30 Maggio 2010 - Santissima Trinità

30 Maggio 2010  - Santissima Trinità – Anno C    

1. La domenica della Santissima Trinità

Occupa il posto della prima domenica dopo Pentecoste e, nell’adorazione della Trinità Santissima, proclama l’opera della salvezza compiuta “storicamente” dal Figlio di Dio fatto uomo e prolungata nei secoli dallo Spirito Santo donato dal Signore al compimento della sua Pasqua. Salvezza che discende dal progetto ideato e deciso nel cuore della Trinità. Le lezioni bibliche si desumono dal primo volume, quello festivo, del Libro III del Lezionario Ambrosiano: Il Mistero della Pentecoste: Lettura: Genesi 18,1-10a; Salmo 104; Epistola: 1Corinzi 12,2-6; Vangelo: Giovanni 14,21-26. Alla Messa vespertina del sabato viene proclamato: Marco 16,9-16 quale Vangelo della Risurrezione.    

2. Vangelo secondo Giovanni 14,21-26

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: 21«Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».
 22Gli disse Giuda, non l’Iscariota: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?». 23Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
 25Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi.  26Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».

3. Commento liturgico-pastorale

Il canto Alla Comunione, proposto per l’odierna solennità nel Messale ambrosiano, ci fa così pregare mentre ci accostiamo all’altare per ricevere il Corpo del Signore: «O Trinità beata, a te cantiamo, alla tua maestà ci prostriamo adoranti, in te fermamente crediamo: accresci la nostra fede».
La preghiera liturgica pare voglia dirci che nell’esperienza eucaristica, vale a dire nel contatto sacramentale con il Signore, è possibile risalire al mistero stesso di Dio, della sua vita divina, che Gesù è venuto a rivelarci e a donarci realizzando, in tal modo, i divini progetti che riguardano tutti gli uomini chiamati a credere in lui e ad accogliere la sua parola mediante lo Spirito.
Ed è proprio lo Spirito, quello che il Padre non cessa di mandare “nel nome” di Gesù (Giovanni 14,26) nella celebrazione dei sacramenti che attivano la sua Pasqua, a rendere possibile e perseverante in noi l’adesione di fede e di amore in lui. È, infatti, “nello” Spirito e grazie allo Spirito che ancora oggi e fino alla consumazione dei tempi, le generazioni dei credenti possono dire in tutta verità: «Gesù è il Signore» (Epistola: 1Corinzi 12,3), riconoscendo così che lui è il Figlio venuto nel mondo, è il Crocifisso, il Risorto dai morti, colui che siede alla destra di Dio  e al quale è stato dato ogni potere in cielo e in terra.
È lo Spirito, dunque, a rendere viva per noi la Parola proclamata, ascoltata e letta nelle Sacre Scritture e ad orientare  così i nostri cuori a credere in Gesù quale rivelatore unico e definitivo e a comprendere che essa, la rivelazione da lui portata nel mondo, ha come sua origine  e fine l’amore di Dio per noi. Questo è ciò che grazie allo Spirito “ricordiamo” (v 26) e comprendiamo accogliendo oggi la Parola e guardando ai gesti altrettanto “rivelativi” compiuti da Gesù segnatamente nella sua morte e risurrezione. Con le sue parole e le sue opere egli ci ha rivelato che Dio è amore, amore per noi reso visibile, appunto, nel dono della vita fatto da Gesù per noi.
 Lo Spirito Paràclito che abita in noi ci dona di capire che il gesto d’amore di Gesù, inteso come rivelazione suprema di Dio e del suo amore per noi, sollecita tutti coloro che credono a diventare a loro volta capaci di donarsi nell’amore, prova concreta, questa, di aver “accolto” e “osservato” i suoi “comandamenti”, tutti riassunti, come ben sappiamo, nel precetto della carità (v 21). L’”accoglienza” e l’”osservanza”, segno autentico dell’amore per Gesù, facilita la più profonda “conoscenza” di lui. “Conoscenza” che, in realtà, si fa “esperienza” dell’amore di Gesù e del Padre.
Ha così origine  una misteriosa ma reale circolazione d’amore: il Padre che ama il Figlio, ama tutti coloro che “amano” il Figlio e li lega a sé e al Figlio in un vincolo permanente d’amore reso nel testo evangelico dall’immagine della “dimora” (v 23). Chi “osserva” la parola di Gesù, di fatto, diviene “casa” di Dio, luogo dove lui continua a manifestarsi e a rivelarsi.
 È l’esperienza profeticamente annunciata nella Scrittura nei fatti accaduti presso le “Querce di Mamre” (Lettura: Genesi 18,1-5), allorché Abramo accolse Dio, nei tre misteriosi viandanti, onorandoli con squisita ospitalità, da essi accolta e ricambiata con l’annuncio della nascita del “figlio” (v 10), destinata a imprimere una svolta decisiva nella storia della salvezza.
 È l’esperienza che la comunità dei credenti, di quelli cioè che amano Gesù osservando il suo precetto, fa sommamente nella celebrazione eucaristica, nella quale lo Spirito fa ardere la fiamma viva d’amore che unisce il Padre e il Figlio, fiamma che avvolge quanti ne accolgono la “luce” e il “calore”! 



