13 maggio 2012 – VI domenica di Pasqua

Prepara la celebrazione della prossima solennità dell’Ascensione ovvero del ritorno glorioso del Signore Risorto presso il Padre da dove manderà sulla Chiesa lo Spirito Santo Paraclito.

 

Il Lezionario

 

Fa proclamare le seguenti lezioni bibliche: Lettura: Atti degli Apostoli 26, 1-23; Salmo 21 (22); Epistola: 1 Corinzi 15,3-11; Vangelo: Giovanni 15,26-16,4. Il Vangelo della Risurrezione da proclamare nella Messa vigiliare del sabato è preso da Giovanni 21,1-14.

 

Lettura degli Atti degli Apostoli (26,1-23)

 

In quei giorni. 1Agrippa disse a Paolo: «Ti è concesso di parlare a tua difesa». Allora Paolo, fatto  cenno con la mano, si difese così: 2«Mi considero fortunato, o re Agrippa, di potermi difendere oggi da tutto ciò di cui vengo accusato dai Giudei, davanti a te, 3che conosci a perfezione tutte le usanze e le questioni riguardanti i Giudei. Perciò ti prego di ascoltarmi con pazienza. 4La mia vita, fin dalla giovinezza, vissuta sempre tra i miei connazionali e a Gerusalemme, la conoscono tutti i Giudei; 5essi sanno pure da tempo, se vogliono darne testimonianza, che, come fariseo, sono vissuto secondo la setta più rigida della nostra religione. 6E ora sto qui sotto processo a motivo della speranza nella promessa fatta da Dio ai nostri padri, 7 e che le nostre dodici tribù sperano di vedere compiuta, servendo Dio notte e giorno con perseveranza. A motivo di questa speranza, o re, sono ora accusato dai Giudei! 8Perché fra voi è considerato incredibile che Dio risusciti i morti?

9Eppure anche io ritenni mio dovere compiere molte cose ostili contro il nome di Gesù il Nazareno. 10Così ho fatto a Gerusalemme: molti dei fedeli li rinchiusi in prigione con il potere avuto dai capi dei sacerdoti e, quando venivano messi a morte, anche io ho dato il mio voto. 11In tutte le sinagoghe cercavo spesso di costringerli con le torture a bestemmiare e, nel colmo del mio furore contro di loro, davo loro la caccia perfino nelle città straniere.

12In tali circostanze, mentre stavo andando a Damasco con il potere e l’autorizzazione dei capi dei sacerdoti, 13verso mezzogiorno vidi sulla strada, o re, una luce dal cielo, più splendente del sole, che avvolse me e i miei compagni di viaggio. 14Tutti cademmo a terra e io udii una voce che mi diceva in lingua ebraica: “Saulo, Saulo, perché mi perséguiti? È duro per te rivoltarti contro il pungolo”. 15E io dissi: “Chi sei, o Signore?”. E il Signore rispose: “Io sono Gesù, che tu perséguiti. 16Ma ora àlzati e sta’ in piedi; io ti sono apparso infatti per costituirti ministro e testimone di quelle cose che hai visto di me e di quelle per cui ti apparirò. 17Ti libererò dal popolo e dalle nazioni, a cui ti mando 18per aprire i loro occhi, perché si convertano dalle tenebre alla luce e dal potere di Satana a Dio, e ottengano il perdono dei peccati e l’eredità, in mezzo a coloro che sono stati santificati per la fede in me”.

19Perciò, o re Agrippa, io non ho disobbedito alla visione celeste, 20ma, prima a quelli di Damasco, poi a quelli di Gerusalemme e in tutta la regione della Giudea e infine ai pagani, predicavo di pentirsi e di convertirsi a Dio, comportandosi in maniera degna della conversione. 21Per queste cose i Giudei, mentre ero nel tempio, mi presero e tentavano di uccidermi. 22Ma, con l’aiuto di Dio, fino a questo giorno, sto qui a testimoniare agli umili e ai grandi, null’altro affermando se non quello che i Profeti e Mosè dichiararono che doveva accadere, 23che cioè il Cristo avrebbe dovuto soffrire e che, primo tra i risorti da morte, avrebbe annunciato la luce al popolo e alle genti».

 

Il brano riporta il discorso di autodifesa tenuto da san Paolo a Cesarea, in attesa di essere condotto a Roma per essere processato, di fronte al re Agrippa II e al governatore romano Festo, in seguito al tumulto scoppiato a Gerusalemme e culminato con l’arresto dell’Apostolo (Atti degli Apostoli 21,27ss.). Nel suo discorso Paolo esordisce ricordando il suo zelo per la Legge e nel perseguitare i cristiani (vv. 4-11). Offre, quindi, una personale testimonianza dei fatti accaduti sulla strada verso Damasco con al centro le parole di Gesù che lo costituisce suo «ministro e testimone» presso gli Ebrei e i Pagani (vv. 12-18). Nella conclusione Paolo dimostra di aver agito secondo ciò che gli era stato detto dalla “visione celeste” predicando che Gesù è il Cristo annunciato dai Profeti e da Mosè (vv. 19-23).

 

Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (15,3-11)

 

Fratelli, 3a voi ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè

che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture

e che 4fu sepolto

e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture

5e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici.

6In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. 7Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. 8Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto. 9Io infatti sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. 10Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me. 11Dunque, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto.   

