1. La nona domenica “dopo Pentecoste”
Pone in risalto la rivelazione del potere di rimettere i peccati proprio di Dio e del suo unico Figlio. Il Lezionario prevede Lettura: 2Samuele 12,1-3; Salmo 31; Epistola: 2Corinzi 4,5b-14; Vangelo: Marco 2,1-12. Il Vangelo della risurrezione è: Luca 24,13b. 36-48 mentre le orazioni e i canti sono quelli della XX domenica «per annum».
2. Vangelo secondo Marco 2,1-12
In quel tempo. 1Il Signore Gesù entrò in Cafarnao. Si seppe che era in casa 2e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola.
3Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. 4Non potendo però portaglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. 5Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati».
6Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: 7«Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?». 8E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? 9Che cosa è più facile: dire al paralitico “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Alzati, prendi la tua barella e cammina”? 10Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, 11dico a te – disse al paralitico -: alzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua». 12Quello si alzò e subito presa la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».
3. Commento liturgico-pastorale
Per comodità di lettura possiamo così suddividere il brano evangelico: i vv. 1-2 sono introduttivi all’intero racconto che occupa la parte che va dal v. 3 al v. 12 nella quale si inserisce il dialogo polemico con gli “scribi” (vv. 6-9) che culmina con la parola di rivelazione sul potere di Gesù di “perdonare i peccati” (vv. 10-11). In particolare i versetti introduttivi mentre ambientano la successiva scena drammatica evidenziano l’accorrere della gente attorno a Gesù il quale «annunciava loro la Parola» (v. 2).
Capiremo nel corso del racconto incentrato sulla “guarigione” di un “paralitico” come tale annunzio sia finalizzato a suscitare la fede negli ascoltatori. Fede che è espressa non a parole ma con il gesto concreto dei portatori del paralitico i quali, pur di mettere davanti a Gesù il malato, non esitano a scoperchiare «il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un'apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico» (v. 4).
Di fatto Gesù riconosce in quei gesti, alquanto decisi e sbrigativi, “la loro fede” (v. 5) che in questo caso esprime la totale fiducia dei portatori e del paralitico in Gesù. A lui, di fatto, si consegnano confidando nel suo potere!
Le parole del Signore, a questo punto, sono davvero sorprendenti: non sono infatti parole di “guarigione” come era lecito aspettarsi, ma di “perdono dei peccati”. Parole tanto sorprendenti al punto da suscitare la reazione degli “scribi” (vv. 6-7) ovvero degli esperti conoscitori delle Scritture i quali sanno bene che solo Dio ha il potere esclusivo di perdonare i peccati e nessun altro (cfr. Deuteronomio 6,4).
Va qui rimarcata la sottolineatura dell’evangelista. Egli dice che la reazione ostile degli scribi, i quali “giustamente” accusano Gesù di “bestemmia” perché si è attribuito un potere che spetta unicamente a Dio, non viene da essi dichiarata ma pronunciata nel segreto dei loro cuori (v. 6).
Il fatto che Gesù conosca “nel suo spirito” ciò che gli scribi pensavano nella loro mente (v. 8) rivela che egli è dotato di un altro esclusivo potere divino: quello di «conoscere il cuore degli uomini» come in più parti affermano le Scritture.
Arriviamo, così, al culmine del racconto che ha al centro la parola di rivelazione di Gesù sul suo potere di «perdonare i peccati sulla terra» (v. 10), un “potere” al quale gli uomini sono invitati ad aderire con fede e che rende visibile il “potere” stesso di Dio che ha mandato nel mondo il suo Figlio a ridonare all’uomo la gioia del perdono (cfr. ritornello al Salmo 31) che porta alla guarigione integrale, così come avviene nel paralitico. È lui infatti, ora, sulla parola di Gesù (v. 11), ad alzarsi, a prendere la barella e ad andarsene sotto gli occhi stupiti e ammirati dei presenti (v. 12).
Il cammino di fede che ogni anno ci ripropone il tempo liturgico “dopo Pentecoste” giunge in questa domenica a una delle svolte più decisive nella storia della salvezza; quella cioè che il “potere” esclusivo di rimettere i peccati che avviluppano l’uomo nella malattia mortale dello spirito, un potere proprio di Dio, brilla in Gesù Cristo, l'Unigenito suo Figlio che nella sua Pasqua di morte e di risurrezione ha realizzato il perdono dei peccati degli uomini, facendo davvero rifulgere “dalle loro tenebre” la “luce” della vita rinnovata, della risurrezione (cfr. Epistola: 2Corinzi 4,6).
L’iniziale rivelazione vetero-testamentaria annunzia ed esalta ripetutamente il potere divino di rimettere i peccati. È ciò che leggiamo nella Lettura a proposito dell’abisso di colpa nella quale era sprofondato nientemeno che il grande re Davide oggetto delle benedizioni più elette e delle promesse di Dio.
In questo caso, però, Dio per concedere il suo perdono si serve di un intermediario, come il profeta Natan. Questi dopo aver portato alla luce il peccato di Davide e ottenuta da lui la parola di pentimento: «Ho peccato contro il Signore» (2Samuele 12,13a) è in grado non di dare ma di significare a Davide il perdono concesso da Dio che legge il pentimento nel suo cuore: «Il Signore ha rimosso il tuo peccato: tu non morirai» (v. 13b).
Al contrario, il Signore Gesù, il Figlio unico del Padre, è lui in persona ad “assolvere” e a guarire dal male: «Figlio, ti sono perdonati i peccati» (Marco 2,5). Questo potere ora il Signore Gesù continua a esercitarlo nella sua Chiesa specialmente nell’attuazione della sua morte sulla croce che è l’Eucaristia, nell’immersione battesimale nella sua morte e risurrezione, nel sacramento della Riconciliazione o Penitenza.
A questo perdono con fede ferma dobbiamo ricorrere di continuo sapendo che tutti noi portiamo “i tesori” della grazia di Dio nei “vasi di creta” quali sono le nostre persone (2Corinzi 4,7).
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