3 Giugno 2010  - Santissimo Corpo e Sangue del Signore – Anno C
 
1.  La solennità del Corpo e del Sangue del Signore

Il Calendario liturgico della nostra Chiesa ambrosiana la fa celebrare nella sua data tradizionale, vale a dire il giovedì successivo alla prima domenica dopo Pentecoste. L’odierna solennità intende celebrare il mistero della perdurante “presenza vera, reale e sostanziale” del Signore Gesù nei segni del pane e del vino dell’Eucaristia. Una “presenza” da recare anzitutto ai malati, ai morenti come indispensabile viatico nel cammino ultimo verso il Cielo. Una “presenza” che nell’adorazione comunitaria e del singolo vuole aprire il cuore dei fedeli alle meraviglie e al tesoro inesauribile di grazia racchiusa nella santa Messa, “memoriale della Passione” del Signore, “sacrificio di salvezza”, “convito di grazia”.    

2. Il Lezionario

Propone le seguenti lezioni scritturistiche: Lettura: Genesi 14,18-20. Riporta l’incontro di Abramo con Melchìsedek, re di Salem che gli andò incontro offrendogli “pane e vino” e che la tradizione della Chiesa antica interpretò come annunzio e figura dell’Eucaristia. L’Epistola: 1Corinzi 11,23-26 tramanda alle generazioni cristiane ciò che il Signore fece e comandò di fare “in sua memoria” nella cena “nella notte in cui veniva tradito”. Il Vangelo è preso da Luca 9,11b-17 che riporta la prodigiosa moltiplicazione “dei cinque pani e due pesci” con i quali vengono saziati, con sovrabbondanza “circa cinquemila uomini”.    

Vangelo secondo Luca 9,11b-17

In quel tempo. Il Signore Gesù 11prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.    
12Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». 13Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a compare viveri per tutta questa gente». 14C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». 15Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. 16Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. 17Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi avanzati: dodici ceste.        

3. La preghiera liturgica

Riportiamo qui il Prefazio della Messa che esprime il “ringraziamento” della Chiesa a Dio per il suo Figlio Gesù e per quanto egli fece “nell’ultima cena” in cui volle “perpetuare nei secoli il memoriale alla sua passione”. Proponiamo inoltre l’Antifona Alla Comunione come preghiera da recitare anche nella “adorazione” e nella “visita” al Santissimo Sacramento.  

Prefazio
 
È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre, qui e in ogni luogo, a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno.     Cristo tuo Figlio, nell’ultima cena tra i suoi apostoli, volle perpetuare nei secoli il memoriale della sua passione e si offrì a te come agnello senza macchia, come lode perfetta e sacrificio gradito. In questo grande mistero tu nutri e santifichi i tuoi fedeli perché una sola fede illumini e una sola carità riunisca l’umanità diffusa su tutta la terra. Noi ci accostiamo con gioia, o Padre, alla tua mensa, e l’effusione del tuo Spirito ci trasforma a immagine della tua gloria.     Per questo prodigio d’immenso amore tutte le creature si uniscono in un cantico nuovo, e noi con gli angeli e coi santi eleviamo l’inno di adorazione e di lode.  

