19 maggio 2013 – Domenica di Pentecoste

 

Celebra il mistero dell’effusione dello Spirito Santo sugli apostoli, al compimento dei cinquanta giorni di Pasqua, secondo la promessa del Signore.

Per l’odierna solennità la tradizione liturgica della nostra Chiesa Ambrosiana presenta due schemi di brani biblici e di testi ecologici, rispettivamente per la Messa “della Vigilia” da celebrare nel contesto della Liturgia vigiliare vespertina e per la Messa “nel giorno”. È anche prevista, qualora si celebri il Battesimo, la Messa “per i battezzati” con un proprio formulario eucologico e le rispettive lezioni bibliche.

 

La Messa della Vigilia

 

Normalmente deve essere celebrata nel contesto della Liturgia vigiliare del sabato sera organizzata sul modello della Veglia Pasquale.

 

Il Lezionario

 

Prevede la proclamazione di quattro Letture vetero-testamentarie: Genesi 11,1-9; Esodo 19,3-8.16-19; Ezechiele 37,1-14; Gioele 3,1-5; dell’Epistola: 1 Corinzi 2,9-15a e del Vangelo: Giovanni 16,5-14.

 

Lettura del libro della Genesi (11,1-9)

 

In quei giorni. 1Tutta la terra aveva un’unica lingua e uniche parole. 2Emigrando dall’oriente, gli uomini capitarono in una pianura nella regione di Sinar e vi si stabilirono. 3Si dissero l’un l’altro: «Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco». Il mattone servì loro da pietra e il bitume da malta. 4Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo, e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra». 5Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che i figli degli uomini stavano costruendo. 6Il Signore disse: «Ecco, essi sono un unico popolo e hanno tutti un’unica lingua; questo è l’inizio della loro opera, e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. 7Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro». 8Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. 9Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra.

 

Il brano racconta la storia della torre di Babele, ambientata nella Mesopotamia e la cui costruzione è attribuita agli uomini delle origini uniti da «un’unica lingua e uniche parole» desiderosi di «farsi un nome» (vv. 1-4). Dio, perciò, interviene facendo sì che l’unica lingua, finora parlata dagli uomini, si confonda in una molteplicità di linguaggi incapaci di comprendersi fra di essi (vv.5-8). Il v. 9 mette in luce la successiva dispersione dell’umanità prima raggruppata in un unico luogo e unita da un’unica lingua.

 

Lettura del libro dell’Esodo (19,3-8.16-19)

 

In quei giorni. 3Mosè salì verso Dio, e il Signore lo chiamò dal monte, dicendo: «Questo dirai alla casa di Giacobbe e annuncerai agli Israeliti: 4“Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatto venire fino a me. 5Ora, se darete ascolto alla mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me una proprietà particolare tra tutti i popoli; mia infatti è tutta la terra! 6Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa”. Queste parole dirai agli Israeliti». 7Mosè andò, convocò gli anziani del popolo e riferì loro tutte queste parole, come gli aveva ordinato il Signore. 8Tutto il popolo rispose insieme e disse: «Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo!». Mosè tornò dal Signore e riferì le parole del popolo. 

16Il terzo giorno, sul far del mattino, vi furono tuoni e lampi, una nube densa sul monte e un suono fortissimo di corno: tutto il popolo che era nell’accampamento fu scosso da tremore. 17Allora Mosè fece uscire il popolo dall’accampamento incontro a Dio. Essi stettero in piedi alle falde del monte. 18Il monte Sinai era tutto fumante, perché su di esso era sceso il Signore nel fuoco e ne saliva il fumo come il fumo di una fornace: tutto il monte tremava molto. 19Il suono del corno diventava sempre più intenso: Mosè parlava e Dio gli rispondeva con una voce.

Il brano si riferisce all’Alleanza stipulata da Dio, con il suo popolo liberato dall’Egitto, nel deserto del Sinai, con la mediazione di Mosè. Egli è incaricato di riferire le parole divine che evocano le cose grandi e meravigliose compiute da Dio (vv. 3-4) che giustificano l’ingiunzione di ascoltare la sua voce e di custodire l’alleanza (vv. 5-6). Viene quindi detto che il popolo accetta l’alleanza con Dio e si impegna a custodirla fedelmente (vv. 7-8). Segue la narrazione della teofania alla quale il popolo partecipa stando «in piedi sulle falde del monte» mentre è il solo Mosè a interloquire con Dio (vv. 16-19).

