10 febbraio 2013

Domenica ultima dopo l’Epifania

 

È la domenica detta “del perdono” che, nell’imminenza della Quaresima, incoraggia i fedeli a intraprendere il cammino di conversione e di penitenza, proprio di quel tempo liturgico, nella consapevolezza che Dio è sempre pronto e generoso nel concedere il suo perdono.

Il Lezionario

Prescrive la proclamazione dei seguenti brani biblici: Lettura: Siracide 18,9-14; Salmo 102 (103); Epistola: 2Corinzi 2,5-11; Vangelo: Luca 9,1-10. Alla messa vigiliare del sabato, il Vangelo della Risurrezione è preso da Luca 24,13b.36-48. (Le orazioni e i canti della Messa sono quelli della V Domenica del Tempo «per annum» del Messale Ambrosiano).

Lettura del libro del Siracide (18,11-14)

11Il Signore è paziente verso di loro / ed effonde su di loro la sua misericordia. / 12Vede e sa che la loro sorte è penosa, / perciò abbonda nel perdono.

13La misericordia dell’uomo riguarda il suo prossimo, / la misericordia del Signore ogni essere vivente. / Egli rimprovera, corregge , ammaestra / e guida come un pastore il suo gregge. / 14Ha pietà di chi si lascia istruire / e di quanti sono zelanti per le sue decisioni.

 

Il brano riporta alcuni versetti di un canto a Dio Creatore (18,1-14) intonato dall’autore del libro. Qui, in particolare, viene esaltata la misericordia di Dio verso «ogni essere vivente» (v. 11.13b) messa a confronto con quella dell’uomo che si rivolge soltanto a pochi (v. 13a).

 

Seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (2,5-11)

 

Fratelli, 5se qualcuno mi ha rattristato, non ha rattristato me soltanto, ma, in parte almeno, senza esagerare, tutti voi. 6Per quel tale però è già sufficiente il castigo che gli è venuto dalla maggior parte di voi, 7cosicché voi dovreste piuttosto usargli benevolenza e confortarlo, perché egli non soccomba sotto un dolore troppo forte.

8Vi esorto quindi a far prevalere nei suoi riguardi la carità; 9e anche per questo vi ho scritto, per mettere alla prova il vostro comportamento, se siete obbedienti in tutto. 10A chi voi perdonate, perdono anch’io; perché ciò che io ho perdonato, se pure ebbi qualcosa da perdonare, l’ho fatto per voi, davanti a Cristo, 11per non cadere sotto il potere di Satana, di cui non ignoriamo le intenzioni.

 

Il brano si riferisce probabilmente a una visita dell’Apostolo alla comunità di Corinto in occasione della quale deve aver ricevuto una grave offesa da uno dei suoi membri. Il fatto ha creato in essa un notevole disagio. Dai vv. 5-8 deduciamo che il colpevole era stato in qualche modo “castigato” dalla comunità (v. 6), esortata ora da Paolo a perdonarlo e a riammetterlo tra i fedeli (vv. 7-8). Segue l’insegnamento apostolico sul perdono da accordare sempre per non cadere «sotto il potere di satana» ossia dell’avversario, del nemico, il cui intento è dividere la comunità (vv. 9-11).

 

Lettura del Vangelo secondo Luca (19,1-10)

In quel tempo. Il Signore Gesù 1entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, 2quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, 3cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. 4Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.

5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». 6Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. 7Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». 8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». 9Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. 10Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

La scena è ambientata nella città di Gerico che Gesù stava attraversando. In una prima parte (vv. 2-4) viene presentato Zaccheo quale capo dei pubblicani e per di più ricco, dunque, un pubblico peccatore, desideroso tuttavia «di vedere chi era Gesù» al punto da salire su un sicomoro a motivo della sua bassa statura. La scena riceve una svolta ai vv. 5-6 allorché Gesù «alzò lo sguardo» su Zaccheo dichiarando l’intenzione di recarsi a casa sua suscitando, con ciò, la gioiosa reazione di questi. Il v. 7 registra, con il verbo mormorare, la reazione negativa e ostile della gente sul comportamento di Gesù che non esita a stare in compagnia di un peccatore e, pertanto, di un escluso, di un impuro. Le parole di Zaccheo (v. 8) dicono però che in lui è intervenuto un cambiamento profondo immediatamente riscontrabile nei suoi gesti di riparazione e di carità. I due versetti conclusivi, 9-10, infine, ci consegnano una prima dichiarazione del Signore riguardante la salvezza alla quale, con Zaccheo, sono chiamati i «figli di Abramo» (v. 9). Ad essa fa seguito quella di rivelazione sulla sua missione nel mondo: «cercare e salvare ciò che era perduto» (v. 10).