Alla Comunione
 
Ti lodiamo, Signore onnipotente, glorioso re di tutto l’universo. Ti benedicono gli angeli e gli arcangeli, ti lodano i profeti con gli apostoli. Noi ti lodiamo, o Cristo, a te prostrati, che venisti a redimere i peccati. Noi ti invochiamo, o grande Redentore, che il Padre ci mandò come pastore. Tu sei il Figlio di Dio, tu il Messia che nacque dalla Vergine Maria. Dal tuo prezioso sangue inebriati, fa’ che siam da ogni colpa liberàti.    

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23 Maggio 2010 - Domenica di Pentecoste

La solennità di Pentecoste segna il coronamento della Pasqua del Signore. In essa, infatti, si compie, con il dono dello Spirito Santo, il mistero dell’universale salvezza nella morte e nella risurrezione del Signore Gesù. La peculiare solennità, che l’odierna celebrazione riveste nella tradizione liturgica ambrosiana, è evidenziata dalla liturgia vigiliare vespertina del sabato, dai due schemi di lezioni bibliche presenti nel Lezionario per accompagnare la Messa “nel giorno” e quella “per i battezzati”, obbligatoria nel caso si celebri in essa il sacramento del Battesimo.

1. La Liturgia vigiliare vespertina e la Messa della “Vigilia”

Il Lezionario

    Come avviene nella vigilia di Natale e dell’Epifania è vivamente raccomandata la solenne liturgia vigiliare vespertina che prevede la proclamazione delle seguenti letture vetero-testamentarie: Genesi 11,1-9 con il racconto della dispersione dei popoli alla torre di Babele; Esodo 19,3-8.16-19 evoca l’alleanza di Dio con il suo popolo al Sinai; Ezechiele 37,1-14 con la profezia relativa al dono dello Spirito che rianima “le ossa inaridite”; Gioele 3,1-5 annunzia l’universale effusione dello Spirito su ogni uomo. Le letture previste per la Messa della Vigilia sono: l’Epistola: 1Corinzi 2,9-15a nella quale l’Apostolo esalta il ruolo dello Spirito nel portare a conoscenza “ciò che Dio ci ha donato”; e il Vangelo: Giovanni 16,5-14 contenente la promessa di Gesù di mandare sulla sua comunità lo Spirito Paràclito una volta ritornato al Padre.

La preghiera liturgica

Prefazio

    È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, renderti grazie, Dio onnipotente. A coloro che nella comunione di vita col Signore risorto hai prescelto a diventare tuoi figli, tu concedi, o Padre, con l’effusione dello Spirito Santo i tuoi doni di grazia, portando a compimento il mistero pasquale e anticipando al popolo dei credenti le primizie dell’eredità eterna, che sono chiamati a condividere con Cristo redentore. Così diviene tanto più certa la loro fiducia di incontrarsi con lui nella gloria, quanto più chiara è per essi la coscienza del loro riscatto, e l’esperienza dello Spirito è più inebriante e più viva. Riconoscenti e ammirati per questo disegno d’amore, uniti agli angeli e ai santi, eleviamo a te, o Padre, l’inno di lode.

2. La Messa “nel giorno”

Il Lezionario

    Viene proclamata come Lettura: Atti degli Apostoli 2,1-11 che riporta la narrazione “storica” dell’evento della venuta dello Spirito sui discepoli riuniti “nello stesso luogo”; Salmo 103; l’Epistola è presa da 1Corinzi 12,1-11 nella quale l’Apostolo evidenzia il ruolo dello Spirito Santo nella crescita della fede e del “bene comune” con la varietà dei doni “carismatici”. Il Vangelo è preso da Giovanni 14,15-20:

    In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: 15«Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi».