Lettura del profeta Ezechiele (37,1-14)

In quei giorni. 1La mano del Signore fu sopra di me e il Signore mi portò fuori in spirito e mi depose nella pianura che era piena di ossa; 2mi fece passare accanto a esse da ogni parte. Vidi che erano in grandissima quantità nella distesa della valle e tutte inaridite. 3Mi disse: «Figlio dell’uomo, potranno queste ossa rivivere?». Io risposi: «Signore Dio, tu lo sai». 4Egli mi replicò: «Profetizza su queste ossa e annuncia loro: “Ossa inaridite, udite la parola del Signore. 5Così dice il Signore Dio a queste ossa: Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete. 6Metterò su di voi i nervi e farò crescere su di voi la carne, su di voi stenderò la pelle e infonderò in voi lo spirito e rivivrete. Saprete che io sono il Signore”». 7Io profetizzai come mi era stato ordinato; mentre profetizzavo, sentii un rumore e vidi un movimento fra le ossa, che si accostavano l’uno all’altro, ciascuno al suo corrispondente. 8Guardai, ed ecco apparire sopra di esse i nervi; la carne cresceva e la pelle le ricopriva, ma non c’era spirito in loro. 9Egli aggiunse: «Profetizza allo spirito, profetizza, figlio dell’uomo, e annuncia allo spirito: “Così dice il Signore Dio: Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi morti, perché rivivano”». 10Io profetizzai come mi aveva comandato e lo spirito entrò in essi e ritornarono in vita e si alzarono in piedi; erano un esercito grande, sterminato.
11Mi disse: «Figlio dell’uomo, queste ossa sono tutta la casa d’Israele. Ecco, essi vanno dicendo: “Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti”. 12Perciò profetizza e annuncia loro: “Così dice il Signore Dio: Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d’Israele. 13Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri sepolcri, o popolo mio. 14Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nella vostra terra. Saprete che io sono il Signore. L’ho detto e lo farò”». Oracolo del Signore Dio.

 

Il testo profetico, con l’immagine di un’intera pianura colma di «ossa… tutte inaridite», descrive la condizione di Israele condotto in esilio a Babilonia dopo la distruzione di Gerusalemme ( vv.1-3). Su di esse viene proclamata «la parola del Signore» che annunzia una vita nuova (vv 4-6) grazie al soffio dello Spirito che irrompe su di esse «dai quattro venti» ossia da ogni dove ( vv 7-10). I vv 11-14, infine, svelano che «queste ossa sono tutta la casa d’Israele», priva di ogni speranza e che Dio, invece, si impegna a far rivivere con il dono del suo Spirito.

 

Lettura del profeta Gioele (3,1-5)

 

Così dice il Signore Dio:

«1Dopo questo,

io effonderò il mio spirito

sopra ogni uomo

e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie;

i vostri anziani faranno sogni,

i vostri giovani avranno visioni.

2Anche sopra gli schiavi e sulle schiave

in quei giorni effonderò il mio spirito.

3Farò prodigi nel cielo e sulla terra,

sangue e fuoco e colonne di fumo.

4Il sole si cambierà in tenebre

e la luna in sangue,

prima che venga il giorno del Signore,

grande e terribile.

5Chiunque invocherà il nome del Signore,

sarà salvato,

poiché sul monte Sion e in Gerusalemme

vi sarà la salvezza,come ha detto il Signore,

anche per i superstiti

che il Signore avrà chiamato.

 

Il brano si riferisce all’intervento di Dio a favore del suo popolo oppresso dalle popolazioni nemiche paragonate ad un esercito di cavallette (cfr. cap. 1). Dio promette di effondere il suo spirito in modo da far diventare profeti tutti gli appartenenti del suo popolo, compresi gli schiavi (vv. 1-2). I vv. 3-5, con allusione alla teofania del Sinai di cui abbiamo letto nella seconda lettura, riferiscono i fatti prodigiosi che accompagnano l’intervento di Dio il quale si dichiara pronto a dare salvezza a chiunque «invocherà il suo nome», a quanti, cioè, aderiranno a lui (v.6).

 

Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (2,9-15a)

 

Fratelli, 9sta scritto:

«Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì,

né mai entrarono in cuore di uomo,

Dio le ha preparate per coloro che lo amano».

10Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio. 11Chi infatti conosce i segreti dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai conosciuti se non lo Spirito di Dio. 12Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere ciò che Dio ci ha donato. 13Di queste cose noi parliamo, con parole non suggerite dalla sapienza umana, bensì insegnate dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali. 14Ma l’uomo lasciato alle sue forze non comprende le cose dello Spirito di Dio: esse sono follia per lui e non è capace di intenderle, perché di esse si può giudicare per mezzo dello Spirito. 15L’uomo mosso dallo Spirito, invece, giudica ogni cosa.

