17 giugno 2012 – III domenica dopo Pentecoste


Pone in rilievo la creazione dell’uomo come momento decisivo nel dispiegarsi della rivelazione divina e, dunque, della storia della nostra salvezza nel Signore Gesù , il Crocifisso Risorto, dal quale viene l’effusione dello Spirito .

 

Il Lezionario

 

Riporta i seguenti brani della Scrittura: Lettura: Genesi 2,18-25; Salmo 8; Epistola: Efesini 5,21-33;  Vangelo: Marco 10,1-12. Il Vangelo della Risurrezione da proclamare nella Messa vespertina del sabato è preso da Marco 5,20-24. Le orazioni e i canti della Messa sono quelli della XI domenica del Tempo “per annum” del Messale Ambrosiano.

 

Lettura del libro della Genesi (2,18-25)

 

In quei giorni. 18Il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda». 19Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. 20Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, ma per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse. 21Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. 22Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo.

23Allora  l’uomo disse:
«Questa volta
è osso dalle mie ossa,
carne dalla mia carne.
La si chiamerà donna,
perché dall’uomo è stata tolta».
24Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne.
25Ora tutti e due erano nudi, l’uomo e sua moglie, e non provavano vergogna.

 

Il brano fa parte del secondo racconto della creazione (Genesi 2,4-3,24) e descrive Dio che, avendo notato la solitudine dell’essere umano da lui plasmato (v. 2,18), vuole porvi rimedio con la creazione degli animali che, però, non sono idonei a “corrispondere” alla pari con l’uomo (vv. 18-19). Segue ai vv. 21-22 la descrizione di Dio che, come un chirurgo, opera su Adamo e, da una delle costole, forma una donna nella fiducia che ora, finalmente, la riconosca come quell’aiuto indispensabile in tutto a lui corrispondente e, perciò, in grado di toglierlo dalla solitudine. Cosa che puntualmente viene registrata al v. 23. Il brano si conclude al v. 24 con la destinazione dell’uomo e della donna a essere «un’unica carne» e con la constatazione della loro nudità che non dà origine alla vergogna in quanto essi sono usciti dalle mani di Dio.

 

Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini (5,21-33)

 

Fratelli, 21nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri: 22le mogli lo siano ai loro mariti, come al Signore; 23il marito infatti è capo della moglie, così come Cristo è capo della Chiesa, lui che è salvatore del corpo. 24E come la Chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli lo siano ai loro mariti in tutto.25E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, 26per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola, 27e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. 28Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo: chi ama la propria moglie, ama se stesso. 29Nessuno infatti ha mai odiato la propria carne, anzi la nutre e la cura, come anche Cristo fa con la Chiesa, 30poiché siamo membra del suo corpo. 31 Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne. 32Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! 33Così anche voi: ciascuno da parte sua ami la propria moglie come se stesso, e la moglie sia rispettosa verso il marito.

Il brano rientra nella parte esortativa della lettera (capitoli 4,1-6,24) con la quale l’Apostolo trae le conseguenze pratiche da quanto ha detto nella parte dottrinale (capitoli 1,3-3,21) a proposito della Chiesa, quale Corpo di Cristo, nel quale convergono in unità giudei e pagani. Qui le conseguenze riguardano la vita in famiglia dei credenti e perciò si chiede alle mogli di stare sottomesse ai loro mariti sul modello della Chiesa che è sottomessa a Cristo (vv. 21-24). Ai mariti si chiede nei confronti delle mogli di amarle come «Cristo ha amato la Chiesa» non esitando a dare per essa la sua vita sulla Croce (vv. 25-31). Un linguaggio, questo, duro da accettare per la nostra mentalità. Tutto, comunque, per Paolo si fonda e si regge sul «mistero» del rapporto Cristo/Chiesa che lui dice «grande» (v. 32).

 

Lettura del Vangelo secondo Marco (10,1-12)

 

In quel tempo. 1Partito di là, venne  nella regione della Giudea e al di là del fiume Giordano. La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli insegnava loro, come era solito fare. 2Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, gli domandavano se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. 3Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». 4Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». 5Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. 6Ma dall’inizio della creazione “li fece maschio e femmina; 7per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie 8e i due diventeranno una carne sola”. Così non sono più due, ma una sola carne. 9Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». 10A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. 11E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; 12e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».