Commento liturgico-pastorale

    Risalta, nel testo evangelico, la promessa fatta da Gesù che sta per lasciare questo mondo e tornare al Padre, di ottenere da lui l’invio di “un altro Paràclito” (v 16), allusione allo Spirito Santo effuso dal Signore crocifisso e risorto come “il dono” della sua Pasqua. Come dice il termine Paràclito, lo Spirito viene donato con il compito di stare per sempre con la comunità dei discepoli (v 16) e, dunque, di assisterla e di proteggerla. Essendo inoltre lo “Spirito della verità” (v 17) ha pure il compito di tenere viva la Parola di rivelazione e di attualizzare l’opera salvifica compiuta da Gesù nella sua Pasqua. Il Signore, però, sembra legare l’invio dello Spirito Paràclito all’effettiva testimonianza di amore che egli si attende dalla sua comunità e che consiste nell’osservanza dei suoi comandamenti (v 15) tutti riassunti, come sappiamo, nel precetto dell’amore vicendevole. La Chiesa, la comunità del Signore, unita nella carità è il luogo dove dimora e agisce lo Spirito dono del Signore risorto.

La preghiera liturgica

Prefazio

    È veramente cosa buona e giusta renderti grazie, o Dio di infinita potenza, e allietarci in questo giorno solenne, che, nel numero sacro e profetico, ricorda arcanamente la raggiunta pienezza del mistero pasquale. Oggi la confusione che la superbia aveva portato agli uomini è ricomposta in unità dallo Spirito Santo. Oggi gli apostoli, al fragore improvviso che viene dal cielo, accolgono la professione di un’unica fede e, con diversi linguaggi, a tutte le genti annunziano la gloria del tuo Vangelo di salvezza. Per questa effusione dello Spirito esulta la Chiesa, ardente di riconoscenza e d’amore, e, unendo la sua voce di sposa al coro senza fine del cielo, eleva a te, o Padre, con tutte le creature felici il suo inno di lode.

3. La Messa “per i battezzati”

    Sono previsti, nel Messale ambrosiano, due formulari a scelta per tale celebrazione utilizzabili anche fuori del tempo pasquale, mentre il Lezionario propone un unico schema di lezioni bibliche.

Il Lezionario

    La Lettura è presa dal libro degli Atti degli Apostoli 3,1-8 e narra la guarigione dello storpio compiuta, da Pietro e Giovanni nel Tempio, con l’invocazione del “nome” di Gesù Cristo; Salmo 67; nell’Epistola: 1Corinzi 2,9-16 l’Apostolo afferma che lo Spirito conoscendo “anche la profondità di Dio” ci rivela i doni destinati a noi da Dio; Vangelo: Giovanni 3,1-13 riporta il dialogo tra Gesù e Nicodemo “uno dei capi dei Giudei”, con al centro le parole di rivelazione: «se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio».

La preghiera liturgica

Prefazio

    È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre, qui e in ogni luogo, a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno. Oggi celebriamo l’effusione dello Spirito che agli esordi della Chiesa portò l’intelligenza dei misteri divini e la parola di verità per tutte le genti. Egli elargisce agli uomini doni diversi, ma con la varietà delle grazie serba il tuo popolo nell’unità dell’amore. Egli ispira ai predicatori del Vangelo di Cristo la molteplicità di linguaggi ed è la fonte dell’unico annuncio e dell’unica fede. Rinnovata da questo tuo Spirito, esulta di gioia ineffabile tutta la terra e gli angeli inneggiano in cielo, senza fine cantando la tua gloria. (Secondo formulario della Messa “per i battezzati”).

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16 Maggio 2010, Domenica dopo l'Ascensione

La settima domenica “di Pasqua”  

Fa come da ponte tra la solennità dell’Ascensione e quella della Pentecoste nella quale “culmina” il mistero della Pasqua. Il Lezionario prevede: Lettura: Atti degli Apostoli 7,48-57; Salmo 26; Epistola: Efesini 1,17-23; Vangelo: Giovanni 17,1b.20-26. Il Vangelo della Risurrezione, da proclamare nella Messa vespertina del sabato, è preso da Giovanni 20,1-8. (Oggi, nella Chiesa, si celebra la giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali).    


Vangelo secondo Giovanni 17,1b.20-26

In quel tempo. Il Signore Gesù, alzati gli occhi al cielo, disse: 20«Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: 21perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. 22E la gioia che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. 23Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me. 24Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove io sono, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo. 25Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. 26E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro».

