli altri figli approfittano della pausa per stravaccarsi a terra e bivaccare.


Mi hanno raccontato di un papà capace di accompagnare il figlio di 6 anni verso vette molto impegnative: ghiacciai, rifugi di alta quota. Il piccolo non smette mai di avanzare a condizione di essere l’ultimo della fila con il papà che gli racconta storie. Metri, minuti, ore di parole che gli danno energia.

Fossi una casa editrice andrei a conoscere questo novelliere infaticabile.

Raccontare storie è una bellissima idea ma serve fiato (soprattutto se si sale) e fantasia… non tutti possono farcela. Ecco qui altre semplici idee:

  • giochi fisici e giochi pratici (questo è il nome che hanno inventato i nostri figli) è una sfida in movimento (adatto quando ci sono più bambini) che permette di avanzare con alcune tappe di gioco in sosta. I giochi possono essere fatti a squadre o individuali.
    Es. di giochi mentre si avanza: Trovare almeno 3 canzoni con la parola … MARE o AMICO o AMORE, etc…; finire la frase in rima: es. “Siam venuti fin qui in montagna noi bambini…”; inventare una storia di un minuto con inizio-svolgimento-fine (lasciare 10 minuti per pensarla e intanto si cammina); trovare la parola misteriosa: si dicono due parole e l’iniziale della parola misteriosa che sta in mezzo perché collegata ai termini che la precedono e la seguono. Es. cane - O - buco (cane – osso – buco), pala – N – bianca (pala – neve – bianca), sirene – U – viaggi (sirene – Ulisse – viaggi); trovare dieci tipi di foglie diverse; etc.
    Esempi di giochi per la sosta: mettere in pila uno sopra l’altro dieci sassi; costruire una scultura a tema coi materiali della natura e darle un titolo; lanciare la pigna con un bastone il più lontano possibile (baseball); etc.

Percorso kneipp.
Percorso kneipp.

  • riprodurre un percorso kneipp: costruire un percorso lineare da delimitare con dei legnetti e disporre tanti tipi di materiali diversi su cui poi camminare a piedi nudi. Il percorso dovrebbe avere anche dei passaggi nell’acqua ma nel nostro caso non è stato possibile realizzarli. Abbiamo preferito costruire l’istallazione a fianco del sentiero così da poter proporre il percorso a tutti i passanti riscuotendo un discreto successo. L’impresa richiede tempi lunghi (3 ore ca. tra costruzione e sperimentazione) quindi è adatta per una giornata stanziale. I materiali che si possono usare sono moltissimi: sassi grossi, sassolini, cortecce, aghi di pino non troppo pungenti, pigne, legnetti, foglie, tronchi, etc. dedicare a ogni materiale almeno 60 cm.

  • la chicca (grazie a G.) un’idea per un tocco di originalità a pranzi e cene del tempo estivo: mettere una cosa strana nella pietanza che viene servita: es. un rametto di rosmarino nel panino del pic-nic, una pasta cruda nel primo, etc. chi trova la chicca deve fare qualcosa di particolare davanti agli altri o avere un trattamento speciale

    E voi come allietate questo tempo di pausa dal lavoro? Per qualche famiglia la crisi ha reso impossibile la possibilità di andare via e a questi genitori è chiesto uno sforzo aggiuntivo: testimoniare ai propri figli comunque la voglia di stare bene insieme. Una chicca speciale a chi ci prova nonostante tutto.
Raccontateci la vostra estate, esperienze belle che avete condiviso con i figli, idee che vi hanno regalato momenti speciali da condividere insieme. Intanto buone vacanze a tutti.

Pubblicato il 09 agosto 2012 - Commenti (3)
02
ago

Ti senti all'altezza?

“Sei una mamma crudele! I miei amici giocano alla Wii tutte le volte che vogliono, tu invece mi costringi a giocare sono mezz’ora!” (J. 11 anni)
“Mi avevi promesso che facevamo quel gioco!... fa niente se piove, tu me lo avevi detto… una promessa è una promessa. Hai imbrogliato!” (A. 9 anni)
“Basta! Tu sgridi sempre me, invece con la C. sei sempre a fare i coccolini. Uffa, non è giusto!” (P. 6 anni)
“Io lo voglio (pianto disperato) voio quel ciupa ciupa… sei cattiva!” (C. 3 anni)

Certo che ce ne vuole per tenere alta l’autostima di una mamma. Ci sono giorni in cui, di fronte agli affondi dei figli, sento crescermi dentro una rabbia mista a frustrazione che fatico a trattenere: “Con tutto quello che faccio per voi???” Poi, come m’insegna mio marito, faccio un respiro profondo, penso che quello che ho sentito sono solo parole e provo a restare calma: “Sarò anche una mamma cattiva, ma si fa come dico io”. Punto. Arrabbiarsi, protestare, accusare… sono azioni prevedibili, i figli vogliono affermare la propria visione dei fatti, sostenere i loro diritti, difendere il loro potere. È  preoccupante se abbiamo figli che non protestano mai, che non ci attaccano, che accettano incondizionatamente ogni nostra indicazione. A 2/3 anni è normale pensare di poter comandare il mondo, a 11 anni lottare per i propri diritti… e non parliamo dell’adolescenza.

