25 Aprile 2010 Domenica IV di Pasqua

1. La quarta domenica “di Pasqua”
Le lezioni bibliche offerte, per questa domenica, dal Lezionario sono: Lettura: Atti degli Apostoli 21,8b-14; Salmo 15; Epistola: Filippesi 1,8-14; Vangelo: Giovanni 15,9-17. Alla Messa vespertina del Sabato viene proclamato Luca 24,9-12 quale Vangelo della Risurrezione. In questa domenica si celebra, in tutta la Chiesa, la Giornata mondiale delle vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa.

2. Vangelo secondo Giovanni 15,9-17
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai discepoli: 9«Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. 10Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. 11Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. 12Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. 13Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. 14Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. 15Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma io vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. 16Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. 17Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».

3. Commento liturgico-pastorale
Il brano segue immediatamente quello che, nel simbolismo della “vigna”, del “vignaiolo” e dei “tralci”, riporta le parole di rivelazione sul rapporto che lega Gesù al Padre, i discepoli a Gesù e, dunque, al Padre (15,1-8). Nei versetti oggi proclamati il Signore indica, a partire dall’unione stabile di amore con lui, l’identità più vera e più piena del “discepolo”. Possiamo dire di trovarci di fronte a un canto d’amore. Anzitutto l’amore alla sua fonte: quello di Dio Padre per il suo unico Figlio (v 9). Amore per noi inimmaginabile e che il Figlio, venuto in questo nostro mondo, ci ha rivelato. La rivelazione di Dio “amore” è motivo di gioia e di “gioia piena” per noi uomini, in quanto da quell’amore procede l’amore di Gesù per noi (v 11). Quindi l’amore con cui il Padre ama il Figlio è lo stesso amore con cui il Figlio Gesù ama noi! Il v 13 con l’espressione “dare la vita” evoca la morte del Signore come manifestazione concreta e riconoscibile del suo amore. Egli ci ama di un amore assoluto, insuperabile e la prova è la sua effettiva disponibilità a “dare la sua vita” sulla croce. Disponibilità che il Prefazio si incarica di sviluppare dal suo misterioso esordio nel cuore della Trinità: «Mosso a compassione per l’umanità che si era smarrita, egli si degnò di nascere dalla Vergine Maria; morendo ci liberò dalla morte e risorgendo ci comunicò la vita immortale». In questo “amore” di Gesù per noi, che, alla fine, ci lega all’amore del Padre, occorre “rimanere” (v 9) e si “rimane” uniti a Gesù se “custodiamo” i suoi comandamenti ovvero se si obbedisce a quanto lui ordina (v 12), proprio come lui, il Figlio, in tutta verità può affermare di amare il Padre, in quanto obbedisce al suo volere (v 10). Di qui la solenne dichiarazione con cui Gesù promulga i suoi “comandamenti” che si riassumono in uno solo: «che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amato» (v 12 e v 17) e che, è evidente, si concretizza nella disponibilità a “dare la nostra vita”. Niente di più. Niente di meno. Tale “osservanza” è la condizione che garantisce la nostra unione e la nostra “amicizia” con lui e, di conseguenza, la fruttuosità della missione della Chiesa tra gli uomini (v 16): quella di rendere al vivo in Gesù, il Crocifisso/Risorto, l’amore di Dio. La Lettura ci presenta nell’apostolo Paolo pronto a «morire a Gerusalemme per il nome del Signore» (Atti degli Apostoli 21,13) cosa comporti “rimanere” nell’amore del Signore per essere da lui riconosciuti come “amici”, “scelti”, “costituiti”, resi perciò idonei alla missione, la più “fruttuosa” capace cioè di chiamare gli uomini al Vangelo. Missione fruttuosa che l’Apostolo può compiere addirittura “in catene”, come prigioniero, ma “per il Signore” registrando il “progresso del Vangelo” addirittura nel “palazzo del pretorio e dovunque” (Epistola: Filippesi 1,12-13). L’annuale solenne celebrazione della Pasqua del Signore ci riporta alla sorgente del suo amore per noi, donandoci di comprendere sempre di più di quale amore egli ci ha amato e di come la sua unica “consegna” per noi consista nel mettere in pratica, a nostra volta, la sua concreta donazione di amore! Tutto ciò deve farci molto riflettere perché si è tutti tentati di “aggirare” il “precetto” del Signore per noi “impossibile” da “osservare”! La “consegna” d’amore esigita dal Signore è, in realtà, un dono che viene dall’alto, è il suo Spirito che porta nei nostri cuori l’amore del Signore Gesù, sorgente del nostro amore “gli uni per gli altri”. Ciò avviene, di fatto, ogni volta che ci raduniamo per “annunziare” la morte del Signore e “proclamare” la sua risurrezione. Nella celebrazione infatti, lo Spirito Santo attualizza, nel pane e nel vino, la “donazione” che il Signore ha fatto di sé nella sua Pasqua e facendoci partecipi di quel “pane” e di quel “vino” ci riempie dell’amore, quello con cui Gesù ci ha amati e ci abilita a fare altrettanto.