Commento liturgico-pastorale

Il brano di questa domenica è preso dall’ultimo colloquio di Gesù con il Padre pronunciato nel contesto della cena pasquale, terminati i discorsi di “addio” proposti nei precedenti quattro capitoli. Il v 1b in particolare si incarica, con la precisazione «alzando gli occhi al cielo», di far capire che Gesù intende vivere l’ora del suo “passaggio” da questo mondo in diretto filiale dialogo con il Padre. Nei vv 20-23 la richiesta di Gesù al Padre riguarda l’”unità” di amore nella quale devono essere conservati i suoi discepoli e, tutti coloro che, lungo i tempi attraverso di essi, perverranno alla fede in lui. I vv 24-26 contengono le “ultime volontà” di Gesù riguardanti la destinazione finale dei suoi discepoli: «siano anch’essi con me dove sono io». Proclamato nei giorni immediatamente seguenti la solennità dell’Ascensione il brano evangelico ci fa capire come quell’evento pasquale riguardi da vicino tutti i credenti destinati, secondo il volere di Gesù, a essere «anch’essi con me dove sono io» (v 24). Perciò, a quanti aderendo a Gesù con fede, entrano a far parte della sua comunità, la parola evangelica indica, nella definitiva partecipazione alla comunione di vita celeste, la destinazione ultima, quella, cioè, di essere «anch’essi con me dove sono io»: nel cuore del Padre! Con altre parole l’Apostolo afferma che Dio, quando risuscitò il suo Figlio Gesù dai morti «e lo fece sedere alla sua destra nei cieli», manifestò in realtà tutta la sua “potenza”, la sua “forza” e il suo “vigore” verso di noi (Epistola: Efesini 1,19) per darci «la speranza di entrare nel regno dei cieli» (Prefazio). «Essere dove è Gesù», «sedere alla destra di Dio», «entrare nel regno dei cieli» è, pertanto, la prospettiva e l’orizzonte che la Pasqua del Signore apre ai credenti e che mai essi devono smarrire. Si comprende, perciò,  come l’Apostolo supplichi perché “il Padre della gloria” «illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi» (Efesini 1,18). Non è facile per nessuno conservare, tra le vicende di questo momento, l’anelito alla “gloria” a cui siamo chiamati. Per questo è per noi indispensabile, fin da ora, avere come un’anticipazione dello stare dove ora è il Risorto, quella che sostenne Stefano nell’ora del martirio: egli «pieno di Spirito Santo, fissando il cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di Dio» (Lettura: Atti degli Apostoli 7,55). Occorre, in una parola, sperimentare da ora, in qualche misura, l’amore con il quale il Padre ama il Figlio (cfr. Giovanni 17,26). Tale esperienza è a nostra portata, come si sa, nella celebrazione eucaristica in cui si avvera la Pasqua della nostra salvezza. In essa la compagine dei credenti, trasformata “in una sola cosa” (v 21) dall’amore incandescente del Signore, avverte di essere amata di quello stesso amore con il quale il Padre “ama” il Figlio (vv 23.25). Resa così “perfetta nell’unità” (v 23) la Chiesa è in grado di calamitare la fede in Gesù del mondo intero (v 23), ma è soprattutto il luogo visibile e riconoscibile nel quale già qui, si sperimenta l’efficacia della richiesta di Gesù: «voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io» (v 24).     L’esperienza eucaristica, dunque, come anticipazione reale e certa della comunione del Cielo. Perciò, la sapienza orante della nostra tradizione liturgica ambrosiana così prega nel cuore della Messa: «Tu che ora ci raduni col vincolo di un amore sincero nell’unità della Chiesa cattolica, serbaci per il banchetto del cielo» (Preghiera Eucaristica V). Il “banchetto”, s’intende, come immagine della comunione d’amore piena e definitiva del cielo, alla quale il Risorto tutti attira.