È bellissimo quando, dopo un match serrato in cui ho sostenuto una regola o un divieto, anche di fronte alle proteste più intense di un figlio arrabbiato, qualche minuto dopo, lo stesso figlio torna ad abbracciarmi rilassato e sorridente, come a dirmi di continuare così. I figli hanno bisogno di sentirsi contenuti, di sapere che i genitori sono forti. So che il giorno in cui verranno a dirmi che sono stata una brava madre è ancora lontano e chissà mai se arriverà. Quante volte sono andata dai miei genitori per complimentarmi delle loro scelte educative? Ai figli resta attivo sempre il desiderio di rivendicare tutto quello che non si è avuto e continuare a lamentarsi. A quarant’anni si rincorrono ancora i gesti e le parole che i nostri genitori  non sono stati capaci di fare e dire. Gli occhi dei figli, piccoli e grandi che siano, sono sempre piuttosto critici e pronti a rimarcare le mancanze. Nello stesso tempo però capitano momenti di visione in cui sentiamo forte l’affetto per chi si è preso cura di noi. Riconosciamo in quello che siamo le tracce di chi ci ha generato, nel bene e nel male.

Cosa quindi ci permette di pensarci genitori sufficientemente buoni?. E difficile concordare su quali siano gli ingredienti principali di questa professione a tempo pieno, cosa deve sapere, saper fare e saper essere una mamma per sentirsi adeguata. È chiaro che non ci sono risposte semplici ma piuttosto un universo di rappresentazioni che ciascuno di noi ha dentro di sé. La mia qualità che più mi aiuta in famiglia è la flessibilità mentre il difetto che sempre mi accompagna è la sbadataggine. Se qualcuno rovescia una bottiglia di vino rosso sulla tavola imbandita a festa riesco a rimediare un’alternativa a tempo record senza perdere il sorriso, ma mi capita spesso di ricevere la telefonata del pediatra che mi chiede come mai non mi sono presentata all’appuntamento.

E per voi: quali sono le competenze più importanti che mettete in gioco coi figli? O quali le qualità personali di cui andate fieri? Quali sono i vostri punti deboli? Vi sentite all’altezza? Buona settimana a tutti.    

Pubblicato il 02 agosto 2012 - Commenti (2)
16
lug

Cose da sapere – parte seconda

Eccoci qui per qualche altra buona pratica. Conto sui vostri consigli, scrivete nel blog le vostre scoperte perché anche altri possano farne tesoro!

Bere un bicchiere d’acqua appena svegli è una buon’azione per se stessi e il proprio benessere! Dopo una notte di riposo, riempitevi un bicchiere d’acqua a temperatura ambiente e sorseggiatela mentre preparate la colazione. Bere a digiuno permette all’acqua di muoversi rapida nel vostro apparato digerente e, oltre a reidratare i liquidi persi nella notte, darà una spinta utile alla pulizia dell’intestino e all’evacuazione. Per chi non riesce a intraprendere passi impegnativi per il proprio benessere, per le mamme che corrono dalla mattina alla sera senza riuscire a ritagliarsi un momento per sé, questo è un gesto sostenibile, un impegno quotidiano per prendersi cura della propria salute.

La curcuma è considerata l’oro dell’India perché è uno tra i più potenti strumenti di cura di origine naturale. È scientificamente dimostrato che la curcumina (principio attivo di cui è ricca questa spezia) protegge e migliora la salute di tutti gli organi del corpo. “Se dovessi avere un’unica erba su cui fare affidamento per tutte le possibili esigenze di salute e alimentari, sceglierei… la curcuma” (dott. D.Frawley) quindi, perché non fare tesoro di queste scoperte? È definita una spezia anti-cancro ma svolge molte altre azioni terapeutiche quali, analgesico, antiacido, cicatrizzante, migliora il flusso sanguigno, etc. Inoltre è dimostrato che aiuta a bruciare i grassi e a curare problemi cutanei. Certo che per godere di tutti questi poteri benefici è necessario consumarne in buona quantità (1 cucchiaino al giorno), ma state tranquilli, è un gusto a cui ci si appassiona e che si abbina a moltissime cose ghiotte che conquisteranno anche i vostri figli. (Per chi vuole saperne di più sulle spezie vi consiglio un bellissimo libro: Bharat B. Aggarwal, Le spezie che salvano la vita, Armenia).

E voi che cosa avete scoperto? Buona estate a tutti!

Pubblicato il 16 luglio 2012 - Commenti (0)
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