1 aprile 2012 - Domenica delle Palme


Domenica delle Palme. Nella Passione del Signore.

È la domenica che inaugura la settimana che la nostra tradizione liturgica ambrosiana chiama “autentica”, ovvero “santa”. In essa il cammino quaresimale viene coronato dalla celebrazione del Triduo pasquale della morte, sepoltura e risurrezione del Signore, che dispiega l’evento di salvezza che sta alla base della fede e della vita della Chiesa, vale a dire la Pasqua partecipata ai credenti nei sacramenti del Battesimo, della Cresima e dell’Eucaristia. In questa domenica sono previste due distinte celebrazioni: la Messa per la benedizione delle Palme e la processione e la Messa “nel giorno”.

 

Messa per  la benedizione delle Palme

 

Con il rito della benedizione e successiva processione delle palme si intende far memoria del solenne ingresso di Gesù in Gerusalemme riconosciuto come Messia.

 

 

Il Lezionario

 

Vengono proclamati i seguenti brani biblici: Lettura: Zaccaria 9,9-10; Salmo 47; Epistola: Colossesi 1,15-20; Vangelo: Giovanni 12,12-16.

 


Lettura del profeta Zaccaria (9,9-10)

 

Così dice il Signore Dio: 9«Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme!  Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina. 10Farà sparire il carro da guerra da Èfraim e il cavallo da Gerusalemme, l’arco di guerra sarà spezzato, annuncerà la pace alle nazioni, il suo dominio sarà da mare a mare e dal Fiume fino ai confini della terra».

 

Si tratta dell’oracolo messianico nel quale il profeta, in un contesto di esultanza e di grande gioia per Gerusalemme e, dunque, per tutto il popolo d’Israele, annunzia la venuta di un re che godrà della protezione divina e che, a differenza degli altri sovrani, si distinguerà per la sua umiltà, di cui è segno la cavalcatura da lui scelta: «un puledro figlio d’asina» (v. 9). Egli pacificherà e riunirà il popolo in un unico regno di pace che si estenderà ad abbracciare altri popoli e altre nazioni. Questa profezia, nella comprensione di fede della Chiesa, si è compiuta con l’ingresso di Gesù in Gerusalemme acclamato come Messia.

 


Lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi (1,15-20)

 

Fratelli, 15Cristo è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione, 16perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potenze, tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. 17Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono. 18Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa. Egli è principio, primogenito di quelli che risorgono dai morti, perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose. 19È piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta la pienezza 20e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli.

 

Il brano è una proclamazione di fede nel Signore Gesù e nel suo ruolo nella creazione di tutto ciò che esiste in cielo e in terra (vv. 15-17) e specialmente nella “nuova creazione”, quella del suo corpo, la Chiesa, che deve comprendere, nel progetto divino di salvezza, tutta la realtà esistente e che è stata riconciliata e pacificata «con il sangue della sua croce» (vv. 18-20).

 


Lettura del Vangelo secondo Giovanni (12,12-16).

 

In quel tempo. 12La grande folla che era venuta per la festa, udito che Gesù veniva a Gerusalemme, 13prese dei rami di palme e uscì incontro a lui gridando: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele!».

14Gesù, trovato un asinello, vi montò sopra, come sta scritto:15«Non temere, figlia di Sion! Ecco, il tuo re viene,seduto su un puledro d’asina».

16I sui discepoli sul momento non compresero queste cose; ma, quando Gesù fu glorificato, si ricordarono che di lui erano state scritte queste cose e che a lui essi le avevano fatte.

 

Il brano segue immediatamente quello dell’unzione di Gesù in casa di Lazzaro, da lui risuscitato dai morti (Gv 12,1-11) e che viene proclamato nella “Messa del giorno”. I vv. 12-13 riportano l’iniziativa spontanea della folla presente in Gerusalemme per l’imminente festa di Pasqua che va incontro a Gesù  recando non semplici fronde strappate a degli alberi ma palme, simbolo di vittoria, e, rifacendosi alle Scritture (cfr. Salmo 118,25-29), lo acclama quale inviato da Dio e  re d’Israele.

I vv. 14-15 mettono in luce, con il gesto di Gesù di montare su un asinello, che egli è sì il re d’Israele, ma non come i re di questa terra. Anzi, con l’esplicita citazione del profeta Zaccaria (cfr Lettura) viene chiarito che egli è il re umile e pacifico destinato a governare non un solo popolo ma tutte le genti.

Il brano si chiude al v. 16 con l’indicazione preziosa anche per noi: sarà soltanto nell’ora della sua     glorificazione, ovvero della Croce, che i discepoli di allora e di sempre saranno pienamente illuminati e potranno comprendere in pienezza le parole profetiche e i fatti riguardanti il Signore.

La preghiera liturgica commenta in modo insuperabile l’evento salvifico di cui oggi si fa memoria invitando i partecipanti alla celebrazione eucaristica a condividere con le folle di Gerusalemme i gesti e le parole pieni di fede nel Signore Gesù. Così, infatti, cantiamo durante la processione con le palme appena benedette: «Venite tutti ad adorare il Re dell’universo: sei giorni mancano alla sua passione: viene il Signore nella sua città, secondo le Scritture. Accorrono lieti i fanciulli, si stendono a terra i mantelli. In alto levando l’ulivo acclamiamo a gran voce: “Osanna nell’alto dei cieli. Benedetto tu sei che vieni al tuo popolo: abbi di noi pietà”».