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9 Maggio 2010 - Domenica VI di Pasqua

A cura di don Alberto Fusi

9 Maggio 2010  - Domenica VI di Pasqua – Anno C

1. La sesta domenica “di Pasqua” I testi biblici proclamati in questa domenica e quelli della preghiera liturgica contenuti nel Messale Ambrosiano orientano l’attenzione orante della Chiesa al mistero dell’Ascensione del Signore che prelude al compimento della Pasqua contrassegnato dal dono dello Spirito. Il Lezionario propone: Lettura: Atti degli Apostoli 21,40b-22,1-22; Salmo 66; Epistola: Ebrei 7,17-26; Vangelo: Giovanni 16,12-22. Nella Messa vespertina del sabato, il Vangelo della Risurrezione è preso da: Giovanni 21,1-14.

2. Vangelo secondo Giovanni 16,12-22

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai discepoli: 12«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da sé stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. 14Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. 15Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.
16«Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete». 17Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos’è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?». 18Dicevano perciò: «Che cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuole dire».
19Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”? 20In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia.
21La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. 22Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia».

3. Commento liturgico-pastorale

Il brano evangelico, preso dal lungo discorso di congedo rivolto da Gesù ai suoi discepoli nel Cenacolo prima di “consegnarsi” alla morte, appare suddiviso in due parti.
Nella prima (vv 12-15) Gesù rivela ai suoi la venuta dello Spirito con il compito essenziale di condurli a “tutta la verità” che è pienamente e definitivamente racchiusa nella “rivelazione” da Lui portata nel mondo. Nella sua attività lo “Spirito della verità” non agirà autonomamente da Gesù. Egli, di fatto, non ha altra “rivelazione” da portare se non quella di Gesù: le sue parole e le sue azioni salvifiche.Nella seconda parte (vv 16-22) Gesù preannunzia, nella sua morte, l’ora di pianto e di tristezza per i suoi e simultaneamente, l’ora della “gioia” portata nel cuore dei discepoli dalla vista del Signore risorto. Una “gioia” che dura nel tempo grazie al permanere del Risorto tra i discepoli.
Tutti noi che ascoltiamo la Parola evangelica dopo gli eventi pasquali possiamo riconoscere e constatare come essa sia stata pronunziata da Gesù, in quell’ora solenne, anche per noi e come si sia avverata e continuamente si avveri nella comunità dei credenti. Se oggi noi ascoltiamo come “vive” le sue parole è grazie allo Spirito Santo da lui donato nella sua Pasqua.
Lo Spirito, infatti, interprete autentico delle Parole di Gesù, ha il compito di guidare i discepoli del Signore, alla “verità tutta intera”, ossia alla piena comprensione di ciò che lui ha detto e compiuto in vista della loro partecipazione alla comunione di vita con lui e, di conseguenza, con il Padre.
L’azione dello Spirito, in sintesi, è quella di “insegnare” ciò che ha “udito” da Gesù e in tal modo di tenere vivi, nella comunità dei credenti, la Parola e i gesti di Gesù. Lo Spirito, pertanto, porta a noi, ancora oggi ciò che “prende” da Gesù, vale a dire la Parola di rivelazione e l’immenso tesoro di grazia da lui accumulato nella sua Pasqua nella quale, come “sacerdote per sempre” salva “perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio” (Epistola: Ebrei 7,25).     Lo Spirito, inoltre rende “testimonianza” al Signore Gesù e dona così ai credenti la forza di “testimoniarlo” lungo i tempi anche a costo di incomprensione e di persecuzione. La Lettura, al riguardo, offre un chiaro esempio nell’apostolo Paolo che, in circostanze drammatiche, rende “testimonianza” di quanto il Signore Gesù ha compiuto in lui sulla via di Damasco (Atti degli Apostoli 22,1-22).
Ed è, infine, lo Spirito a garantire, non certo a livello fisico, ma a livello “misterico-sacramentale”, la permanente presenza del Signore nella sua comunità. Si realizza in tal modo, anche per i credenti e lungo i secoli, la misteriosa affermazione di Gesù: “un poco ancora e mi vedrete” (Giovanni 16,16). Una volta tornato al Padre, Gesù rimane per sempre tra i suoi nei santi misteri e segnatamente nell’Eucaristia nella quale egli continua a esercitare a nostro “favore” quel “sacerdozio che non tramonta” (Ebrei 7,24).
Per questo la preghiera liturgica del Prefazio può dire, in tutta verità, che nella celebrazione rituale della sua “immolazione pasquale”, Gesù «ancora si offre e come nostro avvocato intercede per noi; sacrificato sulla croce, più non muore, ma con i segni della sua passione vive immortale».
Questa costante presenza del Signore “nello Spirito” reca effettivamente nel cuore della Chiesa il dono singolare della “gioia” che niente e nessuno le potrà mai togliere (cfr. Giovanni 16,22). Su di essa, infatti, risplende per sempre il volto di Dio (cfr. Salmo 66): il suo Figlio Gesù, il risorto da morte, che riempie di gioia e di esultanza la terra e il cielo.



