1.
La sesta domenica “dopo il martirio” di san Giovanni il Precursore
Mette in
rilievo la continuata presenza del Signore nella sua Chiesa mediante la
missione affidata ai suoi “inviati”. Il Lezionario prevede i seguenti brani
della Scrittura: Lettura: 1Re 17,6-16; Salmo 14; Epistola:
Ebrei 13,1-8; Vangelo: Matteo 10,40-42. Il Vangelo della
Risurrezione, da proclamare nella Messa vigiliare del sabato, è preso da
Luca 24,13b.36-48. Le orazioni e i canti per la Messa sono quelli della XXVIII
domenica del Tempo “per annum” del Messale ambrosiano.
2. Vangelo secondo Matteo 10,40-42
In quel
tempo. Il Signore Gesù disse: 40«Chi accoglie voi accoglie me, e chi
accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. 41Chi accoglie un
profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un
giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. 42Chi avrà
dato da bere anche solo un bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli
perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».
3. Commento liturgico-pastorale
Il brano evangelico segna la conclusione
del “discorso della missione” (Matteo 10,5-42), incentrata sull’accoglienza
degli inviati per la predicazione del Vangelo. In particolare il v 40 riporta
un “detto” di Gesù rivolto proprio agli apostoli, suoi inviati, nei quali si fa
presente lui stesso e, tramite lui, colui che lo ha “mandato”, Dio!
Il v 41 contiene il “detto” di Gesù
rivolto a quanti accolgono i suoi messaggeri promettendo loro la stessa
“ricompensa” data a essi. Il v 42, infine, riferisce la promessa della
“ricompensa” a quanti accoglieranno “questi piccoli” ossia poveri, perseguitati,
emarginati, proprio perché suoi “discepoli”.
I testi biblici di questa domenica
convergono nell’evidenziare come è Dio stesso e, di conseguenza, il Signore
Gesù a farsi presente nel suo popolo e ora, nella Chiesa, attraverso il
servizio “missionario” compiuto da qualificati suoi “invitati”.
I medesimi testi sono inoltre concordi nel
sottolineare l’esigenza di “accogliere” tali “inviati”. Essi, in realtà, come i
profeti, preparano la venuta di Gesù Cristo, il Figlio “mandato” dal Padre o,
come nel caso degli apostoli, sono mandati da Gesù a predicare il suo Vangelo
di salvezza a partire dalla comunità stessa del Signore, dalla Chiesa.
Alla Chiesa Gesù insegna ad “accogliere” i
suoi messaggeri, ovvero quanti prolungano la sua presenza, con un’accoglienza
che non si limiti alla pura ospitalità, per quanto premurosa, ma con
un’accoglienza che dica accettazione del messaggio che essi trasmettono.
La Sacra Scrittura ha in grande onore e
pone in grande rilievo l’“ospitalità” accordata specialmente ai servi di Dio.
La Lettura, in proposito, propone l’esempio della «vedova di Sarepta di
Sidone» che non esita ad accogliere il profeta Elia e a mettere a sua
disposizione tutto quanto le era rimasto per sopravvivere con suo figlio (1Re
17,12).
Anche l’Epistola sottolinea, con
riferimento all’accoglienza riservata da Abramo ai tre misteriosi personaggi
presso le querce di Mamre (Genesi 18,1-4), come alcuni praticando l’ospitalità
«senza saperlo hanno accolto degli angeli» (Ebrei 13,2), ovvero, messaggeri
celesti. Nei messaggeri e inviati a portare la Parola i credenti sono perciò
esortati da Gesù ad “accogliere” lui stesso e colui che lo ha inviato Dio il
Padre.
Tale ospitalità verso i suoi messaggeri è
a Dio molto gradita. Egli non lascerà senza “ricompensa” anche i più semplici e
umili gesti di accoglienza come offrire «anche solo un bicchiere d’acqua
fresca» soprattutto ai “piccoli” ossia a quei membri della comunità che
trasmettono la sua Parola e rendono al vivo la persona del Signore Gesù non
tanto con la predicazione ma con la loro stessa vita contrassegnata da povertà
materiale e da marginalità.
La vedova di Sarepta come “ricompensa”
dell’ospitalità data a Elia ottenne che la «farina della giara non venne meno e
l’orcio dell’olio non diminuì» (1Re 17,16). Di lei e di suo figlio si prese
cioè cura Dio stesso come fece con il profeta Elia per il quale dispose che “i
corvi” gli portassero mattina e sera “pane e carne” (1Re 17,6).
Chi accoglie il messaggero del Vangelo sia
esso un “profeta”, un “giusto”, ovvero “uno di questi piccoli” che la lettera
agli Ebrei individua nei “carcerati” e nei “maltrattati” (Ebrei 13,3), in
quanto “discepoli” e, perciò, immagine di Gesù maltrattato e rifiutato come
inviato del Padre, riceverà la “ricompensa”.
Questa consiste nella premurosa vicinanza
di Dio da lui stesso assicurata: «Non ti lascerò e non ti abbandonerò» (v 5) e
così espressa nel Salmo 4: «Il Signore fa prodigi per il suo fedele; il Signore
mi ascolta quando lo invoco», ma specialmente
nella partecipazione alla salvezza e alla vita divina che è la
ricompensa spettante ai “profeti”, ai “giusti” e a “questi piccoli”.
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