 

Nel contesto del presente brano, l’Apostolo sta parlando della sapienza di Dio, che si oppone a quella del mondo incapace di conoscerla al contrario di quanti lo amano (v. 9). Ad essi, grazie al dono dello Spirito, vengono rivelati anche i «segreti di Dio» (vv. 10-12). La predicazione dell’Apostolo, di conseguenza, si poggia sulla rivelazione dei disegni divini da parte dello Spirito Santo senza del quale nessuno è in grado di intendere le cose di Dio (vv. 13-15a).

 

Lettura del Vangelo secondo Giovanni (16,5-14)

 

In quel tempo. Il Signore Gesù diceva ai suoi discepoli: «5Ora  vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: “Dove vai?”. 6Anzi, perché vi ho detto questo, la tristezza ha riempito il vostro cuore. 7Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi. 8E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio. 9Riguardo al peccato, perché non credono in me; 10riguardo alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più; 11riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo è già condannato. 12 Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. 14Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

 

Il brano riporta alcuni versetti del sedicesimo capitolo che contiene un nuovo discorso pronunciato da Gesù nel contesto dell’ultima cena e riguardante l’annunzio del suo «ritorno al Padre» (cfr. Giovanni 16,4b-33). Qui, dopo aver constatato che tale discorso ingenera tristezza nel cuore dei discepoli (v. 6), Gesù parla di una conseguenza positiva del suo ritorno al Padre: è l’invio del Paraclito, ovvero dello Spirito Santo (v. 7). Viene quindi chiarito il ruolo dello Spirito nei riguardi del mondo che verrà giudicato a motivo dell’incredulità (vv. 8-11), e viene illustrata l’azione del medesimo Spirito verso i discepoli, di per sé incapaci di comprendere «tutta la verità» ossia  la pienezza della rivelazione divina in Cristo (vv. 12-15).

 

La  Messa “nel giorno”

 

Vengono in essa proclamati: Lettura: Atti degli Apostoli 2,1-11; Salmo 103 (104); Epistola: 1 Corinzi 12,1-11; Vangelo: Giovanni 14,15-20.

 

Lettura degli Atti degli Apostoli (2,1-11)

 

1Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. 2Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. 3Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, 4e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.5Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. 6A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. 7Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? 8E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? 9Siamo Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, 10della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti, 11Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».

 

Il brano riporta l’evento del dono dello Spirito promesso dal Signore ai suoi con i caratteri di una teofania, ovvero di una manifestazione divina, segnata, come avviene in quella del Sinai (Es 9,16-19), da «fragore», «vento impetuoso» e «lingue di fuoco» segni della trascendenza divina (vv.1-4). Le lingue di fuoco, in particolare, dicono l’effusione dello Spirito Santo su tutti i presenti e significano la loro consacrazione a essere missionari del Vangelo presso i popoli della terra. Vengono di conseguenza elencate le varie nazionalità a cui apparteneva la moltitudine che assiste all’evento e che sente gli Apostoli «parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio» (vv. 5-11).

 

Prima lettera di san Paolo ai Corinzi (12,1-11)

 

1Riguardo ai doni dello Spirito, fratelli, non voglio lasciarvi nell’ignoranza. 2Voi sapete infatti che, quando eravate pagani, vi lasciavate trascinare senza alcun controllo verso gli idoli muti. 3Perciò io vi dichiaro: nessuno che parli sotto l’azione dello Spirito di Dio può dire: «Gesù è anàtema!»; e nessuno può dire: «Gesù è Signore!», se non sotto l’azione dello Spirito Santo. 4Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; 5vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; 6vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. 7A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: 8a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; 9a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; 10a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue. 11Ma tutte queste cose le opera l’unico e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole.

 

Il brano fa seguito alle istruzioni dell’Apostolo riguardanti la «cena del Signore» (1 Corinzi 11,17-34). Qui l’intento di Paolo è quello di non lasciare nell’ignoranza la giovane comunità di Corinto riguardo «ai doni dello Spirito» (v. 1), ben diversi dai fenomeni presenti anche nel paganesimo (v. 2). Tra i credenti si ha certezza di agire «sotto l’azione dello Spirito Santo» se ciò che si afferma è in sintonia con la fede in Gesù che è «il Signore»! L’ Apostolo, inoltre, dichiara che i carismi, i vari ministeri e l’attività nella Chiesa procedono e dipendono dallo Spirito, che è «uno solo» ( vv. 4-6) e quindi elenca le diverse manifestazioni dell’unico Spirito nei singoli credenti al fine, però, di perseguire «il bene comune», vale a dire per la vita e l’espansione della Chiesa (vv. 7-11).

 

Lettura del Vangelo secondo Giovanni (14,15-20)

 

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi».