Commento liturgico-pastorale

L’ultima domenica “dopo l’Epifania” intende disporre il cuore dei fedeli alla celebrazione della Quaresima, che ha lo scopo di ripristinare la grazia della prima partecipazione, nell’acqua del Battesimo, all’evento pasquale della nostra salvezza che viene solennemente ripresentato, ogni anno, nella celebrazione del Triduo Pasquale di Gesù Cristo crocifisso-morto-sepolto-risorto.

La nostra vita, infatti, pur segnata in radice dalla rigenerazione battesimale alla grazia della figliolanza divina, conosce e sperimenta la perdurante debolezza della nostra natura umana che ci inclina a cedere alla “legge del peccato” che ci abita ancora. Di qui la necessità e l’urgenza di superare una simile triste situazione, di certo impossibile alle sole nostre forze, ma grazie alla misericordia di Dio che ci raggiunge, in Cristo, con la grazia del perdono e del rinnovamento della vita.

La disponibilità di Dio all’indulgenza e al perdono è già mirabilmente proclamata nella prima rivelazione a Israele che la celebra nelle sue Scritture. In esse, e specialmente nei libri sapienziali, è testimoniata una volta per tutte la consapevolezza che Dio comprende e compatisce le miserie e il peccato dell’uomo la cui «sorte è penosa» (Lettura: Siracide 18,12) effondendo «su di loro la sua misericordia» (v. 11), intervenendo anche con il rimprovero, la correzione, l’ammaestramento e guidando come un buon pastore l’umanità come suo gregge (cfr. v. 13).

Una consapevolezza esaltata dalla preghiera d’Israele: «Misericordioso e pietoso è il Signore… Non ci tratta secondo i nostri peccati e non ci ripaga secondo le nostre colpe» (Salmo 102 (103) vv. 8.10).

Questa iniziale autentica rivelazione di Dio e del suo mistero trova il suo momento più alto e conclusivo nella persona di Gesù di Nazaret, il suo Figlio venuto in questo mondo. Nella sua parola e nei suoi gesti verso gli esclusi, i reprobi, i peccatori ritenuti oramai perduti, brilla la grandezza del perdono di Dio, capace di ricreare un’esistenza votata alla rovina eterna. Il brano evangelico, a tale riguardo, è una concreta manifestazione di tutto ciò. Il gesto di Gesù che “alza il suo sguardo” su Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco (Vangelo: Luca 19,2),  e gli dichiara la sua volontà di  entrare in comunione con lui andando a casa sua, è un gesto divino, capace cioè, di modificare in radice la vita di quell’uomo che, chiuso in sé stesso e prigioniero del denaro, il più terribile dei tiranni, si apre ora al dono di una nuova esistenza contrassegnata dalla carità verso i poveri, per lui, prima, inesistenti!

Prigioniero del male Zaccheo è, ora, in grado di mettere in moto, «pieno di gioia»  (v. 6), un cambiamento radicale della sua vita dopo aver sperimentato il perdono e la misericordia divina in Cristo il quale può solennemente dichiarare: «Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto» (v. 10).

Gesù, però, è venuto a cercare non solo «i figli di Abramo», ma ogni uomo e, nell’ora della Croce, ha donato effettivamente a tutti la salvezza e la grazia di vivere in comunione con Dio stesso. Zaccheo, pertanto, rappresenta tutti  e ci rassicura: Gesù è sulle tracce di ciascuno di noi! Egli vuole «alzare il suo sguardo» pieno di amore su quanti, al pari di Zaccheo, hanno bisogno di essere chiamati fuori dal potere del male per una nuova vita. Da Gesù la Chiesa ha imparato l’attitudine al perdono e a «far prevalere in tutto la carità» (cfr. Epistola: 2Corinzi 2,8) come possibilità di ridare vita a chi è perduto. Ne fanno fede le istruzioni date dall’Apostolo alla comunità di Corinto a proposito del trattamento da riservare a chi era caduto in un crimine così grave al punto da “rattristare” non solo Paolo ma l’intera comunità (v. 5). L’Apostolo prescrive che nei suoi confronti occorre «usargli benevolenza e confortarlo, perché egli non soccomba sotto un dolore troppo forte» (v. 7).

Attenendosi a ciò, la Chiesa continuerà a portare il perdono divino fino alla fine dei tempi a chi è perduto e a restituirlo all’amore di Dio e dei fratelli in una vita fruttuosa e gioiosa.

 

 

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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