Dal canto suo il Prefazio che avvia la Preghiera eucaristica, cogliendo il senso spirituale dell’avvenimento evangelico dell’ingresso messianico del Signore, motiva così il rendere grazie che coinvolge «qui e in ogni luogo» la Chiesa: «Tu hai mandato in questo mondo Gesù, tuo Figlio, a salvarci perché, abbassandosi fino a noi e condividendo il dolore umano, risollevasse fino a te la nostra vita».

 

Messa nel giorno

 

Viene celebrata quando non si fa la processione delle palme benedette. Le letture bibliche e i testi del Messale pongono in rilievo la passione e la morte del Signore che segue l’ingresso trionfale a Gerusalemme.

 

Il Lezionario

 

Riporta i seguenti brani della Scrittura: Lettura: Isaia 52,13-53,12; Salmo 87 (88); Epistola: Ebrei 12,1b-3; Vangelo: Giovanni 11,55-12,11. Alla messa vespertina del sabato viene letto Giovanni 2,13-22 come Lettura vigiliare.

 

Lettura del profeta Isaia (52,13-53,12)

 

Così dice il Signore Dio: 52,13«Ecco il mio servo avrà successo, sarà onorato, esaltato e  innalzato grandemente. 14 Come molti si stupirono di lui – tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo – 15così si meraviglieranno di lui molte nazioni; i re davanti a lui si chiuderanno la bocca, poiché vedranno un fatto mai ad essi raccontato e comprenderanno ciò che mai avevano udito. 53,1Chi avrebbe creduto al nostro annuncio? A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore? 2È cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida. Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. 3Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia, era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. 4Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. 5Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. 6Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. 7Maltrattato,si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. 8Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua posterità? Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per la colpa del mio popolo fu percosso a morte. 9Gli si diede sepoltura con gli empi, con il ricco fu il suo tumulo, sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno nella sua bocca. 10Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. 11Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà la loro iniquità. 12Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha spogliato se stesso alla morte ed è stato annoverato fra gli empi mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli».

 

Il brano riporta il quarto canto del servo di Dio sofferente, di cui si annunziano le persecuzioni a cui andrà incontro e che egli sopporterà con pazienza. Sofferenze, umiliazioni che saranno motivo di rifiuto, di disprezzo e di scandalo ma che nel misterioso disegno divino diventano potente intercessione ed espiazione dei peccati di tutti. Dio, comunque, assicura la buona riuscita e il risultato salvifico delle sofferenze del suo servo, nel quale per la fede viene raffigurato il Signore Gesù nella sua passione e morte.

Lettera agli Ebrei (12,1b-3)

 

Fratelli, 1bavendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, 2tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento. Egli, di fronte alla gioia che gli  era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e si siede alla destra del trono di Dio. 3Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo.

 

Il brano esorta i credenti a perseverare nella lotta e nel rifiuto del peccato tenendo fissa l’attenzione sul Signore Gesù che, per obbedienza ai voleri divini del Padre, si è sottoposto alla Croce che da strumento di umiliazione e di morte è divenuto strumento e segno della sua esaltazione «alla destra del trono di Dio».

 

Lettura del Vangelo secondo Giovanni (11,55-12,11)

 

In quel tempo. 55Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. 56Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?». 57Intanto i capi dei sacerdoti e i farisei avevano dato ordine che chiunque sapesse dove si trovava lo denunciasse, perché potessero arrestarlo.

1Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betania, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. 2E qui fecero per lui una cena. Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. 3Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo. 4Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: 5«Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». 6Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. 7Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché essa lo conservi per il giorno della mia sepoltura. 8I poveri infatti li avete sempre con coi, ma non potete sempre avere me».

9Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti. 10I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Lazzaro, 11perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.

 

Il brano, incentrato sul racconto dell’unzione di Gesù nella casa di Lazzaro (12,1-8), è come incorniciato dai versetti iniziali 11,55-57 e quelli finali 12,9-11. I primi riportano il desiderio della gente, venuta a Gerusalemme per la festa di Pasqua, di poter incontrare Gesù la cui fama, dopo la risurrezione di Lazzaro, si era sparsa ovunque suscitando la reazione ostile delle autorità (v. 57). I versetti finali riferiscono della decisione di mettere a morte anche  Lazzaro a causa del quale molti lasciavano la Sinagoga per aderire a Gesù.

Il racconto dell’unzione (v. 12,3) è collocato nel contesto di un pranzo familiare consumato da Gesù a casa di Lazzaro e delle sorelle Marta e Maria, ardenti di fede e di amore verso di lui che si sta incamminando verso la sua Pasqua! Il pranzo può forse rappresentare la gioia della risurrezione, mentre l’unzione che Maria fa sui piedi di Gesù annunzia la sua sepoltura.

Il significato profondo del gesto di Maria, non capito da Giuda, il traditore (vv. 5-6), consiste nell’anticipare, pur senza saperlo, quello che ella avrebbe presto compiuto sul corpo esanime del Signore.  

La preghiera liturgica evidenzia il perenne valore salvifico della morte del Signore annunziata dalla sua unzione e attualizzata proprio nella celebrazione eucaristica. È quanto pone in luce il Prefazio nel motivare il rendimento di grazie a Dio Padre: «Cristo tuo Figlio, il giusto che non conobbe la colpa, accettò di patire per noi e, consegnandosi a una ingiusta condanna, portò il peso dei nostri errori. La sua morte ha distrutto il peccato, la sua risurrezione ha ricreato la nostra innocenza».

La consapevole certezza che l’efficacia della morte del Signore è intatta nel sacramento del suo amore ci fa riconoscere : «Nel Figlio del suo amore tutto dal nostro Dio ci fu donato, il sangue del Signore ogni peccato nostro ci ha lavato. Perdona il nostro errore, medica le ferite del peccato (Alla Comunione).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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