 

Il testo fa parte di una serie di insegnamenti impartiti da Gesù alle folle che accorrevano a lui in viaggio verso Gerusalemme dove l’attende l’ora della Croce (v. 1). L’insegnamento riportato è provocato dalla domanda fattagli, con intento malevolo, da alcuni farisei e riguardante la liceità del divorzio (v. 2). I vv. 3-9 registrano l’iniziale dialogo con i suoi interlocutori e la soluzione magisteriale della questione con il riferimento esplicito alla volontà di Dio creatore dell’uomo «maschio e femmina» destinati da lui a diventare «una carne sola» (cfr. Gen 1,27; 2,24). I vv. 10-12 riportano infine l’insegnamento impartito da Gesù ai soli discepoli a casa, sottolineando la speciale cura nella loro formazione che essi dovranno trasmettere alla sua Casa che è la Chiesa. In esso, con riferimento diretto all’intento di Dio creatore dell’uomo maschio e femmina, è pertanto escluso il divorzio sia da parte del marito sia da parte della donna che, nel mondo pagano, godeva di questo diritto al pari dell’uomo.

 

Commento liturgico-pastorale

 

È importante per noi lasciarci penetrare dalla luce dello Spirito che apre la nostra mente alla comprensione più profonda della progressiva rivelazione che Dio fa di sé e del suo disegno sul mondo e che è testimoniata nelle Scritture. Rivelazione che, come sappiamo e crediamo, ha il suo fondamento e principio e il suo esito pieno nella venuta in questo mondo del Figlio unico di Dio, Crocifisso e Risorto.

L’illuminazione interiore della Spirito ci dà la capacità di risalire dal racconto biblico della creazione dell’uomo, maschio e femmina (Cfr. Lettura), di risalire alla grandezza e alla magnanimità di Dio che si rivela premuroso fino alla tenerezza per le sue creature (Genesi 2,18.21 ss). Ci dà, inoltre, la capacità di penetrare il significato nascosto di quel racconto fino a scorgere in quella creazione e nelle sue caratteristiche, l’anticipazione profetica del “grande mistero”, quello cioè dell’unione di Cristo e della Chiesa e di cui ci parla l’Apostolo (Epistola: Efesini 5,32).

Proprio per questo il Creatore plasma l’uomo e da esso forma la donna che il primo riconosce come quell’«aiuto che gli corrisponde» (Gen 2,18): «Questa volta è osso delle mie ossa...» (Gen  2,23) e, cosa davvero mirabile, i «due» sono destinati ad essere «un’unica carne», a fondersi cioè in unità di spirito e di vita.

È questo volere di Dio impresso fin dall’origine del tempo a far sì che l’unione dell’uomo e della donna abbia la nota essenziale dell’unità: «i due saranno un’unica carne» e, perciò, dell’indissolubilità: essendo impraticabile la divisione dell’unica carne.

A questo volere Gesù si rifà nella sua risposta alla domanda dei farisei fatta «per metterlo alla prova»: «dall’inizio della creazione “li fece maschio e femmina... perché diventino una sola carne», con la conclusione perentoria che egli lascia come norma non solo ai suoi discepoli: «Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto” (Vangelo: Marco 10, 6-9).

Perché non accada che, “per la durezza del nostro cuore” (v. 5) trasgrediamo al comando del Signore, facciamo costante riferimento alla sua unione d’amore per la Chiesa, sua “carne”, sua sposa. Un amore che lo ha spinto a offrirsi per essa fino alla morte, fino alla trafittura del suo fianco da cui, come supremo dono uscì il flusso di sangue e acqua che continua a scorrere per tutti nella realtà sacramentale che ha il suo culmine e la sua fonte nell’Eucaristia.

Impareremo così a non guardare all’unione sponsale dell’uomo e della donna con le sole categorie sociologiche, ma con quelle rivelate dal rapporto Cristo/Chiesa caratterizzato dal dono di sé spinto all’estremo e che fa nascere spontanea l’ubbidienza e la sottomissione amorosa a lui che ha amato e ama per primo.

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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