1. La terza domenica “di” Pasqua
Con la serie delle altre domeniche, fino alla Pentecoste, anche questa domenica intende sviluppare la ricchezza contenuta nel mistero pasquale del Signore, il “mistero” cioè culmine della nostra salvezza. Le lezioni bibliche, proposte nel Lezionario, sono:
Lettura: Atti degli Apostoli 28,16-28;
Salmo 96;
Epistola: Romani 1,1-16b;
Vangelo: Giovanni 8,12-19. Il Vangelo della Risurrezione da proclamare nella messa vespertina del Sabato è preso da Marco 16,1-8a.
2. Vangelo secondo Giovanni 8,12-19
In quel tempo. 12Il Signore Gesù parlò agli scribi e ai farisei e disse: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita». 13Gli dissero allora i farisei: «Tu dai testimonianza di te stesso; la tua testimonianza non è vera». 14Gesù rispose loro: «Anche se io do testimonianza di me stesso, la mia testimonianza è vera, perché so da dove sono venuto e dove vado. Voi invece non sapete da dove vengo o dove vado. 15Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno. 16E anche se io giudico, il mio giudizio è vero, perché non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato. 17E nella vostra Legge sta scritto che la testimonianza di due persone è vera. 18Sono io che do testimonianza di me stesso, e anche il Padre, che mi ha mandato, dà testimonianza di me». 19Gli dissero allora: «Dov’è tuo padre?». Rispose Gesù: «Voi non conoscete né me né il Padre mio; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio».
3. Commento liturgico-pastorale
Il brano si presenta con le parole di rivelazione che Gesù fa di sé come “Luce del mondo” (v 12) proclamate, come apprendiamo dal v 20, nel Tempio di Gerusalemme, luogo dell’incontro di Dio con il suo popolo. A esse fa seguito il dialogo con i “farisei” (vv 13-19) che ritengono non valida la “testimonianza” che Gesù dà di sé stesso, manifestando in tal modo la loro incapacità di “conoscere” ovvero di credere in Gesù non solo come l’inviato per “illuminare il mondo” mediante la rivelazione del volere salvifico di Dio nei confronti dell’uomo, ma come “Figlio”! Letto nel tempo di Pasqua e, più precisamente nei primi quaranta giorni colmati dalla letizia della “presenza” del Risorto tra i “suoi”, il nostro brano ci offre la “testimonianza” che, nella sua Pasqua e, segnatamente, nella sua risurrezione e nella sua “salita” al Padre, si manifesta in tutta la sua portata la parola di rivelazione che Gesù dà di sé: «Io sono la luce del mondo» (v 12). Nella Pasqua infatti Gesù adempie l’antica aspettativa della definitiva salvezza promessa da Dio non solo al suo popolo, ma a tutti i popoli della Terra! Egli davvero “illumina il mondo” perché nella sua vicenda di morte e di risurrezione fa brillare in tutta evidenza il volere divino di universale salvezza così sintetizzato nel Prefazio: «Da quando l’autore della morte è stato sconfitto per l’azione redentrice di Cristo, l’uomo ha conseguito il dono di un’esistenza immortale e, dispersa la nebbia dell’errore, ha ritrovato la via della verità». Via che dona, a chi “segue” Gesù, la possibilità di fare il suo stesso percorso fino al Padre. Presso di lui, infatti, la promessa di Gesù di donare “la luce della vita” (v 12) si avvera in tutto il suo splendore. Si tratta, nientemeno, della partecipazione al legame di vita e di amore che unisce il Padre al Figlio. È questo il Vangelo che l’apostolo Paolo sente di dover predicare a tutti i popoli perché tutti siano “illuminati” ovvero perché “credano” che i disegni concepiti da Dio per amore degli uomini, si sono concretizzati in Gesù «il Figlio suo, nato dal seme di Davide, secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo spirito di santità, in virtù della risurrezione dei morti» (Romani 1,3-4). Appare, perciò, incomprensibile la chiusura di scribi e di farisei a “conoscere” (v 19) ossia ad aderire con fede a Gesù e, dunque, a Dio Padre! Tale atteggiamento preannunzia l’incredibile chiusura, anche ostile, alla predicazione del Vangelo, che lungo i secoli dovrà affrontare la Chiesa. È ciò che affronta lo stesso Paolo che, nella sua prima prigionia a Roma, si sforza di “dare testimonianza” e “cercava di convincere”, invano, quelli della sua stirpe “riguardo a Gesù” rileggendo con essi Mosè e i Profeti (Lettura: Atti degli Apostoli 28,23). Del resto l’umanità, oggi come allora e come sempre, vive come immersa nelle tenebre di questo mondo e ha bisogno dell’annuncio che squarci il buio opprimente dell’incertezza, della paura, del male. La Chiesa, perciò, perennemente illuminata dalla grazia propria della Pasqua, riflette in questo mondo la “luce” che è il Crocifisso/Risorto nel quale ogni uomo “conosce” finalmente il destino a cui è chiamato! Per questo la Chiesa chiede incessantemente nell’esperienza liturgica della Pasqua, qual è la celebrazione eucaristica, di essere “confermata” nella gioia pasquale per essere testimone «nelle opere della verità che mirabilmente ci ha illuminato» (Orazione
Sui doni) vale a dire che: “nell’umiliazione” del Figlio il mondo è stato come “risollevato” in vista della sua partecipazione alla “gloria” eterna di Cristo risorto (cfr. Orazione
A conclusione della liturgia della Parola) nella comunione di vita, cioè, con lui e con il Padre.
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