2 dicembre 2012 – III domenica di Avvento


Nel progressivo cammino di preparazione alle solennità natalizie, questa terza domenica di Avvento vuole mettere in luce il fatto che, con la venuta di Gesù, tutte «le profezie si sono adempiute».

 

Il Lezionario

 

Riporta i seguenti passi biblici: Lettura: Isaia 45,1-8; Salmo 125 (126); Epistola: Romani 9,1-5; Vangelo: Luca 7,18-28. Alla Messa vigiliare del sabato viene proclamato: Giovanni 20,1-8 quale Vangelo della Risurrezione. (Le orazioni e i canti della Messa sono quelli propri della III domenica di Avvento del Messale Ambrosiano).

 

Lettura del profeta Isaia (45,1-8)

 

1Dice il Signore del suo eletto, di Ciro: / «Io l’ho preso per la destra, / per abbattere davanti a lui le nazioni, / per sciogliere le cinture ai fianchi dei re, / per aprire davanti a lui i battenti delle porte
e nessun portone rimarrà chiuso. / 2Io marcerò davanti a te; / spianerò le asperità del terreno,
spezzerò le porte di bronzo, / romperò le spranghe di ferro. /

3Ti consegnerò tesori nascosti / e ricchezze ben celate, / perché tu sappia che io sono il Signore, / Dio d’Israele, che ti chiamo per nome. / 4Per amore di Giacobbe, mio servo, / e d’Israele, mio eletto, / io ti ho chiamato per nome, / ti ho dato un titolo, sebbene tu non mi conosca.
5Io sono il Signore e non c’è alcun altro, / fuori di me non c’è dio; / ti renderò pronto all’azione, anche se tu non mi conosci, / 6perché sappiano dall’oriente e dall’occidente / che non c’è nulla fuori di me ./ Io sono il Signore, non ce n’è altri.

7Io formo la luce e creo le tenebre, / faccio il bene e provoco la sciagura; / io, il Signore, compio tutto questo. / 8Stillate, cieli, dall’alto / e le nubi facciano piovere la giustizia; / si apra la terra e produca la salvezza / e germogli insieme la giustizia. / Io, il Signore, ho creato tutto questo».

 

Il testo profetico vuole mettere in evidenza la grandezza di Dio, quale unico Signore del cosmo e dell’intero creato (vv. 6-8) e, soprattutto, pieno d’amore per il suo popolo Israele (v. 4). Ed è proprio l’amore fedele di Dio per il suo popolo deportato in Babilonia a determinare l’“elezione” di Ciro, re di Persia, il quale perciò agisce dietro l’impulso divino, per l’annientamento del potere tirannico di Babilonia e per la liberazione di Israele (vv. 1-5).

 

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani (9,1-5)

 

Fratelli, 1dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: 2ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. 3Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. 4Essi sono Israeliti e hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; 5a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.

 

Nei versetti oggi proclamati viene avviata una drammatica riflessione dell’Apostolo, che ingenera in lui «un grande dolore e una sofferenza continua» (vv. 1-2) a motivo del rifiuto da parte di molti Israeliti di accogliere in Cristo Signore la salvezza promessa da Dio al suo popolo. A tale riguardo san Paolo si dichiara disponibile a essere addirittura “separato” da Cristo purché ciò giovi agli Israeliti suoi fratelli (v. 3). I vv. 4-5 riportano i titoli dei discendenti di Giacobbe, al quale Dio diede il nome di Israele (cfr. Genesi 32,29): essi sono «figli adottivi» di Dio (cfr. Esodo 4,22), essi hanno visto la potenza di Dio (= gloria) che li ha liberati dall’Egitto e li ha introdotti nella terra promessa; con essi Dio ha stabilito la sua alleanza (cfr. Esodo 24; Genesi 15; Genesi 32,29); a essi Dio ha dato norme per la vita e per il culto e ha fatto promesse: ad Abramo (Genesi 12,1-3), a Davide (2 Samuele 7) e ai profeti. Infine, ed è questo il titolo di vanto più alto per gli Israeliti: da essi viene il Cristo (= Messia) che Paolo confessa essere «Dio benedetto nei secoli» (v. 5b).

 

 

Lettura del Vangelo secondo Luca (7,18-28)

 

In quel tempo. 18Giovanni fu informato dai suoi discepoli di tutte queste cose. Chiamati quindi due di loro, Giovanni 19li mandò a dire al Signore: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». 20Venuti da lui, quegli uomini dissero: «Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”». 21In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. 22Poi diede loro questa risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. 23E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
24Quando gli inviati di Giovanni furono partiti, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? 25Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che portano vesti sontuose e vivono nel lusso stanno nei palazzi dei re. 26Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. 27Egli è colui del quale sta scritto:
“Ecco, dinanzi a te mando il mio messaggero, / davanti a te egli preparerà la tua via”.
28Io vi dico: fra i nati da donna non vi è alcuno più grande di Giovanni, ma il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui».