13 Maggio 2010  - ASCENSIONE DEL SIGNORE

Nella liturgia di rito ambrosiano la solennità pasquale dell’Ascensione del Signore viene celebrata nel giorno quarantesimo successivo a quello della Risurrezione.

Il Lezionario

Prevede ogni anno le seguenti lezioni bibliche: Lettura: Atti degli Apostoli 1,6-13a che riporta il racconto dell’ascensione del Crocifisso/Risorto al cielo; Salmo 46; Epistola: Efesini 4,7-13 nella quale l’Apostolo evidenzia come dal cielo, il Signore distribuisce doni agli uomini perché arrivino “a raggiungere la misura della pienezza di Cristo”. Il Vangelo è preso da Luca 24,36b-53.
Alla Messa vigiliare vespertina della sera precedente si legge, come Lettura vigiliare: Atti degli Apostoli 1,1-11.

Vangelo secondo Luca 24,36b-53

In quel tempo. 36Il Signore Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi». 37Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. 38Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? 39Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». 40Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. 41Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». 42Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; 43egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
44Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte  le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi».45Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture 46e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48Di questo voi siete testimoni. 49Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
50Poi li condusse fuori verso Bètania e, alzate le mani, li benedisse. 51Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. 52Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia 53e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

Commento liturgico-pastorale

Il brano, conclusivo del Vangelo secondo Luca, narra l’ultimo incontro del Signore risorto con i suoi discepoli, teso a rinsaldare la loro fede in lui, il Maestro che hanno visto morto sulla croce, sepolto e che, ora, sta “in mezzo a loro”, dona la pace e mangia “davanti a loro” (vv 36-42).
Seguono le ultime parole di Gesù, volte ad aprire la mente degli apostoli, ossia a far loro comprendere come tutto ciò che lo riguarda: la sua vita, la sua morte e risurrezione, rientra nel disegno divino di salvezza annunciato nelle Scritture e del quale essi saranno i “testimoni” qualificati grazie allo Spirito Santo che, una volta tornato al Padre, Gesù manderà su di loro (vv 44-49).
I vv 50-53, infine, riportano l’evento dell’Ascensione del Signore, il suo ritorno, cioè, al Padre motivo di gioia e di lode perenne della comunità dei suoi discepoli.

La preghiera liturgica

Il Messale Ambrosiano riporta due distinti formulari; per la “Messa della vigilia” e per la “Messa nel giorno”.
Dal primo formulario viene qui riportata l’orazione “All’inizio dell’Assemblea liturgica”: «Concedi a noi, Padre onnipotente, di tendere con tutte le nostre forze alle altezze del cielo, dove il tuo Figlio oggi è entrato glorioso, e donaci di pervenire con l’integrità della vita là dove si dirige il cammino della fede».
Del formulario per la “Messa nel giorno”, si propone il Prefazio: «È veramente cosa buona e giusta che tutte le creature si uniscano nella tua lode, o Dio di infinita potenza. Gesù tuo Figlio, re dell’universo, vincitore del peccato e della morte, oggi è salito al di sopra dei cieli tra il coro festoso degli angeli.  Mediatore tra Dio e gli uomini, giudice del mondo e Signore dell’universo, non ci ha abbandonato nella povertà della nostra condizione umana, ma ci ha preceduto nella dimora eterna per darci la sicura speranza che dove è lui, capo e primogenito, saremo anche noi sue membra, uniti nella stessa gloria. Per questo mistero, nella pienezza della gioia pasquale, l’umanità esulta su tutta la terra e con l’assemblea degli angeli e dei santi canta in coro l’inno perenne: Santo…».

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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