14 Novembre 2010 - I Domenica di Avvento


1. La venuta del Signore


È il “titolo” distintivo, nel Lezionario ambrosiano, della prima domenica di Avvento con il quale si vuole mettere in luce la dimensione “escatologica”, ovvero l’attenzione alle cose “ultime” della nostra storia, propria dell’inizio di questo tempo liturgico essenzialmente destinato a preparare la celebrazione della “prima venuta” del Signore nel mistero del suo Natale. Le lezioni bibliche, oggi proposte, sono: Lettura: Isaia 51,4-8; Salmo 49; Epistola: 2Tessalonicesi 2,1-14; Vangelo: Matteo 24,1-31. Nella Messa vigiliare del sabato il Vangelo della risurrezione è preso da Marco 16,9-16.


2. Vangelo secondo Matteo 24,1-31

In quel tempo. 1Mentre il Signore Gesù, uscito dal tempio, se ne andava, gli si avvicinarono i suoi discepoli per fargli osservare le costruzioni del tempio. 2Egli disse loro: «Non vedete tutte queste cose? In verità io vi dico: non sarà lasciata qui pietra su pietra che non sarà distrutta». 3Al monte degli Ulivi poi, sedutosi, i discepoli gli si avvicinarono e, in disparte, gli dissero: «Di’ a noi quando accadranno queste cose e quale sarà il segno della tua venuta e della fine del mondo». 4Gesù rispose loro: «Badate che nessuno vi inganni! 5Molti infatti verranno nel mio nome, dicendo: “Io sono il Cristo”, e trarranno molti in inganno. 6E sentirete di guerre e di rumori di guerre. Guardate di non allarmarvi, perché deve avvenire, ma non è ancora la fine. 7Si solleverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno carestie e terremoti in vari luoghi: 8ma tutto questo è solo l’inizio dei dolori. 9Allora vi abbandoneranno alla tribolazione e vi uccideranno, e sarete odiati da tutti i popoli a causa del mio nome. 10Molti ne resteranno scandalizzati, e si tradiranno e odieranno a vicenda. 11Sorgeranno molti falsi profeti e inganneranno molti; 12per il dilagare dell’iniquità, si raffredderà l’amore di molti. 13Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato. 14Questo vangelo del Regno sarà annunciato in tutto il mondo, perché ne sia data testimonianza a tutti i popoli; e allora verrà la fine. 5Quando dunque vedrete presente nel luogo santo l’abominio della devastazione, di cui parlò il profeta Daniele – chi legge, comprenda –, 16allora quelli che sono in Giuda fuggano sui monti, 17chi si trova sulla terrazza non scenda a prendere le cose di casa sua, 18e chi si trova nel campo non torni indietro a prendere il suo mantello. 19In quei giorni guai alle donne incinte e a quelle che allattano! 20Pregate che la vostra fuga non accada d’inverno o di sabato. 21Poiché vi sarà allora una tribolazione grande, quale non vi è mai stata dall’inizio del mondo fino ad ora, né mai più vi sarà. 22E se quei giorni non fossero abbreviati, nessuno vi salverebbe; ma, grazie agli eletti, quei giorni saranno abbreviati. ; 23Allora, se qualcuno vi dirà: “Ecco, il Cristo è qui”, oppure: “È là”, non credeteci; 24perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi segni e miracoli, così da ingannare, se possibile, anche gli eletti. 25Ecco, io ve l’ho predetto. 26Se dunque vi diranno: “Ecco, è nel deserto”, non andateci; “Ecco, è in casa”, non credeteci. 27Infatti, come la folgore viene da oriente e brilla fino a occidente, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. 28Dovunque sia il cadavere, lì si raduneranno gli avvoltoi. 29Subito dopo la tribolazione di quei giorni, “il sole si oscurerà, / la luna non darà più la sua luce, / le stelle cadranno dal cielo / e le potenze dei cieli saranno sconvolte”. 30Allora comparirà in cielo il segno del Figlio dell’uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi del cielo con grande potenza e gloria. 31Egli manderà i suoi angeli, con una grande tromba, ed essi raduneranno i suoi eletti dai quattro venti, da un estremo all’altro dei cieli».


