21 agosto 2011 – X domenica dopo Pentecoste


1. La decima domenica “dopo Pentecoste”

Pone in primo piano l’edificio materiale del Tempio di Gerusalemme come annunzio e figura profetica del vero Tempio di Dio che sono tutti i credenti i quali, sull’esempio di Gesù, offrono sé stessi al Padre. Per la presente domenica pertanto il Lezionario ambrosiano prevede come Lettura: 1Re 8,15-30; Salmo 47; Epistola: 1Corinzi 3,10-17; Vangelo: Marco 12,41-44. Il Vangelo della risurrezione da proclamare alla Messa vespertina del sabato è preso da Giovanni 20,19-23, mentre le orazioni e i canti sono quelli della XXI domenica del Tempo «per annum» nel Messale ambrosiano.


2. Vangelo secondo Marco 12,41-44

In quel tempo. 41Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. 42Ma, venuta una povera vedova, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. 43Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. 44Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».


3. Commento liturgico-pastorale

Il brano evangelico oggi proclamato è immediatamente preceduto dalle severe parole con le quali il Signore smaschera l’ipocrisia degli “scribi”, ovvero di alcuni maestri e dottori della Legge (Marco 12,38-40), i quali amano ostentare una devota religiosità, mentre la loro condotta è ben lontana dalla Legge di Dio. La protagonista della presente pagina evangelica è presentata con un atteggiamento del tutto contrario a quello degli scribi.

Il v. 41 colloca la scena nel Tempio di Gerusalemme e in particolare nei pressi del Tesoro dove erano collocate alcune cassette adatte a ricevere le offerte che i fedeli vi gettavano per contribuire alle spese di manutenzione del Tempio e per il culto divino che in esso veniva offerto. Tra la folla degli offerenti si distinguono agli occhi di Gesù, attento osservatore, “tanti ricchi” che vi gettavano “molte” monete forse con un atteggiamento di compiaciuta ostentazione simile a quella prima descritta negli scribi (vv. 38-40).

Il v. 42 presenta a questo punto “una povera vedova” che getta nel “tesoro” “due monetine”, che ben traduce il termine greco usato dall’evangelista per indicare la più piccola moneta allora in circolazione nella terra di Gesù. Occorre pure notare come la vedovanza, per la maggior parte delle donne, comportava una triste condizione di vita alla quale non c’era rimedio se non affidandosi ai figli o alla pubblica carità. Si comprende perciò come esse andavano sovente incontro a soprusi e sfruttamento, già denunciati dai profeti e anche da Gesù che accusa gli scribi di «divorare le case delle vedove» (v. 40).

È evidente che nel sottolineare il gesto della povera vedova si vuole esaltare la sua generosità totale verso Dio che l’Antico Testamento aveva più volte presentato come «difensore delle vedove e degli orfani».

Di qui la reazione di Gesù che chiama «a sé i suoi discepoli» (v. 43) ai quali intende impartire un insegnamento di grande importanza, come si deduce dalla solenne formula di introduzione: «In verità io vi dico», con la quale egli mostra, ancora una volta, di saper leggere nei cuori di tutti, come nel cuore della vedova che dona una somma di per sé insignificante ma lo fa come segno esterno della sua volontà di donare a Dio «tutto quanto aveva per vivere» (v. 44) ossia tutta sé stessa.

Le parole del Signore sulla “povera vedova” che dona tutto al Tempio e, dunque, a Dio fanno comprendere il significato più profondo di ciò che era prefigurato nell’edificio materiale del Tempio, costruito con grande sfarzo da Salomone figlio di Davide (cfr. Lettura: 1Re 8,15-30).

Il Tempio rappresenta la realizzazione del desiderio del grande re Davide di «costruire una casa al nome del Signore» (v. 17) perché il suo “nome” dimorasse in mezzo al suo popolo Israele garantendo in tal modo la costante presenza di Dio, al quale Salomone chiede di ascoltare «la supplica del tuo servo e del tuo popolo Israele, quando pregheranno in questo luogo» (v. 30).

Il Signore Gesù, con il suo insegnamento, ha mostrato che il Tempio, materialmente inteso come abitazione di Dio in terra, annunziava la costruzione della “santa dimora” che Dio si edifica nel cuore dei credenti veri suoi adoratori. Egli, infatti, non cerca elargizioni e offerte materiali, ma gradisce l’offerta e il sacrificio del cuore come nel caso della vedova che, nelle due monetine, si consegna totalmente e definitivamente a lui.

Avvertiti dall’Apostolo: «Non sapete che siete tempio di Dio» (Epistola: 1Corinzi 3,16), imprimiamo nel nostro spirito ciò che il Signore ha detto scrutando il cuore della povera vedova e riconoscendo nel suo gesto di offerta un anticipo di quanto lui stesso avrebbe compiuto sull’altare della croce: l’offerta di tutto sé stesso al Padre, sacrificio a Dio gradito e fonte di riconciliazione e di santificazione per tutti.

Con le stesse disposizioni così preghiamo nell’Orazione sui doni: «Accetta, o Padre, le offerte che deponiamo sull’altare per esprimere il nostro proposito di servirti e di amarti, e ridonale ai tuoi figli devoti, rese segno e principio di vita redenta».

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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