 

Distinguiamo nel testo due parti. La prima, vv. 18-23, riguarda le domande rivolte dal Battista a Gesù tramite due suoi discepoli. La seconda, vv. 24-28, riporta l’“elogio” del Battista da parte del Signore Gesù. In particolare il brano al v. 18 si rifà ai prodigi operati da Gesù («tutte queste cose») e registrati nei precedenti versetti: 1-17. I vv. 19-20 segnalano la domanda del Battista relativa all’identità messianica di Gesù. La risposta del Signore è anzitutto “operativa” (v. 21) e poi esplicativa (vv. 22-23) con il ricorso a riferimenti profetici che, nelle guarigioni dei ciechi, zoppi, lebbrosi, sordi e perfino nella risurrezione dei morti, annunziano l’avverarsi del tempo messianico (cfr. Isaia 26,19; 35,5-6; 42,7; 61,1). Con le guarigioni, viene sottolineata come opera propriamente messianica l’evangelizzazione dei poveri (cfr. Luca 4,18-19). Nella seconda parte, che riporta il giudizio pubblico di Gesù sul Battista (vv. 24-25), spicca il suo riconoscimento come profeta, ma soprattutto come colui che prepara la strada al Messia (vv. 26-27; cfr. Esodo 23,20a; Malachia 3,1a). La conclusione (v. 28), mentre ribadisce la grandezza del Battista, vuole inculcare l’urgenza di divenire discepoli e di far parte del regno di Dio che Gesù viene ad inaugurare.

 

Commento liturgico-pastorale

 

Questa terza domenica di Avvento, con un’appropriata serie di testi della Scrittura, fa crescere nella Chiesa la consapevolezza che, nella venuta tra noi di Gesù, il Figlio di Dio, le profezie sono adempiute. Esse, sinteticamente osservate, riguardano essenzialmente l’intervento salvifico di Dio a favore del suo popolo Israele e, a partire da esso, di tutte le genti e i popoli della terra.

La Lettura annunzia un’iniziativa divina davvero sorprendente. Dio, infatti, elegge quale strumento di salvezza del suo popolo, nell’umiliante situazione di deportazione e di schiavitù in Babilonia, Ciro, re dei persiani, un pagano! Sarà proprio lui ad annientare la tirannica potenza dei babilonesi e a mandare libero Israele restituendolo alla sua terra.

Nel suo intervento, motivato dal suo amore per Israele, Dio si manifesta come l’unico Signore capace di recare salvezza, di punire la malvagità e di far germogliare dalla terra la salvezza e la giustizia (cfr. Isaia 45,8).

Il brano evangelico testimonia che l’annunzio profetico del germoglio di salvezza e di giustizia si è adempiuto nella venuta in questo mondo del Cristo, ossia del Messia «secondo la carne» (Epistola: Romani 9,5) che è Gesù di Nazaret, il Figlio di Dio!

Egli ha fornito a chi, ieri come oggi, si interroga su di lui e sulla consistenza della sua missione, le “prove” della sua investitura e della sua elezione a recare salvezza. Queste sono come riassunte nell’annunzio della “buona notizia” da lui insistentemente rivolto anzitutto ai poveri (Vangelo: Luca 7,22), ovvero ai miserabili, a quanti sono privati di ogni considerazione, agli oppressi e agli infermi senza alcuna speranza!

A essi, costretti a vivere giorni amarissimi e senza umane possibilità di riscatto, viene annunciata, per primi, la “bella notizia” dell’effettiva guarigione dai mali, dell’effettiva liberazione dall’umiliazione, dell’effettiva “giustizia”, che li riabilita nel contesto sociale.

In questi poveri sono anche racchiusi, con noi, gli uomini di questo nostro secolo che, in direzione sbagliata, mostrano di cercare giustizia e riscatto da una condizione di solitudine, di incertezza, di totale insoddisfazione, ripiegando in una inconcludente indifferenza e in una pratica incredulità. A tutti la Chiesa in preghiera fa udire la parola divina di speranza: «Dite agli smarriti di cuore: Coraggio, non temete! Ecco: si compie il giusto giudizio di Dio, il nostro Dio viene a salvarci» (Canto Dopo il Vangelo) a spezzare «le porte di bronzo» e a rompere «le spranghe di ferro» che imprigionano il cuore e la vita degli uomini (cfr. Isaia 45,2).

I discepoli del Signore, sapendo che le promesse e i tesori da lui riversati su Israele (cfr. v. 3) sono in verità destinati a tutti gli uomini, avvertono il compito di annunciare a tutti la bella notizia che è in Cristo Gesù. In lui, davvero, si trovano salvezza e giustizia e, quel che più conta, la possibilità di essere rigenerati come figli del Padre (cfr. Romani 9,4)!

Un simile annunzio, attende di essere messo alla portata di tutti e, di conseguenza, deve necessariamente tradursi, sull’esempio stesso del Signore Gesù, in gesti concreti e nella nostra vita vissuta, dalla quale deve chiaramente trasparire che Gesù è davvero tutto per noi e che lui solo riconosciamo e attendiamo come salvatore e non ne «aspettiamo un altro» (cfr. Luca 7,19)! È utile perciò domandarci se siamo gioiosamente e umilmente fermi nella nostra adesione al Signore, oppure siamo come «canne sbattute dal vento» (cfr. v. 24), se amiamo stare con gli umili, i poveri, i malati, oppure bramiamo di essere ammessi nelle aule del potere, del successo, dell’apparire (cfr. v. 25).

Il Signore Gesù ponga nel cuore della Chiesa e di ogni discepolo la determinazione dell’Apostolo Paolo che si dichiara disposto a essere separato da Cristo, la sua stessa Vita, pur di recare vantaggio ai suoi fratelli (Romani 9,3).

Il vantaggio consiste nel credere adempiuta in Gesù ogni profezia e promessa divina e, di conseguenza, risolta in lui ogni umana attesa di giustizia e di salvezza. Colui che possiede questa fede viene già da ora introdotto, magari come «il più piccolo», a far parte del regno di Dio (cfr. Luca 7,28), ed «entra con lui nel convito nuziale» (Prefazio) che la celebrazione eucaristica realmente anticipa e prefigura.

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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