3. Commento liturgico-pastorale

Il brano evangelico odierno riporta buona parte del discorso escatologico, cioè, relativo alle “cose ultime” che devono accadere (24,1-25,46) e che, nel Vangelo secondo Matteo coincidono con la parusia, ovvero il ritorno del Signore Gesù «con grande potenza e gloria». I vv 1-3 relativi alla distruzione del Tempio di Gerusalemme segnano come l’avvio di “queste ultime cose” illustrate da Gesù interrogato esplicitamente su di esse dai suoi discepoli. Tale distruzione segna perciò l’avvio dei “dolori” (vv 4-14) attraverso il ricorso a immagini di realtà ben conosciute quali: guerre, rivoluzioni, carestie… Esse, però, non sono la “fine” la quale è dilazionata in vista della predicazione di «questo Vangelo del regno in tutto il mondo» (v 14). Persino la “grande tribolazione” (vv 15-28), ovvero la terribile persecuzione scatenata dall’Impero romano non rappresenta ancora la fine. In quella circostanza, poi, occorrerà guardarsi dai “falsi messia” dai “falsi profeti” che cercheranno di sedurre anche i credenti.

    La fine (vv 29-31) coincide, invece, con la venuta del Signore, significata dal suo “segno” e descritta con perturbazioni cosmiche, a indicare che tutto il creato è in essa coinvolto, con la sua apparizione sulle “nubi del cielo” e con il raduno degli “eletti”. Le pagine della Scrittura, oggi proclamate, e soprattutto la pagina evangelica di Matteo caratterizzano l’Avvento come tempo in cui la Chiesa, la comunità dei discepoli del Signore, mentre si prepara a celebrare il suo Natale, è sollecitata a considerare di essere incamminata, con l’intera umanità e il cosmo, verso le “cose ultime”. Si tratta, cioè, di tenere vivo nel cuore della Chiesa la domanda rivolta un giorno dai discepoli a Gesù: «quando accadranno queste cose, e quale sarà il segno della tua venuta e della fine del mondo?» (v 3). È una domanda di capitale importanza per tutti noi. Essa ci dice che di tutte le realtà di questo mondo non rimarrà «pietra su pietra» e, pertanto, ci mette in guardia dal cadere vittima del materialismo dilagante che chiude gli occhi e i cuori e li ripiega sulle cose quali il potere, il piacere, il successo, illudendosi sulla loro reale capacità di dare vita e felicità durature.

    È decisivo, in una parola, tenere viva in noi la certezza di fede che questo mondo è destinato a finire e che la sua fine coincide con la seconda definitiva venuta del Signore. La prospettiva dunque è il ritorno “glorioso” del Signore che è venuto nel mondo nell’umiltà e nella piccolezza del Bambino, che ha sofferto la croce per la salvezza. Il Vangelo perciò ci aiuta a comprendere come la “gloriosa venuta del Signore” è dilazionata nel tempo perché a tutte le genti sia predicato il suo nome nel quale c’è salvezza. Nel frattempo la comunità è esortata a non farsi sviare dagli accadimenti e dai fenomeni tragici che scandiscono tale attesa. Tra questi accadimenti, come già per la Chiesa delle origini è da mettere in conto anche la “grande tribolazione” ovvero la persecuzione a cui dovrà andare incontro. Soprattutto la Chiesa deve guardarsi dal lasciarsi sedurre dai falsi profeti o dagli anti-cristi che si impegnano a togliere dal cuore dei credenti la fede nel Signore Gesù e la carità vicendevole e verso tutti per depositarvi i semi malvagi dell’odio e del tradimento (cfr. v 10).

    Anche l’Apostolo mette in guardia la giovane comunità cristiana di Tessalonica dal lasciarsi sedurre dalla «venuta dell’empio» forte della «potenza di Satana, con ogni specie di miracoli e segni e prodigi menzogneri e con tutte le seduzioni dell’iniquità» (Epistola: 2Tessalonicesi 2,9-10). Ciò che apprendiamo in questa I domenica di Avvento va tenuto costantemente presente nel nostro cammino. Abbiamo capito che il mondo, la storia, il cosmo e ognuno di noi ha come prospettiva finale un evento salvifico: il Figlio dell’uomo che porta con sé il suo “segno” ossia la sua croce, l’emblema di ciò che egli ha compiuto per nostro amore e attorno al quale tutti saranno radunati dagli angeli ministri del Signore.

     Si tratta perciò di una prospettiva di per sé piena di luce e non di tenebre già annunziata dall’oracolo profetico e dove trova compimento la divina promessa: «la mia salvezza durerà per sempre, la mia giustizia non verrà distrutta» (Lettura: Isaia 51,6). Per questo occorre trascorrere questa esistenza terrena “perseverando sino alla fine” nella fedeltà al Signore e al suo Vangelo: in concreto rifiutando le ingannevoli seduzioni del mondo, non ”scandalizzandoci” per le umiliazioni e le persecuzioni subite a causa del Vangelo, e soprattutto vivendo integralmente e dando piena testimonianza al Vangelo stesso che è tutto racchiuso nel comandamento della carità, sulla quale tutti saremo giudicati allorché verremo radunati davanti al trono del grande re e giudice.

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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