 

In questo brano avvertiamo l’intento dell’Apostolo di ribadire ai fragili cristiani di Corinto la portata reale della risurrezione dei morti e lo fa poggiandosi sul cuore dell’annunzio evangelico vale a dire la morte per i nostri peccati e la risurrezione del Signore apparso a Pietro e ai Dodici (vv. 3-5). Elenca altre apparizioni fino all’ultima: quella che riguarda lui che si proclama «il più piccolo degli apostoli» avendo prima perseguitato la Chiesa (vv. 6-9). In conclusione san Paolo proclama l’uniformità della sua predicazione in ordine alla risurrezione su cui si poggia la fede con quella degli altri Apostoli (vv. 10-11).

 

Lettura del Vangelo secondo Giovanni (15,26-16-4)

 

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai discepoli: 26«Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; 27e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.

1Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. 2Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. 3E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. 4Ma vi ho detto queste cose affinché, quando verrà la loro ora, ve ne ricordiate, perché io ve l’ho detto.

Non ve l’ho detto dal principio perché ero con voi».

 

Il brano è collocato nell’ultima cena del Signore con i suoi discepoli in un contesto nel quale viene a essi preannunciata la persecuzione. Si comprende, perciò, come il Signore, ponendosi nella futura condizione di Risorto e di glorificato presso il Padre, prometta ai suoi di mandare su di essi lo Spirito Santo qui indicato con il termine Paraclito. Egli avrà il compito di testimoniare Gesù anzitutto nel cuore dei fedeli, rendendoli in tal modo fermi nella fede e capaci, a loro volta, di dare testimonianza a lui nel loro ambiente di vita (vv. 26-27).

I vv. 1-4 del capitolo 16 riportano le parole con le quali il Signore annuncia per i suoi discepoli la persecuzione e addirittura la morte violenta per mano di gente convinta di agire in conformità al volere divino. Una persecuzione che avrà come protagonista quella stessa cerchia di persone che determinò la morte di Gesù e indicate dall’Evangelista con l’espressione “i Capi dei Giudei”.

 

 

 

Commento liturgico-pastorale

 

L’ascolto delle Scritture, in questa domenica, fa scendere nel nostro spirito la parola del Signore che preannuncia ai suoi discepoli l’invio dello Spirito Santo, il Paraclito. Il brano ci situa nella sala dell’ultima cena nell’imminenza oramai della morte del Signore. Le sue parole si allargano ad abbracciare la condizione che lo vedrà glorioso presso il Padre una volta passato dall’oscurità della morte alla luce  della risurrezione.  

Sarà lui, intronizzato come Signore alla destra di Dio, a mandare ai suoi discepoli che rimangono nel mondo lo Spirito Santo come guida, assistente e difensore al suo posto. È la promessa che si è verificata nell’effusione dello Spirito Santo nel mistero della Pentecoste culmine della Pasqua.

Il Signore sa, infatti, che la sua comunità andrà incontro, come è avvenuto per lui, alla prova e alla persecuzione violenta a causa della fede riposta nella sua Persona. Cosa puntualmente verificatasi nei primi giorni della Chiesa con l’uccisione di Stefano, di Giacomo il Minore e anche nella persecuzione scatenata da Saulo che, una volta trasformato dalla Luce che lo avvolse sulla via di Damasco, ha lui stesso sperimentato la violenza, la prigionia e il giudizio (Cfr la Lettura).  

Con le sue parole il Signore ha perciò presente non solo la comunità del Cenacolo ma, a partire da essa, la comunità credente di tutti i tempi e di tutti i luoghi, quindi, la nostra comunità oggi radunata per la celebrazione, nel mistero, della sua Pasqua. Il Signore sa che anche noi, come una volta i suoi discepoli, potremmo “scandalizzarci” (Giovanni, 16,1) per le tribolazioni e le prove a cui veniamo inevitabilmente sottoposti a causa della nostra fede in lui.

Nella partecipazione all’Eucaristia il Signore Risorto ci fa dono del suo Spirito che, dal di dentro, ci rende sempre più stabili nella fede, ci convince che non vi è altra salvezza se non in Cristo e, dunque, ci rende idonei a dare testimonianza al Signore con la nostra parola e con la nostra vita.

Grazie al dono dello Spirito noi abbiamo accolto il cuore stesso della buona notizia così trasmesso dall’Apostolo: «Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici» (Epistola: 1 Corinzi 15, 3-5) e abbiamo la certezza che «ogni volta che si celebra con questa offerta la memoria del tuo Figlio immolato e risorto, rivive e si rende efficace l’opera della nostra redenzione» ( Orazione “Sui Doni”).

Noi siamo infatti interiormente persuasi che con la sua morte il Signore ci ha liberati dalla “morte eterna” e con la sua risurrezione, accertata da Pietro e dai Dodici Apostoli, ha fatto brillare anche per noi la vita nuova e immortale.

Questo è l’avvenimento capitale e decisivo per ogni uomo che sperimenta la sua radicale insuperabile impotenza di fronte al male e alla morte.

Questa è la bella e la buona “notizia” della quale dobbiamo dare testimonianza sull’esempio dell’Apostolo Paolo, costituito dal Signore «ministro e testimone» di lui davanti alle genti «perché si convertano dalle tenebre alla luce e dal potere di Satana a Dio, e ottengano il perdono dei peccati e l’eredità» (Atti degli Apostoli 26,18), quella che spetta ai figli.

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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