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18 Aprile 2010 Domenica III di Pasqua

1. La terza domenica “di” Pasqua

Con la serie delle altre domeniche, fino alla Pentecoste, anche questa domenica intende sviluppare la ricchezza contenuta nel mistero pasquale del Signore, il “mistero” cioè culmine della nostra salvezza. Le lezioni bibliche, proposte nel Lezionario, sono: Lettura: Atti degli Apostoli 28,16-28; Salmo 96; Epistola: Romani 1,1-16b; Vangelo: Giovanni 8,12-19. Il Vangelo della Risurrezione da proclamare nella messa vespertina del Sabato è preso da Marco 16,1-8a. 

2. Vangelo secondo Giovanni 8,12-19

In quel tempo. 12Il Signore Gesù parlò agli scribi e ai farisei e disse: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita». 13Gli dissero allora i farisei: «Tu dai testimonianza di te stesso; la tua testimonianza non è vera». 14Gesù rispose loro: «Anche se io do testimonianza di me stesso, la mia testimonianza è vera, perché so da dove sono venuto e dove vado. Voi invece non sapete da dove vengo o dove vado. 15Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno. 16E anche se io giudico, il mio giudizio è vero, perché non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato. 17E nella vostra Legge sta scritto che la testimonianza di due persone è vera. 18Sono io che do testimonianza di me stesso, e anche il Padre, che mi ha mandato, dà testimonianza di me». 19Gli dissero allora: «Dov’è tuo padre?». Rispose Gesù: «Voi non conoscete né me né il Padre mio; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio».

3. Commento liturgico-pastorale
Il brano si presenta con le parole di rivelazione che Gesù fa di sé come “Luce del mondo” (v 12) proclamate, come apprendiamo dal v 20, nel Tempio di Gerusalemme, luogo dell’incontro di Dio con il suo popolo. A esse fa seguito il dialogo con i “farisei” (vv 13-19) che ritengono non valida la “testimonianza” che Gesù dà di sé stesso, manifestando in tal modo la loro incapacità di “conoscere” ovvero di credere in Gesù non solo come l’inviato per “illuminare il mondo” mediante la rivelazione del volere salvifico di Dio nei confronti dell’uomo, ma come “Figlio”! Letto nel tempo di Pasqua e, più precisamente nei primi quaranta giorni colmati dalla letizia della “presenza” del Risorto tra i “suoi”, il nostro brano ci offre la “testimonianza” che, nella sua Pasqua e, segnatamente, nella sua risurrezione e nella sua “salita” al Padre, si manifesta in tutta la sua portata la parola di rivelazione che Gesù dà di sé: «Io sono la luce del mondo» (v 12). Nella Pasqua infatti Gesù adempie l’antica aspettativa della definitiva salvezza promessa da Dio non solo al suo popolo, ma a tutti i popoli della Terra! Egli davvero “illumina il mondo” perché nella sua vicenda di morte e di risurrezione fa brillare in tutta evidenza il volere divino di universale salvezza così sintetizzato nel Prefazio: «Da quando l’autore della morte è stato sconfitto per l’azione redentrice di Cristo, l’uomo ha conseguito il dono di un’esistenza immortale e, dispersa la nebbia dell’errore, ha ritrovato la via della verità». Via che dona, a chi “segue” Gesù, la possibilità di fare il suo stesso percorso fino al Padre. Presso di lui, infatti, la promessa di Gesù di donare “la luce della vita” (v 12) si avvera in tutto il suo splendore. Si tratta, nientemeno, della partecipazione al legame di vita e di amore che unisce il Padre al Figlio. È questo il Vangelo che l’apostolo Paolo sente di dover predicare a tutti i popoli perché tutti siano “illuminati” ovvero perché “credano” che i disegni concepiti da Dio per amore degli uomini, si sono concretizzati in Gesù «il Figlio suo, nato dal seme di Davide, secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo spirito di santità, in virtù della risurrezione dei morti» (Romani 1,3-4). Appare, perciò, incomprensibile la chiusura di scribi e di farisei a “conoscere” (v 19) ossia ad aderire con fede a Gesù e, dunque, a Dio Padre! Tale atteggiamento preannunzia l’incredibile chiusura, anche ostile, alla predicazione del Vangelo, che lungo i secoli dovrà affrontare la Chiesa. È ciò che affronta lo stesso Paolo che, nella sua prima prigionia a Roma, si sforza di “dare testimonianza” e “cercava di convincere”, invano, quelli della sua stirpe “riguardo a Gesù” rileggendo con essi Mosè e i Profeti (Lettura: Atti degli Apostoli 28,23). Del resto l’umanità, oggi come allora e come sempre, vive come immersa nelle tenebre di questo mondo e ha bisogno dell’annuncio che squarci il buio opprimente dell’incertezza, della paura, del male. La Chiesa, perciò, perennemente illuminata dalla grazia propria della Pasqua, riflette in questo mondo la “luce” che è il Crocifisso/Risorto nel quale ogni uomo “conosce” finalmente il destino a cui è chiamato! Per questo la Chiesa chiede incessantemente nell’esperienza liturgica della Pasqua, qual è la celebrazione eucaristica, di essere “confermata” nella gioia pasquale per essere testimone «nelle opere della verità che mirabilmente ci ha illuminato» (Orazione Sui doni) vale a dire che: “nell’umiliazione” del Figlio il mondo è stato come “risollevato” in vista della sua partecipazione alla “gloria” eterna di Cristo risorto (cfr. Orazione A conclusione della liturgia della Parola) nella comunione di vita, cioè, con lui e con il Padre.

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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