 

I versetti oggi proclamati e che riportano le parole pronunciate da Gesù nel Cenacolo, legano all’amore dei discepoli, concretizzato nell’osservanza dei suoi comandamenti, la sua promessa, una volta tornato al Padre, di ottenere da lui  l’invio di «un altro Paraclito», ovvero dello Spirito Santo, quale loro guida e perenne assistenza (vv.15-16). Lo Spirito, mentre rimane sconosciuto al mondo a motivo dell’incredulità, è, al contrario, conosciuto ovvero sperimentato e presente nei discepoli (v.17). Segue la promessa di Gesù di far ritorno, dopo gli eventi pasquali  della sua morte e risurrezione, tra i suoi discepoli come il vivente che dona a essi la vita (vv.18-19) e che consiste nel credere che Gesù e “nel” Padre così come i discepoli sono “in” Gesù e Gesù “in” essi (v.20). 

 

Commento liturgico-pastorale

 

La preghiera liturgica raccolta nel formulario della Messa “della Vigilia” e in quello della Messa “nel giorno”, ci svela la grandezza dell’evento salvifico celebrato nell’odierna solennità «che, nel suo numero sacro e profetico (cioè il cinquantesimo giorno di Pasqua), ricorda arcanamente la raggiunta pienezza del mistero pasquale» (Prefazio, Messa “nel giorno”) ossia contiene, esprime e rende attiva l’inesauribile ricchezza dell’opera salvifica realizzata dal Signore con la sua morte in Croce, la sua Risurrezione e Ascensione alla destra di Dio. È ciò che leggiamo nel Prefazio della Messa “della Vigilia” che vede, nell’effusione dello Spirito Santo, la distribuzione dei doni della grazia divina e nei quali si può anzitutto riconoscere l’economia sacramentale con al vertice i sacramenti pasquali del Battesimo e dell’Eucaristia. Doni che, anticipando ai fedeli «le primizie dell’eredità eterna che sono chiamati a condividere con Cristo redentore», li  rende certi di «incontrarsi con lui nella gloria» in quanto, in tali doni di grazia, «l’esperienza dello Spirito è più inebriante e più viva». Il Prefazio della Messa “nel giorno”, dal canto suo, intende magnificare l’estensione all’intera umanità della grazia propria della Pentecoste vedendo in essa, alla luce del racconto biblico della torre di Babele (Genesi 11,1-9), proclamato nella Messa “della Vigilia”, la ricomposizione in unità della stessa umanità dalla «confusione che la superbia aveva portato agli uomini». Ricomposizione che, con allusione al racconto degli Atti degli apostoli (2,1-11), letto nella Messa “nel giorno”, è segnata dall’irruzione dello Spirito  significato dal «fragore improvviso» e grazie al quale gli Apostoli «accolgono la professione di un’unica fede e, con diversi linguaggi, a tutte le genti annunziano la gloria del vangelo di salvezza». Annunzio destinato a far sì che «i popoli dispersi si raccolgano e le diverse lingue si uniscano a proclamare la gloria del nome di Dio Padre» formando l’unico suo popolo santo (Orazione A Conclusione della Liturgia della Parola. Messa “nel giorno”).

Nel raduno eucaristico, specialmente domenicale, la Chiesa sulla quale aleggia in permanenza lo Spirito Santo promesso dal Signore prima di lasciare questo mondo, è invitata a un’esperienza sempre più profonda dello Spirito e a riconoscerne la misteriosa presenza e la multiforme attività. È lui, infatti, ad attivare la presenza reale del Signore e del suo universale mistero di salvezza trasformando il pane e il vino nel suo Corpo offerto e nel suo Sangue versato come segno ultimo del suo amore al Padre e del suo amore per l’intera umanità. È sempre lo Spirito Santo a rendere concreto nei fedeli ciò che Gesù ha detto a proposito del suo essere “nel” Padre e, dunque, della nostra partecipazione “in” lui alla comunione con Dio (cfr. Giovanni 14,20, Messa “nel giorno”). Ed è ancora lo Spirito a fare dei molti che mangiano dello stesso pane e bevono allo stesso calice, «un solo Corpo»; la Chiesa, come segno dell’unità di tutte le Genti nell’unico Corpo di Cristo. È lo Spirito Santo a donarci la grazia di udire, nelle Scritture, la viva voce del Signore e a porre in noi doni e carismi i più diversi perché concorriamo a rendere più bella la Chiesa e a edificarla da tutte le genti (cfr. 1 Corinzi 12,4ss., Messa “nel giorno”). È lo Spirito Santo ad aprire il nostro cuore e la nostra umana intelligenza al dono della fede che ci fa esclamare «Gesù è il Signore» (v.3), consegnando ogni nostra attesa, ogni nostra speranza e l’intera nostra vita a lui solo.

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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